Le dichiarazioni sfavorevoli che la parte fa al CTU, sono confessioni? Di che tipo?

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In sede di CTU medica, la parte riferisce al consulente che al momento dell’impatto non indossava le cinture di sicurezza.

Il Tribunale di Mantova (sentenza 3 dicembre 2007 – 27 marzo 2008, n. 318) afferma che:

  • tale dichiarazione non integra, confessione giudiziale;
  • la stessa integra comunque una confessione stragiudiziale resa a un terzo, liberamente apprezzabile dal Giudice ai sensi dell’art. 2735, comma primo, c.c. (Cass. Civ. Sez. Lav. 11/12/2003 n.18987);
  • si tratta infatti di dichiarazione che ha ad oggetto un fatto obiettivo sfavorevole alla parte che l’ha resa e favorevole all’altra parte, effettuata sicuramente con la consapevolezza di riconoscere un fatto vantaggioso alla controparte, atteso il contesto in cui è avvenuta.
  • Trattandosi di confessione stragiudiziale fatta ad un terzo (il ctu, considerato come terzo al di fuori del processo), pur non avendo efficacia di prova legale, non è valutabile alla stregua di mero indizio, idoneo unicamente a fondare una presunzione ovvero a integrare una prova manchevole, ma costituisce mezzo di prova diretta su cui il Giudice può basare anche esclusivamente il proprio convincimento.

Nella sentenza, l’incidenza è stata valutata al 20% e ripartita tra trasportato e conducente, sul quale grava l’onere di far indossare le cinture ai passeggeri.

Tribunale di Mantova
sentenza 3 dicembre 2007 – 27 marzo 2008, n. 318

 

Giudice Gibelli

 

Motivi della decisione

Va preliminarmente affrontata la questione relativa all’uso o meno delle cinture di sicurezza da parte del [Omissis].
Va subito ricordato che, come ha avuto modo di statuire la Suprema Corte, in tema di concorso del fatto colposo del danneggiato nella produzione dell’evento dannoso, a norma dell’art. 1227 c.c. – applicabile, per l’espresso richiamo contenuto nell’art. 2056 c.c., anche nel campo della responsabilità extracontrattuale – la prova che il creditore-danneggiato avrebbe potuto evitare i danni dei quali chiede il risarcimento usando l’ordinaria diligenza deve essere fornita dal debitore-danneggiante che pretende di non risarcire, in tutto o in parte, il creditore (Cass. Civ. Sez. III 2/3/07 n. 4954).
Tale prova si può ritenere comunque acquisita nel presente giudizio.
Nel caso di specie infatti l’attore ha dichiarato in sede di visita medico-legale che, al momento del sinistro, non indossava le cinture (v. relazione peritale Dott. V. Verrastro 29/9/04 pag. 2: “…espressamente interrogato al riguardo il sig. [Omissis] ha affermato che non indossava la cintura di sicurezza”).
Contrariamente a quanto sostenuto: dalla difesa della Compagnia convenuta, tale dichiarazione non integra, confessione giudiziale; la stessa integra comunque una confessione stragiudiziale resa a un terzo, liberamente apprezzabile dal Giudice ai sensi dell’art. 2735, comma primo, c.c. (Cass. Civ. Sez. Lav. 11/12/2003 n.18987).
Si tratta infatti di dichiarazione che ha ad oggetto un fatto obiettivo sfavorevole alla parte che l’ha resa e favorevole all’altra parte, effettuata sicuramente con la consapevolezza di riconoscere un fatto vantaggioso alla controparte, atteso il contesto in cui è avvenuta.
Trattandosi di confessione stragiudiziale fatta ad un terzo (il ctu, considerato come terzo al di fuori del processo), pur non avendo efficacia di prova legale, non è valutabile alla stregua di mero indizio, idoneo unicamente a fondare una presunzione ovvero a integrare una prova manchevole, ma costituisce mezzo di prova diretta su cui il Giudice può basare anche esclusivamente il proprio convincimento.
Si può pertanto ritenere provato il mancato uso delle cinture da parte dell’attore.
Provato il mancato uso delle cinture di sicurezza si deve presumere che tale fatto abbia aggravato le conseguenze dell impatto.
Ciò premesso va peraltro osservato che il ctu, richiesto di chiarimenti sulle conseguenze dell’uso ovvero del mancato uso delle cinture di sicurezza, nel determinismo delle lesioni, non ha precisato quali conseguenze lesive avrebbero potuto essere evitate ove il trasportato avesse allacciato le cinture di sicurezza ma, dopo aver premesso che non è “scientificamente possibile rispondere in termini diversi che orientativi e generici”, si è limitato ad affermare di ritenere che “l’utilizzo di tale mezzo contenitivo, che assolve la propria funzione ancorando il bacino ed il tronco al sedile, ne avrebbe ridotto lo spostamento da questo ed avrebbe probabilmente reso meno violento l’impatto delle strutture corporee con le parti dell’abitacolo e, di conseguenza, si sarebbero verificate lesioni meno gravi, non precisamente quantificabili” (v. integrazione di consulenza tecnica 20/5/05, pag. 6).
Attesa la risposta del ctu si ritiene che, nel caso di specie, il mancato uso delle cinture di sicurezza abbia inciso nella produzione dell’evento lesivo nella misura del 20%.
Peraltro il concorso di colpa del trasportato non pare potersi quantificare in misura superiore al 10% atteso che il restante 10% deve essere attribuito al conducente che è tenuto, in base alle regole della comune diligenza e prudenza, ad esigere che il passeggero indossi la cintura di sicurezza e, in caso di renitenza, anche a rifiutarne il trasporto o sospendere la marcia e ciò a prescindere dall’obbligo a carico di chi deve far uso della detta cintura (Cass. Civ. Sez. III 11/3/04 n. 4993).
Ciò premesso ulteriormente si osserva quanto segue.
Con riguardo alla natura e all’entità delle lesioni subite dall’attore il Giudicante ritiene che possano essere condivise le considerazioni espresse dal ctu Dott. Vincenzo Verrastro, medico legale, coadiuvato dal Dott. Arnaldo Sabbioni, specialista in odontostomatologia, in quanto adeguatamente motivate e basate su riscontri obiettivi accertati in sede di visita peritale.
Alle osservazioni del consulente tecnico di parte attrice ha esaurientemente risposto il ctu nella integrazione della consulenza tecnica 20/5/05 depositata a seguito della richiesta di chiarimenti.
Dall’espletata ctu risulta che [Omissis], in conseguenza del sinistro per cui è causa, ha riportato lesioni di natura traumatica caratterizzate da fratture multiple a carico delle pareti anteriori e mediali dei seni mascellari, frattura pluriframmentaria del vomere, frattura delle ossa nasali proprie, frattura bilaterale del pavimento orbitario (in sostanza il complesso fratturativo definito Lefort II); a carico del ginocchio destro, la frattura verticale del bordo cortico-spongioso estemo del condilo femorale nei pressi dell’incisura d’attacco del tendine del muscolo popliteo ed altro focolaio di frattura sul bordo cortico-spongioso del versante posteriore dell’eminenza intecondiloidea della tibia; lesione di diciannove elementi dentari.
Il ctu ha concluso che: a) si è concretizzato un danno biologico permanente quantificabile in misura del 25%; b) il periodo di inabilità temporanea totale va calcolato in giorni 40; e) il periodo di inabilità temporanea -parziale va calcolato in giorni 30 al 75%, giorni 60 al 50% e giorni 250 al 25%.
Il ctu ha anche precisato che non si configura un apprezzabile pregiudizio della capacità lavorativa specifica.
Nulla compete pertanto a titolo di danno patrimoniale come lucro cessante da invalidità permanente.
Va comunque ricordato che il danno patrimoniale inteso come conseguenza della riduzione della capacità di guadagno e, a sua volta, della capacità lavorativa specifica – e non, dunque, della sola inabilità temporanea o dell’invalidità permanente – è risarcibile autonomamente dal danno biologico soltanto se vi sia la prova che il soggetto leso svolgeva – o presumibilmente in futuro avrebbe svolto – un’attività lavorativa produttiva di reddito e che tale reddito, o parte di esso, non sia stato in concreto conseguito.
Nulla può essere riconosciuto come lucro cessante temporaneo dovendosi condividere le osservazioni sul punto svolte dalla difesa della Compagnia convenuta (v. comparsa conclusionale per [Omissis], ora [Omissis], Pag. 7).
Per quanto riguarda la liquidazione del danno biologico a favore di [Omissis] va ricordato che il Tribunale, come è noto, per le invalidità superiori al 9% adotta il metodo tabellare (o metodo milanese) la cui legittimità è stata riconosciuta anche dalla Suprema Corte (Cass. Civ. Sez. III 18/3/03 n. 3997).
Applicando le più recenti tabelle milanesi a favore di [Omissis] (nato il 8/8/75) spetterebbero € 70.618,00 a titolo di danno biologico per le lesioni permanenti, € 1628,80 (€40,72×40) a titolo di danno biologico per l’inabilità temporanea-totale ed € 4682,8 (€ 916,20+1221,60+2545,00) a titolo di danno biologico per l’inabilità temporanea parziale.
Va inoltre riconosciuto a [Omissis] il danno morale subiettivo senz’altro dovuto in riferimento al combinato disposto degli artt. 2059 c.c.. e 185 comma secondo c.p. originando il pregiudizio da un fatto qualificabile come reato (lesioni colpose) quantificabile equitativamente nel 30% dell’importo liquidato a titolo di danno biologico e quindi pari a € 23.078,88, somma attualizzata.
A titolo di danno biologico e di danno morale spetterebbero quindi all’attore, in ipotesi di responsabilità esclusiva del [Omissis], € 100.008,48 (€ 76.929,60+23.078,88) all’attualità, all’epoca del fatto pari a € 89.461,00.
Gli esborsi per spese mediche sono stati ritenuti congrui dal ctu e vanno riconosciuti per € 3.351,20.
A tale importo deve aggiungersi il costo della protesi che il Dott. Sabbioni ha quantificato in € 35.840,00 e dei successivi rinnovi per i quali, in considerazione dell’età del danneggiato, può ritenersi congruo l’importo di € 25.000,00 quale danno emergente futuro.
Il danno complessivo, in ipotesi di responsabilità esclusiva del F., sarebbe quindi pari a € 153.652,20.
Tenuto conto del concorso di colpa dell’attore nella misura percentuale di cui sopra, spetta a [Omissis] l’importo di € 138.286,98 dal quale vanno detratte le prestazioni Inail quantificate, sulla base di calcoli aventi come data di riferimento il 24/7/06, in € 82.373,76, alla data del fatto pari a € 75.756,00 (v. comunicazione Inail, sede di Brescia, 16/8/06 e allegati); residuano pertanto € 62.530,98 (Cass. Civ. Sez. III 25/5/04 n. 10035).
In data 7/7/03 la Compagnia convenuta ha versato acconto per € 30.000,00, alla data del fatto pari a € 29.255,00, e, in data 23/6/04, ulteriore acconto per € 25.000,00, alla data del fatto pari a € 23.905,00.
[Omissis], [Omissis] e [Omissis] (ora [Omissis]) vanno quindi condannati in via tra loro solidale e ciascuno per il proprio titolo al pagamento in favore di [Omissis] dell’importo di € 9370,98 (€ 62.530,98-53.160,00).
Sulla predetta somma, come determinata alla data del 28/6/02, devono essere calcolati la rivalutazione monetaria e gli interessi nella misura legale sull’importo annualmente rivalutato dalla data del fatto.
Le spese di ctu, come liquidate, vanno poste definitivamente a carico dei convenuti in solido.
Sussistono giusti motivi – specie in considerazione del divario tra quanto richiesto e quanto liquidato – per la compensazione nella misura di due terzi delle spese del giudizio ponendosi il residuo, che si liquida “come in motivazione, a carico dei convenuti in solido.

PQM

Il Tribunale, ogni contraria istanza eccezione e deduzione disattesa, così provvede:
1) Accertato il concorso del fatto colposo di [Omissis] nella produzione dell’evento dannoso per cui è causa nella misura del 10%, dovendo il residuo 90% ascriversi alla responsabilità di [Omissis] tenuto conto delle prestazioni Inail erogate ed erogande nonché degli acconti versati da [Omissis]- ora [Omissis] – condanna [Omissis] e [Omissis] (ora [Omissis]), in via tra loro solidale e ciascuno per il proprio titolo, al pagamento, in favore di [Omissis] dell’importo di € 9370,98 oltre interessi e rivalutazione monetaria come in motivazione;
2) Dichiara compensate nella misura di due terzi le spese del giudizio ponendo il residuo che si liquida in € 3.315,06 di cui € 862,19 per esborsi, € 1.080,33 per diritti, € 1.100,00 per onorari, € 272,54 per rimborso spese generali oltre a quanto dovuto per legge a carico dei convenuti in solido;
3) Pone definitivamente le spese di ctu e dei successivi chiarimenti, come liquidate, a carico dei convenuti in solido.


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Avvocato, blogger, relatore in convegni e seminari. Autore di numerosi articoli apparsi su riviste specializzate cartacee e delle seguenti monografie: Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile di cognizione. Manuale di sopravvivenza per l’avvocato, Lexform Editore, 2009; Le trappole nel processo civile, 2010, Giuffrè; L’onere di contestazione nel processo civile, Lexform Editore, 2010; L’appello civile. Vademecum, 2011, Giuffrè; Gli strumenti per contestare la ctu, Giuffrè, 2013; Come affrontare il ricorso per cassazione civile, www.youcanprint.it, 2020.

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3 commenti:

  1. Gaetano Finizio

    Salve avvocato,spulciando su internet ho trovato questo articolo interessante,.
    Volevo chiederle una cosa riguardo il mio caso.Dopo la seconda ctu (perché la prima a ecceduto i limiti dell’incarico ) affermano entrambi l’esistenza di un muro di contenimento che è crollato, e nella relazione il tecnico di controparte dichiara anche lui l’esistenza di questo muro..Secondo lei,questi 3 elementi possono essere fonte di prova? Cioè volevo sapere se la dichiarazione fatta a discapito della controparte a mio favore compreso le affermazioni delle 2 c.t.u possono essere fonte di prova…Le chiedo questo perché il giudice pare nn abbia valutato questo aspetto…Grazie

  2. Avv. Fabio Olivieri

    L’affermazione ha chiaramente un contenuto confessorio. A mio avviso si potrebbe discutere su tali questioni (brevemente accennate): è una confessione giudiziale (in quanto il CTU è comunque ausiliario del Giudice)?= prova legale; oppure è una confessione resa ad un terzo? = liberamente apprezzabile



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