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Secondo il consolidato orientamento della Corte, affinché possa utilmente dedursi in sede di legittimità un vizio di omessa pronunzia, ai sensi dell’art. 112 c.p.c., è necessario, rispettare alcune regole.
Da un lato, occorre dimostrare che al giudice del merito siano state rivolte una domanda od un’eccezione autonomamente apprezzabili, ritualmente ed inequivocabilmente formulate, per le quali quella pronunzia si sia resa necessaria ed ineludibile.
Dall’altro, che tali istanze siano riportate puntualmente, nei loro esatti termini e non genericamente ovvero per riassunto del loro contenuto, nel ricorso per cassazione, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali l’una o l’altra erano state proposte, onde consentire al giudice di verificarne, “in primis”, la ritualità e la tempestività ed, in secondo luogo, la decisività delle questioni prospettatevi.
Ove, quindi, si deduca la violazione, nel giudizio di merito, del citato art. 112 c.p.c., riconducibile alla prospettazione di un’ipotesi di “error in procedendo” per il quale la Corte di cassazione è giudice anche del “fatto processuale”, detto vizio, non essendo rilevabile d’ufficio, comporta pur sempre che il potere-dovere del giudice di legittimità di esaminare direttamente gli atti processuali sia condizionato, a pena di inammissibilità, all’adempimento da parte del ricorrente per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione che non consente, tra l’altro, il rinvio “per relationem” agli atti della fase di merito – dell’onere di indicarli compiutamente, non essendo legittimato il suddetto giudice a procedere ad una loro autonoma ricerca, ma solo ad una verifica degli stessi (Cass. 04/07/2014 n. 15367; Cass. 19/03/2007 n. 6361).
Facciamo un esempio. Tanto il giudice di primo grado, quanto quello di secondo non hanno per nulla preso in esame l’eccezione di prescrizione. Non sarà sufficiente lamentarsi dell’omissione, ma si dovrà dimostrare che l’eccezione era, anzitutto, stata tempestivamente e ritualmente sollevata nel giudizio di primo grado. In secondo luogo, bisognerà dimostrare come il vizio della sentenza di primo grado sia stato fatto valere nell’atto di appello.
Ecco come potrà essere formulata la censura.
Ci censura la sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, co. 1, n4 c.p.c. per non essersi pronunciata sulla eccezione di prescrizione sollevata dagli odierni ricorrenti nei gradi di merito.
Gli odierni ricorrenti si costituirono nel giudizio di primo grado con comparsa di costituzione depositata in data xx/xx/xxxx (la circostanza potrà essere verificata esaminando il fascicolo d’ufficio, nonché la copia autentica munita di timbro apposto dalla cancelleria, contenuta nel fascicolo di parte del primo grado allegato come n. X al presente fascicolo e riprodotta nel fascicoletto per la cassazione con il n. X) e dunque venti giorni prima dell’udienza fissata in citazione dall’attore a pag. 3 (xx/xx/xxxx) (l’atto di citazione viene prodotto nel fascicoletto per la cassazione con il n. x).
In particolare, in detto atto il difensore dei convenuti formulava l’eccezione nel seguente modo (v. pag. 3 comparsa, dal rigo 6°): “Il diritto fatto valere dagli attori è irrimediabilmente prescritto in quanto il fatto è avvenuto il xx/xx/xxxx, mentre la citazione è stata notificata il xx/xx/xxxx, a distanza dunque di sei anni, e nessun atto interruttivo della prescrizione si è mai verificato prima della notifica del suddetto atto introduttivo. E’ noto che il diritto al risarcimento del danno in caso di fatto illecito si prescrive nel termine di cinque anni ex art. 2947 c.c.”
Non essendosi il giudice pronunciato sulla eccezione di prescrizione de qua (v. sentenza di primo grado, allegata al fascicolo di cassazione con il n. x), nell’atto di citazione in appello (l’atto di appello si trova nel fascicolo di secondo grado, allegato al fascicolo del giudizio di cassazione come n. x e riprodotto nel fascicoletto per la cassazione con il n. x) veniva proposta una specifica censura. Si riporta testualmente il motivo di impugnazione articolato a pag. 4 dal rigo 8°: “Il giudice di primo grado ha omesso di pronunciarsi sulla eccezione di prescrizione sollevata nella comparsa di costituzione e risposta tempestivamente depositata in data xx/xx/xxxx e dunque entro venti giorni dalla udienza indicata in citazione (xx/xx/xxxx). Difatti, in quella sede si era eccepito che l’atto di citazione era stato notificato a distanza di sei anni dal fatto e che nessun atto interruttivo era stato compiuto. Pertanto, ai sensi dell’art. 2947 c.c. il diritto al risarcimento del danno doveva considerarsi prescritto ex art. 2947 c.c. ed è inspiegabile per quale ragione il giudice di primo grado non si sia pronunciato”.
Anche il giudice di secondo grado, tuttavia, non ha per nulla preso in considerazione l’eccezione di prescrizione che, pure, era stata puntualmente sottoposta alla sua attenzione attraverso la specifica censura sollevata a pag. 4 dell’atto di citazione in appello. Trattassi, evidentemente, di una manifesta omissione di pronuncia che, per l’effetto, determina la nullità del procedimento ex art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c. L’omissione ha carattere decisivo in quanto se la Corte territoriale avesse preso in considerazione il motivo di impugnazione e quindi esaminato l’eccezione di prescrizione, non avrebbe potuto evitare di dichiarare l’intervenuta prescrizione del diritto al risarcimento del danno, in quanto risultava evidente il decorso del termine di cui all’art. 2697 c.c. trattandosi di fatto illecito. Pertanto, il termine aveva iniziato a decorrere dalla commissione del fatto, avvenuta il xx/xx/xxxx come si evinceva dallo stesso atto di citazione (v. pag. 1), mentre l’atto era stato notificato solamente in data xx/xx/xxxx.
Per stare sicuri al 100% è consigliabile riportare l’intero contenuto delle decisioni di primo e secondo grado, così rispettando il principio di autosufficienza.
Quindi è bene indicare:
- dove, quando e come era stata sollevata l’eccezione in primo grado
- come ha deciso il giudice di primo grado
- come era stata sollevata la censura in appello
- come ha deciso la corte d’appello
- la decisività e rilevanza della omissione
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