Quando le massime delle sentenze traggono in inganno

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Navigando nella mia banca dati trovo questa massima:

“Il danno esistenziale non può essere valutato autonomamente in quanto rientra nel danno biologico. Quindi, una psicopatologia, derivante da un incidente, che compromette totalmente la vita sentimentale, può essere risarcita solo a metà”.
Cassazione civile , sez. III, 20 aprile 2007, n. 9514

La leggo. La rileggo. Non capisco.

Quale consecutio logica lega l’affermazione secondo cui il danno esistenziale rientra nel danno biologico, da quella, ritenuta conseguente, secondo cui una psicopatologia può essere risarcita solo a metà?

Vado a leggerla per esteso e ….. ecco la sorpresa.

Il ricorrente si era lamentato dell’omessa o comunque insufficiente motivazione in ordine al non accoglimento della domanda di risarcimento del danno nella misura del 100% (art. 360 c.p.c., n. 5), assumendo che, pur avendo la sentenza impugnata condiviso le conclusione dei C.T.U., secondo cui la psicopatologia, di cui era affetta l’attrice, incideva in modo notevole sulla vita di relazione, impedendole una normale vita di sentimenti e di rapporti, aveva poi ritenuto che la stessa avesse subito un danno biologico del 50% e non del 100%.

Ecco la risposta della Corte.

“In presenza di una lesione dell’integrità psicofisica della persona, il danno alla vita di relazione (come il danno estetico o la riduzione della capacità lavorativa generica) costituisce una componente del danno biologico perché si risolve nell’impossibilità o nella difficoltà di reintegrarsi nei rapporti sociali per gli effetti di tale lesione e di mantenerli a un livello normale, cosicché anche quest’ultimo non è suscettibile di autonoma valutazione rispetto al danno biologico, ancorché costituisca un fattore di cui il giudice deve tenere conto per accertare in concreto la misura di tale danno e personalizzarlo alla peculiarità del caso (Cass. 26/02/2004, n. 3868).
Ne consegue che, allorché si provvede all’individuazione dell’entità complessiva del danno biologico subito, il giudice deve tener conto dell’apporto delle varie voci che lo compongono e del peso che esse svolgono nella figura unitaria del danno biologico.
Tale accertamento complessivo rientra negli esclusivi compiti del giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità, se esente da vizi logici.
3.2. Pertanto è immune da censure l’impugnata sentenza che nell’accertare l’entità del danno biologico subito dalla F., in conseguenza della psicopatologia, causata dal sinistro, ha ritenuto che complessivamente il danno biologico raggiungeva la percentuale del 50%.
In altri termini il giudice di appello, senza incorrere nei vizi lamentati dalle censure prospettate, ha, anzitutto, escluso una liquidazione autonoma della voce di danno alla vita di relazione, in presenza di una lesione psicofisica della F., valutandola nell’ambito del danno biologico, ed inoltre – nel contrappeso delle varie voci, che compongono tale danno – ha ritenuto che l’entità complessiva dello stesso fosse da fissare nel 50%, in conformità delle conclusioni del collegio dei c.t.u..

Della serie: le massime, non sono sempre il … massimo!


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Avvocato, blogger, relatore in convegni e seminari. Autore di numerosi articoli apparsi su riviste specializzate cartacee e delle seguenti monografie: Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile di cognizione. Manuale di sopravvivenza per l’avvocato, Lexform Editore, 2009; Le trappole nel processo civile, 2010, Giuffrè; L’onere di contestazione nel processo civile, Lexform Editore, 2010; L’appello civile. Vademecum, 2011, Giuffrè; Gli strumenti per contestare la ctu, Giuffrè, 2013; Come affrontare il ricorso per cassazione civile, www.youcanprint.it, 2020.




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