Posto un atto di citazione in appello “vero” che ho notificato per impugnare una sentenza di primo grado resa da un Tribunale.
Per scrupolo difensivo ho preferito inserire sia la modifica alla ricostruzione del fatto, sia le circostanze da cui derivava la violazione di legge anche se, a rigore, nel caso in esame la violazione di legge derivava dalla errata ricostruzione del fatto.
Spero possa esservi d’aiuto.
CORTE DI APPELLO DI ANCONA
ATTO DI CITAZIONE
Il sottoscritto Avv. Mirco Minardi, codice fiscale MNR MRC 69T 06 A 271 W, indirizzo di p.e.c. ………, in qualità di procuratore e difensore:
1) della AU. DI TA. XX & C. S.A.S., ……
2) del sig. XX TA., …..
ma tutti elettivamente domiciliati presso lo studio dello scrivente difensore, sito in Senigallia, via Armellini n. 14, fax presso cui effettuare le notifiche 071 7912550, come da delega a margine del presente atto rilasciata dal sig. XX TA., sia quale legale rappresentante della società appellante, sia in proprio
CITANO
PP. I., residente in ……….. via …………… codice fiscale ……..;
FF D. residente in ……….. via …………… codice fiscale ……..;
PP. G., residente in ……….. via …………… codice fiscale ……..;
BB E., residente in ……….. via …………… codice fiscale …..;
presso il procuratore costituito del giudizio di primo grado, Avv. …..
A COMPARIRE
innanzi alla Corte di Appello di Ancona, per l’udienza del giorno ………………… ore 09.00 e seguenti, con invito a costituirsi almeno 20 giorni prima di tale udienza nei modi, nei termini e nelle forme di legge, ai sensi e per gli effetti dell’art. 166 c.p.c. e con l’avvertimento che in caso contrario incorrerà nelle decadenze di cui all’art. 167 c.p.c., 38 c.p.c., ove ritenuto applicabile, e 343, 345, 346 c.p.c. (appello incidentale, riproposizione di domande ed eccezioni non accolte) e con avvertenza che in mancanza si procederà in loro contumacia
PER L’IMPUGNAZIONE IN APPELLO
Della sentenza n. …., emessa dal Tribunale di ….., sezione distaccata di ….., in data ….., non notificata
I
SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO DI PRIMO GRADO
Con atto di citazione ritualmente notificato in data 19/09/2005, PP. I., FF D., in proprio e quali eredi di PP. F., PP. GI. e BB EN., convenivano in giudizio il sig. XX TA. e la soc. AU. DI TA. E. E C. S.A.S., oggi denominata AU. DI TA. XX E C. S.A.S. (breviter AU.), allegando che la suddetta società aveva acquistato l’immobile di proprietà del sig. PP. F., nonché acceso un mutuo di 420 milioni delle vecchie lire presso la Banca delle Marche spa, garantito da ipoteca di primo grado sull’immobile, sulla base della scrittura privata stipulata in data 20/04/2000 tra la famiglia PP. e il sig. XX TA., al fine di estinguere le posizioni debitorie dei PP. verso terzi e nel contempo costituire una garanzia reale rappresentata dall’immobile, nel caso in cui i PP. non avessero rimborsato le somme anticipate dalla AU. per l’estinzione dei debiti.
Gli attori chiedevano, quindi, dichiararsi la nullità della scrittura privata del 20/04/2000 e del conseguente contratto di compravendita immobiliare, siccome stipulato in violazione del divieto di patto commissorio e per l’effetto dichiarare i sigg.ri PP. I. e FF D. quali legittimi proprietari dell’immobile, ovvero condannare la società AU. a riconsegnare l’immobile ai legittimi proprietari, se detenuto dalla convenuta.
Si costituivano in giudizio la AU. e il sig. XX TA. allegando:
…………………
La causa passava così in decisione.
II
LA SENTENZA DI PRIMO GRADO
Il Tribunale di ….. ha accolto la domanda attorea dichiarando la nullità della scrittura privata intervenuta tra le parti il 20/04/2000 e per l’effetto la nullità del contratto di compravendita immobiliare stipulato tra le parti a rogito del Notaio ….. il 5/5/2000, n. 52387 repertorio e n. 9849 di raccolta, registrato a …. il 24/05/2000 con il n. 730 e trascritto presso la conservatoria dei RR.II. di …. il 06/05/2000, numero formalità 5699, con il quale veniva trasferito alla società AU. la proprietà degli immobili ivi indicati, condannando la stessa società convenuta a restituire gli stessi ai sigg.ri PP. I. e FF DANIELA quali eredi di F. PP., osservando:
- che la scrittura privata del 20/04/2000 e il successivo atto di compravendita del 5/5/2000 avevano la funzione di costituire una garanzia reale atipica, piegando la causa di scambio a quella di garanzia e rendendo il contratto non meritevole di tutela ex art. 1322 c.c. in quanto in frode alla legge ex art. 1344 c.c. e 2744 c.c.;
- che detta causa di garanzia era stata ammessa negli scritti difensivi dei convenuti;
- che l’operazione per cui è causa, oltre che per l’ottenimento del mutuo da parte di AU., serviva soprattutto a garantirla dall’eventuale inadempimento da parte della famiglia PP. dagli obblighi assunti con la scrittura del 20/04/2000;
- che detta conclusione era confermata dalla giurisprudenza della Cassazione che il Giudice riportava con massime in motivazione;
- che secondo il Tribunale la situazione di fatto era proprio quella che la ratio della norma, come applicata dal diritto vivente, mirava ad evitare stati di approfittamento da parte del creditore, costituzione di diritti reali atipici, così violando il principio di tipicità dei medesimi e pregiudicando la par condicio creditorum;
- che la vendita del compendio immobiliare del sig. F. PP. doveva ritenersi nulla sia per violazione dell’art. 2744 c.c., sia per violazione dell’art. 1344 c.c., in quanto avente una causa illecita;
- che la domanda riconvenzionale spiegata dai convenuti doveva considerarsi tardiva in quanto la comparsa di costituzione e risposta era stata depositata il 28/12/2005 e quindi venti giorni prima dell’udienza rinviata d’ufficio (17/01/2006) e non dell’udienza indicata in citazione (11/01/2006).
II
MOTIVI D’APPELLO
INDICAZIONE DELLE PARTI DEL PROVVEDIMENTO CHE SI INTENDE IMPUGNARE
Con l’odierno appello si intendono impugnare le parti della sentenza in cui si afferma:
- che la scrittura privata del 20/04/2000 e il successivo atto di compravendita del 5/5/2000 avevano la funzione di costituire una garanzia reale atipica, piegando la causa di scambio a quella di garanzia e rendendo il contratto non meritevole di tutela ex art. 1322 c.c., in quanto in frode alla legge ex artt. 1344 c.c. e 2744 c.c.
- che detta causa di garanzia era stata ammessa negli scritti difensivi dei convenuti;
- che l’operazione per cui è causa, oltre che per l’ottenimento del mutuo da parte di AU., serviva soprattutto a garantirla dall’eventuale inadempimento da parte della famiglia PP. dagli obblighi assunti con la scrittura del 20/04/2000;
- che detta conclusione era confermata dalla giurisprudenza della Cassazione;
- che la situazione di fatto era proprio quella che la ratio della norma, come applicata dal diritto vivente, mirava ad evitare (id est “stati di approfittamento da parte del creditore, costituzione di diritti reali atipici così violando il principio di tipicità dei medesimi, pregiudicando la par condicio creditorum”);
- che la vendita del compendio immobiliare del sig. F. PP. doveva ritenersi nulla sia per violazione dell’art. 2744 c.c. sia per violazione dell’art. 1344 c.c. in quanto avente una causa illecita.
MODIFICHE CHE VENGONO RICHIESTE ALLA RICOSTRUZIONE DEL FATTO COMPIUTA DAL GIUDICE DI PRIMO GRADO
Con il presente atto di appello si censura la ricostruzione del fatto operata dal giudice di primo grado atteso che:
a) il contratto del 20/04/2000 e la successiva compravendita per atto pubblico non avevano affatto la funzione di costituire una garanzia reale per la società acquirente, né la causa era da ritenersi nulla per violazione degli artt. 2744 e 1344 c.c..
b) non vi è stata alcuna volontà o intenzione di violare il regime della par condicio creditorum;
c) l’operazione conclusa non serviva affatto ad AU. per costituirsi una garanzia in caso di inadempimento da parte della famiglia PP., bensì lo strumento per ottenere un mutuo ipotecario che era stato negato dagli istituti di credito ai PP. stessi.
Se il giudice avesse valutato correttamente gli elementi di causa si sarebbe reso conto che nella fattispecie si era realizzato un contratto assimilabile al sale lease back.
Difatti, come nel sale and lease back:
a) I PP. hanno trasferito l’immobile alla AU. (la quale non aveva alcun credito nei confronti dei PP.) (v. art. 2 della scrittura);
b) I PP. hanno mantenuto il godimento dell’immobile pagando mensilmente una rata di affitto (v. punto 7 della scrittura del 20/04/2000);
c) L’AU., grazie alla intestazione dell’immobile, ha ottenuto un finanziamento con il quale andare a coprire i debiti dei PP. che, giova evidenziarlo, erano soprattutto verso Istituti bancari (v. art. 3 e 4 della scrittura del 20/04/2000).
d) L’AU., ottenuto il mutuo, ha effettivamente coperto le posizioni debitorie dei PP..
Secondo la giurisprudenza della Suprema Corte, il contratto di sale and lease – back configura un’operazione negoziale complessa – consistente nell’alienazione, da parte di un imprenditore, di un proprio bene strumentale, la cui disponibilità egli mantiene in forza di un connesso rapporto di leasing – che non può ritenersi necessariamente preordinata alla finalità di finanziamento con fraudolenta elusione del divieto di patto commissorio posto dall’art. 2744 c.c., salvo che lo scopo di garanzia non assurga, in concreto, a causa del contratto, il che può ritenersi qualora risulti, da dati sintomatici ed obiettivi, che la vendita, nel quadro del rapporto volto a fornire liquidità all’impresa alienante, sia stata utilizzata solo per rafforzare la posizione del creditore-finanziatore, abusando della debolezza del debitore (Cass. 1273/05, 15178/04, 13580/04, 9944/00).
Ancora è stato affermato che “il contratto di sale and lease back si configura secondo uno schema negoziale, socialmente tipico (in quanto frequentemente applicato, sia in Italia che all’estero, nella pratica degli affari), caratterizzato da una specificità tanto di struttura quanto di funzione (e, quindi, da originalità e autonomia rispetto ai «tipi» negoziali codificati), e concretamente attuato attraverso il collegamento tra un contratto di vendita di un proprio bene di natura strumentale da parte di un’impresa (o di un lavoratore autonomo) ad una società di finanziamento che, a sua volta, lo concede contestualmente in leasing all’alienante, il quale corrisponde, dal suo canto, un canone di utilizzazione, con facoltà, alla scadenza del contratto, di riacquistarne la proprietà esercitando un diritto di opzione per un predeterminato prezzo. Manca, pertanto, nella fattispecie negoziale de qua quella trilateralità propria del leasing, potendo essere due (e soltanto due) i soggetti dell’operazione finanziaria (e, conseguentemente, le parti del contratto), in quanto l’imprenditore assume la duplice veste del fornitore-venditore e dell’utilizzatore, secondo un procedimento non diverso da quello dell’antico costituto possessorio. Ne consegue che il negozio di sale and lease back viola la ratio del divieto del patto commissorio, al pari di qualunque altra fattispecie di collegamento negoziale, sol che (e tutte le volte che) il debitore, allo scopo di garantire al creditore l’adempimento dell’obbligazione, trasferisca a garanzia del creditore stesso un proprio bene, riservandosi la possibilità di riacquistarne il diritto dominicale all’esito dell’adempimento dell’obbligazione, senza, peraltro, prevedere alcuna facoltà, in caso di inadempimento, di recuperare l’eventuale eccedenza di valore del bene rispetto all’ammontare del credito, con un adattamento funzionale dello scopo di garanzia del tutto incompatibile con la struttura e la ratio del contratto di compravendita, mentre l’esistenza di una concreta causa negoziale di scambio (che può riguardare, o meno, tanto il sale and lease back quanto lo stesso leasing finanziario) esclude in radice la configurabilità del patto vietato”, Cassazione civile, sez. III, 21/01/2005, n. 1273.
È evidente che nel caso di specie AU. non ha affatto abusato della posizione dei PP., visto anche che non aveva alcuna precedente pendenza nei confronti degli stessi.
Sempre la S.C. ha testualmente affermato che “il contratto di “sale and lease back” – che configura un contratto d’impresa socialmente tipico e, come tale, in linea di massima, astrattamente valido – può certamente nascondere l’intento fraudolento delle parti di realizzare un patto commissorio, ma a tal fine è necessario che ricorrano le seguenti circostanze: a) l’esistenza di una situazione di credito e debito tra la società finanziaria e l’impresa venditrice utilizzatrice; b) le difficoltà economiche di quest’ultima; c) la sproporzione tra il valore del bene trasferito ed il corrispettivo versato dall’acquirente (Cfr. Cass. 14 marzo 2006, n. 5438; in senso conforme Cass. 6 agosto 2004, n. 15178). Orbene, nella caso di specie – a prescindere da ogni altro rilievo sulla assenza di un finanziamento diretto da parte dell’acquirente – non è dubitabile la mancanza di qualsiasi sproporzione tra il valore del bene trasferito e il prezzo pagato, atteso che i giudici di merito hanno evidenziato come il prezzo fosse stato fissato a seguito di perizia asseverata”, Cass. 14903/2006. Soltanto il loro concorso vale a fondare ragionevolmente la presunzione che il “lease back“, contratto d’impresa per sé lecito, sia stato in concreto impiegato per eludere il divieto di patto commissorio e sia pertanto nullo perché in frode alla legge (sull’intero tema, cfr. Cass. 21 luglio 2004 n. 13580; 7 maggio 1998 n. 4612; 22 aprile 1998 n. 4095; 19 luglio 1997 n. 6663; 16 ottobre 1995 n. 10805).
Ebbene nel caso di specie esisteva solo il requisito di cui alla lettera b) (situazione debitoria dei PP.), in quanto l’immobile è stato venduto a 360.000.000 di lire, a fronte di debiti dichiarati nella scrittura del 20/04/2000 di lire 345.000.000!!! e dunque non c’era alcuna sproporzione, sempre tenuto la circostanza fondamentale che AU. non era creditrice dei PP.!!!, ma solo il sig. XX TA. per un importo pari al 10% di tutti i debiti.
Ovviamente, poco conta che nella fattispecie i PP. non fossero imprenditori e dunque l’immobile non fosse un bene strumentale, in quanto la causa atipica rimane lecita sia che a cedere l’immobile sia un imprenditore, sia che a cedere un immobile sia una semplice persona fisica. L’ordinamento – in altre parole – non ritiene valido il sales and lease back solo perché posto in essere da un imprenditore; l’ordinamento, al contrario, ritiene valida qualsiasi operazione finanziaria assimilabile che non sia in contrasto con i principi dell’ordinamento, pertanto anche se conclusa tra privati.
Difatti, è sufficiente leggere la motivazione di Cass. 12497/2010 per accorgersi che anche in quella fattispecie il contratto era stato concluso tra privati e la Corte d’Appello aveva ritenuto infondata la tesi della vendita a scopo di garanzia “in mancanza di patto di retrovendita, e che si trattava piuttosto di un’operazione di finanziamento con retrolocazione del venduto, e dunque di una sequela di contratti collegati, assimilabile alla figura atipica del Sale and Lease Back fra alienante locatario, finanziato, e acquirente locatore, finanziatore”.
La giustificazione dell’operazione finanziaria de qua, partita dalla richiesta dei PP. e dalla disponibilità resa dal sig. TA. XX, si spiega, come allegato in primo grado, con i rapporti di parentela di questo con i PP.. Lo spirito di “liberalità”, per così dire, risulta dall’art. 2 della scrittura del 20/04/2000 da cui risulta che “il sig. TA. XX, al solo ed unico fine di cercare di risolvere la presente posizione debitoria del Sig. PP. ….” e dall’art. 11 in cui si dice che “I sig.ri PP. I., BB EN. e PP. GI., puntualizzano infine che il sig. TA. XX compie la descritta operazione finanziaria al solo ed unico scopo di risolvere la pesante esposizione debitoria del sig. PP. I. e dei suoi familiari”.
Ha sbagliato dunque il Tribunale nel ritenere violato tanto l’art. 2744 c.c. quanto l’art. 1344 c.c., in quanto il trasferimento non serviva come garanzia per l’acquirente, ma come mezzo indispensabile per accedere ad un finanziamento con cui coprire le pendenze debitore dei PP..
Del pari non è stato affatto violato l’art. 1344 c.c. in quanto la causa della compravendita, secondo il Tribunale, sarebbe stata piegata per ottenere lo stesso risultato della operazione vietata. Al contrario, il trasferimento della proprietà dell’immobile si inseriva in una operazione più complessa, dalla causa atipica e non tipica, che serviva per liberare dai debiti i PP.. Come ha affermato la S.C. sempre in tema di sale and leas back si tratta di una “operazione caratterizzata da una pluralità di negozi collegati funzionalmente volti al perseguimento di uno specifico interesse pratico che ne costituisce appunto la relativa causa concreta, che assume specifica ed autonoma rilevanza rispetto a quella – parziale – dei singoli contratti, di questi ultimi connotando la reciproca interdipendenza (si che le vicende dell’uno si ripercuotono sull’altro, condizionandone la validità e l’efficacia) nella pur persistente individualità propria di ciascun tipo negoziale, a tale stregua segnandone la distinzione con il negozio complesso o con il negozio misto (v. Cass., 16/3/2006, n. 5851; Cass., 12/7/2005, n. 14611; Cass., 17/12/2004, n. 23470; Cass., 24/3/2004, n. 5941; Cass., 16/5/2003, n. 7640; Cass., 11/6/2001. n. 7852; Cass., 4/9/1996, n. 8070; Cass., 27/4/1995, n. 4645; Cass., 20/11/1992, n. 12401: Cass., 5/7/1991, n. 7415; Cass., 15/12/1984, n. 6586; Cass., 17/11/1983, n. 6864; Cass., 2/7/1981, n. 4291. V. anche Cass., 8/7/2004, n. 12567; Cass., 2/4/2001, n. 4812; Cass., 11/3/1987, n. 2524. Per il collegamento volontario v., in particolare, Cass., 25/7/1984, n. 4350)”, Cass. 5583/2011.
E va evidenziato che negli scritti difensivi di primo grado l’operazione de qua è stata illustrata in maniera chiarissima dal precedente difensore dei convenuti (v. da pag. 2 a pag. 6 della comparsa di costituzione e risposta); dunque non corrisponde al vero quanto affermato dal giudice di primo grado secondo cui detta causa di garanzia era stata ammessa negli scritti difensivi dei convenuti. Al contrario a pag. 9 veniva ribadito che “Il trasferimento dell’immobile non costituisce nel caso di specie la garanzia reale volta a tutelare il creditore in caso di inadempimento della famiglia PP., ma si configura quale operazione negoziale posta in essere al solo fine di ottenere la liquidità necessaria per estinguere i debiti che la famiglia PP. aveva nei confronti di innumerevoli creditori”.
Ora, è ben vero che l’art. 8 della scrittura stabiliva espressamente che “le parti convengono altresì che qualora i conduttori non avessero a pagare i canoni di locazione per un periodo di mesi sei la società acquirente potrà immediatamente porre in vendita i beni immobili acquistati”, tuttavia la clausola non attribuiva ad AU. il diritto di trattenersi detta somma sic et simpliciter, ma controbilanciava il gravoso onere assunto dalla stessa di estinguere il mutuo ipotecario per estinguere i debiti dei PP.. Dunque non c’era alcuno sbilanciamento nei diritti delle parti, perché in caso di mancato pagamento delle rate di finanziamento da parte dei PP. (come peraltro verificatosi fin dall’inizio), AU. avrebbe risposto nei confronti della banca mutuataria con tutti i suoi beni e con quelli dei soci accomandatari!!!
Come il Tribunale non abbia colto il senso dell’operazione rimane davvero un mistero.
Ma per capire l’assurdità del risultato ottenuto con la sentenza di primo grado basterà osservare che ad oggi:
a) I PP. hanno continuato a godere dell’immobile pagando solo una rata del finanziamento;
b) AU. ha estinto gran parte dei loro debiti, fatta eccezione per le rate di mutuo con Banca delle Marche!!!.
INDICAZIONE DELLE CIRCOSTANZE DA CUI DERIVA LA VIOLAZIONE DELLA LEGGE E DELLA LORO RILEVANZA AI FINI DELLA DECISIONE IMPUGNATA
Alla luce di quanto sopra esposto è evidente che il Tribunale ha violato la legge, applicando in maniera non corretta l’art. 1322 c.c., l’art. 2744 c.c. e l’art. 1344 c.c. in una fattispecie in cui non c’era affatto un patto commissorio, né una causa illecita.
Se avesse tenuto in considerazione le circostanze allegate e provate in giudizio sarebbe giunto alla conclusione che l’operazione aveva una causa perfettamente lecita, in quanto volta ad estinguere i debiti dei PP. verso terzi, attraverso un finanziamento ottenuto da un istituto di credito grazie alla garanzia reale dell’ipoteca sull’immobile e alla garanzia personale data dalla responsabilità illimitata dei soci accomandatari.
Per tali motivi, lo scrivente difensore rassegna le seguenti
CONCLUSIONI
Piaccia alla Corte d’Appello adita, in accoglimento del presente appello, riformare la sentenza del Tribunale di Jesi, emessa in data 30/09/2011 n. 342/2011 e per l’effetto rigettare la domanda proposta dagli attori.
Con vittoria di spese, competenze ed onorari, rimborso forfetario, iva e cap, di entrambi i gradi del giudizio.
Il valore della presente causa è di euro 185.924.48.
PRODUCE
Atti:
- Atti di appello notificati con procura a margine;
- Copia conforme uso appello sentenza n. 342/2011.
Documenti:
- Fascicolo di primo grado;
- Visura camerale AU. DI TA. XX E C. S.A.S.
Ancona, lì
Avv. Mirco Minardi
saluti Grazie
Pregiatissimo Avvocato Mirco Minardi, buon giorno.
Trattandosi ai appello che deve essere “filtrato”, a mio avviso sarebbe stato ancora più utile se lei avesse simulato un atto di appello “completo” fino alla firma.
Le dico ciò, perchè io ho redatto (poi il mio Avvocato…lo ha firmato!)un ricorso ex artt. 703 c.p.c. e 1168 c.p.c.il cui esito (per l’Avvocato) è stato di grande “onore”, non perchè l’ha totalmente vinto (anche …contro il ctu, relativamente alla parcella)ma per la correttezza e completezza del suo contenuto, frazie proprio a quel facsimile.
Con riguardo
Ciro Sciortino Maresciallo dei Carabinieri in congedo, “Vittima del Dovere”.
Gentile Collega, mi congratulo per consueta la competenza, la chiarezza,compiutezza ed utilità dei Tuoi articoli e delle Tue pubblicazioni. Cordialmente
avv. Giancarlo Castaldi
Interessante