La giurisprudenza di legittimità, nel regime anteriore alla modifica dell’art. 195 c.p.c., comma 3, introdotta della L. n. 69 del 2009, art. 46, comma 5, non ha mai dubitato che alcuna preclusione in appello potesse derivare dalla mancata formulazione, in prime cure, di critiche alla relazione del consulente tecnico d’ufficio le cui conclusioni fossero state recepite in sentenza, fermo restando l’obbligo di impugnare con motivi specifici la pronuncia, per la parte in cui la stessa si rapportava, in positivo o in negativo, alla relazione dell’ausiliare (Cass. 22/03/2004 n. 5696; Cass. 06/11/2003, n. 16684; Cass. 23/02/1998, n. 1920);
Con l’ordinanza 26304/2021, la Suprema Corte ha affermato che ad analoghe conclusioni deve pervenirsi con riguardo alla disciplina attualmente vigente, quale risultante dalla riformulazione del disposto dell’art. 195 c.p.c., comma 3 – disciplina applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame – la quale ha procedimentalizzato le attività del consulente d’ufficio e delle parti in relazione all’espletamento dell’incarico peritale prevedendo all’udienza nella quale il consulente tecnico d’ufficio è chiamato per accettare l’incarico e prestare giuramento che il giudice provveda con ordinanza a fissare tre termini, oltre alla data dell’udienza successiva al deposito della relazione redatta dal consulente d’ufficio stesso:
1) un primo termine entro il quale l’esperto è tenuto ad inviare la relazione alle parti;
2) un secondo termine entro il quale le parti dovranno provvedere a trasmettere al consulente le proprie osservazioni;
3) un terzo e ulteriore termine, comunque “anteriore alla successiva udienza”, entro il quale il consulente dovrà depositare in cancelleria la relazione, completa delle osservazioni delle parti e con relative brevi repliche ad opera dello stesso esperto.
La ratio ispiratrice della riforma è stata riconosciuta sia nella esigenza di rendere più razionale e ordinato lo svolgimento delle attività processuali in vista della riduzione dei tempi di espletamento della procedura di consulenza, sia nel potenziamento dei poteri di contraddittorio attribuiti alle parti che per il tramite di propri consulenti possono interloquire con l’ausiliare del giudice attraverso la formulazione di osservazioni alla relazione peritale agli stessi inviata, alle quali l’esperto dovrà fornire apposita risposta scritta. Ai sensi dell’art. 195 c.p.c., comma 3, il consulente provvederà a depositare in cancelleria “la relazione, le osservazioni delle parti, e una sintetica valutazione sulle stesse”.
Come già osservato dalla Suprema Corte, con affermazione specificamente riferita al procedimento di accertamento tecnico preventivo ex art. 445 bis c.p.c., ma estensibile, per identità di ratio, anche all’ipotesi di consulenza tecnica d’ufficio disposta ed espletata nell’ordinario giudizio di cognizione, il secondo termine previsto dall’art. 195 c.p.c., comma 3, così come modificato dalla L. n. 69 del 2009, svolge, ed esaurisce, la sua funzione nel sub-procedimento che si conclude con il deposito della relazione dell’ausiliare, sicché, in difetto di esplicita previsione in tal senso, la mancata prospettazione al consulente tecnico di ufficio di rilievi critici non preclude alla parte di arricchire e meglio specificare le relative contestazioni difensive nel prosieguo del procedimento (Cass. 07/06/2018, n. 14880; Cass. 31/10/2019, n. 28114, in motivazione).
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