L’Avv. Tizio notifica un atto di precetto a Caio, il quale diligentemente paga e chiede la fattura. Tizio, senza neanche inviare una lettera di contestazione, parte immediatamente con una causa nei confronti di Caio, al fine di far accertare che egli non ha alcun obbligo di emettere la fattura nei confronti di Caio, bensì nei confronti del proprio cliente.
La domanda viene rigettata in primo e secondo grado per difetto di interesse ad agire ex art. 100 c.p.c.
Art. 100 – Interesse ad agire.
Per proporre una domanda o per contraddire alla stessa è necessario avervi interesse.
Tizio ricorre in Cassazione ma la Corte lo rigetta per questi motivi:
- La sentenza impugnata aveva giustamente rilevato che l’interesse ad agire richiede non solo l’accertamento di una situazione giuridica, ma anche che la parte prospetti l’esigenza di ottenere un risultato utile giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l’intervento del giudice (Cass. civ. 23 maggio 2003 n. 8200).
- L’accertamento in diritto deve essere cioè pregiudiziale alla richiesta di un concreto provvedimento, idoneo a realizzare l’interesse perseguito dalla parte.
- La Corte di appello aveva accertato che, nel momento in cui l’azione di accertamento è stata proposta, non sussisteva alcuna controversia fra le parti a cui fosse necessario dare immediata soluzione, senza neppure far precedere l’iniziativa giudiziale dalla comunicazione informale delle proprie ragioni. Nè era stato prospettato dall’attrice, o appariva prospettabile, alcun concreto provvedimento idoneo a prevenire un’altrui iniziativa, od a procurarle un qualunque risultato utile, in aggiunta al potere – che già le spettava – di far valere le sue ragioni in risposta ad un eventuale azione in giudizio di Caio, considerato anche che l’obbligo da questo addebitatole aveva per oggetto una prestazione di fare, la cui esecuzione forzata è tutt’altro che agevole ed immediata.
- L’avv. Tizio aveva comunque la possibilità di agire per molestie o per danni contro le eventuali iniziative di disturbo della controparte.
- Il processo non può essere utilizzato in previsione di possibili effetti futuri, pregiudizievoli per colui che agisce; nè sono ammissibili mere questioni di interpretazione di norme, se non in via incidentale e strumentale alla pronuncia sulla domanda principale di tutela del diritto ed alla prospettazione del risultato utile e concreto che la parte in tal modo persegua (Cass. civ. Sez. Un. 20 dicembre 2006 n. 27187; Cass. civ. 22 agosto 2007 n. 17877).
- Giustamente, pertanto, la Corte di appello ha escluso l’interesse ad agire. Nè l’interesse si può ritenere sopravvenuto per effetto della domanda riconvenzionale del convenuto, domanda che è stata palesemente proposta in funzione meramente difensiva; tanto è vero che non è stata coltivata in appello, tramite impugnazione incidentale. Si che la controversia in atto era comunque circoscritta alla sola questione posta dall’attrice.
Cassazione civile sez. III, 28 novembre 2008, n. 28405
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L’avv. C.E. – avendo notificato precetto a N.G. in relazione a un credito del suo cliente, Studio “I Macchiaioli” – ha ricevuto dal N. il pagamento dell’importo precettato, comprensivo di capitale e spese legali.
Il N. ha chiesto l’emissione di fattura relativa al pagamento e la C. lo ha convenuto davanti al Tribunale di Firenze, chiedendo che venisse giudizialmente accertata l’insussistenza di ogni suo obbligo di emettere fattura, avendo ricevuto il pagamento per conto del cliente ed essendo tenuta a fatturare a quest’ultimo, e non alla controparte, l’importo delle sue spettanze.
Il N. ha resistito alla domanda, chiedendo in via riconvenzionale l’accertamento dell’esistenza dell’obbligo della C. di fatturare.
Con sentenza 11.12.2001 il Tribunale di Firenze ha dichiarato inammissibile la domanda attrice, per carenza di interesse ad agire, compensando le spese processuali.
Proposto appello dalla C., a cui ha resistito il N., la Corte di appello di Firenze – con sentenza 16 dicembre 2003 – 16 marzo 2004 n. 428 – ha confermato la sentenza impugnata, ponendo a carico dell’appellante le spese del grado.
Con atto notificato il 13 agosto 2004 la C. propone quattro motivi di ricorso per cassazione.
L’intimato non ha svolto attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- La Corte di appello ha escluso la sussistenza dell’interesse ad agire in capo alla C., ritenendo che la stessa non avesse l’esigenza “non altrimenti ovviabile se non per via giudiziale, di ottenere un risultato utile giuridicamente apprezzabile”, in relazione alla domanda di accertamento dell’inesistenza dell’obbligo di emettere fattura a carico del N..
La Corte ha citato a conforto le sentenze n. 3905/2003 e 8200/2003 di questa Corte ed ha rilevato che la C., prima di sottoporre il caso all’autorità giudiziaria, avrebbe dovuto confutare la richiesta della controparte quanto meno con una lettera di risposta, citando la normativa fiscale e dimostrando in via stragiudiziale la fondatezza delle sue ragioni.
Ha altresì escluso che l’interesse all’accertamento giudiziale potesse derivare dalla domanda riconvenzionale del N., diretta ad ottenere l’accertamento dell’obbligo della C. di emettere fattura, poichè l’interesse ad agire è presupposto processuale, che deve sussistere alla data della domanda, essendo irrilevante che esso sopraggiunga successivamente.
2.- Con il primo motivo, deducendo violazione degli artt. 100 e 112 c.p.c., la ricorrente afferma che l’interesse ad agire in giudizio sussiste in ogni caso in cui taluno voglia far accertare l’infondatezza di pretese avanzate nei suoi confronti; che il N. le aveva addebitato l’obbligo di procedere ad adempimenti fiscali ad essa non spettanti, ponendola obiettivamente in una situazione di disagio e di incertezza, situazione che essa aveva interesse a dissipare.
3.- Con il secondo motivo, deducendo violazione degli artt. 99, 100 e 112 c.p.c., assume che erroneamente la Corte di appello ha qualificato l’interesse ad agire come un presupposto processuale, trattandosi in realtà di una condizione dell’azione, che può sopraggiungere anche in corso di causa, fino alla data della chiusura della discussione. Il suo interesse ad agire sarebbe sopravvenuto quanto meno allorchè il convenuto ha proposto la domanda riconvenzionale di accertamento dell’esistenza dell’obbligo a suo carico di emettere la fattura. Ha soggiunto che il N. aveva assunto nei suoi confronti altre iniziative (esposti all’Ordine forense e all’Intendenza di finanza), che rendevano ancor più evidente il suo interesse a fare accertare la legittimità del suo comportamento.
4.- I due motivi – che vanno congiuntamente esaminati, perchè connessi – non sono fondati.
Va premesso che parte della giurisprudenza citata nella sentenza impugnata a dimostrazione della carenza di interesse ad agire della C. non è in termini, poichè riguarda casi in cui la domanda di accertamento aveva ad oggetto il mero accertamento di circostanze di fatto (Cass. n. 3905/2003).
Nella specie, per contro, la ricorrente chiede l’accertamento di una situazione giuridica, cioè l’accertamento relativo alla sussistenza o meno del suo obbligo di emettere la fattura.
La sentenza impugnata ha giustamente rilevato, peraltro, che l’interesse ad agire richiede non solo l’accertamento di una situazione giuridica, ma anche che la parte prospetti l’esigenza di ottenere un risultato utile giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l’intervento del giudice (Cass. civ. 23 maggio 2003 n. 8200).
L’accertamento in diritto deve essere cioè pregiudiziale alla richiesta di un concreto provvedimento, idoneo a realizzare l’interesse perseguito dalla parte.
La Corte di appello ha accertato che, nel momento in cui l’azione di accertamento è stata proposta, non sussisteva alcuna controversia fra le parti a cui fosse necessario dare immediata soluzione, senza neppure far precedere l’iniziativa giudiziale dalla comunicazione informale delle proprie ragioni. Nè era stato prospettato dall’attrice, o appariva prospettabile, alcun concreto provvedimento idoneo a prevenire un’altrui iniziativa, od a procurarle un qualunque risultato utile, in aggiunta al potere – che già le spettava – di far valere le sue ragioni in risposta ad un eventuale azione in giudizio del N., considerato anche che l’obbligo da questo addebitatole aveva per oggetto una prestazione di fare, la cui esecuzione forzata è tutt’altro che agevole ed immediata.
La C. aveva comunque la possibilità di agire per molestie o per danni contro le eventuali iniziative di disturbo della controparte.
Si ricorda che il processo non può essere utilizzato solo in previsione di possibili effetti futuri, pregiudizievoli per colui che agisce; nè sono ammissibili mere questioni di interpretazione di norme, se non in via incidentale e strumentale alla pronuncia sulla domanda principale di tutela del diritto ed alla prospettazione del risultato utile e concreto che la parte in tal modo persegua (Cass. civ. Sez. Un. 20 dicembre 2006 n. 27187; Cass. civ. 22 agosto 2007 n. 17877).
Giustamente, pertanto, la Corte di appello ha escluso l’interesse ad agire.
Nè l’interesse si può ritenere sopravvenuto per effetto della domanda riconvenzionale del convenuto, domanda che è stata palesemente proposta in funzione meramente difensiva; tanto è vero che non è stata coltivata in appello, tramite impugnazione incidentale. Si che la controversia in atto era comunque circoscritta alla sola questione posta dall’attrice.
5.- Il terzo motivo, con cui si lamenta l’omessa pronuncia sul merito della domanda, risulta assorbito.
6.- Il quarto motivo, con cui si censura la pronuncia sulle spese, è inammissibile, trattandosi di materia rimessa alla discrezionale valutazione del giudice di merito, con il solo limite del divieto di porre le spese a carico della parte vittoriosa (da ultimo, Cass. civ. Sez. 3^, 11 gennaio 2008 n. 406).
7.- Il ricorso deve essere rigettato.
8.- Non essendosi costituito l’intimato, non vi è luogo a pronuncia sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte di cassazione rigetta il ricorso. Nulla per le spese.
Così deciso in Roma, il 3 ottobre 2008.
Depositato in Cancelleria il 28 novembre 2008
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