Il Tribunale di Roma è chiamato a quantificare il risarcimento del danno subito da alcuni cittadini del Perù, che hanno perso un congiunto in Italia.
La compagnia di assicurazione chiede che il risarcimento venga diminuito in considerazione del fatto che i danneggiati conseguiranno una somma maggiore, tenuto conto del potere di acquisto dell’euro, rispetto a quello della moneta locale.
Il Tribunale rigetta l’eccezione per questi motivi:
Tribunale di Roma, 27 gennaio 2007
Omissis.
La tesi non può essere condivisa né in diritto, né in fatto.
12.1. In diritto, è noto che nella liquidazione del danno non patrimoniale il giudice deve procedere con valutazione equitativa, tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto (ex permultis, Cass., sez. III, 26-02-1996, n. 1474, in Dir. ed economia assicuraz., 1997, 377; Cass., sez. III, 05-02-1998, n. 1164, in Foro it. Rep. 1998, voce Danni civili, n. 223; Cass. 9.1.1998 n. 134, in Danno e resp., 1998, 351).
La fattispecie astratta “illecito aquiliano”, come noto, si compone di tre elementi essenziali, costituiti dalla condotta illecita (colposa o dolosa), dal danno e dal nesso causale tra la prima ed il secondo.
Questi sono dunque i tre elementi le cui circostanze sono suscettibili di incidere sulla aestimatio del danno.
Il luogo dove il danneggiato abitualmente vive, e presumibilmente spenderà od investirà il risarcimento a lui spettante, è invece un elemento esterno e successivo alla fattispecie dell’illecito, come tale ininfluente sulla misura del risarcimento del danno.
12.2. La tesi sostenuta dalla società convenuta è del pari non condivisibile da un punto di vista di fatto. per almeno quattro ordini di motivi:
(a) essa si fonda sulla praesumptio hominis che il danneggiato spenda il risarcimento nel luogo ove vive. Tale presunzione è però priva dei requisiti di cui all’art. 2729 c.c., in quanto dal fatto noto che il danneggiato viva in una determinata zona o Paese non può legittimamente inferirsi né come, né dove spenderà il risarcimento ricevuto. Anzi, la tesi prova troppo, giacché se il danneggiato decidesse di investire il risarcimento per ricavarne un lucro finanziario, il capitale sarebbe più remunerato proprio là dove minori sono i depositi bancari;
(b) la creazione di “gabbie” risarcitorie, vale a dire abbattimenti del risarcimento proporzionali alla ricchezza della regione abitata dal danneggiata, per essere equa e consequenziale dovrebbe operare anche in bonam partem: detto altrimenti, ove si condividesse la tesi qui contestata si dovrebbe e converso ammettere un innalzamento del risarcimento là dove la vittima risiede in zone geografiche dl tenore di vita assai elevato. Ciò tuttavia consentirebbe in teoria al creditore di spostare la sua residenza al solo fine di far crescere il risarcimento, conseguenza palesemente inaccettabile;
(c) la riduzione del risarcimento in considerazione del luogo di residenza del danneggiato, se condivisa, dovrebbe valere non soltanto per il risarcimento del danno morale, ma anche per quello biologico e per quello patrimoniale, per quello contrattuale così come per quello aquiliano, il che – oltre a non essere mai stato sostenuto da alcuno – non sembra sostenibile;
(d) infine, non appare condivisibile la relazione stabilita dalla convenuta tra entità del risarcimento e zona dove esso è presumibilmente destinato ad essere speso. Infatti, se il ritenuto collegamento tra la pecunia doloris e l’uso che il danneggiato ne farà fosse valido, esso potrebbe essere portato a conseguenze estreme: il risarcimento, cioè, potrebbe essere modulato in funzione non soltanto del luogo, ma anche del tempo in cui sarà speso (con problematiche presunzioni circa la propensione al consumo del danneggiato), ovvero in funzione delle caratteristiche soggettive del creditore, sicché il prodigo sarebbe risarcito più dell’avaro, e lo stoico meno dell’epicureo. La evidente paradossalità di queste conseguenze rivela la debolezza della premessa, e cioè che il risarcimento del danno non patrimoniale possa variare in funzione del luogo ove sarà presumibilmente speso.
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