Ho scomposto la sentenza n. 577/2008, in tema di responsabilità della struttura sanitaria e di onere della prova in domande e risposte, usando le stesse parole delle S.U.
E’ rilevante la distinzione tra casa di cura privata e ospedale pubblico ai fini della responsabilità della struttura sanitaria?
No, in quanto gli obblighi dei due tipi di strutture verso il fruitore dei servizi sono sostanzialmente equivalenti a livello normativo. Va inoltre tenuto in considerazione il fatto che si tratta di violazioni che incidono sul bene della salute, tutelato quale diritto fondamentale dalla Costituzione, senza possibilità di limitazioni di responsabilità o differenze risarcitorie a seconda della diversa natura, pubblica o privata, della struttura sanitaria (Cass. 25.2.2005, n. 4058).
Come è inquadrato oggi il rapporto struttura-paziente e medico-paziente?
Questa Corte ha costantemente inquadrato la responsabilità della struttura sanitaria nella responsabilità contrattuale, sul rilievo che l’accettazione del paziente in ospedale, ai fini del ricovero o di una visita ambulatoriale, comporta la conclusione di un contratto (Cass. n. 1698 del 2006; Cass. n. 9085 del 2006; Cass. 28.5.2004, n. 10297; Cass. 11 marzo 2002, n. 3492; 14 luglio 2003, n. 11001; Cass. 21 luglio 2003, n. 11316). A sua volta, anche l’obbligazione del medico dipendente dalla struttura sanitaria nei confronti del paziente, ancorché non fondata sul contratto, ma sul “contatto sociale”, ha natura contrattuale (Cass. 22 dicembre 1999, n. 589; Cass. 29.9.2004, n. 19564; Cass. 21.6.2004, n. 11488; Cass. n. 9085 del 2006).
Come è stato invece inquadrato in passato il rapporto struttura-paziente? Per diverso tempo tale legame contrattuale è stato interpretato e disciplinato sulla base dell’applicazione analogica al rapporto paziente-struttura delle norme in materia di contratto di prestazione d’opera intellettuale vigenti nel rapporto medico-paziente, con il conseguente e riduttivo appiattimento della responsabilità della struttura su quella del medico. Da ciò derivava che il presupposto per l’affermazione della responsabilità contrattuale della struttura fosse l’accertamento di un comportamento colposo del medico operante presso la stessa.
Come è stato invece riconsiderato più recentemente? Più recentemente, invece, il suddetto rapporto è stato riconsiderato dalla giurisprudenza in termini autonomi dal rapporto paziente-medico, e riqualificato come un autonomo ed atipico contratto a prestazioni corrispettive (da taluni definito contratto di spedalità, da altri contratto di assistenza sanitaria) al quale si applicano le regole ordinarie sull’inadempimento fissate dall’art. 1218 c.c..
Quali sono le conseguenze di questo mutato orientamento? Da tale mutamento di prospettiva è derivata l’apertura a forme di responsabilità autonome dell’ente, che prescindono quindi dall’accertamento di una condotta negligente dei singoli operatori, e trovano invece la propria fonte nell’inadempimento delle obbligazioni direttamente riferibili all’ente.
Qual’è l’oggetto del contratto concluso con la struttura sanitaria? La giurisprudenza ha valorizzato la complessità e l’atipicità del legame che si instaura tra struttura e paziente, che va ben oltre la fornitura di prestazioni alberghiere, comprendendo anche la messa a disposizione di personale medico ausiliario, paramedico, l’apprestamento di medicinali e di tutte le attrezzature necessarie anche per eventuali complicazioni. In virtù del contratto, la struttura deve quindi fornire al paziente una prestazione assai articolata, definita genericamente di “assistenza sanitaria”, che ingloba al suo interno, oltre alla prestazione principale medica, anche una serie di obblighi cd. di protezione ed accessori.
Da tale ricostruzione quali effetti derivano? Una volta ricondotta la responsabilità della struttura ad un autonomo contratto (di spedalità), la sua responsabilità per inadempimento si muove sulle linee tracciate dall’art. 1218 c.c.. Per quanto concerne le obbligazioni mediche che essa svolge per il tramite dei medici propri ausiliari, l’individuazione del fondamento di responsabilità dell’ente nell’inadempimento di obblighi propri della struttura consente quindi di abbandonare il richiamo, alquanto artificioso, alla disciplina del contratto d’opera professionale e di fondare semmai la responsabilità dell’ente per fatto del dipendente sulla base dell’art. 1228 c.c.. Ciò comporta che si può avere una responsabilità contrattuale della struttura verso il paziente danneggiato non solo per il fatto del personale medico dipendente, ma anche del personale ausiliario, nonché della struttura stessa (ad esempio per insufficiente o inidonea organizzazione).
Per affermare la responsabilità della struttura sanitaria è sempre necessario accertare la responsabilità del medico? No, in quanto trattandosi di un contratto di spedalità tra clinica e paziente, la responsabilità della clinica prescinde dalla responsabilità o dall’eventuale mancanza di responsabilità del medico in ordine all’esito infausto di un intervento o al sorgere di un danno che non ha connessione diretta con l’esito dell’intervento chirurgico.
Ha rilevanza il fatto che il paziente si sia rivolto ad una struttura del SSN piuttosto che ad una convenzionata o privata? No, non assume più rilevanza, ai fini della individuazione della natura della responsabilità della struttura sanitaria se il paziente si sia rivolto direttamente ad una struttura sanitaria del SSN, o convenzionata, oppure ad una struttura privata o se, invece, si sia rivolto ad un medico di fiducia che ha effettuato l’intervento presso una struttura privata. In tutti i predetti casi è ipotizzabile la responsabilità contrattuale dell’Ente.
Come è disciplinato l’onere della prova? Una volta inquadrata nell’ambito contrattuale la responsabilità della struttura sanitaria e del medico, nel rapporto con il paziente, il problema del riparto dell’onere probatorio deve seguire i criteri fissati in materia contrattuale, alla luce del principio enunciato in termini generali dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza 30 ottobre 2001, n. 13533, in tema di onere della prova dell’inadempimento e dell’inesatto adempimento. Pertanto, il creditore che agisce per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve dare la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo, costituito dall’avvenuto adempimento. Analogo principio è stato enunciato con riguardo all’inesatto adempimento, rilevando che al creditore istante è sufficiente la mera allegazione dell’inesattezza dell’adempimento (per violazione di doveri accessori, come quello di informazione, ovvero per mancata osservanza dell’obbligo di diligenza, o per difformità quantitative o qualitative dei beni), gravando ancora una volta sul debitore l’onere di dimostrare l’avvenuto, esatto adempimento.
Va condivisa la giurisprudenza delle sezioni semplici di questa Corte, secondo cui nelle cause di responsabilità professionale del medico grava sull’attore (paziente danneggiato che agisce in giudizio deducendo l’inesatto adempimento della prestazione sanitaria) oltre alla prova del contratto, anche quella dell’aggravamento della situazione patologica o l’insorgenza di nuove patologie nonché la prova del nesso di causalità tra l’azione o l’omissione del debitore e tale evento dannoso, allegando il solo inadempimento del sanitario, restando a carico del debitore l’onere di provare l’esatto adempimento, cioè di aver tenuto un comportamento diligente (Cass. n. 12362 del 2006; Cass. 11.11.2005, n. 22894; Cass. 28.5.2004, n. 10297; Cass. 3.8.2004, n. 14812)? No, il punto relativo alla prova del nesso di causalità non può essere condiviso, nei termini in cui è stato enunciato, poiché esso risente implicitamente della distinzione tra obbligazioni di mezzi ed obbligazioni di risultato, che se può avere una funzione descrittiva, è dogmaticamente superata, quanto meno in tema di riparto dell’onere probatorio dalla predetta sentenza delle S.U. n. 13533/2001 (vedasi anche S.U. 28.7.2005, n. 15781). In realtà, in ogni obbligazione si richiede la compresenza sia del comportamento del debitore che del risultato, anche se in proporzione variabile.
Nelle azioni di responsabilità delle obbligazioni di comportamento, qual’è l’inadempimento rilevante? Ritengono le S.U. che l’inadempimento rilevante nell’ambito dell’azione di responsabilità per risarcimento del danno nelle obbligazioni così dette di comportamento non è qualunque inadempimento, ma solo quello che costituisce causa (o concausa) efficiente del danno. Ciò comporta che l’allegazione del creditore non può attenere ad un inadempimento, qualunque esso sia, ma ad un inadempimento, per così dire, qualificato, e cioè astrattamente efficiente alla produzione del danno. Competerà invece al debitore dimostrare o che tale inadempimento non vi è proprio stato ovvero che, pur esistendo, non è stato nella fattispecie causa del danno

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Salve, vorrei rubarLe un attimo del Suo tempo per sottoporre la seguente questione. Una signora che aveva manifestato volontà suicida viene ricoverata presso una struttura ospedaliera con la seguente diagnosi; ingestione incongrua di farmaci in soggetto ansioso. Ricoverata, le viene assegnato un letto posto sotto alla finestra, al secondo piano. Durante la notte la signora si getta dalla finestra e muore. L’ospedale non vuole risarcire i danni adducendo come scusante che la signora in compagnia di una badante, badante che in realtà altro non era che la cognata che si era fermata solo per farle compagnia ed in ogni caso non qualificata.
Ora mi chiedo la presenza della cognata può costituire una esimente di responsabilità? l’ospdale in ogni caso non deve risarcire i danni, per omessa vigilanza e custodia ed anche per negligenza? grazie. Sonia