La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 27993 del 30 ottobre 2024, ha ribadito un principio fondamentale del processo civile: la chiarezza e la completezza nell’esposizione dei fatti di causa sono requisiti essenziali per l’ammissibilità del ricorso.
Nel caso di specie, la controversia riguardava interventi di miglioramento effettuati su un immobile oggetto di pregresse dispute tra le parti. Il ricorrente lamentava il furto di beni mobili dall’immobile e chiedeva il ristoro delle spese sostenute per i lavori.
La Corte d’Appello aveva rigettato l’impugnazione proposta dal ricorrente, il quale si era rivolto alla Cassazione. Tuttavia, il ricorso è stato dichiarato inammissibile per mancata esposizione dei fatti di causa, ai sensi dell’art. 366, primo comma n. 3, c.p.c.
Cosa ha portato a questa decisione?
Il ricorrente non aveva fornito alla Corte una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale e processuale, omettendo informazioni cruciali come:
- le motivazioni alla base dell’eccezione di giudicato accolta in primo grado;
- le argomentazioni delle parti nel giudizio d’appello;
- l’impianto argomentativo della sentenza impugnata.
La Corte ha richiamato i principi consolidati secondo cui l’esposizione sommaria dei fatti deve essere autosufficiente, consentendo al giudice di legittimità di comprendere appieno la vicenda processuale senza dover consultare altre fonti.
Questa ordinanza conferma l’importanza di una corretta redazione del ricorso in Cassazione. L’avvocato, nel redigere l’atto, deve esporre i fatti in modo chiaro, conciso e completo, assicurando che la Corte abbia tutti gli elementi necessari per decidere sulla fondatezza delle doglianze.
La supervisione del ricorso per cassazione.
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