Primo esame sugli effetti della sentenza della Suprema Corte in tema di rito applicabile davanti al giudice di pace in materia di sinistri stradali.

Mirco Minardi

La Corte di Cassazione (Ordinanza 7 agosto 2008, n. 21418), in sede di regolamento di competenza, ha affermato, seppure in obiter dictum, che l’art. 3 della legge 102 del 2006 non si applica ai giudizi che si svolgono davanti al giudice di pace. Dunque, il rito del lavoro si applica solo ai procedimenti di competenza del tribunale.

Quali potranno essere le conseguenze di questa pronuncia, laddove venga recepita dai giudici di merito? Al riguardo, occorre distinguere tre ipotesi:

a) giudizi tuttora in corso davanti al giudice di pace;
b) giudizi conclusi con sentenza;
c) giudizi di appello già in corso.

Procedimenti di primo grado ancora in corso.
In questi casi si applica l’art. 427 c.p.c. ai sensi del quale il giudice dispone il mutamento del rito. Non rileva, infatti, ai nostri fini il caso in cui la competenza spetti ad altro giudice, né la parte relativa alla regolarizzazione tributaria degli atti. La competenza per materia, infatti, rimane del giudice di pace e il contributo unificato rimane lo stesso. Va ricordato, inoltre, che l’ordinanza con la quale il giudice dispone il mutamento del rito non ha portata vincolante e pertanto non è impugnabile né con regolamento di competenza né con ricorso ordinario (Cassazione civile , sez. lav., 18 settembre 2007, n. 19345).

Quale forma deve avere l’atto di impugnazione? Ricorso o citazione?
Laddove il giudice di pace abbia seguito il rito del lavoro, l’impugnazione si propone con ricorso. La giurisprudenza, infatti, ha già affermato che in base al principio di ultrattività del rito, ove una controversia sia stata erroneamente trattata in primo grado con il rito del lavoro anziché con quello ordinario, la proposizione dell’appello segue le forme della cognizione speciale. Ciò, in ossequio al principio generale per cui l’individuazione del mezzo di impugnazione esperibile deve avvenire in base al criterio dell’apparenza, cioè con riguardo esclusivo alla qualificazione, anche implicita, dell’azione e del provvedimento compiuta dal giudice, ma anche per il fatto che il mutamento del rito con cui il processo è erroneamente iniziato compete esclusivamente al giudice (Cassazione civile , sez. III, 14 gennaio 2005, n. 682)
Pertanto, l’appello, laddove il giudice di pace abbia seguito il rito del lavoro, va comunque proposto con ricorso. Spetterà al tribunale disporre il mutamento del rito.

Cosa accade se l’appello viene proposto con citazione, nonostante il giudice di pace abbia seguito il rito del lavoro?
In tal caso l’appello è ammissibile, purché la citazione sia depositata in cancelleria entro il termine fissato per la proposizione dell’appello.

Cosa accade se la trattazione segue il rito speciale?
Va ricordato che la trattazione della causa con rito ordinario, invece che con rito speciale, e viceversa, determina una semplice irregolarità, rilevante ai fini dell’impugnazione solo se abbia arrecato alla parte un pregiudizio processuale incidente sulla competenza, sulle prove, o sui diritti di difesa (Cassazione civile , sez. III, 18 aprile 2006, n. 8947). Pertanto, l’omesso cambiamento del rito non spiega effetti invalidanti sulla sentenza, che non è né inesistente né nulla (Cassazione civile , sez. III, 09 ottobre 1998, n. 10030). Anche la distinzione tra giudice ordinario e giudice del lavoro nell’ambito dello stesso ufficio giudiziario non involge una questione di competenza, ma di semplice diversità del rito, risolvibile a norma degli art. 426 e 427 c.p.c. (Cassazione civile , sez. lav., 05 maggio 1999, n. 4508).

Cambiamento del rito in appello.
Qualora il giudizio di appello sia già in corso, si applicherà l’art. 439, il quale stabilisce che “La corte di appello, se ritiene che il procedimento in primo grado non si sia svolto secondo il rito prescritto, procede a norma degli articoli 426 e 427”.
La norma si riferisce ovviamente alla ipotesi in cui il giudice di appello sia la Corte d’Appello, in quanto nelle cause di lavoro giudice di primo grado è sempre e solo il Tribunale. Tuttavia non si può dubitare seriamente della possibilità di applicare la norma in via analogica, anche all’ipotesi in cui il giudice di appello sia il tribunale.


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Mirco Minardi

Avvocato, blogger, relatore in convegni e seminari. Autore di numerosi articoli apparsi su riviste specializzate cartacee e delle seguenti monografie: Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile di cognizione. Manuale di sopravvivenza per l’avvocato, Lexform Editore, 2009; Le trappole nel processo civile, 2010, Giuffrè; L’onere di contestazione nel processo civile, Lexform Editore, 2010; L’appello civile. Vademecum, 2011, Giuffrè; Gli strumenti per contestare la ctu, Giuffrè, 2013; Come affrontare il ricorso per cassazione civile, www.youcanprint.it, 2020.


9 commenti:

  1. Luisa B.

    Con questo articolo mi hai chiarito un dubbio che mi assillava da giorni. Ho verificato la giurisprudenza che hai citato ed è assolutamente pertinente.
    Grazie.
    Luisa

  2. Mirco Minardi

    Grazie a voi per i complimenti. E’ uno stimolo ad andare avanti.

  3. Valentina

    mi chiedo: la conversione del rito in appello ha effetti sananti sull’inammissibilità dell’appello per decorrenza dei termini?

  4. Daniela

    vorrei chiedere se a seguito del mutamento del rito in ordinario disposto dal giudice nella prima udienza, sia sbagliato notificare l’atto corretto anzichè il ricorso non notificato nei termini di legge.
    grazie per l’urgente risposta



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