Fac simile modello ricorso per cassazione. Accolto dalla Suprema Corte ord. 21087/2023

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Pubblico il ricorso per cassazione accolto dalla recente ordinanza 21087/2023 dalla Corte di Cassazione.

Si tratta di un ricorso proposto nell’anno 2018. Oggi lo imposterei in maniera leggermente diversa, in quanto mi sforzerei di essere più sintetico.

Tuttavia è un caso interessante, in quanto la genericità della motivazione mi impegnò nella prospettazione di più rationes decidendi.

ALLA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE CIVILE

RICORSO EX ART. 360 C.P.C.

promosso da

COGNOME PIETRO, codice fiscale ….., nato a …… (TO) il 20.10.1964 ed ivi residente in …… n. 7, in qualità di titolare e legale rappresentante della Impresa Costruzioni COGNOME PIETRO (P.IVA ….), corrente in ……7, rappresentato e difeso dall’Avv. Mirco Minardi (C.F.: MNRMRC69T06A271W; fax 071.7912550; pec: mirco.minardi@pec-ordineavvocatiancona.it), iscritto nello speciale Albo  degli Avvocati Cassazionisti dal 17/04/2015, in forza di procura speciale (fasc. Cass. Atti 3) rilasciata in data 09/11/2018 con scrittura privata autenticata dal Notaio Gianluca Agosto di Castellamonte (TO), il quale dichiara di voler ricevere tutte le comunicazioni e le notificazioni, di Cancelleria e di parte, presso l’indirizzo PEC sopra indicato, iscritto nel RE.G.IND.E. e già comunicato all’Ordine degli Avvocati di Ancona, ivi intendendo eleggere domicilio

RICORRENTE

avverso

M. G. CONTRORICORRENTE (C.F.: GVNMGR79S08D208C), nato a …..il giorno 08.11.1979 e residente in ……., rappresentato e difeso nel giudizio di secondo grado dall’Avv. Elisa … (C.F. …..) ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in …..

INTIMATO

Oggetto: ricorso avverso la Sentenza civile n. 864/2018 (fasc. Cass. Atti n. 4) emessa  dal Tribunale Civile di Ivrea in funzione di Giudice di Appello, pubblicata il giorno 08/09/2018, R.G. n. 4958/2016, Repert. n. 1749/2018, notificata ad istanza di parte a mezzo PEC in data 12/09/2018 (fasc. Cass. Atti n. 5)

OGGETTO DEL GIUDIZIO

Contratto di appalto. Eccezione di inadempimento.

VALORE DELLA CONTROVERSIA

Ai fini del contributo unificato, si dichiara che il valore della controversia è di euro 2.139,70.

TERMINE DI SCADENZA DELLA IMPUGNAZIONE

La sentenza di secondo grado è stata pubblicata il giorno 08/09/2018 ed è stata notificata a mezzo PEC al procuratore dell’odierno ricorrente nel giudizio di secondo grado, Avv. Pierfranco Syyyyy, in data 12/09/2018 (fasc. Cass. Atti n. 5).

Il termine lungo di scadenza è pertanto l’8/03/2019, mentre il termine breve di scadenza è il 12/11/2018 (60gg dal 12 settembre, ma l’11 novembre cadeva di domenica e dunque è festivo e prorogato ex art. 155 c.p.c.1).

I

SINTESI DELLA DECISIONE IMPUGNATA, DEI MOTIVI DI RICORSO E DELLE RAGIONI DELLA SUA FONDATEZZA

Il Giudice di Pace di Ivrea, con sentenza emessa il 21/4/2016, accoglieva parzialmente l’opposizione al decreto ingiuntivo di euro 4.229,70, proposta da CONTRORICORRENTE M. G. nei confronti di COGNOME PIETRO, e per l’effetto condannava l’opponente a corrispondere la minor somma di euro 2.139,70, al netto, cioè, delle spese per lo smontaggio della gru, che lo stesso opponente avrebbe in futuro dovuto sostenere, quantificate sulla base di un preventivo in euro 1.900,00 + iva.

In estrema sintesi, il Giudice di Pace aveva ridotto il credito dell’appaltatore dopo aver rilevato: (a) che la gru utilizzata per i lavori non era stata smontata, (b) che detto obbligo gravava sull’appaltatore, (c) che il relativo costo rientrava tra quelli preventivati, (d) che il committente aveva quantificato in euro 1.900,00 + iva la spesa dell’operazione di smontaggio, (e) che l’appaltatore non aveva contestato detto importo.

Con citazione notificata il 25/11/2016, interponeva appello PIETRO COGNOME, il quale, tra i vari motivi di impugnazione, eccepiva che nelle more la gru era stata smontata dallo stesso appellante e che, pertanto, l’importo di euro 1.900,00 + iva riconosciuto al committente per il suddetto smontaggio non era più dovuto.

La circostanza dell’avvenuto smontaggio era confermata dall’appellata, la quale, a pagina 15 della propria comparsa di costituzione e risposta, dava atto che “… nelle more di questo giudizio, il sig. COGNOME … provvedeva a spostare la gru solo nel marzo 2016 …”.

Il Tribunale di Ivrea, preso atto dell’intervenuto smontaggio, inspiegabilmente ed incomprensibilmente, sul punto motivava così: «Non appare pertinente neppure l’assunto che si tratterebbe di importi non riconoscibili in quanto afferenti a costi non effettivamente sostenuti dal sig. CONTRORICORRENTE: ciò che rileva è infatti che l’impresa non abbia detratto da quanto richiesto la somma necessaria per l’attività di smantellamento della gru che era stata preventivata dalle parti in sede contrattuale. La circostanza successiva che sia stato il sig. COGNOME a procedere alla rimozione della gru nelle more del giudizio, riservandosi peraltro di agire in separata sede di giudizio, appare del tutto irrilevante ai fini della presente decisione».

In buona sostanza, nonostante fosse pacifico tra le parti l’avvenuto adempimento tardivo dell’appaltatore, il Tribunale ha mantenuto in vita il capo della sentenza che riconosceva al committente il costo per lo smontaggio della gru, ritenendo «irrilevante ai fini della decisione» (sic et simpliciter) detta nuova circostanza.

Tanto premesso, si sottopongono all’attenzione dell’On.le Corte i seguenti motivi di impugnazione.

MOTIVO EX ART. 360 N. 4 c.p.c.: nullità della sentenza per violazione dell’art.132, secondo comma, n. 4, c.p.c. per non avere il giudice di appello esplicitato in alcun modo le ragioni per le quali l’adempimento tardivo accettato dal committente fosse da considerare «irrilevante» (pag. 12);

MOTIVO EX ART. 360 N. 3 c.p.c.: violazione e falsa applicazione di norma di diritto, in particolare dell’art. 1460 c.c. per aver ritenuto legittima l’eccezione di inadempimento, nonostante fosse pacifico tra le parti l’avvenuto adempimento tardivo, oppure, in via alternativa, per falsa applicazione del principio generale dell’ordinamento circa l’azione di riduzione del prezzo/corrispettivo/prestazione, e infine, sempre in via alternativa, per falsa applicazione degli artt. 1218, 1223, 1453 c.c. per avere ritenuto sussistente un danno futuro in capo al committente, nonostante la prova dell’insussistenza del suddetto danno, stante l’avvenuta rimozione della gru (pag. 15);

MOTIVO EX ART. 360 N. 3 c.p.c.: (ad abundantiam) violazione e falsa applicazione di norma di diritto, in particolare dell’art. 100 c.p.c., per aver ritenuto sussistente l’interesse ad agire del committente quanto alla richiesta dello storno delle somme per lo spostamento della gru (pag. 23);

MOTIVO EX ART. 360 N. 5 c.p.c.: (ad abundantiam e per scrupolo difensivo) omesso esame di un fatto decisivo (rimozione della gru da parte della ditta COGNOME) oggetto di discussione tra le parti (pag. 24).

Le ragioni per cui si ritiene fondato il ricorso sono le seguenti.

Codesta Ecc.ma Corte ha ribadito, anche di recente (Cass. 15993/2018), il principio secondo cui il giudice di merito è tenuto ad indagare se l’eccezione di inadempimento, pur correttamente formulata in giudizio, sia ancora attuale al momento della decisione, trattandosi di mezzo di autotutela che può essere legittimamente invocato sin tanto che l’altra parte non abbia adempiuto la propria prestazione, seppure tardivamente. In particolare, il principio ha avuto applicazione specie in materia assicurativa, negandosi validità alla suddetta eccezione in caso di accettazione senza riserve da parte dell’assicuratore del pagamento del premio (Cass. 3654/2013; 27132/2006; Cass. 13344/2004, ecc.).

In materia di appello è stato ripetutamente affermato (v. Cass. 23635/2013) il principio secondo cui «la disciplina stabilita dall’art. 1665 c.c., per il diritto dell’appaltatore al pagamento del corrispettivo, non si sottrae alla regola generale secondo la quale il principio inadimplenti non est adimplendum va applicato secondo buona fede e, pertanto, il giudice del merito deve accertare se la spesa occorrente per eliminare i vizi dell’opera è proporzionata a quella che il committente rifiuta perciò di corrispondere all’appaltatore, ovvero subordina a tale eliminazione», (cfr. Cass., n. 5231 del 1998; in senso conforme cfr. anche Cass., n. 3005 del 1973), da cui consegue che non può esservi buona fede per assenza di proporzionalità nel caso in cui la prestazione sia stata nel frattempo eseguita.

Nel caso di specie, essendo pacifico che l’appaltatore, nelle more del giudizio, aveva rimosso la gru a sue spese (con il consenso del committente e del proprietario del terreno), il giudice di appello avrebbe dovuto dichiarare non più sussistente la condizione giustificante la sospensione del pagamento della somma necessaria per rimuovere la suddetta gru, specie tenuto conto che il committente non aveva coltivato in secondo grado la domanda di risarcimento del danno per occupazione prolungata del terreno, rigettata dal giudice di pace.

In ragione di ciò, si chiede che Codesta On.le Corte ribadisca il seguente principio di diritto (ovviamente con le Sue ben più autorevoli parole):

«L’eccezione di inadempimento postula che l’inadempimento sia non solo grave, ma ancora attuale al momento della decisione. Pertanto, qualora il giudice di merito, anche in sede di impugnazione, accerti che nelle more del giudizio la parte originariamente inadempiente ha adempiuto la propria prestazione, seppure tardivamente, e che questa sia stata accettata dal creditore, dovrà rigettare l’eccezione de qua, assumendo rilievo, la prestazione tardiva, solo in ordine alla decisione sulle spese di lite e fatte salve le eventuali autonome domande di risarcimento del danno per l’adempimento tardivo proposte dalla parte adempiente».

«In materia di eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c., non può considerarsi in buona fede l’excipiens che rifiuti il pagamento nonostante abbia accettato la prestazione tardiva dell’altra parte, qualora non possa rivendicare danni da ritardata esecuzione in misura proporzionata alla prestazione ancora da eseguire».

II

ESPOSIZIONE SOMMARIA DEI FATTI DI CAUSA

II. 1 IL GIUDIZIO DI PRIMO GRADO

Il Signor Pietro COGNOME, titolare della omonima Impresa Costruzioni “COGNOME Pietro”, otteneva il decreto ingiuntivo n. 606/14, R.G. 924/15, Cron. 1582/15, emesso dal Giudice di Pace di Ivrea, in data 07.04.2015 nei confronti del signor M. G. CONTRORICORRENTE per la somma di euro 4.229,70, oltre gli interessi legali dal dovuto al saldo effettivo e spese legali come ivi liquidate, a saldo della fattura n. 10 del

31.07.2014, recante la dicitura “secondo acconto di manutenzione straordinaria per ristrutturazione tetto sito in via Ribordone 34/10” .

Il signor CONTRORICORRENTE proponeva opposizione avverso il suddetto decreto ingiuntivo chiedendone la revoca e domandando in via riconvenzionale il risarcimento dei danni subiti per il fermo dei lavori determinato dalla presenza sulla proprietà del signor Giuseppe CONTRORICORRENTE della gru di proprietà del sig. COGNOME e il risarcimento dei danni per un ammontare di euro 13.800,00 per l’esecuzione di lavori non a regola d’arte da parte della Ditta COGNOME Pietro.

Si costituiva il sig. Pietro COGNOME chiedendo il respingimento dell’opposizione ex adverso proposta e la conferma del decreto ingiuntivo opposto ed eccependo l’incompetenza per valore del Giudice di Pace rispetto alla domanda riconvenzionale.

Con ordinanza del 04.04.2016, il Giudice di prime cure dichiarava la propria competenza in ordine alla causa di opposizione al decreto ingiuntivo n. 606/15, ad eccezione della sola domanda riconvenzionale di risarcimento danni per l’esecuzione dei lavori non a regola d’arte, per cui dichiarava competente il Tribunale di Ivrea, assegnando termine di 90 giorni per la riassunzione della causa, rinviando all’udienza del 21.04.2016 per la precisazione delle conclusioni.

All’udienza del 21.04.2016, le parti precisavano le conclusioni come in atti difensivi ed il Giudice di Pace pronunciava la sentenza n. 163/16, con la quale revocava il decreto ingiuntivo n. 606/15 e condannava parte attrice-opponente al pagamento in favore di parte convenuta della complessiva somma di euro 2.139,70.

Il GDP osservava che «considerata nel suo complesso l’attività commissionata, ristrutturazione di un immobile, deve ritenersi, in mancanza di specifica pattuizione sul punto, che nel prezzo pattuito per l’attività di apprestamento del cantiere, cui è stata prevista la fornitura ed installazione della gru, debba ritenersi incluso necessariamente anche il suo smantellamento e ciò anche in applicazione dei criteri di ragionevolezza e di comune esperienza. […] Pertanto, considerato che nell’importo della fattura posta a fondamento del decreto ingiuntivo devono ritenersi inclusi i costi dello smontaggio della gru e che tale attività non era stata eseguita, il relativo costo deve esserne scorporato».

In ordine al quantum, il GDP rilevava che «parte attrice ha quantificato detti costi in euro 1.900,00 oltre IVA (come da preventivo in atti: doc. 8 attoreo), importo non contestato dal convenuto e pertanto da ritenersi accertato. L’aliquota IVA dovrà intendersi applicabile nella misura del 10% così come concordato in contratto, derivandone l’importo complessivo di euro 2.090,00 (capitale euro 1.900,00 oltre euro 190,00 IVA 10%)».

Da ultimo rigettava per mancanza di prova la domanda di «risarcimento  dei danni avanzata da parte attrice e relativa alla prolungata permanenza sul cantiere della gru nonostante i solleciti alla rimozione».

  1. 2 IL GIUDIZIO DI SECONDO GRADO

Avverso la predetta sentenza interponeva gravame il solo signor Pietro COGNOME con atto di citazione in appello tempestivamente notificato alla controparte, con cui chiedeva l’accoglimento delle seguenti conclusioni «Piaccia all’Ill.mo Tribunale di Ivrea in riforma dell’appellata sentenza, previa l’acquisizione del fascicolo del giudizio di primo grado R.G.N. 1915/2015 e del fascicolo relativo al procedimento di cognizione sommaria R.G. N. 924/2015. Nel merito, dato atto che parte appellata ha corrisposto la somma di euro 2.139,70 • dichiarare tenuto e condannare il Sig. CONTRORICORRENTE M. G. al pagamento della somma di euro 2.090,00 a saldo delle somme dovute alla ditta COGNOME Pietro sulla base della fattura N. 10/2014 oltre ad interessi legali al saldo. In via istruttoria: Si insta per l’ammissione di prove per interrogatorio e testi sui capitoli di prova da 1) a 11) della comparsa di costituzione e risposta depositata in sede di primo grado preceduti da “vero che “, anche in prova contraria: Si indicano a testi: – Responsabile dell’Ufficio Tecnico del Comune di Sparone (TO) – Responsabile dell’Ufficio del Corpo Forestale di Pont Canavese (TO) – Responsabile dell’Ufficio tutela paesaggistica della Unione Montana Gran Paradiso – Sig. COGNOME Armando – Legale rappresentante G.M.R. Noleggi Srl. Con il favore di spese ed onorari. Riservata ogni ulteriore domanda circa le spese di smontaggio gru».

Si  costituiva  tempestivamente  in  giudizio  il  sig.  CONTRORICORRENTE  M.  G.

chiedendo il rigetto dell’appello in quanto infondato, il quale rassegnava le seguenti conclusioni: «Voglia l’Ill.mo Tribunale, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione Nel merito: Rigettare l’appello così come proposto da COGNOME Pietro avverso la sentenza n. 163/16 su R.G. 1915/15 emessa dal Giudice di Pace di Ivrea, nella persona del Giudice Dott. Gianpiero Caliendo, in data 21.04.2016 e pubblicata in data 26.04.2016 e confermare il provvedimento impugnato in ogni sua parte. In via istruttoria: Ammettere prova per interrogatorio e testi sui capi di prova da 1) a 18) di cui all’atto di opposizione a decreto ingiuntivo, da intendersi preceduti dal prefisso “Vero che” con i seguenti testi: – Giuseppe CONTRORICORRENTE, residente in Sparone C.se (To), via Giotto 4; – Laura COSTA, residente in Sparone C.se (To), via Ribordone 34; – Geometra Graziana Giachin Ricca, con studio in Sparone, via Locana n. 6; – Davide REINAUDO, in Sparone C.se (To), Vicolo Verdi n. 4; – Achille BERARDI, in Salassa (To), via Nigra n. 12. In ogni caso, con vittoria di spese, diritti, onorari, rimborso forfettario 15%, spese generali e CPA di entrambi i gradi di giudizio».

Pertanto, lo stesso CONTRORICORRENTE prestava acquiescenza alla parte della decisione di primo grado con la quale era stata rigettata per mancanza di prova la sua domanda di risarcimento danni per prolungata permanenza della gru nel cantiere.

Nell’atto di appello, PIETRO COGNOME censurava la sentenza per i seguenti motivi:

  • il giudice di pace aveva pronunciato ultra petita, operando una compensazione non richiesta da controparte;
  • vi era stata violazione dell’art. 35 c.p.c. in quanto i crediti non erano di facile e pronta soluzione;
  • il credito dell’appellante-appaltatore era di valuta, mentre quello riconosciuto

all’appellato-committente era di valore;

  • i costi dello smontaggio erano stati riconosciuti sulla base di un semplice preventivo;
  • la gru insisteva su terreno di proprietà altrui e non del committente;
  • «… a tale preventivo non è seguita l’attività di smontaggio da parte del sig. CONTRORICORRENTE, attività invece posta in essere dalla ditta COGNOME solo dopo ed a seguito della conclusione del giudizio di primo grado».
  • I costi di smontaggio erano comunque ricompresi nella domanda riconvenzionale separata dal Giudice di Pace;
  • la fattura 10/2014 si riferiva ai soli costi di lavorazione e non era mai stata contestata.

L’appellato affermava, invece, che il Giudice di Pace aveva correttamente ricostruito il fatto, detraendo il costo di euro 1.900,00 per lo smontaggio della gru; che il COGNOME «nelle more di questo giudizio … provvedeva a spostare la gru solo a marzo 2016 [e] richiedeva al CONTRORICORRENTE il pagamento per lo smontaggio della gru …» (pag. 15-16); che non era credibile la giustificazione data dal COGNOME circa lo smontaggio, avvenuto dopo il decorso operatorio che lo aveva impossibilitato per oltre un anno, tenuto conto che i lavori erano terminati a giugno 2014 e che la gru era stata rimossa a marzo 2016; che errava parte appellante nel ritenere il costo dello smontaggio ricompreso nella riconvenzionale.

II.3 LA SENTENZA DI SECONDO GRADO

Il Tribunale, in funzione di giudice d’appello, rigettava la impugnazione osservando:

  • che il committente aveva sollevato «eccezione» sull’ammontare del residuo credito;
  • che nel caso di specie non era stata operata alcuna compensazione,

«trattandosi di mera contestazione dell’ammontare del credito, venendo eventualmente in rilievo una compensazione c.d. atecnica» (pag. 5, terza riga);

  • che il costo dello smontaggio della gru non era ricompreso nella domanda riconvenzionale sulla quale il GDP si era dichiarato incompetente, riguardando la prima «il credito vantato dall’appellante per l’attività eseguita e ha ad oggetto l’omesso conteggio di una voce di spesa calcolata, secondo la prospettazione del sig. CONTRORICORRENTE, in contratto e non eseguita con conseguente richiesta di revoca del decreto ingiuntivo» (pag. 5, 4° capoverso);
  • che l’attività di smontaggio era ricompresa nel prezzo pattuito per l’attività di apprestamento del cantiere;
  • che l’appellante aveva implicitamente rinunciato a sentire i testimoni, chiedendo fissarsi udienza di pc;
  • che l’importo di euro 1.900,00 + iva non era stato contestato;
  • che fosse irrilevante ai fini del decidere il fatto che l’appaltatore avesse successivamente provveduto a smontare la gru a proprie spese.

Quella che segue è la motivazione verbatim.

[…]

L’appello risulta infondato e deve pertanto essere rigettato per le ragioni di seguito indicate.

Le parti in data 22.09.13 hanno sottoscritto un contratto di appalto avente ad oggetto l’esecuzione di opere di ristrutturazione del tetto sul fabbricato d’abitazione sito in Sparone (To), via Ribordone n. 34/10. E’ pacifico che i lavori siano stati iniziati il

10.03.14 anziché il 20 ottobre 2013 come indicato nel contratto e che il sig. CONTRORICORRENTE a luglio 2014 abbia deciso di rivolgersi ad altra impresa per la continuazione dei lavori.

Per l’esecuzione dei lavori da parte dell’impresa il signor CONTRORICORRENTE, in data 13.05.2014, ha corrisposto al signor COGNOME, la somma di euro 9.670,78, come da fattura

n. 2 del 1 febbraio 2014 (Doc. 11 fascicolo primo grado parte opponente).

Il signor COGNOME ha emesso poi la fattura n. 4 del 10.03.2014 dell’importo di euro 9.670,78, recante la dicitura “secondo acconto di manutenzione straordinaria per ristrutturazione tetto”, successivamente stornata come da fattura n. 10 del 31 luglio 2014 recante la dicitura “Riferimento alla nostra fattura n. 4 del 10.03.2014. Storno parziale della fattura per lavori non più eseguiti per. Secondo acconto di manutenzione straordinaria per ristrutturazione tetto sito in via Ribordone 34/10” così rimanendo a credito per la restante somma pari ad euro 4.229,70 (Doc. 12 e 13 fascicolo di primo grado parte opponente).

Parte opponente ha lamentato che dalla fattura non sia stato stornato il costo

dello smontaggio della gru che al momento della fattura non era stato ancora eseguito, mentre parte opposta ha sostenuto che tale attività non era contemplato nelle attività di cui al contratto di appalto.

Il Giudice di prime cure ha ritenuto che, in considerazione dell’attività commissionata complessivamente considerata, in mancanza di specifica pattuizione sul punto, nel prezzo pattuito per l’attività di apprestamento del cantiere dovesse essere incluso anche lo smantellamento della gru.

Parte appellante con il primo motivo di impugnazione ha censurato la sentenza nella parte in cui ha stornato il costo dello smontaggio della gru per euro 2.090,00 deducendo la violazione dell’art. 112 c.p.c. per vizio di ultrapetizione per avere il Giudice di Pace operato la compensazione ai sensi dell’art. 35 c.p.c. senza una domanda di parte sul punto.

L’assunto non appare condivisibile.

In sede di opposizione al decreto ingiuntivo l’odierno appellato ha dedotto fin dal proprio atto introduttivo che i costi per lo smontaggio della gru “sono ricompresi nell’Apprestamento del cantiere di cui alla V. 01 del contratto di appalto” con l’effetto che deve essere “decurtato il costo per lo smontaggio della gru che ammonta ad euro 1.900,00 oltre Iva come da preventivo che si allega” in quanto, nonostante i diversi solleciti, controparte non aveva ancora provveduto alla rimozione (v. pag. 4 e 6 citazione).

Ebbene, non si rinviene nel caso in esame alcun vizio di ultrapetizione in quanto il giudice di prime cure si è limitato a ritenere fondata l’eccezione sollevata dalla parte ed in particolare la contestazione sull’ammontare del residuo credito fatto valere dal COGNOME con il decreto ingiuntivo opposto, non essendo stato sottratto dall’importo richiesto il costo dello smontaggio della gru quale attività ancora da compiere.

Nella ipotesi in esame non risulta essere stata operata alcuna compensazione, trattandosi di mera contestazione dell’ammontare del credito, venendo eventualmente in rilievo una compensazione cd. atecnica. Come più volte sostenuto dalla giurisprudenza di legittimità, infatti, “ove contrapposte ragioni di debito e credito derivano dal medesimo rapporto contrattuale, come proprio in ipotesi del diritto al compenso spettante all’appaltatore e del reciproco diritto del committente al rimborso delle spese sostenute o da sostenere per effetto dell’inadempimento del primo (senza che osti la natura risarcitoria dell’ultimo credito a ravvisare l’unicità del rapporto), non opera la compensazione di cui all’articolo 1241 c.c., ma si da’ luogo alla cosiddetta compensazione impropria, sicche’ il calcolo delle somme a credito e a debito, ovvero l’accertamento contabile del saldo finale delle contrapposte partite di dare – avere, deve essere compiuto dal giudice anche d’ufficio (e quindi pur senza eccezione di parte o apposita domanda riconvenzionale), in sede di accertamento della fondatezza della pretesa, mentre restano inapplicabili le norme processuali che pongono preclusioni o decadenze alla proponibilità delle relative domande o eccezioni.” (così Cassazione Civile, Sezione II, Sentenza 30 gennaio 2017, n. 2305; v. anche Cass. sez. 3 sentenza n. 8971 del 19.04.2011; sez. 2 sentenza n. 23539 del 10.11.2011).

Non si condivide inoltre l’assunto di parte appellante che il costo relativo allo

smontaggio della gru sarebbe stato da valutarsi nell’ambito della domanda riconvenzionale per cui il giudice di prime cure si è dichiarato incompetente.

Il sig. CONTRORICORRENTE infatti in via riconvenzionale ha chiesto il risarcimento dei danni

per il fermo dei lavori determinato dalla presenza della gru da quantificarsi in corso di causa e i danni ammontanti ad euro 13.800,00 per l’esecuzione non a regola d’arte dei lavori e, come visto, solo rispetto a tale ultima domanda il Giudice di Pace ha dichiarato la propria incompetenza per valore.

Si tratta infatti di contestazioni diverse: l’una riguarda il credito vantato dall’appellante per l’attività eseguita e ha ad oggetto l’omesso conteggio di una voce di spesa calcolata, secondo la prospettazione del sig. CONTRORICORRENTE, in contratto e non eseguita con conseguente richiesta di revoca del decreto ingiuntivo; l’altra riguarda invece il risarcimento dei danni asseritamente subiti in conseguenza della cattiva esecuzione dei lavori.

Appare del resto condivisibile l’interpretazione della volontà contrattuale come ricostruita nella sentenza impugnata, ossia che nel prezzo pattuito per l’attività di apprestamento del cantiere alla V.01, ove si fa espresso riferimento alla “fornitura e installazione di gru rotante fissa con opportuna protezione alla base”, fosse ricompresa anche l’attività di smontaggio, trattandosi di operazione non indicata espressamente alla V. 08 ove sono elencati i lavori esclusi dal preventivo. La prospettazione di parte appellante secondo la quale tali costi non sarebbero stati preventivabili “per una pacifica motivazione: non è stato possibile, al momento della sottoscrizione del contratto, preventivare i tempi di realizzazione delle opere con precisione, stante i ritardi nell’inizio dei lavori, nell’approvazione del progetto ed in conseguenza delle condizioni metereologiche” non appare del resto condivisibile. Non si vede infatti come la durata dell’esecuzione del contratto di appalto possa condizionare i costi dello smontaggio della gru che al pari del montaggio appaiono fissi e preventivabili, potendo al più la durata dei lavori incidere sui costi di noleggio.

D’altra parte si dà atto che, pur lamentando parte appellante che il Giudice di Pace abbia “scientemente deciso di omettere l’escussione” dei testi, “affidando il proprio giudizio alla sola allegazione” di parte attrice, anche in questo grado di giudizio non ha insistito nell’escussione dei testi, chiedendo congiuntamente con la controparte all’udienza del 12.04.17 direttamente il rinvio per la precisazione delle conclusioni.

Quanto all’ammontare dell’importo di euro 1.900,00 il Giudice di prime cure ha evidenziato correttamente come lo stesso sia da intendersi accertato in quanto non contestato. L’odierna appellante infatti non ha mosso alcuna contestazione a riguardo, eccependo soltanto il difetto di legittimazione attiva del sig. CONTRORICORRENTE essendo la gru presente nella proprietà di altro soggetto.

Non appare pertinente neppure l’assunto che si tratterebbe di importi non riconoscibili in quanto afferenti a costi non effettivamente sostenuti dal sig. CONTRORICORRENTE: ciò che rileva è infatti che l’impresa non abbia detratto da quanto richiesto la somma necessaria per l’attività di smantellamento della gru che era stata preventivata dalle parti in sede contrattuale. La circostanza successiva che sia stato il sig. COGNOME a procedere alla rimozione della gru nelle more del giudizio, riservandosi peraltro di agire in separata sede di giudizio, appare del tutto irrilevante ai fini della presente decisione.

Le spese di lite di questo grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo secondo i parametri prossimi ai minimi di cui al D.M. 55/2014 tenuto conto del valore della causa, della non particolare complessità delle questioni trattate e della attività esercitata. P.Q.M. Il Tribunale di Ivrea, in composizione monocratica, ogni diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa e definitivamente pronunziando nel contraddittorio delle parti nel giudizio in grado di appello promosso da COGNOME Pietro nei confronti di CONTRORICORRENTE M. G., così provvede: – Rigetta l’appello; – Condanna parte appellante alla rifusione in favore di parte appellata delle spese di lite che si liquidano in euro 1.000,00 per onorari, oltre spese forfettarie nella misura del 15%, I.v.a. e c.p.a. come per legge. Si dà atto che sussistono i presupposti di cui all’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. 115/2002, come modificato dall’art. 1 comma 17 della legge 228/2012. Così deciso in Ivrea in data 7 settembre 2018 IL GIUDICE Chiara Doglietto

III

MOTIVI DI IMPUGNAZIONE

III1. I MOTIVO: NULLITA’ DELLA SENTENZA PER VIOLAZIONE DELL’ART. 132, 2°  CO., N 4 C.P.C., IN RELAZIONE ALL’ART. 360 N. 4 C.P.C.

Il giudice di primo grado aveva accertato che (la sentenza di primo grado si trova depositata nel fascicolo di II grado che si produrrà al momento della costituzione come allegato n. 7 e viene inserita nel fascicoletto della cassazione come doc. 1):

  • il costo complessivo delle opere realizzate in appalto ammontava ad euro 13.900,48 (9.670,78 + 4.229,70)2;
  • il committente aveva corrisposto prima del giudizio di primo grado il solo importo di euro 9.670,783;
  • per il recupero del residuo credito di euro 4.229,70 l’appaltatore COGNOME aveva agito in giudizio mediante deposito del ricorso per decreto ingiuntivo4;
  • era corretta la suddetta quantificazione del credito residuo fatto dall’appaltatore, tuttavia nel prezzo complessivo dell’appalto doveva ricomprendersi anche lo smontaggio della gru che, alla data di emissione della fattura, non era ancora stato eseguito5;
  • il committente aveva quantificato il costo per smontare la gru in euro 1.900,00 + iva (2.090,00)6;
  • pertanto, il credito dell’appaltatore doveva essere decurtato del suddetto costo, con la conseguenza che l’importo dovuto era pari ad euro 2.139,707.

Tuttavia, nel giudizio di appello era divenuta pacifica la circostanza che la gru

 nel frattempo era stata smontata proprio dall’appaltatore COGNOME; per tale ragione non era più giustificabile la suddetta detrazione per lavori non eseguiti. E ciò aveva rappresentato, come visto sopra, un motivo specifico di appello.

In particolare, nell’atto di appello (l’atto di appello in originale si trova depositato nel fascicolo di II grado che si produrrà al momento della costituzione come allegato n. 7 e viene inserito nel fascicoletto della cassazione come doc. 2), a pag. 5, penultima riga, l’appellante COGNOME aveva allegato verbatim quanto segue: «Si sottolinea in questa sede che a tale preventivo non è seguita l’attività di smontaggio da parte del sig. CONTRORICORRENTE, attività invece posta in essere dalla ditta COGNOME solo dopo ed a seguito della conclusione del giudizio di merito»). E di seguito a pag. 7, dalla 6° riga: «Infine, si deve considerare che le attività  di smontaggio e di rimozione della gru sono state poste in essere, unitamente alla ditta noleggiante, dalla ditta COGNOME non appena il titolare di parte attrice ha superato il decorso operatorio (dovuto ad un intervento chirurgico nel frattempo intervenuto) che lo ha di fatto impossibilitato al lavoro per oltre un mese».

Il Tribunale, nella sua sentenza, prende atto della suddetta circostanza, ma in maniera del tutto apodittica afferma: «Non appare pertinente neppure l’assunto che si tratterebbe di importi non riconoscibili in quanto afferenti a costi non effettivamente sostenuti dal sig. CONTRORICORRENTE: ciò che rileva è infatti che l’impresa non abbia detratto da quanto richiesto la somma necessaria per l’attività di smantellamento della gru che era stata preventivata dalle parti in sede contrattuale. La circostanza successiva che sia stato il sig. COGNOME a procedere alla rimozione della gru nelle more del giudizio, riservandosi peraltro di agire in separata sede di giudizio, appare del tutto irrilevante ai fini della presente decisione».

Null’altro.

Questa  affermazione, come  detto,  è del  tutto  apodittica, in quanto il Tribunale

  • non spiega per quale ragione sarebbe del tutto irrilevante ai fini della decisione la circostanza che il costo non era stato sostenuto dal CONTRORICORRENTE, bensì proprio dal COGNOME;
  • non spiega perché fosse da considerare non pertinente la circostanza secondo cui i costi non erano stati sostenuti dal CONTRORICORRENTE; (c) non spiega in che modo fosse rilevante l’omessa detrazione di una somma in relazione ad una attività che controparte non aveva compiuto e che mai avrebbe compiuto in futuro.

Ebbene, codesta On.le Corte ha ripetutamente affermato che la motivazione deve considerarsi apparente quando “benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture” (Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016, Rv. 641526-01; più recentemente Cass. 4294/2018). E ancora: Cass. 6539/2016, “La sentenza è, invece, nulla, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, qualora si limiti alla mera indicazione della fonte di riferimento e non sia, pertanto, possibile individuare le ragioni poste a fondamento del dispositivo” (Cass. 4294/2018; Cass. Sez. 6-5, Ordinanza n. 107 del 08/01/2015, Rv. 633996-01). Solo per citarne alcune, tra le tante.

Nel caso di specie manca completamente l’esplicitazione del ragionamento che ha condotto il giudice di secondo grado a ritenere irrilevante la fondamentale circostanza di cui lo stesso giudice dà atto, ovvero che il committente non aveva dovuto sopportare il costo della rimozione della gru.

Sotto tale profilo la decisione viola, pertanto, il c.d. “minimo costituzionale”, in quanto priva completamente delle argomentazioni a supporto della affermata «irrilevanza» della insussistenza del costo de quo, senza alcuna estrinsecazione del percorso argomentativo che ha condotto il giudice a ritenere irrilevante la circostanza.

Tuttavia, questa difesa ritiene che alla luce delle considerazioni che verranno mosse nei motivi che seguono, non occorrerà cassare con rinvio, tenuto conto che «alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo, come costituzionalizzato nell’art. 111, comma 2, Cost., nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 c.p.c., ispirata a tali principi, una volta dichiarata la nullità — con conseguente cassazione — della sentenza impugnata (nella specie, per insanabile contrasto tra motivazione e dispositivo), la Corte di cassazione, qualora sia posta, con altro motivo di ricorso, una questione di mero diritto e su di essa si sia svolto il contraddittorio e non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto, può direttamente decidere la causa nel merito, attuando il previsto rimedio impugnatoria di carattere sostitutivo», Cass. 24914/2011.

  1. II MOTIVO: VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE DI NORMA DI DIRITTO E IN PARTICOLARE DELL’ART. 1460 c.c.; ERRONEA INTERPRETAZIONE/APPLICAZIONE

 DEL PRINCIPIO DI DIRITTO VIVENTE SECONDO CUI L’AZIONE DI RIDUZIONE DELLA PRESTAZIONE COSTITUISCE RIMEDIO DI CARATTERE GENERALE; VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 1218, 1223, 1453, 1655 C.C. IN RELAZIONE

 ALL’ART. 360 N. 3 C.P.C.

Preliminarmente, si fa presente che il presente vizio viene formulato in assoluta aderenza ai principi affermati da sempre da codesta On.le Corte e cioè senza mettere

in discussione la ricostruzione della questione di fatto operata dal giudice di merito. In particolare, non si metteranno in discussione le seguenti circostanze accertate dal giudice di secondo grado: (a) il costo per lo smontaggio faceva parte del preventivo di spesa; (b) l’importo di euro 1.900,00 + iva era la spesa che il committente avrebbe dovuto sostenere per la rimozione della gru; (c) la gru fu rimossa dall’appaltatore in corso di causa.

Detto ciò, va, anzitutto, evidenziato che, contravvenendo a quanto disposto dall’art. 118 disp. att. c.p.c., il giudice d’appello ha omesso di richiamare le norme giuridiche costituenti la premessa maggiore del sillogismo. Il che, come è noto, benché non costituisca di per sé motivo di nullità della sentenza, rende più difficile l’individuazione della effettiva ratio decidendi. Per questo motivo, la scrivente difesa prenderà in considerazione tutte le ipotesi astrattamente configurabili, dimostrando che in nessun caso la soluzione data dal giudice di secondo grado può ritenersi corretta.

(I)

Va, anzitutto, nuovamente ricordato che:

  1. l’appaltatore non completò l’opera;
  2. l’oggetto del contendere (per quel che oramai rileva qui in Cassazione) riguardava il costo per lo smontaggio della gru che, alla data della emissione della fattura, non era stata eseguita.

Tenuto conto di ciò, va applicato il principio di diritto vivente secondo cui «Nel caso in cui l’appaltatore non abbia portato a termine l’esecuzione dell’opera commissionata, restando inadempiente all’obbligazione assunta con il contratto, la disciplina applicabile nei suoi confronti è quella generale in materia di inadempimento contrattuale, dettata dagli art. 1453 e 1455 c.c., mentre la speciale garanzia prevista dagli art. 1667 e 1668 c.c. trova applicazione nella diversa ipotesi in cui l’opera sia stata portata a termine, ma presenti vizi, difformità o difetti. Ne consegue che, in caso di omesso completamento dell’opera, anche se questa, per la parte eseguita, risulti difettosa o difforme, non è comunque consentito, al fine di accertare la responsabilità dell’appaltatore per inesatto adempimento, fare ricorso alla disciplina dell’anzidetta

garanzia    che,   per   l’appunto,    richiede   necessariamente   il   totale    compimento dell’opera»8.

Come già esposto, tanto il giudice di primo grado, quanto il giudice di secondo grado hanno accertato che:

  • lo smontaggio della gru era una prestazione dell’appaltatore ricompresa nel prezzo totale;
  • alla data di emissione della fattura la gru non era stata smontata;
  • il valore della prestazione non eseguita poteva essere stimato sulla base di un preventivo prodotto in giudizio dall’attore di euro 1.900,00 + iva.

Seppure i giudici di merito non abbiano fatto riferimento ad alcuna norma, sembrerebbe di comprendere che entrambi abbiano sussunto la difesa del committente sotto la disciplina di cui all’art. 1460 c.c., cioè nella eccezione di inadempimento parziale (in primo grado, l’eccezione de qua era stata formulata dal CONTRORICORRENTE nell’atto introduttivo, a pag. 6, in questi esatti termini: «Ne discende, pertanto, come dalla cifra di euro 2.784,99 debba essere, in primis, decurtato il costo per lo smontaggio della gru che ammonta ad euro 1.900,00 oltre IVA come da preventivo che si allega (sub. 8)» (l’atto di citazione in opposizione del CONTRORICORRENTE viene inserito nel fascicoletto della cassazione come doc. 3).

In particolare, il giudice di appello parla espressamente di «eccezione», scrivendo testualmente a pag. 4, terz’ultima riga, «Ebbene, non si rinviene nel caso in esame alcun vizio di ultrapetizione in quanto il giudice di prime cure si è limitato a ritenere fondata l’eccezione9 sollevata dalla parte ed in particolare la contestazione sull’ammontare del residuo credito fatto valere dal COGNOME con il decreto ingiuntivo opposto, non essendo stato sottratto dall’importo richiesto il costo dello smontaggio della gru quale attività ancora da compiere».

Sennonché, alla data della decisione di secondo grado era ormai pacifico che il COGNOME avesse nelle more adempiuto la propria obbligazione e che detto adempimento era stato evidentemente accettato dal committente, il quale aveva permesso all’appaltatore di accedere nel terreno di proprietà del proprio familiare10 al fine di rimuovere la gru (circostanza pacifica tenuto conto che a pag. 15/16 della propria comparsa di costituzione e risposta l’appellata scriveva quanto segue: Anzi, nelle more di questo giudizio … provvedeva a spostare la gru solo a marzo 2016 [e] richiedeva al CONTRORICORRENTE il pagamento per lo smontaggio della gru …(la comparsa di costituzione in appello di parte appellata viene inserita nel fascicoletto della cassazione come doc. 4).

La circostanza, come sopra ricordato, era stata dal COGNOME espressamente allegata nell’atto di appello ( cfr. doc. 2 fascicolo Cassazione). In particolare, a pag. 5, penultima riga, l’appellante aveva allegato verbatim quanto segue: «Si sottolinea in questa sede che a tale preventivo non è seguita l’attività di smontaggio da parte del sig. CONTRORICORRENTE, attività invece posta in essere dalla ditta COGNOME solo dopo ed a seguito della conclusione del giudizio di merito»). E di seguito a pag. 7, dalla 6° riga: «Infine, si deve considerare che le attività di smontaggio e di rimozione della gru sono state poste in essere, unitamente alla ditta noleggiante, dalla ditta COGNOME non appena il titolare di parte attrice ha superato il decorso operatorio (dovuto ad un intervento chirurgico nel frattempo intervenuto) che lo ha di fatto impossibilitato al lavoro per oltre un mese».

D’altra parte, era evidente l’interesse del committente all’adempimento tardivo, tenuto conto della particolare natura della obbligazione accessoria de qua. In altre parole, considerati i rischi e i pesi derivanti dallo smontaggio di una gru di proprietà di terzi, per il committente era certamente preferibile che fosse l’appaltatore ad assumersene l’onere e la responsabilità, seppure tardivamente.

Si osservi che la natura della eccezione di inadempimento è proprio quella di sospendere la prestazione, fin tanto che l’altra parte non abbia eseguito la sua, avendo funzione di salvaguardia dell’equilibrio contrattuale (Cassazione civile, sez. II, 30/03/1990, n. 2596). A differenza della domanda di risoluzione, infatti, l’eccezione di inadempimento, avendo efficacia delatoria e non definitiva (Cfr. sempre Cass. 2596/1990) fa presumere in capo all’eccipiente un interesse all’adempimento, seppur tardivo.

Una volta accertato che l’inesatto adempimento era venuto meno, il giudice di appello avrebbe dovuto ritenere non più attuale e dunque non più legittima  l’eccezione di inadempimento sollevata dal committente, il quale, in effetti, nel proprio atto introduttivo di secondo grado non è stato in grado di illustrare la benché minima ragione di diritto giustificante la perdurante sospensione, essendosi semplicemente limitato a “difendere” la decisione di primo grado.

Circa la necessità che l’inadempimento sia attuale, la giurisprudenza della Corte è assolutamente costante; cfr. da ultimo Cass. 15993/2018; Cass. 22167/2009; Cass. 267/1999; ecc., e non potrebbe essere diversamente tenuto conto della natura della eccezione de qua.

D’altra parte, secondo l’ormai consolidato orientamento di codesta Corte, perfino la domanda di risoluzione può essere rinunciata dal creditore, qualora decida di accettare la prestazione tardiva del debitore (v. ad. es. Cass. 25853/2014). Dunque, a fortiori l’accettazione dell’adempimento tardivo fa venir meno la legittimità della eccezione di inadempimento che, come dire, ha natura ontologicamente sospensiva e non definitiva.

Di talché, il giudice d’appello che accerti il venir meno dell’inesatto adempimento nelle more del giudizio, non può ritenere la circostanza «irrilevante ai fini del decidere». Tra l’altro, l’adempimento della obbligazione riveste natura di eccezione in senso lato, che il giudice avrebbe potuto/dovuto rilevare anche d’ufficio (Sezioni Unite n. 1099/1998), mentre nel caso di specie essa rappresentava addirittura un motivo specifico di impugnazione ex art. 342 c.p.c.!

Diversamente, ammettendo cioè la legittimità della eccezione di inadempimento nonostante l’accettazione dell’adempimento tardivo, verrebbe snaturata non solo l’eccezione stessa, ma sinanche alterato il sinallagma contrattuale, consentendosi ad una parte un arricchimento privo di causa, non giustificato e non giustificabile dall’ordinamento.

In ogni caso, una volta accettata la prestazione, seppure tardiva, viene meno in capo alla parte eccipiente la buona fede legittimante il sollevamento della eccezione, ex art. 1460, comma 2. Difatti, non può considerarsi in buona fede colui che si rifiuta ostinatamente di adempiere, nonostante l’altra parte – originariamente inadempiente – abbia nel frattempo adempiuto, anche se fuori termine e la prestazione abbia avuto utilità per la parte eccipiente. In una simile ipotesi, l’inadempimento dell’eccipiente è del tutto sproporzionato.

Nel caso di specie, nonostante il giudice di secondo grado abbia accertato l’avvenuta rimozione della gru da parte dell’appaltatore, ha ritenuto comunque di mantenere la decurtazione del valore di questa prestazione a favore del committente, giudicando detto adempimento semplicemente come «irrilevante». Facendo ciò, ha pertanto violato/falsamente applicato l’art. 1460 c.c. che legittima la sospensione della prestazione solo fino a quando l’altra parte non offra di adempiere, ovvero addirittura adempia, come nel caso di specie, la sua prestazione e che richieda in ogni caso la buona fede in capo all’excipiens.

E’ appena il caso di osservare, infine, che il tema del risarcimento del danno da prolungata permanenza della gru non faceva parte del thema decidendum del giudizio di secondo grado, in quanto la relativa domanda era stata espressamente rigettata dal Giudice di Pace per mancanza di prova e non impugnata dal CONTRORICORRENTE (cfr. sentenze di 1° e 2° grado).

Né assumeva rilevanza la richiesta stragiudiziale di pagamento fatta dal COGNOME, in quanto non appartenente al thema decidendum. E’ evidente, poi, che detta richiesta non potrà essere vagliata da alcun giudice, in quanto coperta dal giudicato che si formerà sulla questione a seguito del presente giudizio.

(II)

Tenuto conto della omessa esplicitazione delle ragioni giuridiche della decisione, della omessa citazione delle norme applicate e del richiamo ai principi affermati da Cass. 2305/2017, questa difesa, per scrupolo difensivo, ipotizzerà, nelle righe che seguono, che nel caso di specie, a fronte dell’inesatto adempimento della obbligazione accessoria, il tribunale abbia inteso accordare al committente:

  1. l’azione di riduzione del prezzo; oppure
  2. il risarcimento del danno futuro, pari al costo per lo smontaggio della gru.

(II a)

E’ noto come codesta On.le Corte abbia ripetutamente affermato che l’azione di riduzione della prestazione non rappresenta un rimedio esperibile solo nei casi (peraltro non pochi) previsti espressamente dalla legge (cfr. artt. 1480, 1489, 1492, 1537, 1578, 1519-quater, 1622, 1635, 1668, 1844, 1899, 1909, 1915, 1934 c.c.), bensì rimedio di carattere generale a tutela dell’equilibrio del sinallagma contrattuale (tra le tante v. Cass. 5046/2013)11.

Pertanto, lo «storno» del costo per lo smontaggio della gru potrebbe essere interpretato anche come riconoscimento della fondatezza della domanda (e non quindi della eccezione) volta ad ottenere la riduzione del corrispettivo dell’appalto.

Tuttavia, anche in questo caso, una volta accertato che lo smontaggio era stato effettuato dall’appaltatore, il Tribunale avrebbe dovuto ripristinare il credito, in quanto l’equilibrio del sinallagma era stato ristabilito direttamente dallo stesso, attraverso l’adempimento tardivo accettato dal committente.

Al contrario, mantenendo la riduzione del corrispettivo, pur a fronte dell’assenza di un perdurante inadempimento, il Tribunale di Ivrea ha creato un disequilibrio del sinallagma, riconoscendo al committente un costo che non aveva e che non avrebbe sopportato in futuro.

(II b)

Sempre per scrupolo difensivo, come dianzi visto, questa difesa intende dimostrare l’erroneità in diritto della decisione anche ove concepita, la riduzione del prezzo, in termini risarcitori, in quanto il risarcimento del danno, come è noto, mira a porre il creditore nella posizione in cui si sarebbe trovato qualora l’inadempimento non ci fosse stato (c.d. principio di indifferenza; v. ad. es. Cass. 15534-5-6-7/2017;

 Cass. 23719/2016; ecc.). Tenuto conto, però, che il costo dello smontaggio fu sostenuto integralmente e pacificamente dall’appaltatore COGNOME, verrebbe meno in questo caso lo stesso danno, con conseguente falsa applicazione degli artt. 1218, 1223, 1453 c.c.

Per giurisprudenza pacifica, il danno patrimoniale futuro richiede una prognosi da parte del giudice circa la sua verosimile sussistenza. Tanto ciò è vero che, ad esempio, in materia di risarcimento del danno alla persona, il decesso del danneggiato nelle more del giudizio, per cause indipendenti, influisce nel calcolo del risarcimento, non più parametrato alla durata media della vita, ma alla durata effettiva12.Di conseguenza, di nessun «danno futuro verosimile» può parlarsi quando vi è addirittura «certezza», come nel caso di specie, che il danno non c’era stato e nemmeno non ci sarebbe stato in futuro.

Il giudice di appello era a conoscenza del fatto che la gru era stata nelle more smontata dall’appaltatore COGNOME, quindi aveva la «certezza» che il committente, sotto tale aspetto, non avrebbe sopportato il costo delle operazione di smontaggio. Né facevano parte di questo giudizio, come già detto, le questioni relative al danno da occupazione del terreno, stante la pronuncia di rigetto (non impugnata) emessa dal giudice di pace.

Né assumeva rilevanza la richiesta stragiudiziale di pagamento fatta dal COGNOME, in quanto non appartenente al thema decidendum. E’ evidente, poi, che detta richiesta non potrà essere vagliata da alcun giudice, in quanto coperta dal giudicato che si formerà sulla questione a seguito del presente giudizio.

* * *

Alla luce delle considerazioni sopra svolte, pertanto, in qualunque modo si voglia considerare questo «storno», se cioè come eccezione di inadempimento, oppure come azione di riduzione, o ancora come danno emergente patrimoniale futuro, nel caso di specie il Tribunale non avrebbe potuto riconoscerlo in nessun modo e per nessuna ragione.

Di conseguenza, accertata la violazione di legge, codesta On.le Corte potrà, come si auspica, cassare la sentenza senza rinvio, accogliendo l’appello proposto dal COGNOME ed accertando che il sig. M. G. Giovano è tenuto a versare al primo la ulteriore somma di euro 2.090,00, oltre interessi decorrenti dalla data di notificazione dell’atto di appello.

  1. III MOTIVO IN RELAZIONE ALL’ART. 360 N. 3: PER VIOLAZIONE DELL’ART. 100 C.P.C. PER NON AVERE IL GIUDICE DI MERITO RILEVATO LA SOPRAVVENUTA CARENZA DI INTERESSE AD AGIRE IN CAPO AL COMMITTENTE (QUANTO AL RICONOSCIMENTO DEL COSTO PER LO SMONTAGGIO DELLA GRU).

Questo motivo viene svolto ad abundantiam.

Il mancato rilievo dell’adempimento tardivo accettato dal committente può essere scrutinato anche da un’altra angolazione e cioè sotto il profilo del mancato rilievo della sopravvenuta carenza di interesse ad agire in capo al committente.

Come più volte ripetuto, il committente aveva eccepito in primo grado e ribadito nel secondo che all’appaltatore non era dovuto il costo per lo smontaggio della gru. In primo grado, detta eccezione, tutto sommato, era in linea con i fatti accertati in quella fase, ma in secondo grado, dopo che era stato acclarato che lo smontaggio era stato eseguito dall’appaltatore, era evidentemente venuto meno l’interesse ad agire.

Difatti, non appartenendo al thema decidendum né il danno da ritardo, né il danno da occupazione, una volta venuto meno l’inadempimento dell’appaltatore, era correlativamente venuto meno l’interesse ad agire per ottenere il riconoscimento del costo futuro de quo (ovvero la riduzione del corrispettivo, ovvero il risarcimento del danno futuro) che, altrettanto evidentemente, presupponeva l’inadempimento dell’appaltatore.

Pertanto, riteniamo che il giudice abbia errato nel non rilevare la sopravvenuta carenza di interesse in capo al committente.

Anzi, sotto tale profilo si evidenzia come la pretesa del committente di vedersi riconosciuto il costo per lo smontaggio, nonostante avesse riconosciuto che nel

frattempo lo stesso era stato eseguito dall’appaltatore COGNOME, configura un comportamento tutt’altro che rispettoso dei principi di lealtà e correttezza, non solo contrattuale, ma anche processuale.

Da pag. 14 a pag. 16 della comparsa di costituzione in appello, il committente-

appellato ha resistito al motivo di impugnazione, senza minimamente indicare le ragioni giuridiche in forza delle quali sarebbe stato giustificato pretendere un costo che prima di allora non aveva sostenuto e che mai avrebbe sostenuto in futuro. Si tratta di una resistenza che, obiettivamente, può essere ricondotta alla colpa grave.

  1. 4 IV MOTIVO IN RELAZIONE ALL’ART. 360 N. 5 C.P.C.: PER OMESSO ESAME DI UN FATTO DECISIVO OGGETTO DI DISCUSSIONE TRA LE PARTI.

Questo ultimo motivo viene svolto ad abundantiam. Lo scrupolo difensivo ci impone, infatti, di scrutinare la circostanza più volte richiamata (smontaggio della gru ad opera e spese del COGNOME) come omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti.

Preliminarmente, osserviamo che solo apparentemente ci troviamo di fronte ad una “doppia conforme”, e dunque alla preclusione di cui all’art. 348 ter c.p.c., atteso che la circostanza di fatto relativa allo smontaggio della gru non ha fatto parte degli accertamenti compiuti dal giudice di primo grado (cfr. doc. 1).

E’ noto che, in ossequio a quanto disposto dalle Sezioni Unite nelle famose sentenze del 2014, parte ricorrente ha l’onere di indicare:

  • il fatto storico, il cui esame sia stato omesso;
  • il dato da cui ne risulti l’esistenza;
  • il come e il quando (nel quadro processuale) tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti;
  • la decisività del fatto stesso.

Ebbene, il fatto storico è quello più volte ripetuto: nelle more del giudizio il COGNOME eseguì a proprie spese la rimozione della gru, esonerando quindi il committente dall’attività e dal relativo costo.

Il dato da cui ne risulta l’esistenza è tanto l’atto di appello e la comparsa conclusionale dello stesso appellante13, quanto gli atti difensivi in appello della stessa parte appellata. Abbiamo infatti già sopra ricordato che la circostanza dell’avvenuto smontaggio era confermata dal CONTRORICORRENTE a pagina 15 della propria comparsa di costituzione e risposta, in cui dava atto che «… nelle more di questo giudizio, il sig. COGNOME … provvedeva a spostare la gru solo nel marzo 2016 …». La circostanza era poi ribadita nella comparsa conclusionale, sempre a pag. 15 (la comparsa conclusionale in appello di parte appellata viene inserita nel fascicoletto della Cassazione come doc. 6).

Dunque, in appello il fatto era stato oggetto di discussione tra le parti negli atti introduttivi e in quelli conclusionali.

Per quanto concerne, infine, la decisività, è oltremodo evidente che laddove il Giudice avesse considerato che la rimozione della gru era stata effettuata dall’appellante, non avrebbe potuto riconoscere al committente la riduzione del corrispettivo pari all’importo necessario per la rimozione stessa.

Ciò, ovviamente, in via alternativa e subordinata ai motivi precedenti.

* * *

  1. STATUIZIONI IN CASO DI CASSAZIONE

In caso di cassazione senza rinvio, ex art. 384 c.p.c., si chiede la condanna della parte intimata al pagamento delle spese di questo giudizio e di quelle del giudizio di secondo grado, tenuto conto che la rimozione della gru era avvenuta prima della introduzione del giudizio di appello e dunque la resistenza sul punto di parte appellata era ingiustificata, determinando così una soccombenza ex art. 91 c.p.c. (apparendo invece equa la compensazione di quelle del primo grado, tenuto conto che i motivi di censura si fondano su un fatto specificamente allegato solo in secondo grado).

Pertanto, la sentenza di secondo grado dovrà essere cassata (anche in caso di cassazione con rinvio) anche nella parte in cui ha condannato parte appellante al pagamento delle spese del grado in euro 1.000,00 per onorari, oltre spese forfettarie nella misura del 15%, I.v.a. e c.p.a. come per legge.

Come pure dovrà cassarsi la parte della sentenza con cui parte appellante è stata condannata al versamento di una ulteriore somma ex art. 13 comma 1 quater del d.p.r. 115/2002, come modificato dall’art. 1 comma 17 della legge 228/2012.

Alla luce di quanto sopra, lo scrivente rassegna le seguenti

CONCLUSIONI

in accoglimento del presente ricorso, voglia l’On.le Corte di Cassazione cassare la sentenza del Tribunale di Ivrea n. 864/2018, pubblicata il 8/9/2018, R.G. n. 4958/2016 e, laddove ritenuto non necessario disporre ulteriori accertamenti nel merito, dichiarare la fondatezza dell’appello e per l’effetto condannare M. G. CONTRORICORRENTE al pagamento della ulteriore somma di euro 2.090,00, oltre interessi legali con decorrenza dalla data di notificazione dell’atto di citazione in appello (25/11/2016).

Con vittoria di spese di lite del giudizio di secondo grado e del presente giudizio di

cassazione e con riserva di richiedere le restituzioni al giudice che ha emesso la sentenza ex art. 389 c.p.c.

PRODUZIONI

Produrrà al momento della costituzione:

ATTI:

  1. Copia autentica del ricorso con procura speciale da considerarsi in calce, notificato telematicamente sia come (a) scansione di atto firmato analogicamente e poi digitalmente, sia come (b) pdf nativo firmato digitalmente in CADES, con relata di notifica, messaggio PEC di trasmissione, ricevuta di accettazione, ricevute di consegna, il tutto con attestazione di conformità ai corrispettivi documenti informatici;
  • Ricorso in originale, sottoscritto analogicamente, oggetto di scansione e di successiva notifica telematica, munito di attestazione di conformità;
  • Procura speciale alle liti del 9/11/2018 per atto Notaio Gianluca Agosto;
  • Copia autentica della sentenza del Tribunale di Ivrea n. 864/2018;
  • Copia autentica del messaggio PEC notificato dall’Avv. Elisa S. all’Avv. Pierfranco Syyyyy in data 12/09/2018 e dei relativi allegati (sentenza Tribunale di Ivrea n. 864/2018 e relata di notifica);
  • N. 2 copie nota richiesta trasmissione del fascicolo al Tribunale di Ivrea ex art. 369 c.p.c.;
  • Autorizzazione alla notifica in proprio;
  • N. 7 copie della sentenza dl Tribunale di Ivrea n. 864/2018;
  • N. 7 copie del ricorso scansionato notificato telematicamente.

DOCUMENTI:

  1. Sentenza Giudice di Pace di Ivrea n. 136/2016;
  2. Atto di appello avanti al Tribunale di Ivrea notificato il 25/11/2016;
  3. Atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo avanti al Giudice di Pace di Ivrea del 26/06/2015;
  4. Comparsa di costituzione e risposta avanti al Tribunale di Ivrea del 14/03/2017;
  5. Comparsa conclusionale avanti al Tribunale di Ivrea ditta COGNOME;
  6. Comparsa conclusionale avanti al Tribunale di Ivrea Sig. M. G. CONTRORICORRENTE;
  7. Fascicolo di parte di II grado;
  8. Fascicolo di parte di I grado. Senigallia/Roma, lì 12/11/2018

Avv. Mirco Minardi


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Avvocato, blogger, relatore in convegni e seminari. Autore di numerosi articoli apparsi su riviste specializzate cartacee e delle seguenti monografie: Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile di cognizione. Manuale di sopravvivenza per l’avvocato, Lexform Editore, 2009; Le trappole nel processo civile, 2010, Giuffrè; L’onere di contestazione nel processo civile, Lexform Editore, 2010; L’appello civile. Vademecum, 2011, Giuffrè; Gli strumenti per contestare la ctu, Giuffrè, 2013; Come affrontare il ricorso per cassazione civile, www.youcanprint.it, 2020.


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