Bambina cade dalla pertica di discesa veloce usata dai Vigili del Fuoco nella caserma. Il Ministero dell’interno risponde dei danni.

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Il fatto. La piccola V.N. accompagna lo zio, R.R., che deve sostenere una visita medica all’interno della caserma dei vigili del fuoco. Mentre lo zio è sottoposto a visita, la bambina si allontana dalla sala d’aspetto dell’infermeria e si introduce nell’attiguo vano dove sono collocate le pertiche utilizzate dai pompieri per la discesa nella sottostante autorimessa; precipita, quindi, attraverso il foro del pavimento e riporta gravi lesioni alla persona.

L’azione proposta dalla madre della minore, contro il Ministero dell’Interno, è respinta dal Tribunale di Trieste, con sentenza poi riformata dalla Corte d’appello della stessa città. In particolare, questa ritiene sussistere la responsabilità del Ministero, sia sotto il profilo della disposizione di cui all’art. 2051 c.c., sia sotto quello dell’art. 2043 c.c., siccome l’evento dannoso era riconducibile non solo alla mancata sorveglianza della bambina da parte dello zio, bensì anche alla concorrente colpa dell’Amministrazione “stante l’indubbia esistenza di una situazione di pericolo insito nelle cose e nei locali ove è avvenuto il fatto”.

Propone ricorso per cassazione il Ministero, ma la Corte lo rigetta per questi motivi.

  • La responsabilità del custode riguarda tutti i danni dalla cosa custodita cagionati sia per sua intrinseca natura sia per l’insorgenza in essa di agenti dannosi (Cass. 1 giugno 1995 n. 6125, e per il passato cfr. anche Cass. 15 ottobre 1955 n. 3203, 12 marzo 1959 n. 738, 9 giugno 1983 n. 3971);
  • la disposizione dell’art. 2051 c.c., si applica sul semplice presupposto del nesso causale tra la cosa in custodia e l’evento dannoso, indipendentemente dalla pericolosità attuale o potenziale della cosa stessa, e perciò anche per le cose inerti;
  • va poi escluso (cfr. tra le più recenti Cass. 19 febbraio 2008, n. 4279) che la responsabilità in questione si fondi su un’attività o un comportamento eventualmente imprudente o negligente del custode;
  • il nesso causale deve essere negato non solo in presenza di un fattore esterno che, interferendo nella situazione in atto, abbia di per sè prodotto l’evento (assumendo il carattere del c.d. fortuito autonomo), ma anche nei casi in cui la cosa sia stata resa fattore eziologico dell’evento dannoso da un elemento o fatto estraneo del tutto eccezionale e per ciò stesso imprevedibile (c.d. fortuito incidentale – cfr. Cass. 2 febbraio 2004, n. 2430), ancorchè dipendente dalla condotta colpevole della vittima (a riguardo cfr. la già citata Cass. n. 4279/08).

Nella fattispecie era stato accertato che:

a) il vano ove erano collocate le pertiche utilizzate per la discesa alla sottostante rimessa era adiacente alla sala d’aspetto dell’infermeria;
b) la porta di comunicazione con tale vano non era chiusa (altrimenti la bambina non avrebbe potuto entrarvi);
c) il foro entro il quale la piccola è precipitata non era protetto da nessuno sbarramento e costituiva un indubbio trabocchetto per un bambino incapace di individuarne il pericolo;
d) vi era piena libertà di accesso alla sala d’aspetto presso l’infermeria, essendo questa aperta al pubblico.

L’accertamento di merito aveva appurato che i luoghi non erano affatto riservati agli operatori, bensì erano aperti al pubblico indifferenziato di chi si recasse in caserma per essere sottoposto a visita medica.

Cassazione civile , sez. III, 05 dicembre 2008 , n. 28811
Diritto

Nel dolersi dei vizi della motivazione, il Ministero sostiene che i risultati ai quali è pervenuto il giudice (in relazione alla pericolosità del luogo) non sarebbero suffragati dagli elementi probatori emersi, in quanto alla porta d’accesso al “locale pertiche” era affisso un cartello con riserva d’accesso al solo personale operativo e l’apertura del pavimento era protetta da una balaustra d’acciaio con elementi rossi ben visibili. Aggiunge, altresì, il ricorrente che la porta in questione doveva essere necessariamente aperta per soddisfare le esigenze di celerità del servizio e che le misure precauzionali ed antinfortunistiche predisposte dal comando erano dirette a salvaguardare soggetti adulti operativi, o comunque ammessi ad accedere ai locali, e non bambini. In sintesi, il giudice avrebbe errato nell’applicare ad una caserma dei Vigili del Fuoco gli stessi parametri di sicurezza che si potrebbero esigere per una scuola o per un edificio che si presta indifferentemente ad accogliere anche persone minori di età.
Il motivo è infondato.
Come s’è visto in precedenza, il giudice d’appello ha individuato la corresponsabilità risarcitoria dell’Amministrazione (insieme con quella del R. per omessa vigilanza sul minore) sotto il profilo dei precetti sia dell’art. 2051 c.c., sia dell’art. 2043 c.c..
Quanto alla prima delle menzionate disposizioni, occorre subito chiarire che questa Corte, superando il remoto orientamento giurisprudenziale (che tralaticiamente riteneva applicabile “la presunzione di responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia” solo agli eventi “che derivino dall’intrinseco dinamismo della cosa medesima, per la sua obbiettiva consistenza o per l’effetto di agenti che ne abbiano alterato la natura o il modo di operare” – tra le molte in tal senso, cfr. Cass. 27 giugno 1984, n. 3774 – e che sembrava così richiedere l’accertamento della pericolosità della cosa), ha spiegato che la responsabilità del custode riguarda tutti i danni dalla cosa custodita cagionati sia per sua intrinseca natura sia per l’insorgenza in essa di agenti dannosi (Cass. 1 giugno 1995 n. 6125, e per il passato cfr. anche Cass. 15 ottobre 1955 n. 3203, 12 marzo 1959 n. 738, 9 giugno 1983 n. 3971), così negando il fondamento di una classificazione fondata sul parametro della pericolosità e riaffermando l’applicabilità della disposizione dell’art. 2051 c.c., sul semplice presupposto del nesso causale tra la cosa in custodia e l’evento dannoso, indipendentemente dalla pericolosità attuale o potenziale della cosa stessa, e perciò anche per le cose inerti (in linea, dunque, con l’esperienza d’oltralpe, in cui l’art. 1384 c.c., è interpretato in modo da comprendervi i danni causati da tutte le cose, a prescindere sia dalla loro pericolosità, sia dal fatto che esse siano o meno sotto il controllo dell’uomo).
Si è, in questo senso, anche escluso (cfr. tra le più recenti Cass. 19 febbraio 2008, n. 4279) che la responsabilità in questione si fondi su un’attività o un comportamento eventualmente imprudente o negligente del custode, affermando, piuttosto, che essa trova la sua ragione nel rapporto di custodia e nel nesso eziologico tra cosa e danno, così tendendo verso la radicale oggettivazione dell’ipotesi normativa (come di altre analoghe), relativamente alla quale è giusto parlare di rischio da custodia (non di colpa nella custodia) e di presunzione di responsabilità (non di colpa presunta).
Si è poi aggiunto che il nesso causale debba essere negato non solo, come è ovvio, in presenza di un fattore esterno che, interferendo nella situazione in atto, abbia di per sè prodotto l’evento (assumendo il carattere del c.d. fortuito autonomo), ma anche nei casi in cui la cosa sia stata resa fattore eziologico dell’evento dannoso da un elemento o fatto estraneo del tutto eccezionale e per ciò stesso imprevedibile (c.d. fortuito incidentale – cfr. Cass. 2 febbraio 2004, n. 2430), ancorchè dipendente dalla condotta colpevole della vittima (a riguardo cfr. la già citata Cass. n. 4279/08).
Ciò premesso in via di principio, occorre verificare se il giudice del merito s’è adeguato a quanto finora affermato nell’attribuire all’Amministrazione la corresponsabilità nella produzione dell’evento. L’accertamento a riguardo si fonda sulle seguenti circostanze: a) il vano ove erano collocate le pertiche utilizzate per la discesa alla sottostante rimessa era adiacente alla sala d’aspetto dell’infermeria; b) la porta di comunicazione con tale vano non era chiusa (altrimenti la bambina non avrebbe potuto entrarvi); c) il foro entro il quale la piccola è precipitata non era protetto da nessuno sbarramento e costituiva un indubbio trabocchetto per un bambino incapace di individuarne il pericolo; d) vi era piena libertà di accesso alla sala d’aspetto presso l’infermeria, essendo questa aperta al pubblico. Di qui – secondo il giudice – il nesso di causalità tra danno e cosa “risultata in concreto pericolosa”. Posto che non è affatto in discussione il collegamento eziologico tra cosa (pavimento forato in corrispondenza delle pertiche) ed evento dannoso, l’Amministrazione, per liberarsi dalla responsabilità, avrebbe dovuto provare quello che, come s’è visto in precedenza, viene detto il fortuito incidentale, ossia l’esistenza di un elemento o di un fatto del tutto eccezionale e per ciò stesso imprevedibile, ancorchè dipendente dalla condotta colpevole della vittima (in tal senso va integrata e corretta la motivazione della sentenza impugnata).
Prova che, nella specie, non è stata raggiunta, nè tantomeno offerta. Il Ministero, infatti, ancor oggi insiste nel sostenere che non erano dall’Amministrazione esigibili, in quel particolare luogo riservato al personale operativo, le medesime cautele protettive esigibili rispetto a luoghi aperti al pubblico anche di soggetti minorenni. Affermazione che avrebbe un fondamento se effettivamente i luoghi in questione fossero stati riservati al personale operativo, siccome è impossibile neppure ipotizzare che i vigili del fuoco, chiamati per un intervento, siano ostacolati nell’accesso alle rimesse degli automezzi da porte chiuse o impedimenti vari, tali da ritardare l’operatività del servizio. D’altronde, la stessa, tradizionale predisposizione della discesa alla rimessa a mezzo di pertica (e non di scala o di elevatore) è finalizzata a soddisfare esigenze di urgenza e celerità proprie del particolare servizio in questione.
Piuttosto, per liberarsi da responsabilità, l’Amministrazione avrebbe dovuto dimostrare che l’intrusione, in quegli specifici locali, da parte di persone estranee e per di più minorenni o, comunque, incapaci di individuare il pericolo insito nel pavimento forato, era una circostanza assolutamente eccezionale ed imprevedibile, tale da spezzare il rapporto di causalità tra cosa ed evento dannoso.
Al contrario, l’accertamento di merito ha appurato che i luoghi non erano affatto riservati agli operatori, bensì erano aperti al pubblico indifferenziato di chi si recasse in caserma per essere sottoposto a visita medica (lo stesso ricorso chiarisce che anche il R. era estraneo all’Amministrazione per essere stato “già in passato vigile del fuoco avventizio” – cfr. pag. 6) e dalla sala d’aspetto dell’ambulatorio era agevole passare, per una porta aperta, al locale delle pertiche. Il che dimostra che la presenza in caserma di una bambina (o, comunque, di una persona non in grado di valutare l’insidia dei luoghi) e la possibilità che questa si aggirasse liberamente per i vari locali non era affatto una circostanza eccezionale ed imprevedibile, ma, piuttosto, possibile ed ammessa.
Dal che deriva che la sentenza impugnata è immune da censure per essersi correttamente adeguata al principio secondo cui la responsabilità da cose in custodia, di cui all’art. 2051 c.c., prescinde dall’accertamento del carattere colposo dell’attività o del comportamento del custode ed ha natura oggettiva, necessitando, per la sua configurabilità, del mero rapporto eziologico tra cosa ed evento dannoso; essa prescinde anche dall’accertamento della pericolosità della cosa stessa, scaturendo da tutti i danni da essa cagionati, sia per sua intrinseca natura, sia per l’insorgenza in essa di agenti dannosi; essa è esclusa solo dal caso fortuito, che può essere rappresentato (con effetto totale o parziale nell’esclusione della responsabilità) anche dal fatto del danneggiato, che abbia un’efficacia causale tale da interrompere del tutto il nesso eziologico che collega la cosa all’evento dannoso o da affiancarsi come ulteriore contributo utile nella produzione del danno. Ne deriva che, nel caso in cui la cosa (nella specie il pavimento della caserma dei vigili del fuoco, forato in corrispondenza delle pertiche utilizzate dai vigili per la discesa alla rimessa degli automezzi), per sua natura destinata ad essere utilizzata, in maniera riservata, da personale edotto delle caratteristiche della cosa stessa, cagioni danno a persona estranea, che quelle caratteristiche non conosca o non sia in grado di percepire (nella specie una bambina che, introdottasi nella caserma, precipiti attraverso il predetto foro), la responsabilità del custode della cosa è esclusa solo dalla prova del caso fortuito, che può essere individuato anche nel fatto dello stesso danneggiato.
In tale ultima ipotesi, il custode deve provare che il danneggiato si sia introdotto nei luoghi abusivamente e, comunque, in maniera assolutamente imprevista ed imprevedibile, sì che l’intrusione si manifesti come circostanza del tutto eccezionale ed autonomamente produttrice del danno (salva l’applicazione del disposto dell’art. 1227 c.c., comma 1), in modo da ridurre la cosa a mera occasione dell’evento.
In conclusione, il ricorso deve essere respinto. La particolarità della fattispecie trattata consiglia l’integrale compensazione delle spese del giudizio di cassazione. 

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa interamente tra le parti le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, il 4 novembre 2008.
Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2008


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Avvocato, blogger, relatore in convegni e seminari. Autore di numerosi articoli apparsi su riviste specializzate cartacee e delle seguenti monografie: Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile di cognizione. Manuale di sopravvivenza per l’avvocato, Lexform Editore, 2009; Le trappole nel processo civile, 2010, Giuffrè; L’onere di contestazione nel processo civile, Lexform Editore, 2010; L’appello civile. Vademecum, 2011, Giuffrè; Gli strumenti per contestare la ctu, Giuffrè, 2013; Come affrontare il ricorso per cassazione civile, www.youcanprint.it, 2020.


Un commento:

  1. N.v

    Quella caserma nn era ancora attiva al momento del fatto. Era in fase di trasloco! I vigili del fuoco nn operavano la dentro! Le porte dovevano essere chiuse! E nelle pertiche utilizzate dai pompieri ci sono dei cuscini! Li nn c’erano!



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