Nel caso deciso da Cass. 460/2021, l’attore, su autorizzazione del Giudice aveva prodotto documentazione dopo la scadenza dei termini ex art. 183 c.p.c. che erano stati utilizzati dal CTU per la redazione della relazione.
Il ricorrente articola pertanto il seguente motivo di impugnazione:
3. Con il terzo motivo si denuncia “Violazione e falsa applicazione dell’art. 183 c.p.c., comma 6 e art. 153 c.p.c., comma 2 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 per rimessione in termini di controparte circa l’allegazione di nuova documentazione utilizzata dalla CTU”. I ricorrenti lamentano che la CTU medico-legale espletata in prime cure si sia svolta su documenti irritualmente prodotti in giudizio oltre il termine ultimo previsto dall’art. 183 c.p.c., nonchè su documentazione mai prodotta e solo conosciuta de relato e – data la carenza documentale riscontrata dalla stessa consulente d’ufficio – sulle valutazioni di una perizia di parte effettuata fuori dal contraddittorio.
Purtroppo quella di produrre documentazione dopo la scadenza dei termini è una prassi tanto diffusa quanto illegittima, in quanto le preclusioni non possono essere superate dal giudice se non nel caso previsto dall’art. 153 c.p.c.
CLICCA QUILa risposta della Cassazione non si è fatta attendere:
3.1. Il terzo motivo è fondato. Nel caso in esame, è la stessa Corte d’Appello a dare conto dell’acquisizione da parte della consulente d’ufficio di documenti irritualmente introdotti in giudizio. In specie, nella sentenza impugnata si legge: “E’ infondato il motivo con il quale si deduce l’invalidità della c.t.u. per rimessione in termini in violazione dell’art. 183 c.p.c. essendo stata la consulente autorizzata ad acquisire i documenti non allegati dall’interessato” (p. 7, 2 cpv.). Risulta evidente, dunque, la violazione delle preclusioni codicistiche di cui all’art. 183 c.p.c., comma 6, in cui è incorso il giudice di secondo grado in quanto, per giurisprudenza di legittimità costante, in tema di consulenza tecnica di ufficio, in virtù del principio dispositivo e dell’operare nel processo civile di preclusioni, assertive ed istruttorie, l’ausiliare del giudice, nello svolgimento delle proprie attività, non può – nemmeno in presenza di ordine del giudice o di acquiescenza delle parti – indagare d’ufficio su fatti mai ritualmente allegati dalle parti, nè acquisire di sua iniziativa la prova dei fatti costitutivi delle domande o delle eccezioni proposte e nemmeno procurarsi, dalle parti o dai terzi, documenti che forniscano tale prova (tra le altre, Cass., Sez. 3 -, Sentenza n. 31886 del 6/12/2019).
L’unico appunto che faccio è che il motivo doveva essere proposto ai sensi dell’art. 360 n. 4) c.p.c. e non n. 3), trattandosi di un classico “error in procedendo”. Tuttavia la Corte non ha avuto nulla da ridire sull’errore di sussunzione in quanto nel merito la censura era ben strutturata.
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Effettivamente, il motivo di impugnazione doveva essererubricato ex art. 360) num. 4. Era ben più prevedibile una sentenza di inammissibilità del ricorso; forse la Corte ha voluto “comunque” esprimersi per enunciare un principio troppe volte dimenticato