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A mio parere il ricorso per cassazione è l’atto civile più complesso che esista.
Ne è testimone, d’altra parte, l’elevatissimo numero di pronunce di inammissibilità/improcedibilità.
Le ragioni di questa difficoltà sono molteplici. Anzitutto, occorre fare i conti con un atteggiamento tutt’altro che benevolo dei Consiglieri, i quali non perdonano facilmente ciò che, invece, viene tendenzialmente perdonato nei giudizi di merito.
Ciò, sotto un profilo giuridico, dipende dall’art. 366 c.p.c. che esordisce dicendo che gli elementi che il ricorso deve contenere sono previsti a pena di inammissibilità e non di mera nullità. Dunque, il principio della sanatoria per il raggiungimento dello scopo di regola non si applica in Cassazione.
Poi ci sono motivi, per così dire, metagiuridici; uno di questi è l’elevatissimo numero di ricorsi che ogni anno vengono depositati e dunque il carico di lavoro.
Chiamati ad affrontare una mole impressionante di ricorsi, i Consiglieri, se possono prendere scorciatoie, non se lo fanno ripetere due volte.
Poi c’è una difficoltà intrinseca. Non è facile per un avvocato alle prime armi comprendere davvero in cosa consiste il sindacato della Corte. Per questo consiglio sempre di farsi revisionare il ricorso da un avvocato cassazionista esperto.
In secondo luogo, occorre considerare che sul codice c’è davvero molto poco; gran parte delle regole del giudizio di cassazione sono pretorie e dunque non basta conoscere gli articoli.
In terzo luogo, molte di queste regole sono controintuitive e vanno contro il buon senso. Ad esempio, la mancata contestazione della parte intimata in Cassazione ha un rilievo del tutto marginale.
Il consiglio, dunque, è di non avventurarsi senza una specifica consistente preparazione alle spalle.
Tutti i miei articoli sul ricorso per cassazione.
La supervisione del ricorso per cassazione.
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