E’ valido il contratto con il mediatore immobiliare, nel caso in cui stabilisca che la maturazione della provvigione sia collegata alla semplice comunicazione al compratore della accettazione della proposta di acquisto?

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Classica controversia tra agenzia immobiliare e venditore.

L’agenzia chiede il pagamento, in quanto il compratore aveva sottoscritto una proposta irrevocabile d’acquisto, accettata dal venditore e comunicata nuovamente al compratore.

Il venditore resiste, affermando che l’agenzia era stata inadempiente all’obbligo contrattuamente convenuto di “assistenza” al cliente “fino all’atto notarile” e che tale inadempimento aveva comportato la risoluzione del contratto.

Il Tribunale di Nola è chiamato anzitutto a stabilire la validità di una norma contrattuale che deroghi alla disposizione di cui all’art. 1755 c.c. che subordina il pagamento della provvigione alla conclusione dell’affare.

Le parti, infatti, avevano stabilito con riferimento alla provvigione dovuta all’Agente immobiliare che:

 “il compenso sarebbe maturato nel momento in cui sarà data comunicazione all’acquirente dell’avvenuta accettazione della proposta di acquisto”.

Vero che è in tema di mediazione, il diritto del mediatore alla provvigione ex art. 1755 c.c. sorgerebbe solo tutte le volte in cui, tra le parti avvalsesi della sua opera, si sia validamente costituito un vincolo giuridico che consenta a ciascuna di esse di agire per l’esecuzione del contratto, con la conseguenza che, mancando teoricamente un impegno negoziale operante, difetterebbe un “atto conclusivo dell’affare”, idoneo a far sorgere in capo al mediatore il diritto alla provvigione (Cass. Civ. Sez. 3, Sentenza n. 12022 del 08/08/2002; Cass. Civ. Sez. 3, Sentenza n. 16678 del26/11/2002 Cass. Civ. Sez. 3, Sentenza n. 6599 del 11/05/2001).

Sennonché tale regola (ammesso e non concesso che sia stata violata, in quanto a ben vedere proposta ed accettazione delle parti – all. 4 prod. attore – ben avrebbero potuto integrare già il contratto di compravendita definitivo con forma scritta) in ogni caso non sarebbe stata invocabile nella fattispecie. Ciò in quanto i contraenti in lite avevano dato luogo, nel caso in esame, ad una mediazione atipica che si discostava dal modello legale dell’art. 1755 c.c., siccome norma derogabile.

Essi, invero, esercitando i loro poteri di autonomia negoziale ex art. 1322 c.c., sceglievano di disapplicare lo schema tipico del 1755 c.c. e preferivano agganciare il diritto alla provvigione non al verificarsi della condicio iuris della formalizzazione definitiva dell’affare (preliminare o rogito definitivo di vendita), ma al momento del raggiungimento tra le parti di un accordo sui termini essenziali dell’affare da concludersi (cfr, Cass. Civ. 5 settembre 2006 n. 19066; Cass. Civ. 1 giugno 2000 n. 7273; in giurisprudenza di merito, Trib. Ivrea 29.10.2003 in Gius. 2004; Trib. Venezia 9.10.2002, in Corriere del Merito 2003, 8, 874; Appella Perugia 27.2.1998, in Rass. Giur. Umbra 1998,327; Trib. Firenze 5.7.1999 in Nuovo dir. 2000, 731).

Tuttavia la domanda viene rigettata, perchè risulta provato l’inadempimento dell’agenzia in ordine all’assistenza da prestare al cliente.

Tribunale  Nola  sez. II 17 giugno 2008

Repubblica Italiana
In nome del popolo Italiano
Tribunale di Nola
Il TRIBUNALE DI NOLA, II sezione civile, in composizione monocratica
nella persona del signor dott. Alfonso Scermino, all’udienza del
17.6.2008, fatte precisare le conclusioni, ha ordinato la
discussione orale della causa nella stessa udienza, a norma
dell’art. 281 sexies c.p.c., ed ha pronunciato al termine della
discussione la seguente
SENTENZA
FATTO
I)

Con atto di citazione notificato in data 2.7.2007 C. G., titolare della Studio AAA D.I. esercente attività di intermediazione immobiliare, esponeva: che G. P. conferiva alla sua ditta incarico di intermediazione per la vendita di immobile sito in Po. D’Arco alla via U. n. 32; che in adempimento dell’incarico esso attore, mediante la sua organizzazione, contattava diversi potenziai acquirenti, fino a raggiungere l’ottenimento della sottoscrizione da pare di V. C. di una proposta irrevocabile di acquisto del bene per il prezzo di Euro 75.000,00; che tale proposta era accettata dal venditore G. P., mediante sottoscrizione della medesima; che tale accettazione era poi comunicata formalmente al V. C.; che, all’esito dell’accordo raggiunto, era maturato a favore della ditta di intermediazione il diritto a provvigione , in ragione del 4% del prezzo di vendita pattuito (75.000,00), visti gli accordi contrattuali correnti con il G. P.; che, tuttavia, G. P. rifiutava di pagare il dovuto, accampando a giustificazione del suo rifiuto problemi di accatastamento dell’immobile, da trasferire da imputarsi a negligenza dell’intermediario.
Tanto premesso, C. G. conveniva in giudizio G. P. per sentirlo condannare al pagamento dellaprovvigione pattuita o, in subordine, della penale convenuta, non essendo stato l’affare concluso per errate o insufficienti indicazione del venditore; il tutto oltre interessi, rivalutazione e spese del procedimento.
Con comparsa di costituzione e risposta depositata il 9.11.2007 si costituiva in giudizio G. P., il quale eccepiva preliminarmente l’inadempimento all’incarico di mediazione da parte dell’attore in quanto, a causa di un mancato regolare accatastamento del cespite imputabile a sua colpa, l’affare non aveva potuto concludersi; inoltre, instava in riconvenzionale per la condanna dell’attore al risarcimento del danno derivato ad esso convenuto per la impossibilità del trasferimento conseguita al mancato accatastamento del bene nonché del danno per lite temeraria.
Operate le opportune integrazioni assertive ed istruttorie nei termini di legge, la causa, senza che fosse ritenuta necessaria alcuna attività istruttoria, era chiamata per le conclusioni ed immediata discussione orale ex art. 281 sexies c.p.c. al 29.5.2008, ove era data lettura della sentenza.
II)
La domanda attorea non può trovare accoglimento.
Nel presente giudizio C. G. agiva per l’adempimento del contratto di intermediazione immobiliare da parte di G. P., al fine di ottenerne la condanna al pagamento della provvigione pattuita.
Ed è noto che, in tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per l’adempimento della prestazione deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto nonché l’esigibilità della stessa, salvo che intervenga prova del fatto estintivo – costituito dall’adempimento – da parte del debitore (Cassazione civile, sez. un., 30 ottobre 2001, n. 13533; Sez. 3, Sentenza n. 982 del 28/01/2002; Sez. 3, Sentenza n. 2647 del 21/02/2003; Sez. 3, Sentenza n. 6395 del 01/04/2004; Sez. 3, Sentenza n. 8615 del 12/04/2006; Sez. 1, Sentenza n. 13674 del 13/06/2006; Sez. 1, Sentenza n. 1743 del 26/01/2007).
Tale prova è in atti.
Anzitutto, è stato esibito il contratto mediante il quale (all.3 prod. attore) il convenuto conferiva l’incarico di mediazione alla Studio AAA D.I. di C. G. per la vendita del suo immobile alla via U. n. 32 in Po. D’Arco.
Il negozio, poi, era sottoscritto per conto della ditta di intermediazione da parte di M. D. G. – e non direttamente dal titolare C. G. – in quanto il primo era il soggetto espressamente delegato dall’attore ad accettare, in suo nome e per suo conto, incarichi di intermediazione rivolti alla sua agenzia: laddove la relativa procura rilasciata per iscritto dal rappresentato (all. 8 prod. attore) era perfettamente valida a conferire il potere esercitato dal M. D. G., non richiedendosi, come invece adombrato dal convenuto, requisiti formali più onerosi, visto che, per il contratto di mediazione che il rappresentante era legittimato a concludere in sostituzione del dominus, non è previsto dalla legge alcun requisito formale specifico (art. 1392 c.c.).
Onde non vi è dubbio che la relazione negoziale de qua fosse stata validamente stabilita e corresse solo tra le parti in lite, andando perciò rigettata l’eccezione sollevata dal convenuto in ordine ad un presunto difetto di titolarità del rapporto contrattuale da parte dell’attore quale non diretto sottoscrittore dell’accordo.
La prestazione provvigionale invocata, poi, oltre ad essere stata supportata da valido ed efficace contratto, risultava essere altresì (astrattamente) esigibile.
Le parti, infatti, avevano stabilito con riferimento alla provvigione dovuta all’Agente immobiliare che “il compenso sarebbe maturato nel momento in cui sarà data comunicazione all’acquirente dell’avvenuta accettazione della proposta di acquisto”.
E nel presente giudizio rimaneva addirittura pacifico tra le parti che :
– G. P. accettava e sottoscriveva in data 18.1.2005 sul modulo dell’agenzia la proposta di acquisto di V. C. al prezzo concordato di Euro 75.000,00 (all. 4 prod. convenuto ad ulteriore conferma);
– successivamente, l’acquirente era debitamente informato dell’intervenuta accettazione da parte del venditore (convenuto) della sua proposta, tanto che ritirava la “proposta di acquisto accettata” (cfr, all. 3 prod. parte attrice).
Per cui è evidente come da questo momento la provvigione a carico del mandante-venditore fosse divenuta esigibile da parte dell’Agente immobiliare, in quanto era stato soddisfatto per tabulas il presupposto pattuito nel contratto consistente nella “comunicazione all’acquirente dell’avvenuta accettazione della proposta di acquisto”.
Ma a questo punto devono operarsi talune precisazioni.
Parte convenuta contestava vibratamente la debenza della provvigione in quanto, per problemi di accatastamento dell’immobile imputabili all’agenzia immobiliare, l’affare non era stato concluso, tanto che le parti venditrice/acquirente avevano deciso di rinunciare reciprocamente all’operazione negoziale (“risoluzione consensuale” all. 11 prod parte convenuta): di conseguenza – a suo dire – in mancanza della formalizzazione della vendita nessun diritto a provvigione era sorto.
La questione era però mal posta.
Vero che è in tema di mediazione, il diritto del mediatore alla provvigione ex art. 1755 c.c. sorgerebbe solo tutte le volte in cui, tra le parti avvalsesi della sua opera, si sia validamente costituito un vincolo giuridico che consenta a ciascuna di esse di agire per l’esecuzione del contratto, con la conseguenza che, mancando teoricamente un impegno negoziale operante, difetterebbe un “atto conclusivo dell’affare”, idoneo a far sorgere in capo al mediatore il diritto alla provvigione (Cass. Civ. Sez. 3, Sentenza n. 12022 del 08/08/2002; Cass. Civ. Sez. 3, Sentenza n. 16678 del26/11/2002 Cass. Civ. Sez. 3, Sentenza n. 6599 del 11/05/2001).
Sennonché tale regola (ammesso e non concesso che sia stata violata, in quanto a ben vedere proposta ed accettazione delle parti – all. 4 prod. attore – ben avrebbero potuto integrare già il contratto di compravendita definitivo con forma scritta) in ogni caso non sarebbe stata invocabile nella fattispecie.
Ciò in quanto i contraenti in lite avevano dato luogo, nel caso in esame, ad una mediazione atipica che si discostava dal modello legale dell’art. 1755 c.c., siccome norma derogabile.
Essi, invero, esercitando i loro poteri di autonomia negoziale ex art. 1322 c.c., sceglievano di disapplicare lo schema tipico del 1755 c.c. e preferivano agganciare il diritto alla provvigione non al verificarsi della condicio iuris della formalizzazione definitiva dell’affare (preliminare o rogito definitivo di vendita), ma al momento del raggiungimento tra le parti di un accordo sui termini essenziali dell’affare da concludersi (cfr, Cass. Civ. 5 settembre 2006 n. 19066; Cass. Civ. 1 giugno 2000 n. 7273; in giurisprudenza di merito, Trib. Ivrea 29.10.2003 in Gius. 2004; Trib. Venezia 9.10.2002, in Corriere del Merito 2003, 8, 874; Appella Perugia 27.2.1998, in Rass. Giur. Umbra 1998,327; Trib. Firenze 5.7.1999 in Nuovo dir. 2000, 731).
Solo in questi termini, infatti, poteva interpretarsi una clausola negoziale che prevedeva espressamente che il diritto a provvigione maturasse a favore dell’Agente non – si presti attenzione – “a contratto o affare concluso”, ma semplicemente non appena fosse stata comunicata “all’acquirente l’avvenuta accettazione della proposta di acquisto”, cioè, quando si fosse semplicemente cristallizzata tra le parti un’intesa di massima sulla vendita (e sempre che non si voglia ritenere che proposta ed accettazione nella specie non avessero già integrato la alienazione, nel qual caso la questione sarebbe stata risolta in radice).
Del resto, è stato più volte autorevolmente affermato come l’atto della convenzione negoziale di cui all’art. 1754 cod. civ. ben possa derogare al disposto di cui al successivo art. 1755, mediante pattuizione dell’obbligo di corresponsione della provvigione , da parte del cliente, indipendentemente dalla conclusione dell’affare e per effetto della semplice acquisizione, da parte del mediatore , di un offerta omogenea a quella indicatagli. (cfr, ancora Cass. Civ. Sez. 3, Sentenza n. 7630 del24/05/2002; Cass. Civ. Sez. 3, Sentenza n. 9818 del 09/10/1997; Cass. Civ. Sez. 3, Sentenza n.2631 del 27/04/1982).
Per cui, non può che ritenersi come, comunicata al V. C. l’accettazione della sua proposta da parte del G. P., si fosse affisso in capo al mediatore il diritto a provvigione .
Ciononostante la domanda della parte attrice va rigettata sulla base delle giuste doglianze del G. P., nonostante che queste ultime non abbiano inciso sulla iniziale esigibilità del credito azionato.
Ora, parte convenuta eccepiva ulteriormente che l’agenzia immobiliare era stata inadempiente nel non aver curato adeguatamente le pratiche di accatastamento dell’immobile da trasferire, tanto da rendere impossibile la definitiva conclusione della vendita ed indurre le parti a sciogliersi da ogni vincolo (risoluzione consensuale, all. 11 cit.).
Giova, allora, preliminarmente stabilire se sull’intermediario gravasse davvero contrattualmente l’obbligazione asseritamente violata.
La conclusione cui deve pervenirsi è decisamente affermativa.
In effetti, nel contratto di mediazione sottoscritto dal G. P., le parti, immettendo ancora una volta elementi parzialmente atipici rispetto allo schema codicistico, pattuivano che l’Agente assumeva, oltre agli obblighi tipici di un mero intermediario, ulteriori e specifici obblighi “di accertamento delle circostanze sullo stato dell’immobile risultanti da pubblici registri” nonché “di assistenza al cliente fino all’atto notarile” (art. 7 contratto in atti).
Ne consegue che il mediatore era espressamente tenuto, in presenza di un incarico particolare in proposito, a svolgere, nell’adempimento della sua prestazione, anche tutte le specifiche indagini di natura tecnico – giuridica (come l’accertamento della libertà dell’immobile oggetto del trasferimento nonché della sua situazione catastale, mediante le cosiddette visure catastali ed ipotecarie) al fine di individuare circostanze rilevanti per la conclusione dell’affare a lui non note: laddove tale obbligazione prescindeva completamente dal generale dovere di correttezza posto dall’art. 1759 c.c., visto che ivi era stato conferito un apposito incarico aggiuntivo e più stringente rispetto a quello di mediazione, essendo stato il mediatore impegnato a prestare ogni “assistenza” al cliente “fino all’atto notarile” .
Ciò posto, diveniva indubbio che esso agente – pur avendo già maturato il diritto a provvigione – era in ogni caso tenuto a svolgere anche tutte quelle successive attività che si fossero rivelate necessarie per assicurare al cliente la formalizzazione della vendita (atto notarile) : e nell’ambito di queste non poteva non rientrare la regolarizzazione dell’accatastamento del bene, siccome intrinsecamente strumentale al risultato preso di mira dal cliente.
Peraltro, sarebbe stato difficile assumere il contrario, non potendosi non rilevare, sul punto, come la omnicomprensività della clausola “ogni assistenza fino all’atto notarile” non lasciasse seri margini di diversa interpretazione (Cass. Civ. Sez. 2, Sentenza n. 5777 del 15/03/2006; Cass. Civ. Sez. 2,Sentenza n. 13767 del 22/07/2004; Cass. Civ. Sez. 3, Sentenza n. 16009 del 24/10/2003).
Perciò, posto che un obbligo di attivazione per l’accatastamento esisteva con evidenza in capo al C. G. ed alla sua agenzia, va ricordato come il criterio di riparto dell’onere della prova già menzionato (si veda supra) per il creditore sia applicabile anche al caso in cui il debitore convenuto per l’adempimento che si avvalga dell’eccezione di inadempimento ex art. 1460.
Onde, nel momento in cui era dedotta dal G. P. l’eccezione in parola (nella specie, afferente alla omessa cura della pratica di accatastamento), all’eccipiente era sufficiente la mera allegazione della violazione, gravando ancora una volta sul debitore della prestazione l’onere di dimostrare l’avvenuto esatto adempimento (per tutte, Cassazione civile, sez. un., 30 ottobre 2001, n. 13533).
Sennonché, la parte attrice, a fronte dell’eccezione, nulla allegava o richiedeva di provare in ordine all’osservanza del suo obbligo, limitandosi essa a sostenere – erroneamente, per quanto osservato – che non incombesse in alcun modo su di essa la prestazione de qua.
Anzi, addirittura si lamentava che era stato G. P. ad aver “garantito (colpevolmente) la regolarità urbanistico-catastale del prefato immobile” (memorie 183 II° term. C.p.c. dell’a1.2.2008), per cui se l’affare non era stato concluso lo si doveva solo a “delle errate o insufficienti indicazioni fornite dal venditore”: tanto che si richiedeva, in subordine rispetto alla provvigione , il pagamento della penale fissata per la relativa ipotesi (art. 9 contr.).
Ma tale prospettazione era apertamente infondata.
Qui, infatti, era documentalmente provato che il G. P. non aveva fornito alcuna indicazione falsa o erronea, poiché nell’atto di conferimento dell’incarico all’agenzia egli aveva fedelmente indicato (non tanto dei dati catastali inesistenti o scorretti, quanto) che l’immobile non era ancora censito, ma solo dichiarato per l’accatastamento al NCEU di Po. “con scheda registrata all’UTE di Napoli” (contratto).
Anzi, nel medesimo contratto intervenuto tra le parti si rinviava, sul punto, all’ atto di donazione costituente il titolo di proprietà del venditore (“vedi donazione del 21.5.1981”), laddove l’agente non poteva non aver riscontrato – anche per la qualificazione professionale che avrebbe dovuto contraddistinguere un iscritto all’albo dei mediatori – che pure nell’atto di provenienza era espressamente indicato che il bene “era dichiarato per l’accatastamento al NCEU di Po. con scheda registrata all’UTE di Napoli il 25.4.1971 al n. 5149” (pg. 2 donazione).
Per cui nessuna scorrettezza poneva in essere il mandante della mediazione.
Non solo.
La circostanza che emergesse con tanta chiarezza dalla stesse dichiarazioni negoziali del G. P. che l’immobile andava regolarizzato sotto il profilo catastale consentiva di trarre ulteriore conferma del fatto che, quando il mediatore aveva assunto l’obbligo di “assistere il cliente fino al rogito notarile” per un bene non censito, non poteva non essere consapevole di dover apprestare la sua attività di supporto anche (e soprattutto) per risolvere la questione catastale pendente, visto che altrimenti il rogito non avrebbe certamente essere potuto perfezionato.
In definitiva, l’inadempimento del mediatore sul punto rimaneva definitivamente acclarato, dovendo andare per l’effetto rigettata ogni profilo della sua domanda.
IV)
Le domande riconvenzionali svolte dal convenuto nemmeno possono trovare accoglimento.
La domanda di risarcimento del danno per mancato accatastamento del bene non specifica quale pregiudizio avrebbe subito l’istante a causa dell’omissione, posto che poi le formalità di legge sarebbero sempre possibili a cura dell’interessato, al fine di rendere il bene trasferibile in ogni momento.
La domanda per lite temeraria, poi, nemmeno può aver seguito, atteso che le peculiarità giuridiche della vicenda mal si attagliano ad un atteggiamento propriamente doloso o gravemente colposo della parte attrice.
Le spese, tuttavia, seguiranno la soccombenza di gran lunga prevalente di C. G., venendo liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale, ogni diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa, definitivamente pronunciando in ordine alla causa in epigrafe,
– Rigetta la domanda attorea;
– Rigetta le riconvenzionali;
– Condanna C. G. a rimborsare G. P. Napoli le spese processuali sostenute nel presente giudizio, che liquida in complessivi euro 2.100,00, di cui euro 690,00 per diritti, oltre rimborso spese generali al 12,50%, IVA e contr. cassa prev. avv. come per legge.
Così deciso in NOLA il 17.6.2008; si provveda all’immediato deposito in cancelleria.
Il Giudice dott. ALFONSO SCERMINO


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Avvocato, blogger, relatore in convegni e seminari. Autore di numerosi articoli apparsi su riviste specializzate cartacee e delle seguenti monografie: Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile di cognizione. Manuale di sopravvivenza per l’avvocato, Lexform Editore, 2009; Le trappole nel processo civile, 2010, Giuffrè; L’onere di contestazione nel processo civile, Lexform Editore, 2010; L’appello civile. Vademecum, 2011, Giuffrè; Gli strumenti per contestare la ctu, Giuffrè, 2013; Come affrontare il ricorso per cassazione civile, www.youcanprint.it, 2020.




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