Per quanto concerne il vizio di «omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti», oggi previsto dall’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., riformato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, convertito in l. n. 134 del 2012, permane il contrasto di giurisprudenza circa la denunciabilità, col mezzo predetto, di errori o omissioni concernenti le risultanze della CTU.
Nel senso estensivo, ancora Sez. 3, n. 14599/2021 ha ribadito che l’adesione acritica da parte del giudice alle conclusioni peritali di una delle consulenze tecniche d’ufficio, espletate in tempi diversi e pervenute a conclusioni difformi, senza farsi carico di un’analisi comparativa, integra un vizio della sentenza che può essere fatto valere, nel giudizio di cassazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., risolvendosi nell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, salvo che le conclusioni recepite siano, da sole, idonee a palesare le ragioni della scelta compiuta dal giudice.
Va notato che, nella specie, si trattava di questione di colpa medica neonatale, in cui la Corte d’appello aveva prestato totale adesione all’ultima C.T.U., senza tenere conto della genericità e apoditticità delle motivazioni in essa espresse e senza specificatamente confutare le ragioni degli opposti esiti della consulenza svolta in primo grado.
Per contro, Sez. 6-L, n. 08429/2021, ha affermato che in presenza di due successive contrastanti consulenze tecniche d’ufficio (nella specie, la prima disposta nel giudizio di primo grado e la seconda in sede di gravame), qualora il giudice aderisca al parere del consulente che abbia espletato la sua opera per ultimo, va escluso il vizio di motivazione, deducibile in cassazione ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., e va ritenuta sufficiente la motivazione della sentenza, pur se l’adesione non sia specificamente giustificata, ove il secondo parere tecnico fornisca gli elementi che consentano, su un piano positivo, di delineare il percorso logico seguito e, sul piano negativo, di escludere la rilevanza di elementi di segno contrario, siano essi esposti nella prima relazione o “aliunde”
deducibili.
In tal caso, non possono configurare l’anzidetto vizio di motivazione le doglianze di parte che, dirette al solo riesame degli elementi di giudizio già valutati dal consulente tecnico, non individuino gli specifici passaggi della sentenza idonei ad inficiarne la logicità, anche per derivazione dal ragionamento del consulente.

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