Omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360 n. 5 c.p.c.: non consiste nella prospettazione di una diversa valutazione del materiale probatorio

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Nel caso deciso da Cass. 28164/2019 il ricorrente pretendeva di “far passare” come omesso esame del fatto la diversa valutazione che aveva effettuato il giudice penale rispetto al giudice civile.

Il primo, infatti, aveva valorizzato una certa testimonianza, il secondo un’altra.

Ma questo caso esula manifestamente dal paradigma del n. 5 dell’art. 360 c.p.c., in quanto si rientra a pieno titolo nella discrezionalità (che ovviamente non deve essere arbitraria) del giudice di merito, il quale è libero di accordare preferenza ad un testimone, rispetto ad un altro.

«Ritenuto che: Il ricorso viene proposto come fondato su un unico motivo, denunciante omesso esame di fatto discusso e decisivo ai sensi dell’articolo 360, primo comma, n.5 c.p.c. e omessa motivazione sulle risultanze probatorie richiamate dalla sentenza penale.

«Si adduce che “all’atto della costituzione in giudizio in primo grado” l’attuale ricorrente avrebbe prodotto copia della sentenza penale pronunciata nel giudizio in cui gli attuali controricorrenti sarebbero stati imputati, tra l’altro, del reato di cui agli articoli 110 e 392 c.p., che avrebbero commesso il 17 novembre 1996 in Campobasso perché, “in concorso tra loro, al fine di esercitare un preteso diritto di proprietà su una strada di passaggio sul proprio fondo, potendo rivolgersi al Giudice, si facevano ragione da sé medesimi con violenza sulle cose, consistente nella distruzione di detta strada con mezzi meccanici e impedendo l’esercizio del diritto di passaggio dei confinanti”.

«Si adduce altresì che, nella motivazione della suddetta pronuncia, il giudice penale avrebbe rilevato che dalle risultanze probatorie sarebbe risultato che il 17 novembre 1996 erano stati intrapresi lavori di smantellamento di tale strada mediante un escavatore, lavori commissionati dal Cav…… secondo una testimonianza resa da un certo P……; e, sempre come evidenziato dal giudice penale, sarebbero state indubbie l’ascrivibilità della condotta agli attuali controricorrenti e la volontarietà della condotta stessa, “in quanto lo stesso imputato, interrogato sul punto, aveva espressamente affermato di avere fatto effettuare i lavori per riprendersi la strada perché di sua proprietà, confermando di avere in tal modo impedito il passaggio sulla stessa” al Cav……

«Nonostante ciò, il giudice civile di prime cure non avrebbe effettuata “alcuna valutazione in ordine alle risultanze probatorie emerse nel giudizio penale” rimarcate nella sentenza penale sopra citata, irrevocabile.

«Nell’atto d’appello l’attuale ricorrente avrebbe “lamentato l’ingiustizia della decisione, in quanto basata sull’erroneo convincimento secondo il quale non sarebbe stata provata né la sussistenza di una servitù di passaggio in favore degli attori, né il verificarsi dei danneggiamenti lamentati sulla stradina oggetto di servitù”, in quanto dalla documentazione allegata all’atto d’appello e “dalle dichiarazioni dei testimoni” sarebbe emerso “un quadro probatorio ben diverso da quello ritenuto nella sentenza impugnata”.

«E “nella comparsa conclusionale” del giudizio d’appello, l’attuale ricorrente si sarebbe particolarmente soffermato “proprio sulla portata e sulla rilevanza dell’accertamento compiuto dal Giudice penale”, evidenziando come dalla sentenza di quest’ultimo sarebbe stato possibile trarre argomenti sia sull’utilizzo della stradina privata da oltre vent’anni da parte del Cav…., sia sull’intervento del escavatore senza che vi fosse qualsivoglia accordo con il Cav….e, sia sulla “natura illecita (sic) del Cav….. e della Vel…..”.

«Ma il giudice d’appello non avrebbe reso “neppure una parola riguardo”, così integrando la violazione dell’articolo 360, primo comma, n.5 c.p.c. per omesso esame di un fatto decisivo e discusso, vale a dire “il fatto storico riportato nella sentenza penale, in particolare l’ammissione, da parte del Cavaliere, di aver ordinato i lavori sulla stradina”: e tale accertamento smentirebbe “radicalmente” quanto ritenuto nella sentenza impugnata, ove si affermerebbe “che i lavori erano stati realizzati su disposizioni impartite dallo stesso Cav,,,,,, accettando acriticamente la inattendibile testimonianza dell’escavatorista D’Aq,,,,,”, secondo il quale tra l’attuale ricorrente e il Cav,,,,,sarebbe “intervenuto un accordo per ripristinare il vecchio tracciato della strada comunale” e sarebbe stato appunto proprio il Cav,,,,, “ad indicare il punto esatto in cui avrebbe dovuto rimuovere la stradina”.

«Anche a prescindere allora dal profilo di inammissibilità di cui all’articolo 366, primo comma, n.6 c.p.c., non potendosi qualificare specifica l’indicazione della produzione della sentenza penale su cui il ricorso argomenta (come si è visto, viene soltanto genericamente addotto che sarebbe stata prodotta una copia di questa “all’atto della costituzione in giudizio in primo grado” dall’attuale ricorrente), l’ampia descrizione che si è appena svolta del motivo unico veicolato nel ricorso ne fa emergere, ictu ocu/i, la natura inammissibile, nel senso che, lungi dall’identificare l’omesso esame di un fatto discusso e decisivo, il motivo sottopone al giudice di legittimità due opposte valutazioni del compendio probatorio: da un lato, quella che avrebbe adottato il giudice penale, sulla base di pretese dichiarazioni del Cav….. e di una asserita testimonianza di tale P….. -, e, dall’altro lato, l’opzione della corte territoriale civile, valorizzante le dichiarazioni testimoniali dell’escavatorista. Si tratta, dunque, di una censura direttamente fattuale, che persegue un terzo grado di merito e pertanto travalica la tassatività dei mezzi impegnativi configurati dall’articolo 360 c.p.c., con evidente conseguente inammissibilità.

«In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente alla rifusione delle spese del grado – liquidate come da dispositivo – ai controricorrenti; sussistono altresì ex articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2012 i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo.

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Avvocato, blogger, relatore in convegni e seminari. Autore di numerosi articoli apparsi su riviste specializzate cartacee e delle seguenti monografie: Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile di cognizione. Manuale di sopravvivenza per l’avvocato, Lexform Editore, 2009; Le trappole nel processo civile, 2010, Giuffrè; L’onere di contestazione nel processo civile, Lexform Editore, 2010; L’appello civile. Vademecum, 2011, Giuffrè; Gli strumenti per contestare la ctu, Giuffrè, 2013; Come affrontare il ricorso per cassazione civile, www.youcanprint.it, 2020.

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