Davvero interessante questa sentenza del dott. Scarpa del TrIbunale di Salerno.
Il Comune di Roccadaspide conviene in giudizio la provincia di Salerno per sentirla condannare al pagamento dei canoni di locazione di un immobile adibito a sede di un istituto tecnico ovvero, in via subordinata, a titolo di “indennità di occupazione…per l’utilizzo dell’immobile”.
Fissata udienza di discussione per il 18 gennaio 2008, con memoria del 27 dicembre 2007 si costituiva la PROVINCIA DI SALERNO, eccependo la prescrizione quinquennale della domanda dei canoni locativi ex art. 2948 c.c., così come della domanda di risarcimento dei danni ex art. 2947 c.c.; e comunque deducendo l’infondatezza nel merito della pretesa attorea.
Il Giudice indicava però alle parti già all’udienza del 18 gennaio 2008 la sussistenza di questione preliminare di merito in ordine all’inesistenza di un contratto di scritto di locazione secondo le regole dell’evidenza pubblica ed invitava le stesse a dedurre sul punto. Nella memoria difensiva del 30 settembre 2008 il Comune di Roccadaspide formulava anche domanda di ingiustificato arricchimento.
Il Tribunale rigetta la domanda avanzata dal Comune in quanto:
- i contratti posti in essere dalla P.A. “iure privatorum”, per esser validi, devono esser stipulati ad substantiam per iscritto, e la volontà dell’ente deve esser manifestata all’esterno da colui che è investito del relativo potere, previ gli atti interni di natura preparatoria;
- pertanto la volontà di obbligarsi della P.A. non può desumersi per implicito da atti o fatti, dovendo essere manifestata nelle forme prescritte dalla legge, rispondendo tale requisito all’esigenza di identificare con precisione il contenuto negoziale e consentire su di esso i controlli previsti dalla legge.
- La mancanza dei requisiti essenziali appena indicati – la forma e la provenienza della volontà dell’ente dall’organo autorizzato- determina la mancanza del fatto costitutivo – il contratto- e quindi il Comune di Roccadaspide non può esperire nessuna azione contrattuale di adempimento.
- Seppure astrattamente ipotizzabile, stante il suo carattere sussidiario (art. 2042 cod. civ.), un’azione di ingiustificato arricchimento esperita dal Comune per ottenere un indennizzo per il godimento del suo immobile da parte della Provincia deve considerarsi tardiva la domanda proposta con la memoria integrativa;
- la domanda di ingiustificato arricchimento infatti si differenzia da ogni altra azione sia per presupposti che per limiti oggettivi ed integra un’azione autonoma per diversità di “petitum” e “causa petendi” rispetto alle azioni fondate su titolo negoziale o di atto illecito. La specificità del titolo di detta azione esclude perciò che essa possa ritenersi proposta per implicito in una domanda fondata su altro titolo (Cassazione civile , sez. I, 25 marzo 2003, n. 4365).
- In tema di occupazione abusiva, il diritto al risarcimento del danno per non aver potuto godere del bene e farne propri i frutti naturali o civili, è soggetto alla prescrizione di cinque anni stabilita dal comma 1 dell’art. 2947 c.c., decorrente dal giorno di inizio della occupazione, giacché tale diritto risarcitorio può essere appunto esercitato giorno per giorno dalla data di inizio della occupazione (che qui coinciderebbe con il settembre 1990) fino a quella in cui l’occupazione medesima sia cessata (che qui coincide con il trasferimento in uso gratuito dell’immobile occupato alla Provincia, in forza dell’art. 8, comma 1°, Legge 11 gennaio 1996, n. 23).
- La difesa del Comune di Roccadaspide non ha formulato alcuna espressa controeccezione di interruzione della prescrizione; tuttavia, integrando essa un’eccezione in senso lato e non in senso stretto, la stessa interruzione potrebbe essere rilevata d’ufficio dal giudice sulla base degli elementi probatori ritualmente acquisiti agli atti, la cui deduzione, pertanto, non è soggetta al regime delle preclusioni e delle decadenze previsto per il rito del lavoro.
- Sennonché, dagli atti prodotti dal Comune attore, risultano unicamente un “invito” datato 29 novembre 1995 rivolto alla Provincia di Salerno, nel quale si sollecitava il pagamento dei “canoni di affitto”; e quindi una richiesta del 20 aprile 2004 sempre concernente “quanto dovuto per il fitto dell’immobile”.
- In proposito, deve pertanto conclusivamente osservarsi che la intimazione o richiesta avanzata per chiedere l’adempimento di un’obbligazione per convenzione o per contratto non vale comunque ad interrompere la prescrizione dell’azione, successivamente esperita, di responsabilità extracontrattuale o di arricchimento senza causa, difettando il requisito della pertinenza dell’atto interruttivo all’azione proposta, in quanto la richiesta di adempimento contrattuale e quelle di risarcimento dei danni o di indennizzo per l’ingiustificato arricchimento si pongono in una relazione di reciproca non fungibilità e non costituiscono articolazioni di una matrice fattuale sostanzialmente unitaria, ma derivano da diritti cosiddetti “eterodeterminati”, per la identificazione dei quali, cioè, occorre far riferimento ai relativi fatti costitutivi, tra loro sensibilmente divergenti sul piano genetico e funzionale.
Tribunale Salerno, 17 ottobre 2008, sez. I
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del popolo italiano
Il TRIBUNALE di SALERNO, I sezione civile, in persona del signor
dott. Antonio Scarpa Giudice
ha pronunciato la seguente
sentenza
nella causa n. 5162/07 R.G. in materia di locazione, vertente tra
COMUNE DI ROCCADASPIDE, rappresentato dal difensore Avv. G. Gorga
Attore
e
PROVINCIA DI SALERNO, rappresentata dai difensori Avv. A. Casella,
Avv. U. Cornetta e Avv. F. Tedesco
Convenuta
Svolgimento del processo e Motivi della decisione
Il COMUNE DI ROCCADASPIDE con ricorso ex art. 447 bis c.p.c. dell’8 giugno 2007 ha chiesto dichiararsi la sussistenza di un rapporto di locazione corrente con la Provincia di Salerno in relazione agli immobili siti in via Largo Ciano di Roccadaspide, adibiti a sede dell’ITIS S. Valitutti dal settembre 1990 al dicembre 1996, avendo poi disposto l’art. 8 l. 11 gennaio 10996, n. 23 il trasferimento in uso gratuito alle province degli immobili scolastici superiori; ha quindi domandato la condanna della Provincia convenuta al pagamento della somma di euro 191.088,00 per canoni di locazione, ovvero, in via subordinata, a titolo di “indennità di occupazione…per l’utilizzo dell’immobile”. Fissata udienza di discussione per il 18 gennaio 2008, con memoria del 27 dicembre 2007 si costituiva la PROVINCIA DI SALERNO, eccependo la prescrizione quinquennale della domanda dei canoni locativi ex art. 2948 c.c., così come della domanda di risarcimento dei danni ex art. 2947 c.c.; e comunque deducendo l’infondatezza nel merito della pretesa attorea. Il Giudice indicava però alle parti già all’udienza del 18 gennaio 2008 la sussistenza di questione preliminare di merito in ordine all’inesistenza di un contratto di scritto di locazione secondo le regole dell’evidenza pubblica ed invitava le stesse a dedurre sul punto. Nella memoria difensiva del 30 settembre 2008 il Comune di Roccadaspide formulava anche domanda di ingiustificato arricchimento.
All’udienza del 17 ottobre 2008 la causa è stata decisa mediante lettura del dispositivo.
Fra le parti non è mai intercorso alcun contratto scritto di locazione avente ad oggetto l’immobile di via Largo Ciano. Ora, costituisce ius receptum il principio che i contratti posti in essere dalla P.A. “iure privatorum”, per esser validi, devono esser stipulati ad substantiam per iscritto, e la volontà dell’ente deve esser manifestata all’esterno da colui che è investito del relativo potere, previ gli atti interni di natura preparatoria. Pertanto la volontà di obbligarsi della P.A. non può desumersi per implicito da atti o fatti, dovendo essere manifestata nelle forme prescritte dalla legge, rispondendo tale requisito all’esigenza di identificare con precisione il contenuto negoziale e consentire su di esso i controlli previsti dalla legge. In particolare, per il perfezionamento dei contratti stipulati dai Comuni, è necessaria la manifestazione documentale della volontà negoziale da parte del Sindaco, che è l’organo rappresentativo dell’ente, abilitato a manifestarla ai terzi. Tale volontà, inoltre, deve avere per oggetto la conclusione del contratto, e non può essere ritenuta implicita in atti, ancorché in forma scritta, provenienti da organi preposti ad altri servizi, pur comunali, ma aventi contenuto e finalità diversi, essendo la forma scritta stabilita, come innanzi precisato, per la puntuale identificazione del contenuto negoziale e l’esercizio dei controlli dell’autorità tutoria stabiliti dalla legge, finalità non raggiungibili se si ammettesse la validità di vincoli contrattuali implicitamente derivanti da atti non diretti a costituirli e non preceduti o seguiti dall’iter procedimentale previsto dalla legge per la loro formazione ed efficacia. Dunque la prova dell’esistenza di un contratto con la P.A. non può essere fornita con altri mezzi probatori diversi dall’atto scritto, ed il comportamento tenuto delle parti non è idoneo a trasformare il rapporto di fatto in un rapporto de iure. La circostanza che il rapporto in esame sia addirittura intercorso tra due Pubbliche Amministrazioni (un Comune ed una Provincia) – lungi dall’obliterare le ragioni di essenzialità della forma contrattuale, come opina l’attore – raddoppia piuttosto l’esigenza dell’elemento formale negoziale.
La mancanza dei requisiti essenziali appena indicati – la forma e la provenienza della volontà dell’ente dall’organo autorizzato- determina la mancanza del fatto costitutivo – il contratto- e quindi il Comune di Roccadaspide non può esperire nessuna azione contrattuale di adempimento.
Sarebbe allora apparsa astrattamente ipotizzabile, stante il suo carattere sussidiario (art. 2042 cod. civ.), un’azione di ingiustificato arricchimento esperita dal Comune per ottenere un indennizzo per il godimento del suo immobile da parte della Provincia. Sennonché tale azione è stata dall’attore proposta solo in limine litis, con la memoria difensiva del 30 settembre 2008.
Si consideri all’uopo che i diritti di credito sono diritti eterodeterminati (a differenza dei diritti reali, che sono diritti autodeterminati) e, pertanto, si identificano in base al titolo e non in base all’oggetto. È dunque evidente che il credito per il pagamento di una somma di denaro a titolo di canoni di locazione, ovvero il credito vantato a titolo di “indennità di occupazione”, sono cosa diversa dall’indennizzo per ingiustificato arricchimento, in quanto, mentre il primo si fonda su una causa (contratto di locazione), il secondo su un fatto illecito extracontrattuale, il terzo ha invece natura complementare e sussidiaria e può essere richiesto solo quando manchi un titolo specifico – contrattuale o extracontrattuale – sul quale possa essere fondato ogni altro diritto di credito; talché la domanda di ingiustificato arricchimento si differenzia da ogni altra azione sia per presupposti che per limiti oggettivi ed integra un’azione autonoma per diversità di “petitum” e “causa petendi” rispetto alle azioni fondate su titolo negoziale o di atto illecito. La specificità del titolo di detta azione esclude perciò che essa possa ritenersi proposta per implicito in una domanda fondata su altro titolo (Cassazione civile , sez. I, 25 marzo 2003, n. 4365).
Si consideri che nel rito del lavoro (e quindi nel rito locativo ex art. 447 bis c.p.c.) la disciplina della fase introduttiva del giudizio risponde ad esigenze di ordine pubblico attinenti al funzionamento stesso del processo, in aderenza ai principi di immediatezza, oralità e concentrazione che lo informano, sicché non solo non è consentita la proposizione di alcuna domanda nuova, ma non è permessa neanche la formulazione di una emendatio , se non nelle forme e nei termini previsti, come si desume dall’art. 420, comma 1, c.p.c., secondo il quale le parti possono modificare le domande solo se ricorrono gravi motivi e previa autorizzazione del giudice. Deve considerarsi, pertanto, inammissibile qualsiasi modificazione della domanda che non sia stata autorizzata a norma del citato art. 420 c.p.c., all’udienza di discussione. Tale inammissibilità – al pari, attesa la medesima ratio, di quella conseguente alla decadenza per inosservanza dell’onere imposto al ricorrente dall’art. 414, n. 3, c.p.c., relativo alla determinazione dell’oggetto della domanda, e dell’onere accollato al convenuto dall’art. 416 dello stesso codice, con riferimento alla proposizione delle domande riconvenzionali – non è sanata dall’accettazione del contraddittorio ed è rilevabile d’ufficio (Cassazione civile , sez. III, 09 novembre 2006, n. 23908).
E’ dunque inammissibile la domanda di ingiustificato arricchimento proposta dal Comune attore nelle “Note autorizzate” del 30 settembre 2008. Quanto alla domanda di “indennità di occupazione” sempre proposta dal Comune di Roccadaspide, visti i fatti allegati, nulla essa ha a che fare con l’indennità di occupazione legittima, dovuta per l’occupazione temporanea di urgenza avvenuta nel corso di una procedura espropriativa, e che costituisce un’obbligazione di tipo indennitario collegata ad un’ipotesi tipica di responsabilità della p.a. per atti legittimi, come tale sottoposta all’ordinaria prescrizione decennale, collegata al compimento di ciascun anno di occupazione e che, perciò, decorre dal giorno in cui ha termine la relativa annualità ovvero l’occupazione stessa ove antecedente alla scadenza dell’anno. Viceversa, poggiando la domanda attorea sull’assunto, esposto in via subordinata all’azione contrattuale, del protrarsi della detenzione dell’ immobile in difetto di un regolare contratto di locazione, l’indennità di occupazione invocata sembrerebbe piuttosto evocare un risarcimento del danno, ricollegandosi la responsabilità della Provincia detentrice all’ambito dei fatti illeciti. Alla luce della tempestiva eccezione formulata dalla Provincia convenuta, si deve constatare come, in tema di occupazione abusiva, il diritto al risarcimento del danno per non aver potuto godere del bene e farne propri i frutti naturali o civili, è soggetto alla prescrizione di cinque anni stabilita dal comma 1 dell’art. 2947 c.c., decorrente dal giorno di inizio della occupazione, giacché tale diritto risarcitorio può essere appunto esercitato giorno per giorno dalla data di inizio della occupazione (che qui coinciderebbe con il settembre 1990) fino a quella in cui l’occupazione medesima sia cessata (che qui coincide con il trasferimento in uso gratuito dell’immobile occupato alla Provincia, in forza dell’art. 8, comma 1°, Legge 11 gennaio 1996, n. 23). Visto il momento di proposizione dell’azione in esame (ricorso del 16 maggio 2007), risulterebbe allora prescritto non soltanto il diritto al risarcimento dei danni, ma anche il diritto di chiedere l’indennizzo per ingiustificato arricchimento, ex art. 2041 c.c., cui si applica la prescrizione decennale ordinaria (art. 2946 c.c.), con la decorrenza dal giorno in cui può essere fatto valere il diritto all’indennizzo. La difesa del Comune di Roccadaspide non ha formulato alcuna espressa controeccezione di interruzione della prescrizione; tuttavia, integrando essa un’eccezione in senso lato e non in senso stretto, la stessa interruzione potrebbe essere rilevata d’ufficio dal giudice sulla base degli elementi probatori ritualmente acquisiti agli atti, la cui deduzione, pertanto, non è soggetta al regime delle preclusioni e delle decadenze previsto per il rito del lavoro. Sennonché, dagli atti prodotti dal Comune attore, risultano unicamente un “invito” datato 29 novembre 1995 rivolto alla Provincia di Salerno, nel quale si sollecitava il pagamento dei “canoni di affitto”; e quindi una richiesta del 20 aprile 2004 sempre concernente “quanto dovuto per il fitto dell’immobile”. In proposito, deve pertanto conclusivamente osservarsi che la intimazione o richiesta avanzata per chiedere l’adempimento di un’obbligazione per convenzione o per contratto non vale comunque ad interrompere la prescrizione dell’azione, successivamente esperita, di responsabilità extracontrattuale o di arricchimento senza causa, difettando il requisito della pertinenza dell’atto interruttivo all’azione proposta, in quanto la richiesta di adempimento contrattuale e quelle di risarcimento dei danni o di indennizzo per l’ingiustificato arricchimento si pongono in una relazione di reciproca non fungibilità e non costituiscono articolazioni di una matrice fattuale sostanzialmente unitaria, ma derivano da diritti cosiddetti “eterodeterminati”, per la identificazione dei quali, cioè, occorre far riferimento ai relativi fatti costitutivi, tra loro sensibilmente divergenti sul piano genetico e funzionale.
Per gli esposti motivi di rito e di merito, tutte le domande del Comune di Roccadaspide vanno rigettate.
Alla luce del rilievo d’ufficio della decisiva questione della forma del contratto di locazione, e tenuto conto del rapporto corrente tra le parti e del loro complessivo comportamento, sussistono giusti motivi per compensare per intero le spese processuali.
P.Q.M.
Il Tribunale di Salerno I sezione civile, definitivamente pronunziando sulle domande proposte dal COMUNE DI ROCCADASPIDE nei confronti della PROVINCIA DI SALERNO,
rigetta le domande di condanna al pagamento in favore del COMUNE DI ROCCADASPIDE delle somme dovute a titolo di canoni di locazione o di indennità di occupazione;
dichiara inammissibile la domanda di ingiustificato arricchimento;
compensa per intero tra le parti le spese processuali sostenute.
Salerno, 17 ottobre 2008 Il Giudice dott. Antonio Scarpa

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