È molto interessante leggere Cass. 30745/2019, estensore Marco Rossetti, in cui si affrontano varie questioni processuali:
a)nuova/modifica domanda della domanda;
b) termine per l’attore;
c) ordine delle questioni ex art. 276 c.p.c.
d) formazione del giudicato implicito;
e) ragione più liquida in caso di questioni pregiudiziali di rito.
Esaminiamo la vicenda.
L’attore, imprenditore individuale esercente l’attività di noleggio di camper, nel 2012 conveniva dinanzi al Tribunale di Milano la società Alfa Assicurazioni s.p.a., esponendo che:
-) aveva noleggiato un camper a Caio;
-) questi aveva denunciato il furto del mezzo;
-) il mezzo denunciato come sottratto era coperto da una polizza assicurativa, stipulata con la Alfa Assicurazioni S.p.A., a garanzia dei danni da furto.
Chiese, pertanto, la condanna della società convenuta al pagamento dell’indennizzo contrattualmente dovuto.
La Vittoria si costituì ed eccepì che esistevano molti dubbi sul fatto che il veicolo fosse stato effettivamente rubato, ovvero non fosse stato piuttosto fraudolentemente occultato dall’utilizzatore.
A tale difesa il proprietario del mezzo replicò, con la prima memoria di cui all’art. 183 c.p.c., comma 6, che il contratto prevedeva comunque la garanzia sia per i rischi di furto, sia per il rischio di appropriazione indebita, e chiese la condanna dell’assicuratore al pagamento dell’indennizzo contrattualmente previsto per questa seconda ipotesi di rischio.
Il Tribunale (sentenza 29.1.2015 n. 741) rigettò le domande attoree ritenendole non provate; la Corte d’appello di Milano (sentenza 8.6.2017 n. 2531), adita dal soccombente, condivise l’opinione del primo giudice circa l’assenza di prova dell’effettivo avverarsi di un furto; e quanto alla domanda di pagamento dell’indennizzo contrattualmente previsto per il rischio di “appropriazione indebita” ne rilevo la novità e la dichiarò inammissibile.
Detto ciò e più in particolare.
L’attore aveva domandato la condanna dell’assicuratore al pagamento dell’indennizzo, invocando la garanzia prevista dal contratto di assicurazione per l’ipotesi di furto.
L’assicuratore, oltre a contestare tale pretesa, allegava che la perdita del mezzo oggetto del noleggio era stata causata da una appropriazione indebita, e non da un furto.
Nella prima udienza del giudizio di primo grado l’attore, che pure avrebbe potuto riqualificare la propria domanda originaria, ed invocare perciò il pagamento dell’indennizzo dovuto per l’ipotesi di perdita dovuta ad appropriazione indebita, non lo fece. Modificò, invece, la propria domanda solo con la prima memoria di cui all’art. 183 c.p.c., comma 6: ed incorse in tal modo nella preclusione prevista dall’art. 183 c.p.c., comma 5 (il quale stabilisce che “nella (..) udienza (di trattazione) l’attore può proporre le domande e le eccezioni che sono conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal convenuto”.
Tale norma, infatti, consente all’attore di formulare le domande nuove che siano conseguenze delle eccezioni del convenuto solo nella prima udienza, e non nella memoria di cui all’art. 183 c.p.c., comma 6.
La memoria di cui all’art. 183 c.p.c., comma 6, n. 1, consente all’attore di precisare e modificare le domande “già proposte”, ma non di proporre le domande e le eccezioni che siano conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni formulate dal convenuto, le quali vanno invece proposte entro la prima udienza di trattazione (ex multis, Sez. 1, Sentenza n. 9880 del 13/05/2016, Rv. 639817 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 3806 del 26/02/2016, Rv. 638877 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 25409 del 12/11/2013, Rv. 629119 – 01; Sez. U, Sentenza n. 3567 del 14/02/2011, Rv. 616565 – 01).
La società convenuta, nella memoria depositata ai sensi dell’art. 183 c.p.c., comma 6, n. 2, eccepì il maturare di tale preclusione.
Il Tribunale tuttavia, il quale avrebbe dovuto rilevare d’ufficio il maturare della preclusione (Sez. 1, Sentenza n. 3806 del 26/02/2016, Rv. 638877 – 01), non lo fece, incorrendo così in una nullità: esaminò, infatti, nel merito la domanda attorea, senza chiedersi se tale domanda fosse stata tempestivamente proposta, violando in tal modo l’ordine delle questioni di cui all’art. 276 c.p.c., comma 2, il quale imponeva di esaminare per prima la questione concernente l’ammissibilità in rito della domanda di pagamento dell’indennizzo per l’ipotesi di avveramento del rischio di appropriazione indebita; e solo dopo, superato positivamente tale vaglio di ammissibilità, sarebbe stato possibile giudicare sul merito della questione.
Ne consegue che, per effetto del principio di conversione delle nullità in motivi di gravame, tale errore avrebbe dovuto essere fatto valere di chi vi aveva interesse (la società convenuta) in grado di appello e nelle forme dell’appello incidentale condizionato, ma non attraverso la mera riproposizione dell’eccezione di novità, ex art. 346 c.p.c..
Infatti, avendo il Tribunale statuito sul merito della domanda, in tal modo quel giudice rigettò l’eccezione di inammissibilità, incorrendo nella violazione della regola che impone l’ordine di esame delle questioni (art. 276 c.p.c., comma 2).
Tale regola, come noto, mentre non prevede alcun ordine di trattazione per le varie questioni di merito (sicchè il giudice resta libero di esaminare per prima quella che ritiene, come è d’uso dire, “più liquida”), stabilisce una gerarchia rigorosa tra l’esame delle questioni di rito e l’esame di quelle di merito, stabilendo che non possa mai esaminarsi il merito d’una domanda, se prima non vengano affrontate e risolte “le questioni pregiudiziali proposte dalle parti o rilevabili d’ufficio”.
Se pertanto il giudice, violando tale regola, si pronunci sul merito ignorando la questione pregiudiziale, incorre in un error in procedendo. Tale error in procedendo tuttavia, quando sia potenzialmente svantaggioso per la parte comunque vittoriosa ed appellata, deve essere rimosso con l’appello incidentale condizionato, altrimenti si formerà il giudicato sulla violazione dell’ordine di esame delle questioni, violazione che perciò non sarà più ulteriormente censurabile.
Tutti i principi che precedono sono stati affermati dalla corte, a Sezioni Unite, con la sentenza Sez. U, Sentenza n. 11799 del 12/05/2017 (in particolare, ai p. 9.3.3.1 e ss. della motivazione).
Da quanto esposto consegue che la Corte d’appello di Milano non avrebbe potuto pronunciarsi sulla questione della novità della domanda di pagamento dell’indennizzo dovuto dall’assicuratore per l’ipotesi di avveramento del rischio di appropriazione indebita, perché tale questione era stata risolta in modo viziato dal Tribunale (che esaminò nel merito la domanda senza porsi il problema della sua ammissibilità), ma tale errore, consistito nella violazione dell’art. 276 c.p.c., comma 2, non era stato censurato in via incidentale e condizionata in grado di appello, sicché sulla ammissibilità di quella domanda si era formato il giudicato interno.
Giudicato che, come noto, può essere rilevato ex officio in sede di legittimità anche se formatosi a seguito della sentenza di primo grado, salva l’ipotesi in cui il giudice d’appello abbia deciso sulla portata dell’atto di appello e, quindi, sull’esistenza o meno del suddetto giudicato (Sez. 2 -, Ordinanza n. 5133 del 21/02/2019, Rv. 652696 – 01; Sez. 1 -, Ordinanza n. 6087 del 13/03/2018, Rv. 647754 – 01; Sez. 5, Sentenza n. 1284 del 22/01/2007, Rv. 595137 01).

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