Promittente venditore inadempiente: come si calcola il danno subito dal promissario acquirente che chiede la risoluzione?

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Tizio conviene Caio al fine di sentire dichiarare la risoluzione di un contratto preliminare di vendita di immobile atteso che:

  • il venditore non si è presentato il giorno della stipula;
  • successivamente l’immobile è stato venduto.

Chiede pertanto la risoluzione del contratto preliminare di vendita e il risarcimento del danno.

Il Tribunale di Roma (7 febbario 2008) accoglie la domanda e procede alla quantificazione del danno in questo modo.

  • Con riferimento alla domanda attorea di risarcimento del danno, secondo l’orientamento consolidato della Suprema Corte, cui si ritiene di aderire, in tema di responsabilità contrattuale, il risarcimento del danno dovuto al promissario acquirente per la mancata stipulazione del contratto definitivo di vendita di bene immobile, imputabile al promittente venditore, consiste nella differenza tra il valore commerciale del bene medesimo al momento della proposizione della domanda di risoluzione del contratto, cioè al tempo in cui l’inadempimento è diventato definitivo, ed il prezzo pattuito, (c.f.r.: Cass. 1956\2007; Cass. 22384\2004; Cass. 1298\1998).
  • Nel caso di specie il contratto preliminare de quo risulta concluso in data 13.6.2001 al prezzo concordato di euro 165.266,20 (L. 320.000.000), mentre la domanda di risoluzione è stata proposta con la notifica dell’atto di citazione in rinnovazione perfezionatasi il 5.3.2002, atteso che l’originaria domanda di risarcimento del danno formulata nel primo atto di citazione era posta in collegamento alla diversa domanda di adempimento del contratto.
  • In presenza di domanda di adempimento infatti, non può trovare applicazione il sopra indicato criterio di liquidazione del danno in quanto in tal caso la parte manifesta piuttosto il proprio interesse a conseguire con il mezzo giudiziale i medesimi effetti non potuti ottenere in via negoziale a causa dell’inadempimento altri, (c.f.r.: Cass. 22384\2004).
  • Pertanto, tenuto conto del tempo trascorso dall’epoca di perfezionamento del contratto e dell’ammontare del prezzo ivi pattuito a quello della proposizione della domanda di risoluzione, (nove mesi dal giugno 2001 al marzo 2002), dei prezzi di mercato degli immobili all’epoca e del loro incremento nel periodo de quo, appare equo con valutazione equitativa ex art. 1226 c.c. quantificare il danno subito dal promissario acquirente in complessivi euro 16.526,62 ovvero nella misura del 10% del prezzo pattuito tra le parti.
  • Ne discende che in parziale accoglimento della domanda attorea, la convenuta va condannata al pagamento in favore dell’attore della somma complessiva di euro 16.526,62.
  • Su tale importo, configurante debito di valore, spettano all’attore gli interessi nella misura legale e la rivalutazione monetaria, sulle somme non rivalutate, dal 30.7.2001, epoca dell’inadempimento della convenuta a seguito della mancata stipula dell’atto pubblico, (c.f.r.: Cass. 9091\2004; Cass. 17340\2003).



Tribunale Roma, 07 febbraio 2008, sez. X

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato in data 2.8.2001 L.G. conveniva in giudizio G.M.C., assumendo: 1) che in data 7.6.2001 aveva sottoscritto per il tramite dell’agenzia immobiliare Studio Fori di A. M. la proposta irrevocabile di acquisto al prezzo di L. 320.000.000, avente ad oggetto l’appartamento sito in Roma, via Monte del Gallo n. 72\A piano attico, int. 6, e che aveva contestualmente consegnato all’agenzia un assegno bancario di L. 10.000.000 a garanzia della serietà della proposta; 2) che la proprietaria G.M.C. aveva accettato la proposta di acquisto in data 13.6.2001; 3) che l’attore, pur consapevole del già avvenuto perfezionamento del contratto de quo tramite l’intervenuta accettazione della sua proposta, al fine allettare ulteriormente la convenuta aveva migliorato la propria offerta di L. 10.000.000 senza, tuttavia, ricevere alcuna comunicazione sul punto dalla G.M.C.; 4) che, aveva comunque fissato al 30.7.2001 l’appuntamento presso lo studio del notaio R. G. per la stipula del rogito, a fronte della quale aveva ricevuto lettera fax in data 25.7.2001 con la quale la convenuta gli aveva comunicato la sua decisione di “annullare la vendita” e che “per gravi motivi personali aveva dovuto alienare la proprietà dell’immobile in tempi rapidissimi”; 5) che tuttavia alla data del 28.7.2001 nessun rogito risultava trascritto in relazione all’appartamento di cui è causa; 6) che la convenuta non si era presentata il 30.7.2001 all’appuntamento presso lo studio del notaio incaricato.
Chiedeva pertanto dichiararsi che tra le parti era intervenuto un contratto definitivo di compravendita con conseguente trasferimento dell’immobile in proprietà all’attore ovvero, via subordinata, ove configurata nella specie una ipotesi di contratto preliminare, previo accertamento dell’inadempimento della convenuta, chiedeva emettersi sentenza costitutiva ex 2932 c.c. volta a trasferirgli la proprietà del bene e subordinata al pagamento del prezzo, del quale faceva offerta alla convenuta. In ogni caso chiedeva la condanna della convenuta al risarcimento dei danni.
La convenuta si costituiva in giudizio al solo fine di eccepire la nullità dell’atto di citazione per la mancanza dell’avvertimento previsto dal numero 7 dell’art. 163 c.p.c.
Rinnovata la citazione come disposto in esito all’udienza di prima comparizione, l’attore dava atto di aver nel frattempo appreso che l’immobile di cui è causa era stato venduto per atto notaio A. M. di Roma a tale N. F. in data 18.7.2001 e trascritto in data 26.7.2001, ovvero prima della trascrizione della domanda relativa al presente giudizio, talché dichiarava di rinunciare alle domande proposte di accertamento della sottoscrizione ai fini della trascrizione dell’avvenuto trasferimento del bene ex art. 2652 c.c. e di trasferimento in forma specifica ex art. 2932 c.c., non potendo le stesse essere più utilmente coltivate. Chiedeva, pertanto, previo accertamento dell’inadempimento della convenuta, condannarsi la stessa al risarcimento dei danni subiti, quantificati in euro 51.645,69, (L. 100.000.000, ciò sull’assunto di aver ricevuto nel giugno 2001 da tale R.F. proposta irrevocabile di acquisto dell’appartamento di cui è causa al prezzo di L. 420.000.000, superiore di L. 100.000.000 al prezzo di acquisto concordato con la G.M.C., e di non aver potuto accettare la stessa per l’inadempimento della convenuta). In via subordinata chiedeva quantificarsi il risarcimento dei danni in euro 41.316,55 (L. 80.000.000) corrispondente all’importo previsto nella proposta de qua a titolo di caparra, pur se mai da lui corrisposta.
In sede di comparsa di risposta la convenuta chiedeva rigettarsi la domanda attorea deducendone l’infondatezza.
Acquisititi i documenti prodotti ed assunte le prove testimoniali, la causa veniva trattenuta in decisione, decorsi i termini di cui all’art. 190 c.p.c.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente nella specie deve ritenersi che attraverso la proposta di acquisto de qua tra le parti sia intervenuto un contratto preliminare, potendo il requisito della forma ad substantiam risultare soddisfatto anche mediante scritti, come nella specie, non contestuali, non necessitando a tal fine la compresenza fisica delle parti stipulanti ed essendo sufficiente che dal contesto documentale complessivo sia desumibile l’incontro della volontà delle parti espressa attraverso una proposta e la relativa accettazione.
Al riguardo, si evince infatti dalla copia della proposta de qua (v. doc. n. 1 nel fascicolo di parte attrice) che le parti hanno assunto l’impegno alla futura stipula, pur individuando gli elementi essenziali del contratto definitivo (in particolare, bene oggetto del contratto, prezzo e sue modalità di corresponsione, termine per la stipula del contratto definitivo, possesso del bene differito al momento del definitivo) sui quali, attraverso l’iniziale proposta sottoscritta per accettazione, deve ritenersi realizzato l’incontro della volontà delle parti e concluso il contratto preliminare quando il proponente è venuto a conoscenza di tale adesione, (c.f.r.: Cass. 20653\2005).
Peraltro, alcuna incidenza negativa sulla persistenza di tale accordo può essere attribuita al successivo atto unilaterale con il quale l’attore, per tentare di convincere la convenuta ad osservare gli impegni assunti con la precedente proposta, ha offerto di elevare di L. 10.000.000 il prezzo di acquisto dell’immobile de quo, (v. doc. n. 3 nel fascicolo di parte attrice). Ciò in quanto l’assenza di qualsiasi adesione o comunicazione scritta di risposta alla stessa, da parte della convenuta, la rende del tutto ininfluente a tal fine, per cui vanno integralmente disattese le deduzioni svolte sul punto dalla convenuta medesima.
Così qualificato l’atto di cui è causa come contratto preliminare, va rilevato che dalla stessa documentazione depositata da parte attrice, in particolare dalla copia dell’atto pubblico di compravendita stipulato in data 18.7.2001, rep. 89871, si evince che la convenuta non è attualmente proprietaria del bene, il quale risulta, invece, intestato a soggetto estraneo al presente giudizio, (v. doc. depositato nel fascicolo dell’attore). Ne consegue che la domanda attorea proposta ex art. 2932 c.c., alla quale peraltro l’attore ha rinunciato sin dall’inizio del giudizio, tesa all’adempimento del contratto, non può trovare accoglimento, stante il mutamento della titolarità del bene intervenuto successivamente all’epoca della sottoscrizione del preliminare di cui è causa e l’avvenuta trascrizione, in epoca precedente a quella della domanda giudiziale introduttiva del presente giudizio, dell’atto pubblico di compravendita sottoscritto dalla G.M.C. con soggetto terzo.
Può pertanto essere esaminata la domanda formulata dall’attore con l’atto di citazione in rinnovazione, qualificata come azione volta alla risoluzione del contratto preliminare per inadempimento della convenuta ed al risarcimento del danno subito.
Al riguardo, infatti, come espresso da orientamento consolidato del Supremo Collegio di cui si condivide l’impostazione, “in tema di contratto preliminare di compravendita, nel caso in cui il bene non possa più essere trasferito, la domanda di risarcimento del danno che si sostituisca a quella di adempimento non integra alcuna mutatio libelli, in quanto la reintegrazione per equivalente rappresenta un surrogato legale della reintegrazione in forma specifica, sicché nella domanda diretta al trasferimento del bene, può ritenersi implicita la domanda volta all’acquisizione del suo equivalente pecuniario”, (c.f.r.: Cass.15883\2005; Cass. 12964\2005; Cass. 2613\2001).
Ciò posto, risulta provato l’inadempimento della convenuta agli obblighi assunti con la sottoscrizione del contratto preliminare de quo, essendo emerso che la G.M.C., non si è presentata all’appuntamento fissato il giorno 30.7.2001 presso lo studio del notaio incaricato della stipula del rogito limitandosi a comunicare all’attore, con lettera del 25.7.2001, di non essere potuta addivenire alla vendita de quo “per cause di forza maggiore sopravvenute e non previste al momento della trattativa”, (v., copia delle lettere di convocazione per la stipula inviate dall’attore nelle date 27.6.2001 e 11.7.2001, lettera della G.M.C. in data 25.7.2001, rispettivamente docc. nn. 5, 6 e 7, nonché dichiarazioni rese all’udienza del 21.9.2005 dal notaio Renato Garraffa, il quale ha riferito che il giorno dell’appuntamento era presente il solo acquirente e non anche la venditrice G.M.C.).
Può pertanto ritenersi provato l’inadempimento della convenuta agli obblighi assunti con la sottoscrizione del preliminare di compravendita di cui è causa.
A quanto sopra deve aggiungersi che in data 18.7.2001 la G.M.C. ha venduto l’immobile de quo stipulando il relativo atto pubblico con altro soggetto diverso dal promissario acquirente L.G., (v. copia dell’atto pubblico di compravendita depositato nel fascicolo dell’attore).
Consegue a tutto quanto esposto che il contratto preliminare de quo va dichiarato risolto per inadempimento della convenuta.
Peraltro, pur spettando alla parte adempiente che chieda la risoluzione del contratto preliminare di compravendita il diritto alla restituzione della somma pagata in conto di prezzo, in virtù dell’efficace retroattiva della risoluzione (c.f.r.: Cass. 9091\2004), nella specie a nessuna pronuncia sul punto è tenuto questo giudice posto che si evince dalla stessa prospettazione di parte attrice che non è stato mai posto all’incasso l’assegno bancario emesso per l’importo di L. 10.000.000, consegnato dall’attore all’agente immobiliare contestualmente alla compilazione della proposta irrevocabile di acquisto. Del resto, in esito alle dichiarazioni testimoniali rese da Mori Alessandro, titolare dell’agenzia immobiliare che ha curato la trattativa de qua (il quale, assunto all’udienza del 9.12.2004, pur confermando la circostanza della consegna all’agenzia dell’assegno de quo contestualmente alla sottoscrizione della proposta e pur riconoscendo la firma sulla ricevuta attestante la ricezione del suddetto assegno come apposta dalla sua collaboratrice, ha precisato di non ricordare nel caso specifico se l’assegno venne poi consegnato alla venditrice G.M.C.), non può ritenersi fornita la prova della consegna dell’assegno de quo alla convenuta.
Con riferimento alla domanda attorea di risarcimento del danno, secondo l’orientamento consolidato della Suprema Corte, cui si ritiene di aderire, in tema di responsabilità contrattuale, il risarcimento del danno dovuto al promissario acquirente per la mancata stipulazione del contratto definitivo di vendita di bene immobile, imputabile al promittente venditore, consiste nella differenza tra il valore commerciale del bene medesimo al momento della proposizione della domanda di risoluzione del contratto, cioè al tempo in cui l’inadempimento è diventato definitivo, ed il prezzo pattuito, (c.f.r.: Cass. 1956\2007; Cass. 22384\2004; Cass. 1298\1998).
Nel caso di specie il contratto preliminare de quo risulta concluso in data 13.6.2001 al prezzo concordato di euro 165.266,20 (L. 320.000.000), mentre la domanda di risoluzione è stata proposta con la notifica dell’atto di citazione in rinnovazione perfezionatasi il 5.3.2002, atteso che l’originaria domanda di risarcimento del danno formulata nel primo atto di citazione era posta in collegamento alla diversa domanda di adempimento del contratto. In presenza di domanda di adempimento infatti, non può trovare applicazione il sopra indicato criterio di liquidazione del danno in quanto in tal caso la parte manifesta piuttosto il proprio interesse a conseguire con il mezzo giudiziale i medesimi effetti non potuti ottenere in via negoziale a causa dell’inadempimento altri, (c.f.r.: Cass. 22384\2004).
Pertanto, tenuto conto del tempo trascorso dall’epoca di perfezionamento del contratto e dell’ammontare del prezzo ivi pattuito a quello della proposizione della domanda di risoluzione, (nove mesi dal giugno 2001 al marzo 2002), dei prezzi di mercato degli immobili all’epoca e del loro incremento nel periodo de quo, appare equo con valutazione equitativa ex art. 1226 c.c. quantificare il danno subito dal promissario acquirente in complessivi euro 16.526,62 ovvero nella misura del 10% del prezzo pattuito tra le parti.
Ne discende che in parziale accoglimento della domanda attorea, la convenuta va condannata al pagamento in favore dell’attore della somma complessiva di euro 16.526,62. Su tale importo, configurante debito di valore, spettano all’attore gli interessi nella misura legale e la rivalutazione monetaria, sulle somme non rivalutate, dal 30.7.2001, epoca dell’inadempimento della convenuta a seguito della mancata stipula dell’atto pubblico, (c.f.r.: Cass. 9091\2004; Cass. 17340\2003).
Resta da evidenziare che non può tenersi conto della proposta di acquisto a firma di R.F. e della relativa testimonianza, poste dall’attore a fondamento della determinazione del quantum per la domanda di risarcimento del danno, apparendo le stesse poco attendibili. Ciò in particolare avuto riguardo alle incongruenze che presenta la copia della proposta depositata in atti sotto il duplice profilo contenutistico e formale, (v. copia della proposta di acquisto, doc. n. 8 nel fascicolo dell’attore). Sotto il primo profilo si evince dal verbale che all’udienza del 30.5.2002 il procuratore di parte attrice ha depositato “copia della lettera 20.06.2001 sottoscritta dal sig. F.R.i contenente proposta irrevocabile di acquisto per il prezzo di L. 400.000.000 dell’appartamento di cui è causa”.
A fronte di quanto sopra, la copia della proposta depositata in atti riporta, invece, la diversa data del 25 giugno 2002 e risulta effettuata al maggior prezzo di acquisto di L. 420.000.000. Inoltre nelle more del termine ex 190 c.p.c. il procuratore della convenuta ha depositato nota scritta rappresentando di aver a suo tempo estratto copia di tale doc.n. 8 e di aver riscontrato delle difformità tra tale copia e quella rinvenuta in atti alla successiva data del 19.11.2007 (recante come già sopra evidenziato la data del 25.6.2002 ed il prezzo offerto di L. 420.000.000), atteso che l’originaria versione della proposta, (che il procuratore della convenuta ha provveduto a depositare in allegato alle richiamate note, v. in atti) presenta la data del 20.6.2001 e reca come prezzo offerto l’importo di L. 400.000.000.
Sotto l’ulteriore profilo formale le due pagine che compongono la proposta, mentre sono omogenee nella versione della stessa fotocopiata in precedenza dal procuratore della convenuta, appaiono del tutto eterogenee tra loro in quella rinvenuta al momento della decisione, (in particolare sono del tutto diversi interlinea e margini avendo la prima pagina testo più fitto e righi più lunghi rispetto alla seconda; inoltre mentre la prima pagina si presenta stampata a colori, la seconda è palesemente una fotocopia).
L’impostazione che precede rende ultroneo ogni approfondimento in merito alle altre questioni proposte dalle parti.
Le spese di lite, attesa la peculiarità e la delicatezza della controversia, vanno interamente compensate tra le parti.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando, ogni diversa eccezione, istanza e deduzione disattesa:
1) in parziale accoglimento della domanda attorea, dichiara risolto il contratto preliminare de quo per l’inadempimento della convenuta e per l’effetto condanna G.M.C. al pagamento, in favore dell’attore, della somma di euro 16.526,62, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria, sulle somme non rivalutate, dal 30.7.2001, rigetta nel resto;
2) dichiara interamente compensate tra le parti le spese di lite.
Roma 7.2.2008
Il Giudice


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Avvocato, blogger, relatore in convegni e seminari. Autore di numerosi articoli apparsi su riviste specializzate cartacee e delle seguenti monografie: Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile di cognizione. Manuale di sopravvivenza per l’avvocato, Lexform Editore, 2009; Le trappole nel processo civile, 2010, Giuffrè; L’onere di contestazione nel processo civile, Lexform Editore, 2010; L’appello civile. Vademecum, 2011, Giuffrè; Gli strumenti per contestare la ctu, Giuffrè, 2013; Come affrontare il ricorso per cassazione civile, www.youcanprint.it, 2020.

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