Quando l’avvocato non cura la causa

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Pubblichiamo una sentenza del Tribunale di Roma, a firma del preparatissimo e noto magistrato Dr. Marco Rossetti, in tema di responsabilità dell’avvocato.

Nella fattispecie, il legale aveva omesso di coltivare un giudizio avente ad oggetto una richiesta di risarcimento alla soc. Autostrade, per un sinistro causato da insidia stradale. In particolare non era stata formulata alcuna richiesta di prova, tanto che la domanda attorea era stata rigettata.

Il Tribunale di Roma ha condannato il collega, osservando:

  • che nel giudizio di risarcimento del danno da inadempimento contrattuale è onere dell’attore dimostrare unicamente l’esistenza e l’efficacia del contratto, mentre è onere del convenuto dimostrare di avere adempiuto, ovvero che l’inadempimento non è dipeso da propria colpa (cfr., da ultimo, Cass. sez. un. 30.10.2001 n. 13533, in Dir. e giust., 2001, fasc. 42, 26).
  • La diligenza esigibile dall’avvocato non è quella ordinaria del buon padre di famiglia, ma la diligenza professionale di cui all’art. 1176, 2° comma, c.c., che deve essere commisurata alla natura dell’attività esercitata.
  • Dunque la diligenza che il professionista deve impiegare nello svolgimento della sua attività è quella media, cioè la diligenza posta nell’esercizio della propria attività dal professionista di preparazione professionale e di attenzione medie (Cass., sez. II, 08-08-2000, n. 10431, in Foro it. Rep., 2000, Professioni intellettuali, n. 185).
  • L’archetipo di professionista “medio” cui fa riferimento la norma ora citata, e rispetto al quale occorre misurare la condotta concretamente tenuta per valutare se vi sia stata o meno negligenza nell’adempimento delle obbligazioni professionali, corrisponde alla figura di un professionista preparato, aggiornato e zelante. In una parola, il professionista “medio” ex art. 1176, comma 2, c.c., non è un professionista “mediocre”, ma è un professionista “bravo”.
  • Or bene, primo dovere dell’avvocato “medio” nel senso appena indicato è indubbiamente quello di coltivare la lite e di richiedere le prove idonee a dimostrare il fondamento della pretesa attorea.

Tribunale Roma, 16 aprile 2006, sez. XIII
REPUBBLICA ITALIANA
In Nome Del Popolo Italiano
IL TRIBUNALE DI ROMA
– Sez. XIII Civile –

in persona del giudice unico, dott. Marco Rossetti, ha pronunciato la
seguente

SENTENZA

nella causa civile in primo grado iscritta al n. 91568/04 del
R.G.A.C., trattenuta in decisione all’udienza del 16.1.2006,
vertente
tra
– N. P., elettivamente domiciliato in Roma, circ.ne T. 145, presso
l’Avv. Erminia Maria Del Medico che lo rappresenta e difende per
procura apposta in margine all’atto di citazione;
– attore -;
e
-) C. A. D. L., contumace;
– convenuto -;
OGGETTO: risarcimento danni;
CONCLUSIONI DELLE PARTI: all’udienza del 16.1.2006 le parti
concludevano come da verbale in pari data;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione regolarmente notificato, N. P. conveniva dinanzi a questo Tribunale C. A. D. L..
L’attore esponeva che:
– aveva conferito all’avvocato C. A. D. L. l’incarico di assisterlo in un giudizio nei confronti della Autostrade s.p.a., avente ad oggetto il risarcimento di un danno causato da una insidia ascrivibile a responsabilità della suddetta Autostrade s.p.a.;
– l’avvocato C. A. D. L. si era totalmente disinteressato della lite, omettendo di coltivarle e richiedere le prove, ed aveva causatola soccombenza del cliente.
Concludeva pertanto chiedendo la condanna del convenuto dei convenuti al risarcimento dei danni patiti in conseguenza dei fatti sopra descritti.
Il convenuto restava contumace.
Nel corso dell’istruzione venivano acquisiti documenti.
Esaurita l’istruzione e precisate le conclusioni, la causa è stata trattenuta in decisione all’udienza del 16.1.2006.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Dalla sentenza pronunciata da questo Tribunale in data 16.7.2003 (all. 2 al fasc. attoreo) si apprende che:
– l’avvocato C. A. D. L. ha effettivamente assunto il patrocinio dell’odierno attore nel giudizio n. 13885/01, promosso da quest’ultimo nei confronti della Autostrade s.p.a.;
– il giudizio aveva ad oggetto il risarcimento dei danni patiti in conseguenza di un sinistro stradale, ascritto a responsabilità della Autostrade s.p.a.;
– quel giudizio si concluse col rigetto della domanda perché non provata;
– dalla motivazione della sentenza si apprende che parte attrice non formulò alcuna richiesta istruttoria, e rimase assente a tutte le udienze successive a quelle di trattazione.
2. Ciò posto in facto, si osserva in iure che nel giudizio di risarcimento del danno da inadempimento contrattuale, qual è quello introdotto dall’attore, è onere dell’attore dimostrare unicamente l’esistenza e l’efficacia del contratto, mentre è onere del convenuto dimostrare di avere adempiuto, ovvero che l’inadempimento non è dipeso da propria colpa (cfr., da ultimo, Cass. sez. un. 30.10.2001 n. 13533, in Dir. e giust., 2001, fasc. 42, 26).
Nel caso di specie, non solo il convenuto non ha superato tale presunzione, ma anzi dagli atti emergono elementi idonei a dimostrare in concreto la sussistenza di colpa professionale.
La diligenza esigibile dall’avvocato non è quella ordinaria del buon padre di famiglia, ma la diligenza professionale di cui all’art. 1176, 2° comma, c.c., che deve essere commisurata alla natura dell’attività esercitata.
Dunque la diligenza che il professionista deve impiegare nello svolgimento della sua attività è quella media, cioè la diligenza posta nell’esercizio della propria attività dal professionista di preparazione professionale e di attenzione medie (Cass., sez. II, 08-08-2000, n. 10431, in Foro it. Rep., 2000, Professioni intellettuali, n. 185). Con la sola precisazione che l’archetipo di professionista “medio” cui fa riferimento la norma ora citata, e rispetto al quale occorre misurare la condotta concretamente tenuta per valutare se vi sia stata o meno negligenza nell’adempimento delle obbligazioni professionali, corrisponde alla figura di un professionista preparato, aggiornato e zelante. In una parola, il professionista “medio” ex art. 1176, comma 2, c.c., non è un professionista “mediocre”, ma è un professionista “bravo”.
Or bene, primo dovere dell’avvocato “medio” nel senso appena indicato è indubbiamente quello di coltivare la lite e di richiedere le prove idonee a dimostrare il fondamento della pretesa attorea. Tale prestazione nel caso di specie è del tutto mancata, onde la colpa del convenuto deve ritenersi in re ipsa.
3. Ritenuta dunque sussistente la colpa professionale del convenuto, occorre stabilire se vi sia nesso causale tra la condotta di quest’ultimo e la soccombenza dell’odierno attore nel giudizio a quo.
Anche a tale quesito va data risposta affermativa.
Secondo il giudice di legittimità, perché possa affermarsi l’esistenza d’un valido nesso causale tra l’inadempimento ascritto all’avvocato, ed il danno patito dal cliente, è necessario accertare che, se l’avvocato avesse tenuto la condotta dovuta, l’esito della lite sarebbe stato diverso da quello effettivamente avveratosi (Cass., sez. III, 14-09-2000, n. 12158, in Danno e resp., 2001, 519; Cass., sez. III, 06-05-1996, n. 4196, in Foro it., 1996, I, 2384; Cass., sez. III, 28-04-1994, n. 4044, in Resp. civ., 1994, 635; per la giurisprudenza di questo tribunale, da ultimo e nello stesso senso, Trib. Roma 22.10.2005, D’Urbano c. Scuro, inedita; Trib. Roma 26.7.2002, in Giurispr. romana, 2002, 425). Tale nesso tuttavia, avendo ad oggetto un evento irripetibile, deve essere accertato non già in termini di assoluta ed inequivoca certezza, ma anche solo di ragionevole probabilità di successo (ex multis, Cass., sez. III, 09-06-2004, n. 10966; Cass., sez. II, 19-11-2004, n. 21894).
Or bene, nel caso di specie dal rapporto redatto dalla polizia stradale ed allegato agli atti si apprende che la causa prima del sinistro nel quale rimase coinvolto l’odierno attore fu la presenza di un gregge di pecore sulla carreggiata autostradale, alla quale avevano avuto accesso transitando attraverso un varco della recinzione, abbattuta per circa due metri (cfr. all. 3 alle note ex art. 184 c.p.c.).
E’ noto che, secondo un consolidatissimo orientamento giurisprudenziale, è configurabile la responsabilità civile dell’ente proprietario o gestore delle autostrade nel caso in cui la recinzione sia stata volontariamente installata e si sia successivamente omesso di provvedere alla sua manutenzione, nonché di segnalare la presenza di eventuali varchi (Cass., sez. III, 10-06-1998, n. 5772, in Giur. it., 1999, 1180; nello stesso senso, Pret. Trani, 11-04-1990, in Arch. circolaz., 1991, 851; Trib. Napoli, 15-11-1985, in Dir. e giur., 1986, 445; Trib. Napoli, 30-03-1983, in Resp. civ., 1983, 663; Trib. S. Maria Capua Vetere, 06-06-1981, in Arch. circolaz., 1982, 66).
Pertanto nel giudizio qui presupposto l’attore avrebbe avuto il solo onere di produrre il rapporto della polizia stradale e documentare il danno patito, mentre sarebbe stato onere della società convenuta dimostrare che l’apertura del varco nella recinzione non è dipeso da propria colpa.
Deve pertanto concludersi che, se debitamente coltivato, il giudizio 13885/01 si sarebbe concluso con alta verosimiglianza con un sentenza favorevole all’attore.
4. Il danno patito dall’attore è pari al risarcimento che egli ha perduto in conseguenza della negligenza del convenuto. Tale danno, alla luce della descrizione contenuta nel ricordato rapporto della P.S., e della fattura all.ta sub 3 al fasc. attoreo), deve liquidarsi in euro 4.727,70 (somma così determinata previa rivalutazione dell’importo documentato in base al coefficiente FOI-Istat relativo alla data del pagamento).
Al danneggiato va inoltre attribuita la somma di euro 927,40 a titolo di risarcimento del danno da lucro cessante consistito nel mancato godimento della somma liquidata a titolo di risarcimento, somma che – ove posseduta ex tunc – sarebbe stata presumibilmente investita per ricavarne un lucro finanziario.
Tale importo è stato determinato equitativamente ex art. 2056 co. I c.c., secondo l’insegnamento della S.C. (cfr. Cass. Sez. Un. 17 febbraio 1995, n. 1712), col metodo seguente:
– a base di calcolo si è assunta non la somma sopra liquidata (cioè espressa in moneta attuale), ma una somma pari alla media tra l’ammontare del risarcimento devalutato all’epoca in cui è sorto il credito (in base all’indice FOI elaborato dall’Istat), e l’ammontare del risarcimento espresso in moneta attuale;
– su tale importo si è applicato un saggio di rendimento ricavato – equitativamente – dalla media ponderata del rendimento dei titoli di stato e dal tasso degli interessi legali (3,44%), in base alla considerazione che parte attrice, se fosse tempestivamente entrata in possesso della somma a lei spettante a titolo di risarcimento, l’avrebbe verosimilmente impiegata (arg. ex art. 2727 c.c.) nelle più comuni forme di investimento accessibili al piccolo risparmiatore (BOT, CCT, obbligazioni);
– il periodo di temporanea indisponibilità della somma liquidata a titolo di risarcimento è stato computato con decorrenza dalla data del sinistro.
Sull’intera somma liquidata a titolo di risarcimento, pari a euro 5.655,10, decorrono gli interessi legali dal giorno della pubblicazione della sentenza.
5. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
il Tribunale, definitivamente pronunciando, così provvede:
-) condanna C. A. D. L. al pagamento in favore di N. P. della somma di euro 5.655,10, oltre interessi come in motivazione;
-) condanna C. A. D. L. alla rifusione in favore di N. P. delle spese del presente giudizio, che si liquidano in euro 365 per spese; euro 1.200 per diritti di procuratore; euro 1.900 per onorari di avvocato, per complessivi euro 3465, oltre spese generali ex art. 14 d.m. 8.4.2004 n. 127, I.V.A. e C.N.A..
Così deciso in Roma, nella tredicesima sezione civile del Tribunale, addì 16.4.2006.
Il Giudice est.
(dott. Marco Rossetti)


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Avvocato, blogger, relatore in convegni e seminari. Autore di numerosi articoli apparsi su riviste specializzate cartacee e delle seguenti monografie: Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile di cognizione. Manuale di sopravvivenza per l’avvocato, Lexform Editore, 2009; Le trappole nel processo civile, 2010, Giuffrè; L’onere di contestazione nel processo civile, Lexform Editore, 2010; L’appello civile. Vademecum, 2011, Giuffrè; Gli strumenti per contestare la ctu, Giuffrè, 2013; Come affrontare il ricorso per cassazione civile, www.youcanprint.it, 2020.


2 commenti:

  1. PAOLA

    Purtroppo la necessità di affidarsi ad un avvocato pone automaticamente in una situazione di inferiorità e dipendenza. Che il buon esito delle istanze sia legato a doppio filo non a un diritto calpestato, un abuso subito, ecc. ma all’efficienza/ineffcienza del avv.stesso è angosciante, e loro, gli avv.giocano sporco con lo stato emotivo degli pseudo tutelati, ovviamente non sempre e non solo. Personalmente sono coinvolta in una triste storia in cui il legale incaricato di difendere i miei diritti in una banale questione di successione pare che dopo 5 anni non abbia ancora inscritto il ricorso.

  2. Maddalena

    L’avvocato non ha quantificato una richiesta danni per mancato consenso informato.



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