Abbiamo visto che il soggetto tenuto a contestare è l’avvocato. E’ l’avvocato che sottoscrive gli atti difensivi dunque a lui spetta questo delicato e complesso onere. Ciò ha ovviamente delle conseguenze di non poco conto: se l’avvocato non contesta e il giudice decide in forza di questo atteggiamento processuale si presume una responsabilità professionale del difensore, il quale
potrà liberarsi, ad esempio, dimostrando di avere contattato ripetutamente il cliente ma di non essere stato in grado di ottenere risposta, oppure provando di non aver ricevuto le informazioni nonostante l’espressa richiesta fatta al cliente.
Questo ovviamente vale per gli atti successivi a quelli introduttivi. Difatti, l’omessa contestazione nella comparsa di costituzione è già di per sé un inadempimento contrattuale colposo, in quanto il difensore deve raccogliere tutte le informazioni necessarie prima di redigere l’atto (salvo, ovviamente, che il cliente non voglia contestare). E’ dunque importante che il cliente abbia ben compreso il contenuto dell’atto avversario e sia stato messo in grado di replicare.
A fronte di questo nuovo onere, ritengo pertanto opportuno che l’avvocato si cauteli in questo modo:
– il cliente deve rilasciargli una dichiarazione sottoscritta in cui:
a) attesta di avere letto e compreso l’atto avversario;
b) dichiara che l’atto preparato dal difensore contiene tutto quanto in fatto a sua conoscenza e che non ci sono omissioni nella ricostruzione dei fatti;
– il cliente deve sottoscrivere la copia dell’atto che rimane nel fascicolo di studio.
In questo modo il difensore è sufficientemente tutelato di fronte al cliente che un domani gli contesti di non aver allegato circostanze specifiche. Non dimentichiamo che a seguito della famosa sentenza delle S.U. del 2001, la n. 13533, spetta all’avvocato, come a qualsiasi debitore contrattuale, l’onere di dimostrare di avere esattamente adempiuto la propria prestazione.

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