Quello che vi propongo è l’esempio di cosa possa accadere quando le norme vengono scritte male.
Il Condominio Alfa ottiene un decreto ingiuntivo nei confronti di un condòmino Beta. Questi propone opposizione eccependo la nullità della delibera a monte. Il giudice di pace, sbagliando, declina la propria competenza in relazione sia al decreto, che alla “riconvenzionale” della opponente.
“Qualora l’opponente a decreto ingiuntivo pronunciato dal giudice di pace formuli una domanda riconvenzionale rientrante nella competenza per valore del tribunale, il giudice di pace non può spogliarsi di tutta la controversia, ma, separate le cause, deve trattenere l’opposizione e rimettere al tribunale la riconvenzionale”.
Cassazione, S.U., 9768/2001
Per completezza, si osserva che in base a quanto disposto dalle Sezioni Unite, con sentenza n. 4421/2007 il giudice di pace non è tenuto a sospendere il giudizio in attesa della pronuncia sulla validità della delibera:
“Al giudice dell’opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto ai sensi dell’art. 63 comma 1 disp. att. c.c. non è consentito di sospendere il giudizio in attesa della definizione del diverso giudizio d’impugnazione, promosso ai sensi dell’art. 1137 c.c. della deliberazione posta a base del provvedimento monitorio opposto, attesa la disciplina speciale e derogatoria del principio generale d’inesecutività del titolo ove impugnato con allegazione della sua originaria invalidità assoluta, dettata per il condominio e considerata la possibilità che le conseguenze dell’eventuale contrasto di giudicati ben possono essere superate, sia in sede esecutiva ove i tempi lo consentano, facendo valere la sopravvenuta perdita d’efficacia del provvedimento monitorio come conseguenza della dichiarata invalidità della delibera, sia in sede ordinaria mediante azione di ripetizione dell’indebito.
E qui iniziano le complicazioni. Difatti, mentre il condòmino Beta riassume il giudizio innanzi al Tribunale, il Condominio Alfa propone appello, sempre avanti allo stesso Tribunale. Il problema nasce dal fatto che non si può proporre regolamento di competenza avverso le sentenze del giudice di pace.
Il Tribunale adito in sede di gravame, osserva che il giudice di pace ha sbagliato, in quanto avrebbe dovuto spogliarsi semplicemente della riconvenzionale, ma non della domanda principale (quella relativa al decreto). Tuttavia ora ci sono due cause, legittimamente proposte, visto che il condòmino Beta ha ritualmente riassunto il giudizio, mentre il Condominio Alfa ha legittimamente proposto appello.
Insomma, un bel casino. Difatti, il Tribunale del gravame avrebbe dovuto decidere il merito della controversia sia in caso di fondatezza della censura, sia in caso di infondatezza.
“Quando, di fronte ad una declinatoria di competenza da parte del giudice di pace in causa esorbitante dai limiti della sua giurisdizione equitativa, venga proposto appello con contestazione della fondatezza della pronuncia, il tribunale, ove la censura sia infondata, è investito dell’esame del merito quale giudice dell’appello in conseguenza del normale effetto devolutivo proprio di tale impugnazione restando escluso sia che la pronuncia sul merito possa considerarsi come resa dal tribunale stesso in primo grado, sia che al rigetto dell’appello sul motivo afferente alla competenza debba seguire la rimessione delle parti avanti allo stesso tribunale quale giudice competente affinché la controversia venga decisa in primo grado. Qualora la censura relativa alla declinatoria di competenza sia, invece, fondata, non ricorrendo alcuna delle ipotesi di rimessione al primo giudice, previste dagli art. 353 e 354 c.p.c. e non esistendo una regola omologa a quella, dettata per le sentenze del conciliatore, dall’art. 353, comma 4, c.p.c., abrogato dall’art. 89, comma 1, della l. n. 353 del 1990, il tribunale, previa declaratoria della nullità della sentenza di primo grado per erronea declinatoria della competenza, deve, in ragione dell’effetto devolutivo dell’appello, decidere sul merito quale giudice d’appello e non rimettere le parti avanti al giudice di pace per la rinnovazione del giudizio in primo grado”.
Cassazione sent. 20686/2006
Tuttavia, ora pende un altro giudizio in cui si discute della controversia. Pertanto, il Tribunale, in sede di gravame, ritiene di poter pronunciare solo una sentenza di mero rito, dichiarando l’illegittimità della pronuncia del giudice di pace, sic et simpliciter, non potendo disporsi la riunione dei procedimenti essendo in grado diverso. Spetterà all’altro giudice persona fisica, interessato dalla riassunzione, decidere sull’intera questione.
Tribunale Bari sez. III, Data: 04 dicembre 2008, n. 2826
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 27.12.2002, la C. s.r.l. conveniva innanzi al Giudice di Pace di Bari il Condominio di Via A. in Bari, per sentir accogliere le seguenti conclusioni: dichiararsi la nullità e /o l’annullabilità e/o la revoca e/o l’inefficacia dell’opposta ingiunzione di pagamento, per le motivazione nella narrativa del medesimo atto, con ogni conseguenza di legge e con declaratoria che nulla l’opponente doveva per i titoli di cui in premessa e che – nel denegato caso di intervenuto pagamento – lo stesso doveva essere restituito con i maturati interessi; con vittoria di spese in distrazione.
Esponeva l’opponente: 1) che, a seguito di ricorso per ingiunzione di pagamento, depositato l’11.10.2002, dall’amministrazione del condominio opposto, veniva emesso dal Giudice di Pace di Bari, decreto ingiuntivo n. 2404/2002 del 5.11.2002, notificato il 19.11.2002, con cui si ingiungeva all’opponente il pagamento, in favore del predetto condominio, della somma di euro 1.490,78, maggiorata di spese legali; 2) che essa opponente non era affatto tenuta a partecipare, in misura alcuna, alla rifusione delle competenze legali liquidate con la sentenza emessa dal Tribunale di Bari, a conclusione di un giudizio tra le stesse parti di questa causa, in quanto, tanto per cominciare, alcun pregiudizio delle ragioni della C. spiegava il rilievo che questa aveva ritenuto di non gravare di opposizione la delibera condominiale del 13.9.2002, con cui – illegittimamente – il condominio decise di porre a suo carico una quota delle dette spese, per la semplice ragione che la posizione di essa opponente non poteva, in alcun modo, essere incisa da detto deliberato, avendo lo stesso efficacia unicamente interna al condominio, inteso come controparte-convenuta nel giudizio di Tribunale de quo; 2) che la delibera, quindi, poteva vincolare, personalmente, solo i condomini che avevano deciso di resistere in giudizio e giammai l’attrice dello stesso, comecché questa, peraltro, priva – in quanto tale – di alcun potere decisionale uti condomina e quindi pure del diritto di dissociarsi dalla lite da essa stessa proposta (ché – se fosse ipoteticamente vero il contrario – dovrebbe assurdamente ammettersi che il condominio che agisce contro il condominio sia, al tempo stesso, attore e convenuto dello stesso processo); 3) che, altronde, l’opposizione della ridetta delibera del 13.9.2002 non era affatto necessaria allo stato, per essere la stessa palesemente nulla, essendosi illegittimamente ritenuto di derogare ai criteri tassativi di riparto delle spese, in base ai quali il riparto delle spese legali, maturate in favore di un terzo, va effettuato in parti eguali e non già in proporzione ai millesimi di proprietà; 4) che, perciò, l’ingiunzione andava revocata e posta nel nulla sul rilievo che le spese legali, relative ad un giudizio proposto da un condomino contro il condominio, non possono essere – pro parte qua – poste a carico del primo, dappoiché, dal momento della proposizione dell’azione, il nesso di condominialità, riguardante l’oggetto della causa, si scindeva definitivamente, ponendo il condomino in posizione di terzietà rispetto al condominio, al pari di qualsivoglia altro avversario dello stesso; difatti, in caso di accoglimento della sua domanda, lo stesso condomino non poteva essere considerato vittorioso, per ciò che concerneva la propria posizione processuale personale e viceversa soccombente per quanto concerneva la posizione collettiva.
Si costituiva il condominio opposto, chiedendo il rigetto dell’opposizione, con il favore delle spese.
Con ordinanza resa all’udienza del 27.3.2003, il Giudice adito concedeva la provvisoria esecuzione dell’opposto decreto.
Accadeva poi che alla successiva udienza del 9.5.2003, la difesa dell’opponente chiedeva: “in subordine e ove e per quanto occorra, che il Giudice adito, in quanto competente per valore, voglia accertare con efficacia di giudicato – ex art. 34 c.p.c. la nullità e – ancora in subordine – l’annullabilità della delibera assembleare del 13/09/2002”.
Con sentenza depositata il 9.9.2003, lo stesso Giudice così provvedeva: 1) affermava la connessione tra la domanda principale proposta dal condominio opposto, con il ricorso per decreto ingiuntivo, e quella riconvenzionale avanzata dall’opponente, estranea ratione materiae alla propria competenza; 2) dichiarava competente a conoscere dell’intera causa il Tribunale di Bari, avanti al quale rimetteva le parti, assegnando loro termine di giorni 60, a decorrere dalla comunicazione del deposito della stessa sentenza, per riassumere il giudizio; 3) dichiarava compensate tra le parti le spese di questa parte del giudizio.
Avverso tale decisione, non notificata, il Condominio di Via A. in Bari, con atto di citazione notificato il 18.2.2004, interponeva appello a mezzo di due motivi di cui si dirà appresso. Concludeva chiedendo di: – riformare la sentenza resa dal Giudice di Pace, dichiarando, con pronuncia di mero rito, la competenza del Giudice di Pace a giudicare della causa di opposizione a decreto ingiuntivo promossa dal Condominio di via A., con ricorso di cui al procedimento n. 2454/2002 R.G., relativo al decreto ingiuntivo sopra indicato; – ove occorresse, ordinare la prosecuzione del giudizio dinanzi al Giudice di Pace, fissando il termine per la riassunzione della causa davanti allo stesso; – in ultimo emettere ogni e ulteriore più opportuno provvedimento si attagliasse alla fattispecie; con ogni conseguenza sulle spese e competenze di causa.
Resisteva l’appellata società, chiedendo di: a) rigettare ogni avverso; b) in subordine, preliminarmente alla questione di competenza, decidere, con efficacia di giudicato ex art. 34 c.p.c., la pregiudiziale ed assorbente eccezione di nullità e/o annullabilità della delibera assembleare del 13.9.2002, sollevata dalla stessa società; vinte le spese.
Precisate le conclusioni all’udienza del 26.3.2008, nella stessa udienza la causa veniva riservata per la decisione, con la concessione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
I. Con il primo motivo di impugnazione, l’appellante, deducendo la violazione dell’art. 645 c.p.c., premette che il Giudice di Pace aveva statuito la sua incompetenza a decidere la controversia in oggetto sulla base del principio della connessione, ritenendo che, eccedendo la domanda riconvenzionale la sua competenza per materia, per ragione di connessione anche la competenza sulla domanda principale proposta con ricorso per decreto ingiuntivo dovesse rientrare nella competenza del Tribunale, ma riteneva che tale decisione fosse in contrasto con quanto insegnato da Cass., sez. un., 18.7.2001, n. 9769 ed altre in senso conforme.
Con un secondo motivo, l’impugnante ritiene altresì censurabile la sentenza del Giudice onorario sul rilievo che l’oggetto della lite era limitato al solo importo di euro 1.498,78, per cui, in applicazione del criterio di cui all’art. 12 c.p.c., la parte del rapporto che era in contestazione era, per l’appunto, nei limiti dell’interesse dell’attore, la mera somma suddetta, che parte attrice intendeva non corrispondere, onde era evidente che, per determinare il valore della causa doveva farsi riferimento a quella parte della delibera impugnata sulla cui validità vi era contestazione tra le parti.
II. Tali doglianze sono solo parzialmente fondate.
Giova anzitutto evidenziare che con queste censure l’appellante ha rimesso in discussione globalmente la declinatoria di competenza da parte del primo Giudice, vale a dire, sia in relazione alla domanda principale proposta con il ricorso monitorio dal condominio, sia in relazione alla domanda, ritenuta riconvenzionale da detto Giudice, avanzata in corso di causa dall’opponente.
A quest’ultimo proposito va sottolineato che il Giudice a quo, nel pronunciarsi nel senso su visto in narrativa, ha definito espressamente nel dispositivo della sua sentenza come domanda riconvenzionale la pure su riportata richiesta dell’opponente, facendo appunto riferimento nella motivazione a quanto chiesto da quella parte all’udienza del 9.5.2003. Sempre nella motivazione, però, lo stesso Giudice si mostrava meno convinto circa la natura di tale richiesta, sostenendo che così “la società C. s.r.l. ha introdotto una causa riconvenzionale (o pregiudiziale …)”.
Osserva, comunque, questo Tribunale che, non solo la qualificazione della richiesta in esame dell’opponente, ma anche la sua ammissibilità in rito, non hanno formato oggetto di specifiche censure dell’appellante.
In ogni caso, appare praticamente ininfluente la questione della qualificazione di tale domanda come riconvenzionale oppure come domanda con la quale l’opponente stessa chiedeva di decidere con efficacia di giudicato la questione pregiudiziale inerente la validità della delibera dell’assemblea del condominio posta alla base del credito da quest’ultimo azionato in via monitoria, ai sensi dell’art. 34 c.p.c. (norma, come si è visto, espressamente richiamata dalla difesa dell’opponente nella sua richiesta all’udienza del 9.5.2003).
Le Sezioni Unite della Corte Suprema hanno, infatti, deciso che la competenza per l’opposizione a decreto ingiuntivo attribuita all’ufficio giudiziario cui appartiene il giudice che ha emesso il decreto ha carattere funzionale ed inderogabile e non può subire modificazioni neppure per una situazione di connessione quale quella derivante dalla proposizione ad opera dell’opponente di una domanda riconvenzionale eccedente i limiti per valore del giudice adito, con la conseguenza che, in una siffatta ipotesi tale giudice deve separare le cause, trattenere quella di opposizione e rimettere l’altra al giudice superiore (così Cass., sez. un., 18.7.2001, nn. 9770 e 9769).
Come si vede, perciò, l’insegnamento delle Sezioni Unite non è circoscritto alla sola ipotesi di una domanda riconvenzionale dell’opponente, ma è esteso anche alle altre ipotesi di connessione.
Ed a tale impostazione ha dato continuità l’orientamento assolutamente maggioritario della Corte Suprema fino a tempi recenti, non solo in relazione al caso di domanda riconvenzionale (per il quale v. Cass., sez. III, 21.11.2006, n. 24743; id., sez. II, 2.2.2004, n. 1812); è stato, infatti, confermato che, in tema di opposizione a decreto ingiuntivo, la competenza ha carattere funzionale e inderogabile, stante l’assimilabilità del giudizio di opposizione a quello di impugnazione, per cui rimane insensibile alle situazioni di connessione delineate dagli artt. 31, 32, 34, 35 e 36 c.p.c., e dall’art. 40 in relazione alle cause in cui è compente il giudice di pace; pertanto, qualora dinanzi a quest’ultimo, in un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo relativo a spese condominiali l’opponente deduca di avere impugnato con separato giudizio promosso dinanzi al tribunale la delibera condominiale di approvazione e ripartizione degli oneri condominiali, il giudice di pace deve trattare e decidere la causa di opposizione a decreto ingiuntivo (così Cass., sez. II, 17.3.2006, n. 6054); e da ciò consegue che, anche se al giudice di pace vengono proposte contestualmente una opposizione a decreto ingiuntivo ed una questione pregiudiziale che supera la sua competenza per valore, chiedendosene la decisione con efficacia di giudicato, è corretta la decisione del giudice di pace che rimette al giudice dotato di competenza per valore più elevata solo la parte della controversia relativa alla decisione sulla questione pregiudiziale (in tal senso Cass., sez. III, 23.5.2003, n. 8165 e in termini analoghi id., sez. II, 12.2.2002, n. 2011).
L’indirizzo cui, invece, si richiama l’appellata trova sì indubbiamente parziale riscontro in altri precedenti di legittimità; tuttavia devesi rilevare che Cass., sez. III, 23.7.2004, n. 13833, in proposito richiamata (secondo la quale dal combinato disposto di cui agli artt. 34 e 40, comma 7, c.p.c., si evince, in caso di domanda principale e domanda di accertamento incidentale, l’esistenza di un principio di unitarietà della decisione (da intendersi non solo quale simultaneità del processo bensì anche di unicità della regola decisionale), per realizzare la quale, nel caso in cui a conoscere della domanda principale sia competente il giudice di pace mentre per quella di accertamento incidentale sia viceversa competente il tribunale, in capo a quest’ultimo, quale giudice superiore, deve riconoscersi la spettanza a decidere su entrambe le domande; se invece il giudice di pace sia competente a conoscere anche la domanda incidentale, il suindicato principio dell’unitarietà della decisione rimane diversamente soddisfatto e comporta, in tal caso, l’adozione del medesimo criterio di decisione per entrambe le domande, e quindi anche il doversi far luogo ad un’unica e complessiva pronuncia secondo diritto la quale fosse eventualmente da adottarsi in relazione ad una soltanto delle medesime), non riguardava un caso di opposizione a decreto ingiuntivo, e quindi esprimeva principi che ben possono rimanere del tutto condivisibili al di fuori di questa ipotesi. Cass., sez. II, 17.1.2003, n. 629, poi, benché più pertinente, non aveva affermato che, in un caso del genere, il giudice di pace adito in sede monitoria dovesse rimettere l’intera controversia al tribunale, bensì aveva deciso che quel giudice, pur funzionalmente competente a decidere sulla relativa opposizione, qualora si deduca la invalidità della delibera assembleare posta a base della pretesa pecuniaria, non può compiere incidenter tantum l’accertamento richiesto e, se non ritiene di dover separare le cause e sospendere il processo ex art. 295 c.p.c., deve soffermarsi solo all’accertamento dell’efficacia esecutiva della delibera, poiché la condanna al pagamento contenuta nel decreto ingiuntivo è condizionata non alla validità della delibera assembleare, ma al perdurare della sua efficacia.
Dunque, resterebbe solo Cass., 30.12.2002, n. 18363, ad affermare che, qualora, in sede di opposizione a decreto ingiuntivo per il pagamento di spese condominiali, insorga causa pregiudiziale in ordine alla validità della delibera assembleare in base alla quale è reclamato detto pagamento, l’esorbitanza della causa medesima dai limiti della competenza per valore del giudice adito in sede monitoria osta a che questi possa conoscerne e impone la rimessione dell’intera causa al giudice superiore competente.
Sennonché, tale decisione, non solo appare espressiva di un punto di vista recessivo e minoritario in tema di opposizione a decreto ingiuntivo, ma trascura soprattutto di considerare che sulla competenza del giudice di pace investito del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, avente carattere funzionale e inderogabile, essendo il relativo procedimento disciplinato come un giudizio di impugnazione davanti allo stesso giudice che ha emesso il provvedimento monitorio, non incidono né l’eliminazione della regola della rilevabilità d’ufficio delle incompetenze c.d. forti in ogni stato e grado né le disposizioni contenute nell’art. 40, che non consentono alcuna deroga alle competenze tradizionalmente considerate funzionali (così Cass. n. 2011/2002 cit.).
D’altronde, con riferimento allo specifico campo delle spese condominiali che qui ci occupa, occorre considerare che sempre le Sezioni Unite, più di recente, hanno statuito che la sospensione necessaria del processo ex art. 295 c.p.c., nell’ipotesi di giudizio promosso per il riconoscimento di diritti derivanti da titolo, ricorre quando in un diverso giudizio tra le stesse parti si controverta dell’inesistenza o della nullità assoluta del titolo stesso, poiché al giudicato d’accertamento della nullità – la quale impedisce all’atto di produrre ab origine qualunque effetto, sia pure interinale – si potrebbe contrapporre un distinto giudicato, di accoglimento della pretesa basata su quel medesimo titolo, contrastante con il primo. Detto principio di inesecutività del titolo impugnato a seguito di allegazione della sua originaria invalidità assoluta è derogato, nella disciplina del condominio, da un sistema normativo che mira all’immediata esecutività del titolo, pur in pendenza di controversia, a tutela di interessi generali ritenuti prevalenti e meritevoli d’autonoma considerazione, sicché il giudice non ha il potere di disporre la sospensione della causa di opposizione a decreto ingiuntivo, ottenuto ai sensi dell’art. 63 disp. att. c.c., in relazione alla pendenza del giudizio in cui sia stata impugnata la relativa delibera condominiale, restando riservato al giudice dell’impugnazione il potere di sospendere ex art. 1137, comma 2, c.c. l’esecuzione della delibera. Non osta a tale disciplina derogatoria il possibile contrasto di giudicati in caso di rigetto dell’opposizione all’ingiunzione e di accoglimento dell’impugnativa della delibera, poiché le conseguenze possono essere superate in sede esecutiva, facendo valere la sopravvenuta inefficacia del provvedimento monitorio, ovvero in sede ordinaria mediante azione di ripetizione dell’indebito (Cass., sez. un., 27.2.2007, n. 4421).
Dunque, secondo tale prospettiva, poiché in tale ambito della disciplina condominiale la causa circa l’invalidità della delibera da cui scaturisce la pretesa creditoria del condominio azionata in sede monitoria finisce col non essere pregiudiziale, in forza di un sistema normativo che deroga ai principi generali altrimenti applicabili, qualora la causa asseritamente pregiudiziale sia introdotta davanti allo stesso giudice di pace investito dell’opposizione a decreto ingiuntivo viene meno il motivo di rimettere, per ragione di connessione, l’intera controversia al giudice superiore competente ratione valoris per la causa circa l’invalidità della delibera, onde soddisfare l’esigenza di un’unitarietà di decisione.
In tali ipotesi, allora, le due cause, come già affermato dall’indirizzo prevalente sopra richiamato, devono essere separate, con devoluzione al giudice superiore solo della causa inerente la validità o meno della delibera, e quella di opposizione al decreto ingiuntivo, che il giudice di pace deve trattenere innanzi a sé, neppure deve essere sospesa ex art. 295 c.p.c., in attesa della definizione con il giudicato dell’altra rimessa al tribunale.
III. Secondo l’appellante, però, il Giudice di pace di Bari non avrebbe dovuto spogliarsi della controversia neppure in relazione alla domanda c.d. riconvenzionale o di accertamento con efficacia di giudicato sulla questione relativa alla validità della delibera posta a fondamento dell’ingiunzione.
Sennonchè, è consolidato l’insegnamento secondo il quale, in tema di competenza per valore, con riferimento all’azione avente ad oggetto il pagamento delle spese condominiali secondo approvazione dell’assemblea del condominio, il valore della causa va determinato con riferimento alla parte della relativa delibera impugnata, e non alla quota di spettanza del condomino che l’ha impugnata, atteso che l’oggetto del contendere coinvolge i rapporti di tutti i condomini interessati alla ripartizione, e, quindi, l’interezza di tale importo (così, tra le altre, di recente Cass., sez. II, 13.11.2007, n. 23559; id., sez. II, 16.11.2004, n. 21703).
Ebbene, nel caso di specie, la domanda di accertamento di nullità o di annullamento della delibera assembleare in data 13.9.2002, per come ampiamente concepita (cfr. ancora verbale di udienza del 9.5.2003), investiva la decisione nella sua globalità; tuttavia, anche ad intenderla riferita alla sola parte che interessava in causa (quella di cui al primo punto all’ordine del giorno), la somma di danaro ivi in discussione ed oggetto di deliberazione era di euro 3.598,58, per un valore quindi ben superiore al limite della competenza per valore del giudice di pace, ai sensi dell’art. 7, comma 1, c.p.c..
Dunque, anche se l’impugnativa era ovviamente finalizzata a sentir dichiarare l’inesistenza dell’obbligo di pagare la propria quota (per euro 1.490,78 poi ingiunta) di spesa deliberata in via generale per tutti i condomini sull’assunto dell’invalidità della deliberazione assembleare, la contestazione era estesa all’invalidità dell’intero rapporto, il cui complessivo valore era quello rilevante ai fini della determinazione della competenza, atteso che il thema decidendum finiva per riguardare, non il solo obbligo della singola società opponente, ma l’intera spesa oggetto della deliberazione, almeno in parte qua, la cui validità non poteva formare oggetto di riscontro in via meramente incidentale, attesa l’espressa domanda di decidere la relativa questione con efficacia di giudicato.
Questa parte del contenzioso, di conseguenza, rettamente è stata rimessa alla cognizione del Tribunale, che effettivamente deve conoscerne ratione valoris.
IV. Insomma, portando a conclusioni tutte le precedenti considerazioni, l’appellata sentenza deve essere confermata in relazione alla rimessione della parte della controversia relativa alla validità della ridetta delibera; mentre deve essere annullata in relazione alla declinatoria di competenza per la domanda portata dal ricorso per decreto ingiuntivo, decreto poi oggetto dell’opposizione.
Passando adesso a vedere le conseguenze della presente pronuncia, occorre ricordare che, secondo il Supremo Collegio, quando di fronte ad una declinatoria di competenza da parte del giudice di pace in causa esorbitante dai limiti della sua giurisdizione equitativa, venga proposto appello con contestazione della fondatezza della pronuncia, il tribunale, ove la censura sia infondata, è investito dell’esame del merito quale giudice dell’appello in conseguenza del normale effetto devolutivo proprio di tale impugnazione restando escluso sia che la pronuncia sul merito possa considerarsi come resa dal tribunale stesso in primo grado, sia che al rigetto dell’appello sul motivo afferente alla competenza debba seguire la rimessione delle parti avanti allo stesso tribunale quale giudice competente affinché la controversia venga decisa in primo grado. Qualora la censura relativa alla declinatoria di competenza sia, invece, fondata, non ricorrendo alcuna delle ipotesi di rimessione al primo giudice previste dagli art. 353 e 354 c.p.c. e non esistendo una regola omologa a quella, dettata per le sentenze del conciliatore, dall’art. 353, comma 4, c.p.c., abrogato dall’art. 89, comma 1, della L. n. 353 del 1990, il tribunale, previa declaratoria della nullità della sentenza di primo grado per erronea declinatoria della competenza, deve, in ragione dell’effetto devolutivo dell’appello, decidere sul merito quale giudice d’appello, e non rimettere le parti avanti al giudice di pace per la rinnovazione del giudizio di primo grado (così Cass., sez. III, 22.9.2006, n. 20636).
Tali principi sono stati concepiti evidentemente, non in relazione al caso, e comunque senza considerare il caso, in cui, a seguito della pronuncia di incompetenza, la causa venga riassunta innanzi al tribunale e, in tempi diversi, sia anche interposto appello avverso tale decisione.
Ebbene, nella fattispecie in esame, è per l’appunto avvenuto che – come è pacifico ed in parte documentato (cfr. doc. sub 3 della produzione dell’appellata) – la C. s.r.l., a seguito della declinatoria di competenza del Giudice di Pace, ha riassunto l’intero giudizio innanzi a questo Tribunale, giudizio che attualmente pende in fase di decisione innanzi ad altro Giudice-persona fisica di questa Sezione del Tribunale (sotto il n. 9786/2003 R.G.A.C.); successivamente è stata poi gravata la ridetta decisione del Giudice onorario con l’atto di appello notificato il 18.2.2004, ad istanza del Condominio di Via A. in Bari.
Non può, quindi, trovare applicazione il principio, secondo il quale, nei giudizi dinanzi al giudice di pace, ai sensi dell’art. 44 c.p.c., qualora il giudice preventivamente adito declini la propria competenza, affermando la competenza per materia o territoriale inderogabile di altro giudice, e la parte non impugni con l’appello la relativa decisione, provvedendo a riassumere tempestivamente il giudizio dinanzi al giudice indicato come competente, si ha acquiescenza alla declinatoria di incompetenza e la competenza del giudice indicato rimane incontestabilmente stabilita (in tal senso Cass., sez. I, 4.8.2006, n. 17695).
Tale acquiescenza, infatti, si è avverata solo rispetto alla C. s.r.l., la quale ha curato la riassunzione suddetta, ma non anche rispetto al Condominio attuale appellante, che non ha preso una tale iniziativa, e si è doluta della declinatoria di competenza con l’unico strumento di impugnazione praticabile, essendo pacificamente precluso il regolamento di competenza ad istanza di parte rispetto ai giudizi davanti ai giudici di pace, ai sensi dell’art. 46 c.p.c..
La soluzione data da Cass. n. 20636/2006 avanti cit. suscita non ingiustificate perplessità, e già nell’ambito suo proprio di applicazione, che, come si è accennato, non tiene affatto conto dell’ipotesi – come il caso specifico dimostra, possibile – della contemporanea pendenza dinanzi al tribunale di due procedimenti “aventi lo stesso oggetto sostanziale”, l’uno in grado di appello, inerente la declinatoria di competenza (giudizio che, quale che sia la decisione circa la stessa, dovrebbe comportare che il tribunale si occupi poi del merito della controversia), e l’altro in primo grado a seguito di riassunzione dello stesso entro i termini indicati dal giudice di pace, che pure, e direttamente (senza, cioè, il previo controllo sulla declinatoria di competenza), riguarda il merito della stessa controversia.
E tali perplessità, per la verità, erano state poste all’attenzione della Corte Costituzionale, la quale, tuttavia, si è pronunciata nel senso dell’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 46 c.p.c., anche in combinato disposto con gli art. 353 e 354 c.p.c., censurato, in riferimento agli art. 3, 24, 25 e 111 cost., nella parte in cui esclude l’applicabilità dell’art. 42 c.p.c., in tema di regolamento necessario di competenza, avverso le sentenze del giudice di pace che pronuncino sulla competenza, anche ai sensi degli art. 39 e 40 c.p.c. senza decidere il merito della controversia, per ragioni legate a come detta problematica era stata sollevata dal giudice remittente (cfr. Corte Cost., 21.12.2007, n. 449).
Allo stato, quindi, il risultato di questo quadro normativo, obiettivamente non esaltante e non efficiente, è che – salva la residuale ipotesi del regolamento di competenza d’ufficio ex art. 45 c.p.c. (ritenuto esperibile anche in relazione alle sentenze dichiarative d’incompetenza emesse dal giudice di pace) – i giudici di pace possano, per così dire, a man salva, dichiararsi erroneamente (in tutto o in parte, come nel caso che ci occupa) incompetenti, per poi riversare, direttamente (a mezzo della translatio judicii in tribunale) o indirettamente (attraverso gli appelli che provocano tali declinatorie di competenza), se non cumulativamente per entrambe le strade (come nel nostro caso), affari dei quali, in tutto o in parte, essi giudici onorari si dovrebbero invece occupare, ma che, una volta devoluti al tribunale, in un modo o nell’altro, devono essere immancabilmente decisi da questo anche nel merito, essendo sbarrata la strada di una rimessione al primo giudice.
Tutto ciò premesso, nella fattispecie in esame, essendo stata anteriormente riassunta dalla controparte dell’odierno appellante davanti a questo Tribunale l’intera controversia di cui si era spogliato il Giudice di Pace, e non essendo ovviamente possibile la riunione innanzi ad uno stesso Giudice-persona fisica di questo Tribunale dei due procedimenti, perché pendenti in gradi diversi (cfr. Cass., sez. trib., 18.7.2002, n. 10509; id., sez. trib., 30.10.2000, n. 14281), non si può dare ovviamente integrale applicazione ai principi delineati da Cass. n. 20636/2006 più volte cit., e questo Tribunale, nella presente sede, non può che limitarsi ad una pronuncia di mero rito, e non deve entrare nel merito della controversia, del quale merito è investito altro Giudice-persona fisica di questo Tribunale, e val la pena aggiungere – salvo diverso futuro avviso del legislatore o della Corte Costituzionale – legittimamente ed inevitabilmente, essendo in ogni caso impossibile un ritorno, sia pure parziale, della controversia al primo Giudice.
Ritiene, infine, questo Giudice che, in questa sede debbano essere regolate solo le spese del presente grado di appello, in quanto unicamente nel giudizio scaturito dalla riassunzione, che potrà concludersi con una pronuncia nel merito, dovrà essere disposto un regime definitivo delle spese che tenga conto dell’esito complessivo della controversia.
Quindi, tenendosi conto del parziale accoglimento dell’appello, ricorrono giusti motivi per porre a carico dell’appellata la metà delle spese sopportate in questa sede dall’impugnante, liquidate complessivamente e per intero come in dispositivo, con conseguente compensazione della restante metà di dette spese tra le parti.
P.Q.M.
Il Giudice, Francesco Caso, definitivamente pronunziando sull’appello proposto dal Condominio di Via A. in Bari, con atto di citazione notificato il 18.2.2004, avverso la sentenza n. 4849/2003 emessa dal Giudice di Pace di Bari il 9.9.2003, nei confronti della C. s.r.l., così provvede:
1) accoglie, per quanto di ragione, l’appello e, per l’effetto, dichiara la nullità dell’impugnata sentenza per erronea declinatoria della competenza circa la domanda avanzata dal Condominio suddetto con il ricorso per decreto ingiuntivo, depositato il 25.10.2002, confermandola nel resto;
2) condanna l’appellata al pagamento, in favore dell’appellante, di metà delle spese di questo grado di appello, che liquida complessivamente e per l’intero in euro 1.518,46, di cui euro 70,46 per borsuali, euro 638 per diritti ed euro 810 per onorari, compensando tra le parti la restante metà di dette spese.
Giudice Francesco Caso
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