Il regime di affidamento condiviso, fa venire meno il dovere di contribuzione diretta?

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Il Tribunle di Bari si allinea alla giurisprudenza dominante secondo cui l’affidamento condiviso, introdotto dalla legge 54 del 2006, non ha modificato il regime di contribuzione, pertanto il genitore non collocatario è tenuto a versare un assegno di mantenimento all’altro genitore.

Secondo il Tribunale va rimarcato che l’affidamento condiviso non comporta in modo automatico la contribuzione diretta ai bisogni dei minori atteso che i due istituti tutelano interessi distinti. Il primo attiene infatti all’interesse del minore, tutelato in vista del suo equilibrato sviluppo psico-fisico, a perpetuare lo schema educativo già sperimentato durante il matrimonio; l’assegno, invece, ha natura patrimoniale-assistenziale (cd. assistenza materiale) ed è finalizzato a sostenere le spese necessarie per consentire le attività dirette a detto sviluppo psico-fisico del minore (senza esclusione del relativo obbligo in caso di raggiungimento della maggiore età da parte dei figli, ove detto assegno si renda comunque necessario).

L’assenza di una correlazione biunivoca tra l’affidamento condiviso e la contribuzione diretta emerge secondo il Tribunale pure dal dato testuale dell’art. 155 co 4° C.C. il quale dispone, per un verso, che ciascuno dei genitori provveda al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito e, per l’altro, che “il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità…”, sulla base di vari parametri, tra cui “…le risorse economiche di entrambi i genitori”.

La disposizione conferma, dunque, che l’affidamento condiviso non determina la caducazione tout court dell’obbligo patrimoniale di uno dei genitori a contribuire con la corresponsione di un assegno al mantenimento dei figli, obbligo che va correlato alle loro esigenze di vita ed al contesto familiare e sociale di appartenenza.

Orientamento ermeneutico, questo, confermato anche dalla S. C. che, pronunciatasi ex professo sul tema, (sebbene anteriormente alla vigenza della legge n. 54/2006 ma rilevando come il principio di diritto affermato trovi conferma nella suddetta previsioni legislativa in tema di affidamento condiviso), ha statuito che “L’affidamento congiunto dei figli ad entrambi i genitori – previsto dall’art. 6 della legge sul divorzio (1 dicembre 1970, n. 898, come sostituito dall’art. 11 della legge 6 marzo 1987, n. 74), analogicamente applicabile anche alla separazione personale dei coniugi – è istituto che, in quanto fondato sull’esclusivo interesse del minore, non fa venir meno l’obbligo patrimoniale di uno dei genitori di contribuire, con la corresponsione di un assegno, al mantenimento dei figli, in relazione alle loro esigenze di vita, sulla base del contesto familiare e sociale di appartenenza, rimanendo per converso escluso che l’istituto stesso implichi, come conseguenza “automatica”, che ciascuno dei genitori debba provvedere paritariamente, in modo diretto ed autonomo, alle predette esigenze”. (Cfr. Cass. civ., Sez. I, 18/08/2006, n. 18187).

  

Tribunale Bari, 01 febbraio 2008, sez. I

DECRETO
nella causa civile iscritta al N. 1740/2007 V. G.

 

RITENUTO IN FATTO
Con ricorso depositato il 2/7/2007 L.P., premesso che:
1. questo Tribunale, con decreto del 30/5/2006, aveva omologato la sua separazione consensuale dalla moglie V. P.;
2. le relative condizioni prevedevano:
– l’affidamento alla madre dei figli minori – A., ed E. – con previsione di tempi e modi dei suoi incontri con la prole;
– l’obbligo a suo carico di versare un assegno per il loro mantenimento dell’importo complessivo mensile di euro 600,00, oltre adeguamenti ISTAT;
– l’assegnazione in favore della moglie della casa familiare sita in Monopoli di comune proprietà;
– la corresponsione a sua moglie di euro 300,00 circa per far fronte alla sua quota della rata del mutuo ipotecario gravante sulla casa familiare;
– la contribuzione alle spese straordinarie, esemplificativamente individuate in spese mediche, dentistiche, scolastiche e ricreative nella misura della metà in capo a ciascun coniuge;
– la costituzione di un deposito annuale dell’importo di euro 1100,00, salvo conguaglio, a copertura anticipata delle spese straordinarie;
3. egli incontrava i figli più frequentemente di quanto originariamente pattuito, dato che sovente li ospitava presso l’immobile di suo padre in Torre Canne ovvero presso l’abitazione della propria convivente in Monopoli;
4. era sopravvenuta la legge n. 54/2006 che aveva introdotto come regime ordinario l’affidamento condiviso dei figli minori;
chiedeva che il Tribunale adito disponesse:
a) l’affidamento condiviso dei minori ad entrambi i genitori, con collocamento alternato, secondo le modalità ivi individuate;
b) la contribuzione diretta di ciascun genitore alle esigenze dei figli ovvero, in subordine, la riduzione dell’assegno di mantenimento;
c) la revoca della disposizione contemplante il predetto deposito in favore della V., oggetto di molteplici controversie interpretative;
d) la contribuzione dei genitori nella misura del 50% per le spese straordinarie concordate e documentate;
e) la regolazione del diritto di visita secondo le modalità indicate in ricorso.
Fissata la comparizione personale delle parti, si costituiva in giudizio V. P. ed assumeva in rito l’inammissibilità e nel merito l’infondatezza dell’avverso ricorso, del quale chiedeva l’integrale rigetto.
Deduceva, infatti, che nulla era cambiato rispetto al momento in cui le parti avevano concordato le condizioni della loro separazione e che gli incontri tra il padre ed i minori sia era svolti nel puntuale rispetto dei tempi concordati; l’affidamento condiviso dei figli minori, inoltre, era contrario ai loro interessi.
Contrastava la richiesta avversa di eliminazione della previsione convenzionale del deposito cauzionale e chiedeva la revoca della facoltà per il padre di incontrare i minori ad libitum nel rispetto delle esigenze del coniuge collocatario.
All’udienza del 18/12/2007 la causa veniva introitata per la decisione; il P. M. concludeva con propria nota del 15/1/2008, con la quale richiedeva l’applicazione dell’istituto dell’affidamento condiviso dei minori con collocamento privilegiato presso la madre nonché il riparto delle spese straordinarie tra i genitori nella misura della metà.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.- E’ risaputo che la possibilità di ottenere ex art. 710 c. p. c. la modifica dei provvedimenti economici adottati con la sentenza di separazione giudiziale (ovvero, il che è lo stesso, con il decreto di omologa) è subordinata alla condizione del sopravvenire di fatti nuovi rispetto alle circostanze valutate in sede di emissione degli stessi provvedimenti: tale conclusione trova il suo fondamento giuridico nell’art. 156 ult. co. C. C., il quale, con dizione sostanzialmente analoga a quella adottata dall’art. 9 L. n. 898/70 in tema di divorzio, ricollega la revoca o la modifica dei provvedimenti adottati in forza di quella norma al sopravvenire di “giustificati motivi”.
La legge, infatti, non attribuisce al procedimento ex art. 710 c. p. c. natura di revisio prioris istantiae, e quindi di rivisitazione (melius re perpensa) delle determinazioni già adottate nel giudizio di separazione, ma di novum iudicium, perché lo considera finalizzato ad adeguare la regolamentazione dei rapporti (economici, per quello che qui interessa) tra i coniugi al mutamento della situazione di fatto, laddove una siffatta modificazione concretamente incida sulle loro condizioni patrimoniali, determinandone uno squilibrio profondo.
Ancora assai di recente la S. C., reiterando in subiecta materia un orientamento ormai pacifico – estensibile per analogia (in ragione della eadem ratio delle norme degli artt. 9 L. n. 898/70 da un canto e 156 ult. co C. C. e 710 c. p. c. dall’altro) alla materia della separazione -, ha affermato che: “In tema di divorzio e di revisione delle statuizioni di carattere patrimoniale contenute nella sentenza di divorzio, con la domanda di cui all’art. 9 L. n. 898/70 il giudice non è chiamato ad un rinnovato accertamento della spettanza e ad una nuova quantificazione dell’assegno sulla base dei criteri indicati dall’art. 5, ma a valutare se siano sopravvenute circostanze tali da determinare la sua eliminazione o la modifica in aumento o in diminuzione, importando il riferimento alla sopravvenienza dei giustificati motivi l’essenziale valorizzazione delle variazioni patrimoniali intervenute successivamente al divorzio, dedotte dalla parte istante” (cfr. Cassaz. Civ., Sez. I, 13/2/2003 n. 2147).
In materia di diritto di famiglia la natura stessa della decisione, emessa rebus sic stantibus e priva, quindi, del carattere della irretrattabilità, nonché la riconosciuta facoltà delle parti di chiedere in ogni tempo la revisione delle condizioni di separazione e divorzio in base al modificarsi della situazione sostanziale impongono al giudice l’esame di ogni comprovato ed obiettivo mutamento verificatosi nella condizione delle parti che determini l’esigenza di un riequilibrio delle rispettive posizioni (cfr. Corte d’Appello Roma, Sez. Persone e Famiglia, 7/2/2003 n. 600).
Se tale è l’oggetto della delibazione rimessa al giudice in sede di giudizio di revisione, ne consegue che lo scrutinio circa la sussistenza dei presupposti per la modifica della regolazione economica e personale dei rapporti tra le parti in causa deve intervenire solo dopo che sia stato accertato il sopraggiungere delle nuove circostanze (cfr. Cassaz. Civ., Sez. I, 24/9/2002 n. 13863).
2.- Se così è, va disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso opposta dalla resistente sul rilievo della mancata sopravvenienza di circostanze nuove rispetto alla situazione esistente al momento della omologa.
In disparte il rilievo che il ricorrente ha dedotto di aver concordato spontaneamente con sua moglie e di avere espletato modalità più ampie di esercizio del diritto di visita, immediatamente ripristinate dalla V. nei rigidi termini convenuti in sede di omologa a seguito dell’iniziativa da lui intrapresa, sta di fatto che la circostanza che il nuovo istituto dell’affido condiviso fosse già applicabile nel momento in cui le parti convennero le condizioni della separazione non conforta l’eccezione proposta.
Ed invero, la possibilità di esperire la procedura camerale di cui all’art. 710 c.p.c. per conseguire l’adeguamento dell’accordo omologato alle previsioni dettate in tema di affidamento condiviso, è circostanza espressamente contemplata dal disposto dell’art 4, comma 1 legge n. 54/2006.
Nel senso che la procedura camerale in discorso possa essere esperita per ottenere l’applicazione della disciplina dell’affidamento condiviso si è espressa la Suprema Corte, statuendo che:” L’art. 4, comma primo, della legge n. 54 del 2006 stabilisce che nei casi in cui il decreto di omologa dei patti di separazione consensuale, la sentenza di separazione giudiziale, di scioglimento, di annullamento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio siano già stati emessi al momento della entrata in vigore della stessa legge, ciascuno dei coniugi possa richiedere nei modi previsti dall’art.710 cod. proc. civ., o dall’art. 9 della legge n. 898 del 1970, e successive modif., l’applicazione delle nuove disposizioni della citata legge n. 54 del 2006. Al di fuori di tali forme, dette disposizioni non possono trovare applicazione nei casi esaminati, non contenendo la legge n. 54 del 2006 alcuna disposizione che deroghi al principio generale, sancito dall’art. 11 delle preleggi, della irretroattività della legge.” (cfr. Cassaz. Civ. Sez. I, 19/972006 n. 20256).
Il fatto che al momento dell’omologa della separazione la legge n. 54/2006 fosse già entrata in vigore ed il giudice della separazione non abbia provveduto a verificare le condizioni di applicabilità dell’istituto de quo non osta all’applicazione ex post del regime dell’affidamento condiviso, trattandosi di disciplina sostanziale di ordine pubblico, che avrebbe pertanto potuto applicarsi già sede di omologa, anche officiosamente.
3.- Le richieste istruttorie avanzate dalle parti vanno rigettate in quanto irrilevanti ai fini del thema decidendum: la decisione può essere adottata allo stato degli atti, senza richiedere ulteriori apporti probatori.
4.- Merita evidenziare che con la novella che ha introdotto l’affido condiviso della prole ad entrambi i genitori il legislatore ha inteso prevedere un nuovo regime “ordinario” dell’affidamento dei figli per il caso di rottura dell’unione familiare, sostituendolo al precedente regime di affidamento esclusivo ad uno solo di essi.
In tale nuova prospettiva, che segna un significativo punto di svolta nella considerazione da parte del legislatore dei rapporti familiari e delle relazioni genitori-figli così come sono tradizionalmente concepiti nella nostra esperienza socio culturale, l’affidamento condiviso diviene la norma, dovendo il giudice motivare le ragioni del ricorso ad un regime di affidamento diverso da quello (nuovo, introdotto come) ordinario, con specifico riferimento all’interesse della prole a vivere in via esclusiva con uno solo dei genitori (arg. ex art. 155 bis c.c.).
La nuova normativa, in definitiva, riconosce la bigenitorialità come un diritto insopprimibile non solo nell’interesse esclusivo dei figli minori ma anche di entrambi i genitori, che conservano a loro volta non solo un interesse mediato, tutelabile attraverso quello diretto della prole, ma immediato e diretto, a mantenere un rapporto costante con i figli, alle cui scelte di vita essi devono continuare a concorrere in modo significativo, non meno di quanto ciò non avvenisse quando la coppia era unita.
La nuova normativa riconosce, inoltre, finalmente il diritto anche dei nonni, cui è speculare quello dei minori, a continuare ad avere con loro un significativo rapporto affettivo.
Nel caso di specie non si ravvisano prima facie elementi di “pericolo” per il sano e corretto sviluppo psico fisico dei minori, tali da sconsigliare l’applicazione del nuovo istituto.
A favore di questa scelta depone la circostanza incontestata che non sono stati prospettati e provati atteggiamenti di effettiva ostilità ovvero di rifiuto dei minori a stare con il padre, né situazioni “altre” che rendano controindicata l’intensificazione degli incontri tra di loro.
Ciò significa che i minori non avvertono alcuna difficoltà a stare con l’una ovvero con l’altra figura genitoriale con cui, a prescindere dalle nuove esperienze di vita intraprese dagli ex coniugi, intendono mantenere significativi rapporti affettivi.
Non è, poi, ostativa all’applicazione del nuovo regime la conflittualità esistente tra i coniugi.
Se si seguisse un siffatto argomentare, sarebbe fin troppo facile per il genitore affidatario esclusivo della prole agitare ed esasperare le ragioni del disaccordo per impedire l’applicazione dell’istituto, al fine precipuo di svuotare di contenuto il senso della legge.
Del resto, il perseguimento delle apprezzabili finalità della normativa non può essere impedito sic et simpliciter dall’esistenza di una conflittualità più o meno esasperata tra gli ex coniugi – i quali, se fossero stati d’accordo sulle loro scelte di vita, con tutta evidenza non sarebbero arrivati alla separazione -, dovendosi solo evitare che tale conflittualità si ripercuota negativamente sui minori, i quali potrebbero essere indotti ad assumere atteggiamenti di rifiuto nei confronti dell’una o dell’altra figura genitoriale.
L’istanza del ricorrente, pertanto, va accolta, sicché entrambe le parti eserciteranno la potestà genitoriale con l’obbligo di assumere di comune accordo le decisioni di maggiore interesse per la vita dei figli, secondo il dettato espresso dell’art. 155 co 3° C. C., mentre le decisioni sulle questioni di ordinaria amministrazione verranno assunte separatamente da ciascuno dei genitori, e cioè in concreto da colui che in quell’occasione abbia i minori presso di sé.
5.- Il nuovo regime di affidamento, tuttavia, non induce a mutare il collocamento prevalente dei figli presso la madre, che va conservato essenzialmente in ragione:
– della loro età, ancora preadolescenziale;
– del consolidamento, ormai compiuto, di una situazione affettivo-relazionale che vede nella madre il primario punto di riferimento dei minori;
– del rilievo che la madre è in grado di offrire maggiore cura ed attenzione agli interessi dei minori rispetto al padre sia perché anch’ella lavora a Monopoli, sede della casa familiare, sia perché la resistente può fare affidamento, nelle ore di lavoro, sull’aiuto di sua madre (ossia la nonna materna), figura parentale fortemente valorizzata dall’affidamento condiviso;
6.- I rapporti tra i minori ed il padre dovranno essere i più ampi e liberi possibile: fermo restando, quale regime minimo, quello delle visite attualmente vigente (regolato nel decreto di omologa della separazione), il genitore collocatario dovrà però consentire che i figli incontrino il padre tutte le volte che lo vorranno, tenendo in debito conto sia le esigenze comuni lavorative dei genitori sia quelle di studio e di svago dei minori.
7.- Le argomentazioni che precedono inducono a disattendere la richiesta di collocamento alternato dei figli presso entrambi i genitori secondo le modalità prospettate dal ricorrente.
Il collocamento alternato sarebbe gravemente pregiudizievole al loro interesse alla conservazione dell’habitat domestico, inteso come centro degli affetti, interessi e consuetudini nei quali si esprime e si articola la vita familiare.
La necessità di tutela privilegiata di tale interesse trova conferma anche de iure condito, posto che essa costituisce la ratio della disciplina legale che, in tema divorzio e separazione, impone l’assegnazione preferenziale della casa familiare in favore del coniuge collocatario dei minori.
Non va poi trascurato che l’affidamento condiviso dei figli si esplica essenzialmente in termini di pari esercizio della potestà genitoriale in ordine alle scelte di fondo della vita della prole e non significa diritto dei genitori a trascorrere con i figli uno stesso numero di ore: una siffatta pretesa destabilizzerebbe il modus vivendi dei minori, che devono consolidare la loro esistenza nell’habitat domestico e non devono essere sottoposti allo stress di continui spostamenti e trasferimenti che rischierebbero di determinare una condotta oppositiva verso il genitore che pretendesse di esercitare una siffatta apodittica pretesa.
8.- A quanto innanzi detto consegue il rigetto dell’istanza del ricorrente di contribuzione diretta ai bisogni dei minori ovvero, in via subordinata, di riduzione dell’importo dell’assegno di mantenimento.
Anzitutto va rimarcato che l’affidamento condiviso non comporta in modo automatico la contribuzione diretta ai bisogni dei minori atteso che i due istituti tutelano interessi distinti.
Il primo attiene all’interesse del minore, tutelato in vista del suo equilibrato sviluppo psico-fisico, a perpetuare lo schema educativo già sperimentato durante il matrimonio; l’assegno, invece, ha natura patrimoniale-assistenziale (cd. assistenza materiale) ed è finalizzato a sostenere le spese necessarie per consentire le attività dirette a detto sviluppo psico-fisico del minore (senza esclusione del relativo obbligo in caso di raggiungimento della maggiore età da parte dei figli, ove detto assegno si renda comunque necessario).
L’assenza di una correlazione biunivoca tra l’affidamento condiviso e la contribuzione diretta emerge pure dal dato testuale dell’art. 155 co 4° C.C. il quale dispone, per un verso, che ciascuno dei genitori provveda al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito e, per l’altro, che “il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità…”, sulla base di vari parametri, tra cui “…le risorse economiche di entrambi i genitori”.
La disposizione conferma, dunque, che l’affidamento condiviso non determina la caducazione tout court dell’obbligo patrimoniale di uno dei genitori a contribuire con la corresponsione di un assegno al mantenimento dei figli, obbligo che va correlato alle loro esigenze di vita ed al contesto familiare e sociale di appartenenza.
Orientamento ermeneutico, questo, confermato anche dalla S. C. che, pronunciatasi ex professo sul tema, (sebbene anteriormente alla vigenza della legge n. 54/2006 ma rilevando come il principio di diritto affermato trovi conferma nella suddetta previsioni legislativa in tema di affidamento condiviso), ha statuito che “L’affidamento congiunto dei figli ad entrambi i genitori – previsto dall’art. 6 della legge sul divorzio (1 dicembre 1970, n. 898, come sostituito dall’art. 11 della legge 6 marzo 1987, n. 74), analogicamente applicabile anche alla separazione personale dei coniugi – è istituto che, in quanto fondato sull’esclusivo interesse del minore, non fa venir meno l’obbligo patrimoniale di uno dei genitori di contribuire, con la corresponsione di un assegno, al mantenimento dei figli, in relazione alle loro esigenze di vita, sulla base del contesto familiare e sociale di appartenenza, rimanendo per converso escluso che l’istituto stesso implichi, come conseguenza “automatica”, che ciascuno dei genitori debba provvedere paritariamente, in modo diretto ed autonomo, alle predette esigenze”. (Cfr. Cass. civ., Sez. I, 18/08/2006, n. 18187).
L’importo stabilito in sede di omologa appare tuttora congruo in relazione all’applicando regime dell’affidamento condiviso con collocazione privilegiata presso la madre, se si pone mente, giusta il disposto del cit. art. 155 co 4° C.C., al tenore di vita goduto presuntivamente dai minori in costanza di convivenza con entrambi i genitori, al tempo di permanenza presso ciascuno di essi, alla valenza economica dei compiti domestici e di cura da loro assunti.
8.1.- Irrilevante è poi la l’argomentazione che il ricorrente contribuisce pro quota al pagamento della rata, incrementatasi nelle more, del mutuo fondiario a tasso variabile acceso sulla casa familiare: tale importo, invero, é funzionale all’acquisto dell’immobile del quale egli conserva la contitolarità.
9.- Merita invece accoglimento l’istanza di eliminazione del deposito presso la resistente dell’importo di euro 1.100,00 annuali, costituente anticipo sulle spese straordinarie a sostenersi nell’interesse dei minori.
Si tratta di un patto che, per comune ammissione delle parti, ha dato luogo ad equivoche interpretazioni.
La fissazione a priori di un importo per le spese straordinarie appare inopportuno per due ordini di ragioni.
In primo luogo, trattandosi di spese per la più gran parte impreviste ed imprevedibili, la determinazione del suo importo può rivelarsi incongruo per eccesso sicché, laddove la somma accantonata non dovesse venire completamente impiegata per le finalità previste, si determinerebbe un’ipotesi di indebita locupletazione in favore della destinataria.
Al contempo, laddove invece l’importo accantonato dovesse rivelarsi insufficiente a far fronte alle necessità straordinarie dei minori, le rivendicazioni dell’avente diritto al rimborso non verrebbero per ciò solo eliminate e risorgerebbe tra le parti quel contenzioso sulle spese che la predisposizione di un fondo siffatto intendeva a priori evitare.
Le spese straordinarie (quali, ad es., quelle scolastiche, sportive e mediche non coperte dal S.S.N.), debitamente documentate e per quanto possibile concordate, devono, pertanto, restare a carico di ciascuna delle parti contendenti nella misura della metà.
10.- L’accoglimento solo parziale del ricorso ed il rigetto della domanda di revoca e/o riduzione dell’assegno di mantenimento per la prole consiglia di compensare integralmente tra le parti le spese processuali.
Il presente decreto é provvisoriamente esecutivo per legge.
Depongono per tale conclusione sia il carattere indubitabilmente contenzioso della procedura camerale in oggetto e la natura decisoria del provvedimento emesso all’esito – che non giustificherebbe un trattamento diverso da quello che assiste ex art. 282 c. p. c. l’esecutorietà delle sentenze di primo grado a seguito della novella del 1990 – sia le esigenze di urgenza intrinsecamente sottese a tutte le istanze e quindi ai provvedimenti adottati in subiecta materia che, essendo suscettibili di incidere profondamente sullo status economico o relazionale dei coniugi, inducono inevitabilmente il Collegio a riconoscere al decreto efficacia immediata ex art. 741 c. p. c.
P.Q.M.
Il Tribunale di Bari, definitivamente pronunciando sulle domande proposte con ricorso depositato il 2/7/2007 da L. P. nei confronti di V. P., così provvede:
1. accoglie la domanda principale e per l’effetto affida i figli minori della coppia, A. e E., ad entrambi i genitori, i quali eserciteranno la potestà genitoriale e condivideranno le relative responsabilità, adottando di comune accordo le decisioni di maggior interesse relative all’istruzione, all’educazione ed alla salute dei minori, mentre quelle di ordinaria amministrazione saranno assunte da ciascuno di essi durante i tempi di permanenza dei figli con sé;
2. dispone che i figli trovino collocazione prevalente presso la madre e che il padre dovrà stare con loro secondo il regime minimo stabilito nel decreto di omologa;
3. rigetta la domanda di contribuzione diretta e di riduzione dell’assegno di mantenimento corrisposto in favore dei minori che, pertanto, va confermato secondo quanto convenuto in sede di omologa;
4. accoglie la domanda di eliminazione della previsione convenzionale della separazione omologata, contemplante la costituzione all’inizio di ogni anno scolastico di un deposito di euro 1.100,00, quale anticipo delle spese straordinarie;
5. dispone che le spese straordinarie, individuate nei termini di cui alla motivazione, rimangano a carico di ciascun genitore per la metà;
6. compensa integralmente tra le parti le spese processuali;
7. dichiara il presente decreto provvisoriamente esecutivo.
Bari, così deciso nella camera di consiglio della Sez. I Civile il 1/2/2008.
Giudice Saverio Umberto de Simone


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Avvocato, blogger, relatore in convegni e seminari. Autore di numerosi articoli apparsi su riviste specializzate cartacee e delle seguenti monografie: Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile di cognizione. Manuale di sopravvivenza per l’avvocato, Lexform Editore, 2009; Le trappole nel processo civile, 2010, Giuffrè; L’onere di contestazione nel processo civile, Lexform Editore, 2010; L’appello civile. Vademecum, 2011, Giuffrè; Gli strumenti per contestare la ctu, Giuffrè, 2013; Come affrontare il ricorso per cassazione civile, www.youcanprint.it, 2020.




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