MIRCO MINARDI. L’udienza di PC.

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Estratto dalla II edizione dell’ebook Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo. Manuale di sopravvivenza per gli avvocati.

Visto che abbiamo parlato di conclusioni e di udienza di PC conviene spendere qualche parola su questa importante udienza e sulle preclusioni ad essa correlate.

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L’art. 189, primo comma, c.p.c., stabilisce che a detta udienza le parti precisano le conclusioni «nei limiti di quelle formulate negli atti introduttivi o a norma dell’articolo 183». Pertanto, le conclusioni da precisare all’udienza ex art. 189 possono essere:
a) o quelle formulate nell’atto di citazione per l’attore e nella comparsa di risposta per il convenuto, oltre che nella comparsa d’intervento per le eventuali parti intervenute,
b) ovvero quelle così come precisate o modificate all’udienza di prima trattazione ex art. 183, sempre che le parti si siano avvalse del relativo potere, anche previa richiesta del termine per il deposito di memoria in cancelleria.

Come abbiamo detto, poi, è sempre possibile la riduzione quantitativa del petitum.

Trattandosi di preclusione di ordine pubblico, il giudice avrà il potere-dovere di verificare che le conclusioni rassegnate dalle parti siano effettivamente nei limiti di quelle formulate negli atti introduttivi o ex art. 183 c.p.c., con la conseguenza che nelle cause promosse dopo l’entrata in vigore della legge n. 353 del 1990, il giudice è tenuto a rilevare, anche d’ufficio, l’inammissibilità di una nuova domanda formulata in sede di precisazione delle conclusioni, anche in assenza di esplicita eccezione della controparte, v. Trib. Milano 8 maggio 1997 3; Pret. Caltanissetta 20 dicembre 1997.

Prima della riforma del 1990, invece, la giurisprudenza anche di legittimità, era consolidata nel ritenere ammissibile la formulazione all’udienza di precisazione delle conclusioni anche di nuove domande se l’altra parte avesse accettato, anche tacitamente, il contraddittorio sulle stesse; secondo Cass. 10 giugno 1988, n. 3956, ad esempio, la domanda nuova proposta nell’udienza di precisazione delle conclusioni doveva ritenersi ritualmente introdotta in giudizio, per accettazione implicita del contraddittorio, ove la parte nei cui confronti era stata proposta avesse eccepito solo con la comparsa conclusionale e non nella stessa udienza la preclusione ex art. 184.

Per la Cassazione (v. ad es. sent. 14 novembre 1989, n. 4843) questa disciplina non comportava menomazione del diritto di difesa, in quanto la parte nei cui confronti fosse stata proposta la domanda nuova aveva la facoltà, ove le conclusioni della controparte non fossero state chiare e facilmente percepibili ad apprezzabili, di chiedere la fissazione di altra udienza per più meditato ed approfondito esame delle proprie esigenze difensive, in dipendenza delle nuove conclusioni della controparte.

Il secondo comma dell’art. 189 c.p.c. stabilisce che le conclusioni di merito debbono essere interamente formulate, anche nei casi di rimessione previsti dal secondo e terzo comma dell’art. 187. Si tratta cioè dei casi di rimessione immediata in decisione in presenza di questione preliminare (in senso lato) di rito e di merito avente carattere «assorbente».

In base al diritto vivente, qualora la parte non formuli in questi casi le proprie istanze istruttorie, il giudice dovrà decidere la causa allo stato degli atti, senza che sia tenuto a disporre la prosecuzione del giudizio per consentire alle parti di proporre gli eventuali incombenti inerenti allo stesso merito (Cass. 18 luglio 1997, n. 6623). Ciò significa che debbono essere riprodotte nelle conclusioni finali anche le istanze istruttorie disattese o sulle quali il giudice istruttore non abbia comunque provveduto. Così, Cass. 18 marzo 2000, n. 3241 ha ritenuto «presumibile» la rinunzia della parte alle istanze istruttorie sulle quali il giudice non si era espresso (nemmeno implicitamente), non riformulate all’udienza di precisazione delle conclusioni. E ancora secondo Cass. 30 marzo 1995, n. 3773 le richieste istruttorie disattese nel giudizio di primo grado e non reiterate in sede di precisazione delle conclusioni definitive, al momento della rimessione della causa in decisione, non possono essere riproposte in appello, essendo precluse dall’inerzia del proponente nel grado pregresso.

Autorevole dottrina (Arieta-Montesano) ritiene però che si debba distinguere l’ipotesi in cui si siano già formate le preclusioni attorno ai mezzi di prova (se del caso con la concessione del termine ex art. 183) da quella in cui, a seguito di rimessione immediata ex art. 187, secondo o terzo comma, disposta all’udienza di prima comparizione e trattazione ex art. 183 c.p.c., il giudice istruttore non abbia concesso i termini di cui al VI comma, impedendo la formazione delle relative preclusioni istruttorie: nella prima ipotesi la mancata riproduzione dei mezzi istruttori eventualmente non ammessi può essere intesa come rinuncia agli stessi (con conseguente impossibilità di nuova richiesta anche in appello), mentre, nella seconda, è sempre possibile, anzi doveroso secondo questa dottrina, che l’organo decidente, ove decida di pronunciare sentenza non definitiva, rimetta la causa in istruttoria allo scopo di consentire alle parti, nella prima udienza fissata davanti all’istruttore, di richiedere i termini (prima non concessi) per la definitiva formulazione dei mezzi istruttori (art. 187, quarto comma, c.p.c.).

Per quanto riguarda le eccezioni occorre distinguere:
(a) eccezioni in senso lato: basta chiedere il rigetto della domanda;
(b) eccezioni in senso stretto che comportano il rigetto della domanda (ad es. la prescrizione): anche qui ci si può limitare a richiedere il rigetto;
(c ) eccezioni in senso stretto che non comportano il rigetto (ad es. eccezione di incapacità del teste): debbono essere riformulate espressamente.

Giurisprudenza
Qualora il consigliere istruttore abbia con ordinanza respinto l’eccezione d’incapacità a testimoniare, così come è accaduto in questo processo, e la parte non si sia lagnata o reclamando al collegio o riproponendo, comunque, la relativa questione in sede di precisazione delle conclusioni, chiedendo la revoca dell’ordinanza medesima, deve intendersi che, con tale comportamento, la parte interessata abbia, in sostanza, rinunziato ad avvalersi dell’eccezione, per cui non può criticare poi la sentenza per mancanza di motivazione sul punto, già risolto definitivamente (e correttamente, per mancanza di “interesse” giuridico – quale è quello definito dall’art. 100 cpc richiamato dall’art. 246 cpc -) con la ordinanza istruttoria (Cass. Civ. 1042/1989).

Nel formulare le conclusioni la parte può limitarsi a richiamare quelle già rassegnate ovvero riformularle analiticamente. Tuttavia, in questo secondo caso, occorre prestare molta attenzione in quanto la mancata riproposizione di una domanda può far presumere l’abbandono. In tal caso, il giudice è tenuto ad interpretare la volontà della parte e quindi ad accertare se, malgrado la materiale omissione, sussistano elementi sufficienti – ricavabili dalla complessiva condotta processuale o dalla stretta connessione della domanda non riproposta con quelle esplicitamente reiterate – per ritenere che la parte abbia inteso insistere nella domanda pretermessa in dette conclusioni; tale presunzione, sempre secondo la Corte, deve ritenersi inoperante se, su invito del giudice, le parti abbiano precisato le conclusioni in ordine ad una questione preliminare di merito o pregiudiziale di rito (Cass. Civ., n. 14964/2006).

Diversa è l’ipotesi in cui il procuratore della parte non si presenti all’udienza di precisazione delle conclusioni o, presentandosi, non le precisi o le precisi in modo generico; in tale ipotesi vale la presunzione che la parte abbia voluto tenere ferme le conclusioni precedentemente formulate ed a nulla rileva che nella comparsa conclusionale non siano tutte riproposte, non potendosi desumere dalla comparsa – per la sua funzione meramente illustrativa – alcuna volontà di rinuncia o abbandono delle conclusioni non riproposte (Cass. civ. n. 409/2006; id. 5751/1990).

All’udienza di PC sarà poi possibile per la parte avanzare domanda di risarcimento per lite temeraria ex art. 96 c.p.c. la quale costituisce, per il suo stesso oggetto, una integrazione della domanda principale formulata dalla stessa parte e diretta ad ottenere il rigetto delle domande o delle difese dell’altra parte; essa, pertanto, non importa alcuna alterazione del tema essenziale della lite, ma concerne soltanto le conseguenze che possono derivare dalla risoluzione della controversia inizialmente portata all’esame del giudice, per cui non si verifica alcuna violazione dell’art. 183 c.p.c. quando questa domanda viene formulata per la prima volta all’udienza di precisazione delle conclusioni, né occorre, affinché il giudice decida su di essa, che l’altra parte accetti esplicitamente od implicitamente il contraddittorio su tale istanza (Cass. civ., n. 2535/1999; n. 282/1974).


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Avvocato, blogger, relatore in convegni e seminari. Autore di numerosi articoli apparsi su riviste specializzate cartacee e delle seguenti monografie: Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile di cognizione. Manuale di sopravvivenza per l’avvocato, Lexform Editore, 2009; Le trappole nel processo civile, 2010, Giuffrè; L’onere di contestazione nel processo civile, Lexform Editore, 2010; L’appello civile. Vademecum, 2011, Giuffrè; Gli strumenti per contestare la ctu, Giuffrè, 2013; Come affrontare il ricorso per cassazione civile, www.youcanprint.it, 2020.


Un commento:

  1. Sergio

    Egregio Avvocato, complimenti per l’articolo.
    Il mio quesito è questo: la mancata comparizione della parte all’udienza di precisazione delle conclusioni comporta rinuncia alle istanze istruttorie rigettate dal Giudice? In sostanza, il Giudice, a scioglimento della relativa riserva, non ha ammesso le istanze istruttorie (interrogatorio formale, prova per testi), ed ha rinviato ad altra udienza per la precisazione delle conclusioni, alla quale una parte non è comparsa. La mancata comparizione comporta sicuramente il riferimento alle conclusioni formulate agli atti, ma tra queste debbono intendersi ricomprese anche le istanze istruttorie?
    Grazie.



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