Può, il difensore, proporre appello incidentale qualora la procura sia apposta in calce all’atto di appello e non contempli espressamente detto potere?

Mirco Minardi

Ogni tanto fa piacere leggere una sentenza non formalistica.

La Corte territoriale dichiarava inammissibile l’appello incidentale in quanto il mandato al difensore apposto in calce alla copia notificata doveva ritenersi limitato a contrastare le doglianze dell’appellante e non poteva estendersi alla proposizione dell’appello incidentale.

Il ricorso viene però accolto dalla Suprema Corte, la quale osserva:

  • che è ben vero che sulla questione dell’estensione dei poteri del difensore in appello in mancanza di un esplicito richiamo, in seno al mandato ad litem, alla facoltà di proporre anche appello incidentale (oltre che l’atto di resistenza c.d. passiva all’impugnazione principale), esiste giurisprudenza di legittimità nel senso seguito, nella specie, dal giudice d’appello;
  • che è altrettanto vero, però, che, da ultimo (v. Cass. n. 4793/2007 e prima Cass. n. 4206/1998), la Corte ha ritenuto ammissibile la proposizione dell’impugnazione incidentale;
  • che tale indirizzo appare più conforme a criteri di economia processuale di tutela sostanziale del diritto della parte, la quale, altrimenti, dovrebbe, per ragioni invero misteriose, tacitamente dissentire dalla proposizione di un atto rivolto a suo esclusivo vantaggio quale un appello incidentale, ed attribuendo la legge direttamente al difensore (ex art. 84 c.p.c.) la facoltà di proporre tutte le domande ricollegabili all’interesse del suo assistito e riferibili all’originario oggetto della causa.

ARTICOLO  84
Poteri del difensore.
[I]. Quando la parte sta in giudizio col ministero del difensore, questi può compiere e ricevere, nell’interesse della parte stessa, tutti gli atti del processo che dalla legge non sono ad essa espressamente riservati.
[II]. In ogni caso non può compiere atti che importano disposizione del diritto in contesa, se non ne ha ricevuto espressamente il potere.

È sempre meno seguito nella giurisprudenza di legittimità il principio in virtù del quale quando la procura è apposta su un atto diverso da quelli previsti dall’art. 83, comma 2, c.p.c. l’ambito del mandato al difensore va determinato, in mancanza di una diversa manifestazione di volontà, con riferimento all’atto sul quale è apposto, con la conseguenza che, in caso di procura rilasciata in calce alla copia notificata dell’atto d’appello, il mandato al difensore deve ritenersi limitato a contrastare le doglianze dell’appellante e non può, in linea di principio, estendersi alla proposizione dell’appello incidentale (Cass. 6 ottobre 2005 n. 19454; Cass. 15 febbraio 2001 n. 2218; Cass. 5 giugno 1996 n. 5243).

 

 

Cassazione civile  sez. III,  20 febbraio 2009, n. 4232

IN FATTO E DIRITTO

P.V. con citazione del 5.1.1990 conveniva dinanzi al Tribunale di Napoli il Condominio di (OMISSIS) per ottenere la condanna al risarcimento dei danni da mancato utile per canoni locativi, avendo il Condominio realizzato un muro ed un cancello all’ingresso del vano condominiale attraverso il quale si accedeva a due locali seminterrati di proprietà di esso P..
Per detta opera il Condominio era stato condannato alla relativa demolizione e al risarcimento dei danni da liquidarsi in separata sede.
Si costituiva in giudizio il convenuto, che contestava la domanda, chiedendone il rigetto.
Il Tribunale con sentenza in data 24.11.2000 condannava il Condominio al pagamento in favore dell’attore di somma a titolo da disagio subito dallo stesso.
Proponevano appello D.I. e P.G., entrambe quali condomine del fabbricato di (OMISSIS).
Si costituiva in giudizio il P., che contestava il gravame e proponeva a sua volta appello incidentale per un maggior risarcimento del danno.
Il Condominio rimaneva contumace.
La Corte d’appello di Napoli con sentenza del 28.11.2003 accoglieva l’appello principale e dichiarava non dovuto il riconosciuto danno da disagio, come liquidato dal Tribunale in favore del P. e rigettava in tutto la domanda attrice; condannava P. alla restituzione in favore del detto Condominio della somma di Euro 8.295,29, oltre interessi legali dal 16.11.2001; dichiarava inammissibile l’appello incidentale; decideva in ordine alle spese, come da relativo dispositivo.
Avverso la sentenza P.A. ha proposto ricorso per cassazione con due motivi. Hanno resistito D.I. e P.G. con controricorso, nonchè presentato memoria. Il Condominio di (OMISSIS) non ha svolto attività difensiva.
Ciò posto, nel primo motivo il ricorrente contesta che il Tribunale sia incorso, come ritenuto dalla Corte d’appello in un vizio di ultrapetizione, in violazione di quanto disposto dall’art. 112 c.p.c., avendo riconosciuto un danno “da disagio”, diverso nella specie da quello strettamente patrimoniale espressamente ed unicamente richiesto da esso P.. Assume come, chiedendo la condanna del Condominio al risarcimento dei danni quantificati in una certa cifra, ovvero nella somma ritenuta di giustizia, abbia inteso comprendere qualsivoglia danno subito a seguito dell’illegittima costruzione del muro, e quindi anche il danno “da disagio” trattandosi di danno comunque causato dal Condominio con la illegittima costruzione che riduceva l’utilità della proprietà P..
Il motivo non è suscettibile di accoglimento.
La Corte territoriale napoletana, avendo accertato in fatto che il P. non aveva mai richiesto una forma di risarcimento per il disagio subito, quale invece riconosciutagli dal primo giudice, per logica ed obbligata conseguenza ha dichiarato il vizio di ultrapetizione della sentenza del Tribunale nel riconoscerlo e liquidarlo, applicando quindi rettamente la norma di cui all’art. 112 c.p.c..
In proposito non appare del resto pertinente la dedotta violazione dell’art. 1362 c.c., perchè la domanda giudiziale è stata correttamente interpretata secondo la sua formulazione letterale ed il suo intrinseco contenuto.
Invero, come rilevato dai giudici d’appello, il P. in primo grado ha sempre e solo richiesto specificamente il “risarcimento dei danni pari al mancato utile sulla rendita mensile per affitto dei locali”, ossia un preciso e ben individuato danno patrimoniale, rappresentato dalla pretesa differenza economica tra i canoni percepiti e quelli non percepiti per la locazione dei suoi locali, del tutto diverso da quello non patrimoniale “da disagio” riconosciuto dalla sentenza del Tribunale.
Nel secondo motivo il ricorrente denuncia, poi, violazione o falsa applicazione degli artt. 83, 84 e 343, 345 c.p.c., nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione. Si duole per avere la Corte territoriale ritenuto inammissibile l’appello incidentale da lui proposto, in quanto il mandato al difensore apposto in calce alla copia notificata deve ritenersi limitato a contrastare le doglianze dell’appellante e non può estendersi alla proposizione dell’appello incidentale. Si duole, altresì, per avere la stessa Corte ritenuto domanda nuova, come tale non ammissibile in appello, la richiesta di condanna del convenuto al risarcimento del “danno come patito nessuno escluso, ivi compreso il danno da disagio”, formulata con l’appello incidentale.
Questo motivo è, a sua volta, suscettibile di accoglimento.
Sotto il primo aspetto non ignora il Collegio che, sulla questione dell’estensione dei poteri del difensore in appello in mancanza di un esplicito richiamo, in seno al mandato ad litem, alla facoltà di proporre anche appello incidentale (oltre che l’atto di resistenza c.d. passiva all’impugnazione principale), esiste giurisprudenza di legittimità nel senso seguito, nella specie, dal giudice d’appello.
Vero è, peraltro, che, da ultimo (v. Cass. n. 4793/2007 e prima Cass. n. 4206/1998), questa Corte ha ritenuto ammissibile, nel caso, la proposizione dell’impugnazione incidentale e a tale indirizzo ritiene questo Collegio di aderire, apparendo esso più conforme a criteri di economia processuale di tutela sostanziale del diritto della parte, la quale, altrimenti, dovrebbe, per ragioni invero misteriose, tacitamente dissentire dalla proposizione di un atto rivolto a suo esclusivo vantaggio quale un appello incidentale, ed attribuendo la legge direttamente al difensore (ex art. 84 c.p.c.) la facoltà di proporre tutte le domande ricollegabili all’interesse del suo assistito e riferibili all’originario oggetto della causa.
Per quanto riguarda, poi, l’altra doglianza si osserva che l’appello incidentale proposto da P. (odierno ricorrente) atteneva alla riforma della sentenza resa in primo grado, relativamente al fatto che il Tribunale aveva accolto parzialmente la domanda risarcitoria riconoscendo solo un danno “da disagio” quantificato in L. 7.800.000, a fronte di richiesta di somma superiore per “il risarcimento dei danni”, sulla base delle rendite non percepite.
Con l’appello incidentale P. invero chiedeva il risarcimento “del danno come patito nessuno escluso, ivi compreso il danno da disagio”.
E’ di tutta evidenza, allora, che, ancorchè contenesse il richiamo al danno “da disagio”, è rimasta tuttavia ferma la domanda nella parte in cui si richiedeva il risarcimento del danno strettamente patrimoniale (ovvero il “danno come patito”), sicchè essa non poteva considerarsi assolutamente nuova. Sta di fatto, come emerge ancora dalla sentenza impugnata, che nell’udienza di precisazione delle conclusioni del 26.6.1997, l’attore P. richiedeva il “risarcimento dei danni pari al mancato utile sulla rendita mensile per l’affitto del locale mediamente nella misura di L. 100.000 mensili dal 1970 al 1985, nonchè un mancato utile di L. 300.000 mensili dal 1986 al 18.8.1991 o nella misura che il Tribunale riterrà in sua giustizia, espressamente richiamando i valori locativi di mercato concernenti i periodi indicati”. Nè, per vero, sembra, con riguardo a tale configurazione, si sia determinato, nel giudizio di appello, un mutamento della causa petendi, non apparendo alterato l’oggetto sostanziale dell’azione ed i termini della controversia.
In conclusione, pertanto, va rigettato il primo motivo di ricorso ed accolto il secondo. Di conseguenza l’impugnata sentenza va cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio, per nuovo esame nei limiti esposti, alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione, che provvedere anche in ordine alle spese di questo giudizio.

P.Q.M.

La Corte:
Rigetta il primo motivo, accoglie il secondo; cassa e rinvia, anche per le spese del giudizio di Cassazione, alla Corte di Appello di Napoli in altra composizione.
Così deciso in Roma, il 27 novembre 2008.
Depositato in Cancelleria il 20 febbraio 2009


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Mirco Minardi

Avvocato, blogger, relatore in convegni e seminari. Autore di numerosi articoli apparsi su riviste specializzate cartacee e delle seguenti monografie: Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile di cognizione. Manuale di sopravvivenza per l’avvocato, Lexform Editore, 2009; Le trappole nel processo civile, 2010, Giuffrè; L’onere di contestazione nel processo civile, Lexform Editore, 2010; L’appello civile. Vademecum, 2011, Giuffrè; Gli strumenti per contestare la ctu, Giuffrè, 2013; Come affrontare il ricorso per cassazione civile, www.youcanprint.it, 2020.

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