Segnalazioni alle centrali rischio sempre … più a rischio

Mirco Minardi

Fioccano le condanne per le illegittime segnalazioni alle centrali rischio da parte di istituti bancari o di credito.

Per spiegare brevemente in che cosa consista detta segnalazione prendo a prestito un brano della sentenza del Tribunale di Mantova del 27/05/2008.

Il servizio per la centralizzazione dei rischi bancari, istituito con delibera del Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio (CICR) del 16.5.1962 ed affidato alla Banca d’Italia, è oggi disciplinato dalla delibera del CICR del 29.3.1994 n. 429300, adottata ai sensi degli artt. 53, comma 1, lett. b, 67 co. I, lett. b e 107 co. II del d. lgs. 1 settembre 1993 n. 385 nonchè dalle istruzioni emanate dalla stessa Banca d’Italia consistenti nelle istruzioni di vigilanza per le banche, trasmesse alle aziende di credito e concernenti la “Centrale dei Rischi” e nelle specifiche istruzioni per gli intermediari partecipanti trasfuse nella circolare n. 139 dell’11.2.1991.

Va poi rammentato che le segnalazioni sono articolate per tipi di operazioni bancarie, prevedendosi una distinzione di queste in nove categorie di censimento, caratterizzate da una presunta diversità di rischio connessa con le caratteristiche tecniche delle operazioni medesime, tra le quali rientra quella delle “sofferenze” e, nell’ambito di tale categoria, devono essere segnalati tutti i crediti per cassa in essere nei confronti di soggetti in stato di insolvenza, anche non accertato giudizialmente, o in situazioni sostanzialmente equiparabili.

Va aggiunto che l’appostazione a sofferenza non può essere conseguenza automatica di un mero ritardo nel pagamento del debito e che tale tipo di annotazione non implica una previsione di perdita, ovvero di irrecuperabilità del credito, giacché, ove la previsione di irrecuperabilità divenisse attuale, il credito, già segnalato a sofferenza, dovrebbe essere in tutto o in parte spostato nella categoria di censimento crediti passati a perdita, con il relativo venir meno della sua iscrizione nella categoria delle sofferenze (cfr. Cass. 12-10-2007 n. 21428): in sostanza per insolvenza, ai sensi della richiamata disciplina, si intende una valutazione negativa della situazione patrimoniale, apprezzabile come deficitaria, ovvero come grave difficoltà economica, senza quindi alcun riferimento al concetto di incapienza ovvero di definitiva irrecuperabilità (v. Cass. 12-10-2007 n. 21428 e nella giurisprudenza di merito Trib. Pescara 21-12-2006; Tribunale di Roma, 25-11-2004 n. 31484; Tribunale di Milano, 17-3-2004; App. Milano, 4-11-2003; Trib. Bari, 22-12-2000).

Nel caso deciso dal Tribunale di Torino, un dirigente era stato ingiustamente segnalato a seguito del mancato pagamento di una rata di finanziamento per l’acquisto di alcuni elettrodomestici, il cui contratto era stato stipulato da un malfattore che gli aveva sottratto il portafogli.

Ebbene, nonostante l’invio alla società di finanziamento della querela per furto, la finanziaria, riscontrato il mancato pagamento, aveva imprudentemente segnalato la sofferenza.

Convenuta in giudizio, la stessa è stata condannata a risarcire il danno subito, quantificato nella somma di euro 19.078 per danni non patrimoniali, determinati con riferimento all’epoca di verificazione dell’illecito.

A tale somma il giudice è pervenuto in questo modo: ha stabilito in una frazione, determinata in 1\10, in ragione della assai circoscritta diffusione della segnalazione, della somma per quale venne effettuata la indebita segnalazione, e quindi nella somma di euro 241,5 (euro 2.415 : 10), per ciascuno dei 79 giorni di tale indebita segnalazione, e quindi nella somma complessiva di euro 19.078 (241,5 x 79).
vedi massima

 

 

Tribunale Torino, 28 marzo 2007, sez. IV

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione notificata il 14 febbraio 2005 M.P.G. evocava in giudizio innanzi a questo Tribunale la società Fin. esponendo che:
– l’8.11.2002, presso la Fiera Cavalli di Verona, era stato derubato del portafogli, contenente, tra l’altro, la carta di identità, la patente di guida, la tessera bancomat, una carta di credito ed un libretto di assegni della Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza, una della Banca San Paolo IMI a favore della Alfa, di cui era dipendente, contanti per euro 520, una tessera Viacard e due tessere magnetiche per entrare negli uffici della suddetta Alfa;
– aveva quindi immediatamente comunicato il furto delle carte di credito e della tessera bancomat mediante gli appositi numeri verdi ed il giorno seguente aveva presentato denuncia contro ignoti presso il Commissariato di Crema;
– il 7.1.2003 la Fin. gli aveva comunicato l’avvenuta concessione di un finanziamento dell’ammontare di euro 2.415, richiesto il 21.12.2002, relativo all’acquisto di merce presso la S.p.a. Betae di Firenze, trasmettendogli i moduli postali per il relativo rimborso;
– il 16.1.2003, prima della scadenza della prima rata di tale rimborso, fissata al 1.2.2003, aveva comunicato alla Fin. di non aver sottoscritto alcuna richiesta di finanziamento e di non aver acquistato alcunché dalla S.p.a. Beta di Firenze, precisando che la relativa operazione poteva essere stata compiuta dagli autori del furto della sua carta di credito ed allegando copia della relativa denuncia;
– l’8.9.2003 la Fin. gli aveva trasmesso copia del documenti in suo possesso, tra cui una busta paga falsa, una patente di guida contraffatta, un contratto di finanziamento con firma apocrifa e la carta di identità con la fototessera falsificata, chiedendogli di presentarla ad integrazione della denuncia di furto;
– egli, tramite la propria consorte, aveva quindi precisato alla Fin. di aver già denunciato il furto e di aver già inviato alla convenuta copia della relativa denuncia;
– dopo alcuni mesi, dovendo domandare la concessione di un mutuo per l’acquisto di un immobile, aveva scoperto di essere classificato a sofferenza presso la Centrale Rischi della Banca d’Italia e che analoga comunicazione era stata fatta alla CRIF, banca data contenente informazioni bancaria circa la affidabilità dei clienti; entrambe le comunicazioni erano state effettuate dalla Fin.;
– aveva quindi domandato, con ricorso cautelare ai sensi dell’art. 700 c.p.c., che venisse ordinato alla Fin. di provvedere alla cancellazione di tali indebite segnalazioni, pregiudizievoli anche in relazione alla concessione del mutuo;
– la Fin., costituitasi all’udienza fissata dal Giudice designato di questo Tribunale, aveva prodotto i documenti comprovanti la richiesta di tale segnalazione, effettuata solo dopo la notificazione del ricorso d’urgenza;
– alla successiva udienza, il 16.9.2004, egli aveva prodotto la visura aggiornata della Banca d’Italia ed il relativo foglio informativo, da cui risultava che la sofferenza pregressa non poteva essere cancellata e che la partita contabile a suo nome era stata accertata a perdita; la segnalazione a sofferenza presso la CRIF era, invece, stata cancellata ex tunc;
– con ordinanza del 28.9.2004 il Giudice designato aveva quindi dichiarato cessata la materia del contendere, sulla base del rilievo che la Fin. aveva spontaneamente provveduto a richiedere le cancellazioni oggetto della istanza del M.P.G., condannando però la resistente e rifondere le spese di lite al M.P.G..
Affermava, pertanto, che l’indebita iscrizione del suo nome nell’archivio della Centrale Rischi della Banca d’Italia era da addebitare al comportamento negligente della Fin., con la conseguente responsabilità per i danni che ne erano derivati.
Questi consistevano nella lesione del suo diritto all’immagine ed alla reputazione, pregiudicati dalla sua ineliminabile iscrizione nella Centrale Rischi per il periodo dal 4.4.2003 al 21.6.2004, oltre che per l’indebito trattamento dei suoi dati personali, effettuato senza l’adozione delle cautele imposte dalla natura di tali dati.
Concludeva, pertanto, chiedendo la condanna della convenuta a corrispondergli la somma complessiva di euro 250.000, quale risarcimento di tali danni non patrimoniali, oltre accessori e spese, come in epigrafe.
La convenuta, costituitasi alla prima udienza, pur non negando i fatti posti a fondamento della domanda dell’attore, resisteva alla stessa, di cui chiedeva il rigetto.
Esponeva di aver ricevuto dalla Beta di Firenze, con cui era convenzionata, la richiesta del finanziamento dell’acquisto di un televisore, di una lavatrice e di un impianto hi-fi sottoscritta da tale M.P.G., con allegati copia della carta di identità, della patente di guida e della busta paga; l’identificazione del richiedente era stata effettuata dagli incaricati della Beta ed essa quindi, sulla base di detta documentazione e di tale identificazione, aveva aderito alla richiesta di finanziamento, erogandolo direttamente alla società venditrice; aveva quindi, come di consueto, comunicato al M.P.G. l’approvazione del finanziamento, trasmettendogli anche i bollettini postali da usare per il pagamento.
Soggiungeva, conformemente a quanto esposto dall’attore, di aver successivamente ricevuto la lettera di contestazione del M.P.G. e di avergli quindi, al fine di un più compiuto accertamento dello svolgimento del fatto, richiesto ulteriore documenti, onde verificare l’effettiva commissione del furto e della falsificazione dei documenti dello stesso M.P.G..
Non avendo ricevuto, nonostante le assicurazioni della moglie del M.P.G., copia della querela per le falsificazioni dei documenti del M.P.G. ed il loro fraudolento utilizzo, non essendovi certezza circa l’estraneità del M.P.G. alla vicenda, erano state inoltrate le segnalazioni alle banche dati CRIF e della Banca d’Italia.
A seguito della instaurazione da parte del M.P.G. del procedimento cautelare aveva domandato la cancellazione di tali annotazioni.
Negava, pertanto, che i propri organi fossero stati negligenti nella verifica della effettiva stipulazione da parte del M.P.G. del contratto di finanziamento inadempiuto, avendo trasmesso a costui copia dei documenti in suo possesso proprio per consentirgli di verificare l’autenticità delle sottoscrizioni apposte in calce a tale contratto, richiedendogli, contestualmente, copia della querela per truffa e falso, non trasmessale dal M.P.G.: tale omissione, in particolare, le aveva impedito di accertare l’estraneità del M.P.G. alla richiesta di finanziamento.
Contestava anche sussistenza ed entità dei danni lamentati dall’attore, anche in considerazione della breve durata della segnalazione del M.P.G. presso la Centrale Rischi della Banca d’Italia e la banca dati CRIF, tra l’altro per una esposizione debitoria di importo modesto, e della avvenuta cancellazione del suo nominativo, contrariamente a quanto sostenuto dall’attore, anche dall’archivio della suddetta Centrale Rischi della Banca d’Italia.
Contestava anche il prospettato trattamento indebito dei dati personali dell’attore, eseguito, secondo quanto previsto sia dall’art. 12, lett. a), della l. 675 del 1996 che dal successivo articolo 24 del d.lgs. 196 del 2003, per adempiere ad un obbligo previsto dalla legge; esso, inoltre, appariva autorizzato dal titolare, che vi aveva consentito nel contratto di finanziamento; in ogni caso la prova del danno che ne era conseguito avrebbe dovuto essere fornita dall’attore.
Concludeva, pertanto, per il rigetto della domanda dell’attore, con vittoria di spese.
All’udienza dell’11.10.2005, fissata per gli adempimenti prescritti dall’art. 183 c.p.c., veniva vanamente tentata la conciliazione delle parti.
Nel corso della successiva udienza del 20.12.2005 la convenuta offriva in via transattiva all’attore, mediante assegno circolare di pari importo, la somma di euro 10.000, comprensiva delle spese legali, quale integrale ristoro dei danni non patrimoniali sofferti dall’attore, che quest’ultimo, però, per il tramite del suo difensore, rifiutava, ritenendola non satisfattiva.
Senza istruzione, non essendo state ammesse le prove testimoniali dedotte dalla convenuta, la causa veniva quindi assunta in decisione all’udienza del 14.11.2006, sulle conclusioni in epigrafe trascritte, ed entrambe le parti provvedevano successivamente, entro i termini loro assegnati, a depositare fascicolo e conclusionale.

MOTIVI DELLA DECISIONE

I fatti posti a fondamento della domanda risarcitoria proposta dall’attore non sono, come notato, stati contestati dalla convenuta, che ha però resistito a tale domanda negando sia la propria negligenza che sussistenza ed entità dei danni asseritamene derivati dalla indebita segnalazione dell’attore alla Centrale Rischi della Banca d’Italia ed alla banca dati CRIF.
Non sembra, dunque, ravvisabile la nullità della citazione per indeterminatezza della causa petendi, peraltro eccepita dalla convenuta per la prima volta nella conclusionale, risultando irrilevante, non essendo stati prospettati danni patrimoniali, la mancata specificazione dell’esito della richiesta di concessione del mutuo fondiario, ed apparendo chiaro il riferimento alla generale responsabilità aquiliana come fondamento della domanda proposta dall’attore.
I fatti posti a sostegno di questa emergono, comunque, con chiarezza dai documenti prodotti da entrambe le parti (sostanzialmente coincidenti) e dalle loro concordi ammissioni circa lo svolgimento della vicenda.
In particolare dai documenti prodotti dall’attore risulta la presentazione in data 9.11.2002 della denuncia del furto del suo portafogli, avvenuto l’8.11.2002 presumibilmente presso la Fiera di Verona, contenente, tra l’altro, la sua carta di identità e la sua patente di guida (cfr. doc. 1 dell’attore); la commissione del furto in tale data ed il contenuto del portafogli sottratto all’attore non sono, poi, stati contestati dalla convenuta.
Con la lettera del 7.1.2003 (doc. 2 dell’attore) la convenuta richiese poi al M.P.G. il rimborso del finanziamento di euro 2.415 concessogli il 21.12.2002 (quindi successivamente alla commissione del furto) presso la S.p.a. Beta di Firenze, contemplante il rimborso mediante 18 rate mensili dell’importo di euro 134,16 ciascuna, con scadenza dal 1.2.2003 al 1.7.2004, allegando i bollettini postali da utilizzare per i relativi pagamenti.
A tale richiesta il M.P.G. rispose con la lettera del 16.1.2003, spedita sia per posta che a mezzo telefax il 17.1.2003 e ricevuta dalla convenuta il 20.1.2003 (doc. 4 dell’attore), con la quale spiegò di non aver mai sottoscritto il contratto di finanziamento di cui la Fin. aveva richiesto l’adempimento, precisando di aver subito il furto dei documenti di identità e che il contratto era, presumibilmente, stato stipulato avvalendosi dei suoi documenti di identità contraffatti; a tale lettera aveva allegato copia della denuncia di furto (circostanza, quest’ultima, non contestata dalla Fin.).
Con successiva lettera dell’8.9.2003 (doc. 5 dell’attore) la Fin., trasmettendogli copia del contratto e dei documenti presentati in occasione della stipula del finanziamento, aveva chiesto all’attore una dichiarazione di estraneità alla vicenda (” La preghiamo, al fine di renderLa indenne dalla richiesta di pagamento, di voler provvedere a dichiarare la Sua estraneità alla vicenda, presentando la documentazione ivi allegata alle autorità competenti; questo ad integrazione della denuncia di borseggio sporta presso la Questura di Cremona in data 9/11/02. In attesa di ricevere via fax copia della querela …………………….. “).
L’attore, per sua stessa ammissione, non trasmise alla Fin. alcuna dichiarazione né presentò querele, ed apprese in seguito, in occasione dell’espletamento degli accertamenti preliminari alla stipula di un mutuo fondiario, nel maggio 2004, che il suo nominativo era stato segnalato sia alla Centrale Rischi della Banca d’Italia che alla banca dati CRIF, quale titolare di una posizione in sofferenza (cfr. l’interrogazione della Centrale Rischi del 3.5.2004 e la comunicazione della CRIF del 29.4.2004, docc. 6 e 7 dell’attore).
A seguito del ricorso d’urgenza proposto dal M.P.G. il 28.5.2004 la convenuta, il 21.6.2004, richiese la cancellazione di tali segnalazioni (doc. 10 dell’attore e 1 et 5 della convenuta), cui conseguì la cancellazione del nominativo dell’attore dalla banca dati CRIF (cfr. la lettera di quest’ultima del 25.8.2004, doc. 12 dell’attore, e la dichiarazione del 25.6.2004 della CRIF, doc. 6 della convenuta).
Tale cancellazione sembra, poi, avere avuto efficacia anche nei confronti dei terzi, con il conseguente venir meno della conoscibilità di detta segnalazione (conoscibile attualmente solo dall’interessato), come emerge dalle copie delle relative interrogazioni della banca dati prodotte dalla convenuta quali docc. 7 ed 8, con la conseguente superfluità dei capitoli di prova al riguardo formulati dalla convenuta medesima, richiamati anche all’atto della precisazione delle conclusioni definitive.
Alla luce di queste univoche e non contestate risultanze pare condivisibile l’assunto dell’attore secondo cui la condotta degli organi della convenuta fu improntata a negligenza nel trattamento della sua posizione e, soprattutto, nella comunicazione del suo nominativo alla Centrale Rischi della Banca d’Italia ed alla banca dati CRIF.
A seguito della negazione da parte del M.P.G. della conclusione del contratto, nonché della comunicazione da parte sua del furto dei documenti di identità in data antecedente alla conclusione del contratto con la Fin. e della trasmissione a quest’ultima di copia della denuncia di furto, la successiva segnalazione da parte della Fin. del nominativo del M.P.G. quale quello di un contraente inadempiente (con la conseguente sua classificazione nelle suddette banche dati come titolare di una posizione debitoria in sofferenza), oltre ad essere erronea pare improntata ad una insufficiente verifica della effettiva corrispondenza tra l’apparente nominativo del contraente e l’effettivo stipulante.
La circostanza che il M.P.G. non presentò querela per truffa (di cui, peraltro, non era neppure la parte offesa) e falso (in relazione alla contraffazione dei suoi documenti di identità e della sua sottoscrizione) e non ne trasmise copia alla Fin., come da questa richiestogli, non sembra sollevi la convenuta da responsabilità o permetta di ravvisare una condotta colposa dell’attore (avente efficacia esclusiva o concorrente nella genesi dell’evento produttivo dei danni di cui si controverte).
Deve, infatti, anzitutto osservarsi che non vi era alcun obbligo per l’attore di presentare tali querele, essendo la relativa scelta frutto di una sua valutazione del tutto libera ed indipendente dalle esigenze della convenuta.
Costituiva, invece, onere di quest’ultima, a seguito dell’errore nella identificazione del contraente compiuto dalla Beta di Firenze (che nell’occasione agiva quale mandataria della stessa Fin.) e della comunicazione del furto dei documenti di identità dell’apparente contraente, adottare i provvedimenti conseguenti a tale erronea identificazione.
La segnalazione del nome del M.P.G. alla Centrale Rischi della Banca d’Italia ed alla CRIF non rientrava certamente tra tali provvedimenti, ed anzi costituì un comportamento avventato, non improntato alla necessaria prudenza ed alla cautela da adottare nel trattamento di dati personali.
Sul piano dei rapporti negoziali la negazione della conclusione del contratto da parte del M.P.G. costituiva, infatti, elemento sufficiente, secondo le ordinarie regole di diligenza e prudenza, ad omettere tale comunicazione, potendo prospettarsi un disconoscimento della sottoscrizione del contratto e la conseguente contestazione sulla sua conclusione; inoltre tale negazione risultava, sulla base della denuncia di furto trasmessa in copia dal M.P.G. alla Fin. in allegato alla citata lettera del 16.1.2003, sorretta da buona fede ed assistita da un consistente grado di fondatezza, con la conseguenza che anche prescindendo dai rapporti negoziali ed avendo riguardo solo alla gestione interna dei propri affari da parte della convenuta, vi erano seri elementi che consigliavano di evitare le segnalazioni poi effettuate (di cui si duole l’attore).
Deve, dunque, ravvisarsi la responsabilità della convenuta nella indebita segnalazione del nome dell’attore alle suddette Centrale Rischi della Banca d’Italia ed alla CRIF, con la conseguente condanna della convenuta medesima al risarcimento dei danni che ne sono derivati.
Questi, alla luce dell’orientamento giurisprudenziale introdotto dalle note sentenze 8827 e 8828 della Corte di cassazione (ribadito dalla sentenza del 27.4.2004 n. 7980, secondo cui il danno non patrimoniale contemplato dall’art. 2059 c.c. ricorre in ” ogni ipotesi in cui si verifichi un’ingiusta lesione di un valore inerente alla persona costituzionalmente garantito, dalla quali derivino effetti dannosi insuscettibili di valutazione economica senza che sia necessario che tale lesione configuri reato “, oltre che, nel medesimo senso, da ultimo, dalla sentenza n. 15022 del 15.7.2005 della Suprema Corte e dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 6572 del 24.3.2006), possono essere determinati, per la lesione della reputazione e della immagine dell’attore, tenendo conto:
– dell’ammontare del debito per il quale venne erroneamente segnalato il nome del M.P.G. (pari ad euro 2.415);
– della durata di tale indebita segnalazione (protrattasi dal 4.4.2004 al 21.6.2004 e quindi per complessivi 79 giorni, pari a 11,2 settimane);
– della posizione del M.P.G. (che, secondo quanto da lui stesso riferito nel corso dell’interrogatorio libero e non contestato dalla convenuta, svolge la attività di dirigente per il gruppo Alfa);
– del fatto che la scoperta di detta iscrizione (con la conseguente verificazione della lesione dell’interesse protetto negata dalla convenuta) avvenne in occasione della richiesta da parte del M.P.G. di un mutuo fondiario da parte della banca di cui era cliente l’attore e presso la quale lavorava anche la sua consorte (di cui, peraltro, non è stata indicata l’entità, con la conseguente impossibilità di avvalersi di tale ulteriore elemento quale criterio di valutazione della entità del pregiudizio alla reputazione dell’attore);
in una frazione, determinata in 1\10, in ragione della assai circoscritta diffusione della segnalazione, della somma per quale venne effettuata la indebita segnalazione, e quindi nella somma di euro 241,5 (euro 2.415 : 10), per ciascuno dei 79 giorni di tale indebita segnalazione, e quindi nella somma complessiva di euro 19.078 (241,5 x 79).
Quanto all’indebito utilizzo dei dati personali dell’attore, cui questi non aveva consentito, essendo stata disconosciuta la sottoscrizione apposta in calce alla dichiarazione di consenso (consenso che non poteva neppure ritenersi non necessario per la obbligatorietà della comunicazione, a causa della mancanza del presupposto di tale obbligatorietà, e cioè la valida conclusione del contratto), utilizzo che obbliga la convenuta al relativo risarcimento secondo quanto previsto dall’art. 18 della 31.12.1996 n. 675 (ora sostituito, con analoga formulazione, dall’art. 15 del d.lgs. 30.6.2003 n. 196, codice in materia di protezione dei dati personali), non sembra che tale indebito trattamento abbia arrecato all’attore un danno ulteriore oltre a quelli alla sua reputazione ed alla sua immagine: sembrano, invece, coincidenti i pregiudizi provocati dalla condotta della convenuta, con la conseguenza che non sembra possa essere attribuito all’attore un ulteriore risarcimento per tale pregiudizio.
La disciplina speciale invocata dall’attore (secondo cui ” Chiunque cagiona danno ad altri per effetto del trattamento di dati personali è tenuto al risarcimento ai sensi dell’art. 2050 del codice civile “, art. 18 l. 675\96 cit.) non sembra, infatti, individuare ulteriori categorie di pregiudizi risarcibili per effetto dell’indebito trattamento di dati personali, limitandosi, invero, a qualificare pericolosa tale attività (con le conseguenti presunzioni di responsabilità) e ad obbligare al risarcimento dei danni che ne siano derivati.
Ne consegue che la relativa domanda di risarcimento di un ulteriore pregiudizio deve essere respinta, risultando produttivo dei medesimi danni l’indebito trattamento dei dati personali dell’attore da parte della convenuta.
I danni risarcibili ammontano conseguentemente ad euro 19.078 per danni non patrimoniali, determinati con riferimento all’epoca di verificazione dell’illecito.
La convenuta deve, quindi, essere condannata a rimborsare all’attore tale somma, oltre alla rivalutazione secondo gli indici ISTAT del costo della vita per le famiglie di operai ed impiegati dalla data della inclusione del nome dell’attore nelle suddette banche dati (4.4.2003) a quella attuale (28.3.2007), trattandosi di un debito di valore, pari ad euro 1.283, ed agli interessi legali sulla somma via via rivalutata (cfr. Cass., 15411\2004), pari ad euro 2.054, e quindi la somma complessiva di euro 22.415, oltre agli interessi successivi fino al saldo sui soli capitale originario e rivalutazione (pari a euro 20.361).
Deve, infine, essere respinta la domanda di condanna alla pubblicazione della sentenza su periodico del settore bancario, giacché, benché tale domanda sia ammissibile, costituendo specificazione della originaria e generica domanda di risarcimento del danno proposta con l’atto introduttivo ed essendo diretta a conseguire il risarcimento in forma specifica, la limitata e circoscritta diffusione della segnalazione, la sua avvenuta cancellazione ed il tempo trascorso sembrano rendere non necessaria a fini riparatori tali pubblicazione.
La reciproca soccombenza, essendo state disattese alcune delle domande proposte dall’attore e considerevolmente ridotta la misura della somma dovutagli quale risarcimento rispetto a quella richiesta con l’atto introduttivo del giudizio, unitamente alla condotta della convenuta, che in corso di causa offrì all’attore una somma non irrisoria rispetto a quella liquidata, costituiscono motivi sufficienti per compensare le spese di lite, nella misura di 1\3, mentre i residui 2\3 delle stesse devono essere posti a carico della convenuta, in considerazione del maggior grado della sua soccombenza: esse vengono liquidate come da dispositivo, sulla base del valore della causa determinato in relazione all’ammontare della somma liquidata quale risarcimento.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunziando nella causa in epigrafe indicata, ogni altra domanda, eccezione e deduzione disattesa e respinta, così provvede:
– Dichiara tenuta e condanna la S.p.a. FIN. a corrispondere a M.P.G., a titolo di risarcimento del danno, la somma complessiva di euro 22.415, oltre agli interessi legali dalla data successiva a quella della sentenza fino al saldo, sui soli capitale originario e rivalutazione (pari a complessivi euro 20.361).
– Respinge le altre domande proposte dall’attore, M.P.G., nei confronti della convenuta, S.p.a. FIN..
– Dichiara compensate le spese processuali nella misura di 1\3.
– Condanna la S.p.a. FIN. a rimborsare a M.P.G. 2\3 delle spese processuali che si liquidano, per detta frazione, in Euro 342,03 per anticipazioni, Euro 894 per diritti, Euro 1.800 per onorari, oltre rimborso forfettario ex art. 14 t.p., c.p.a. ed i.v.a.
Cosi’ deciso in Torino, addì 28.3.2007, con sentenza depositata in Cancelleria in pari data, interamente redatta dall’estensore mediante scritturazione elettronica.
IL GIUDICE
Giovanni Liberati


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Mirco Minardi

Avvocato, blogger, relatore in convegni e seminari. Autore di numerosi articoli apparsi su riviste specializzate cartacee e delle seguenti monografie: Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile di cognizione. Manuale di sopravvivenza per l’avvocato, Lexform Editore, 2009; Le trappole nel processo civile, 2010, Giuffrè; L’onere di contestazione nel processo civile, Lexform Editore, 2010; L’appello civile. Vademecum, 2011, Giuffrè; Gli strumenti per contestare la ctu, Giuffrè, 2013; Come affrontare il ricorso per cassazione civile, www.youcanprint.it, 2020.

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4 commenti:

  1. Salvatore

    Salve,della sentenza sono d’accordo però il mio caso e diverso pultroppo ho avuto molte segnalazioni perchè nn ho potuto pagare per mancanza di lavoro ( libera professione per fortuna nn sono protestato ma io cercavo di fare una causa legale alle banche dati per abuso della paivay percui se mi potete aiutare,mi potete contattare al seguente N°3276876927 sono attivo 24×24 cordiali saluti.
    Salvatore Artino.

  2. Giovanni

    buonasera,
    un informazione mi hanno segnalato a sofferenza, senza preavvisi, con una racc.ar la dove diceva di aver risolto il contratto e di avermi segnalato, perchè non ho potuto pagare 2 rate ma dopo successivamente,ho chiamato al recupero crediti e ho fatto una transazione per pagare il debito ma nello stesso punto la banca si e allertata, adesso stò con le spalle al muro mi potete aiutare. grazie



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