La Corte di appello di Salerno aveva dichiaro tardivo un appello siccome depositato il giorno successivo alla scadenza.
In realtà, l’appellante aveva depositato tempestivamente l’impugnazione, ma il deposito telematico era stato accettato dal cancelliere il giorno successivo.
La fretta fa brutti scherzi visto che la Corte territoriale non se ne è avveduta . Ma al di là di ciò, è interessante notare come il ricorrente abbia “provato” il fatto. Egli, infatti, si è fatto rilasciare una dichiarazione dal cancelliere che confermava quanto era avvenuto e che ha trascritto nel ricorso e allegato agli atti.
In realtà non ci sarebbe stato bisogno per la semplice ragione che trattandosi di error in procedendo la Corte avrebbe dovuto verificare se quanto affermato in ricorso corrispondeva al vero (non potendo accedere al fascicolo informatico verosimilmente richiedendo una dichiarazione al cancelliere).
Prudenzialmente, la Collega ha ritenuto di dover produrre la dichiarazione del cancelliere che Cass. 24942/2021 ha ritenuto non essere incompatibile con la disposizione di cui all’art. 372 c.p.c. che vieta nuovi documenti nel giudizio di Cassazione.
Detta norma, infatti, si riferisce ai mezzi istruttori e non alle questioni processuali ancora sub iudice.
omissis
il motivo è fondato. Rileva la Corte che, riguardo alla
certificazione di cancelleria relativa alle modalità di deposito del
ricorso in appello, non trova applicazione il divieto previsto
dall’art. 372 c.p.c. secondo cui «non è ammesso il deposito di
atti e documenti non prodotti nei precedenti gradi del processo,
tranne di quelli che riguardano la nullità della sentenza
impugnata e l’ammissibilità del ricorso e del controricorso»;
il testo pone la regola generale dell’inammissibilità della
produzione dì nuovi documenti nel giudizio dì cassazione,
esprimendo l’idea di un giudizio senza istruttoria. A tale regola
sono poste alcune eccezioni. Si tratta, in particolare, della
possibilità di produrre i documenti (pur nuovi) volti a
dimostrare la nullità inficiante la sentenza impugnata,
derivante da vizi propri dell’atto (così, Cass., sez. un., 27 luglio
2009, n. 17357, con la conseguenza per cui il divieto è
destinato a permanere nell’ipotesi in cui sì lamenti la nullità
della sentenza per effetto di altre nullità verificatesi nel corso
del procedimento e che sulla sentenza si ripercuotono solo per
derivazione: Cass., 26 ottobre 2006, n. 23026), nonché quelli
attinenti a ogni questione di rito riguardante direttamente
l’ammissibilità del giudizio di cassazione, quale la tempestività
del ricorso (Cass., Sez. un., 20 giugno 2007, n. 14294) o la
tardività dello stesso (Cass., 28 marzo 2000, n. 3736), ovvero la sua inammissibilità per intervenuta acquiescenza (Cass., 29
febbraio 2016, n. 3934);
ma nel caso di specie il Cardaropoli non aveva interesse ad
attestare la tempestività, atteso che, come emerge da pagina
12 del ricorso per cassazione, l’atto di appello era stato
“tempestivamente depositato all’indirizzo di posta elettronica
dell’ufficio destinatario, secondo quanto previsto” dalla
normativa in materia (art. 13 del d.m. n. 44 del 2011).
Pertanto, l’attestazione del direttore di cancelleria è
conseguente al rilievo operato dal giudice di appello della
tardività del deposito dell’atto di impugnazione, rispetto ad
elementi comunque acquisibili dal SICID;
nel merito, la Corte territoriale non ha considerato l’inoltro
telematico dell’atto avvenuto il 6 febbraio 2019. Il deposito con
modalità telematiche si ha per avvenuto nel momento in cui
viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del
gestore di posta elettronica certificata del Ministero della
Giustizia. La ricevuta di avvenuta consegna è generata entro la
fine del giorno di scadenza, come previsto dal settimo comma
dell’articolo 16 bis del decreto legge n. 179 del 2018. Quindi, il
deposito si perfeziona quando viene emessa la seconda mail
ovvero la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore
di posta elettronica certificata del Ministero della Giustizia
(Cass, 27 giugno 2019 n. 17328);
ne consegue che il ricorso per cassazione deve essere accolto;
la sentenza va cassata con rinvio, atteso che, in forza della
decisione preliminare in rito, non erano stati esaminati í
presupposti decisivi dell’azione oggetto dei motivi di
impugnazione, dei quali dovrà occuparsi il giudice di rinvio.

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