Noto spesso che la domanda per lite temeraria viene avanzata …. temerariamente, in assenza, cioè:
- dei presupposti per l’accoglimento;
- di un danno.
Questo può comportare, come nella sentenza che pubblico, una statuizione di compensazione delle spese di lite, che talvolta equivale a … una condanna, nel senso che le spese legali superano la sorte stessa.
Pertanto, bisogna essere accorti e proporre domanda di condanna per lite temeraria solo ove sussista effettivamente un comportamento doloso o gravemente colposo della parte.
Tribunale Ivrea, 15 gennaio 2008
RILEVATO CHE
– con il presente procedimento, la V. Immobili s.r.l. (di seguito, per brevità, V.), propone reclamo avverso l’ordinanza 17/10/2007, con la quale il Giudice di prima cure, pur respingendo un ricorso possessorio proposto dal B. G. verso la V., ha rigettato la richiesta della V. di risarcimento danni per lite temeraria ex art. 96 c.p.c., in ragione della mancata prova del danno; ed ha integralmente compensato tra le parti le spese di lite, in ragione della “peculiarità delle questioni affondate nonché dell’esito complessivo del giudizio”.
Parte reclamante censura l’ordinanza proprio nella parte in cui respinge la richiesta di risarcimento danni per lite temeraria, sul presupposto che gli atti di causa dimostrerebbero la mala fede del B. G. nella proposizione del ricorso; e nella parte in cui dispone la compensazione delle spese di lite, sul presupposto che la piena soccombenza del B. G. non giustifica la compensazione;
– costituendosi in giudizio, resiste il B. G. senza spiegare reclamo incidentale, chiedendo in via principale di dichiarare inammissibile il reclamo, atteso che esso non potrebbe riguardare la sola materia delle spese di lite; in via subordinata, di rigettare comunque nel merito il gravame; in ogni caso, di riconoscere le spese di lite relativamente alla presente fase.
RITENUTO CHE
– non è accoglibile l’eccezione di inammissibilità del reclamo, in ragione del fatto che detto strumento processuale non sarebbe esperibile relativamente alla sola parte di pronuncia con la quale il Giudice fa governo della materia delle spese di lite.
Sul punto, questo Collegio aderisce con convinzione alla tesi autorevolmente avallata dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 16214/2001, la quale ha composto il contrasto giurisprudenziale inizialmente formatosi in materia, e, in una fattispecie del tutto analoga a quella per cui è causa, ha statuito come sia autonomamente reclamabile la pronuncia sulle spese di un’ordinanza cautelare che, rigettando il ricorso, abbia compensato le spese stesse.
Ha infatti spiegato la Suprema Corte, nel suo più autorevole consesso, che la pronuncia della Corte Costituzionale n. 253/1994, dichiarativa dell’illegittimità dell’art. 669 terdecies c.p.c. nella parte in cui non ammette il reclamo ivi previsto anche avverso l’ordinanza con cui sia stata rigettata la domanda di provvedimento cautelare, ha introdotto nell’ordinamento la figura del reclamo quale strumento avente carattere di generale mezzo di controllo, in quanto revisio prioris instantiae demandato ad altro giudice, nella materia cautelare.
Pertanto, la disposizione di cui all’art. 669septies comma 3 c.p.c. -secondo cui “la condanna alle spese è immediatamente esecutiva ed è opponibile ai sensi degli artt. 645 e seguenti in quanto applicabili, nel termine perentorio di venti giorni dalla pronuncia dell’ordinanza se avvenuta in udienza o altrimenti dalla sua comunicazione”- deve essere coordinata con l’intervento additivo operato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 253/1994.
Da ciò la conseguenza che avverso la pronuncia di condanna alle spese -da intendersi come comprensiva di una qualsiasi statuizione incidente sulle spese del procedimento cautelare, ed estensibile sino all’ipotesi di omessa pronuncia- è proponibile innanzi tutto il reclamo di cui all’art. 669 terdecies c.p.c., nei termini ivi previsti; solo dopo la decisione sul reclamo, ovvero quando sono decorsi i termini per proporlo, iniziano invece a decorrere i termini per l’opposizione di cui all’art. 669 septies comma 3 c.p.c., che investe o il provvedimento sulle spese non reclamato, ovvero il provvedimento emesso sul reclamo, che, anche se confermativo, lo sostituisce.
L’operata ricostruzione evita ogni discrasia o intralcio fra i diversi mezzi di impugnazione a disposizione delle parti, poiché una volta che si ammetta che tutti i rimedi avverso il provvedimento di rigetto della misura cautelare e di eventuale pronuncia di compensazione delle spese di giudizio debbono necessariamente passare attraverso il rimedio del reclamo, risulta evidente l’impossibilità di contrasto fra i due rimedi di reclamo e opposizione.
Pertanto, conclude Cass. Sez. Un. n. 16214/2001, “la parte che ha visto rigettata la domanda di provvedimento cautelare, con compensazione delle spese, può proporre il reclamo sul merito (senza necessità di proporre impugnazione sulle spese), mentre la controparte che voglia impugnare la statuizione sulle spese può, a propria volta, o proporre reclamo”, ed è proprio che ciò che legittimamente ha fatto la V. in questa sede, “o attendere la decisione sul reclamo da altri proposto e, in quest’ultimo caso, ove la pronuncia sia confermativa di quella di prima istanza e contenga una statuizione sulle spese, potrà, contro quest’ultima, proporre opposizione ai sensi dell’art. 645 c.p.c.”
Il principio di diritto affermato è allora quello per il quale, sulla base di una lettura coordinata degli artt. 669 septies comma 3 e 669 terdecies c.p.c. con la pronuncia della Corte costituzionale n. 253/1994, “avverso l’ordinanza di rigetto dell’istanza cautelare, con compensazione delle spese, è ammissibile il reclamo ai sensi dell’art. 669 terdecies c.p.c., e, avverso il provvedimento adottato sul reclamo o dopo il decorso dei termini per la proposizione dello stesso, è proponibile l’opposizione di cui all’art. 669 septies c.p.c., i cui termini iniziano a decorrere, rispettivamente, o dalla scadenza del termine per proporre il reclamo o dalla pronuncia, se avvenuta in udienza, o dalla comunicazione dell’ordinanza del giudice del reclamo, che rende definitiva la pronuncia sulle spese”.
Tale insegnamento è poi stato ribadito anche successivamente sia dalla stessa Suprema Corte a sezioni semplici (cfr. Cass. Sez. Lav. n. 16058/2004), sia dalla giurisprudenza di merito (cfr. Trib. Brescia 30/12/2003 e Trib. Monza 30/5/2005); ed a tale insegnamento, in ragione della sua persuasività e della mancanza di una motivata critica da parte della difesa della convenuta, il Collegio intende conformarsi.
Discende pertanto la piena ammissibilità del reclamo avverso l’ordinanza cautelare che, pur rigettando la domanda, abbia compensato le spese di lite, ad opera della parte che, pur vittoriosa nel merito, voglia impugnare la sola statuizione sulle spese.
CONSIDERATO CHE
– detto dell’ammissibilità del gravame, è nel merito manifestamente infondata la richiesta della V. di condannare il B. G. al risarcimento dei danni da lite temeraria ex art. 96 c.p.c..
Invero, contrariamente a quanto argomentato dalla difesa di parte reclamante, la condanna ex art. 96 c.p.c. per lite temeraria, presuppone non solo il requisito oggettivo della totale soccombenza di controparte e quello soggettivo dell’elemento psicologico di avere agito o resistito in mala fede o colpa grave; ma richiede anche la prova, quantomeno nelle sue linee essenziali relativamente ad an e quantum, di un danno subito (cfr., ex pluribus, Cass. n. 27383/2005, Cass. n. 21393/2005, Cass. n. 18169/2004, Cass. n. 13355/2004, Cass. n. 7583/2004, Cass. n. 3941/2002, Cass. n. 1200/1998, Cass. n. 3274/1994, Cass. n. 6637/1992, Cass. n. 5524/1983), potendo il Giudice liquidare equitativamente tale danno solo una volta fornita tale prova relativa all’esistenza del danno.
Ciò detto, la V. non solo non ha provato, ma in verità nemmeno ha dedotto l’esistenza di tale danno, mai evidenziando, in sede di ricorso o di reclamo, in cosa esso sarebbe consistito.
Consegue che va rigettato il reclamo relativamente alla pronuncia sulla domanda di lite temeraria, dovendosi condividere la statuizione del giudice di prime di rigetto della domanda risarcitoria ex art. 96 c.p.c.
OSSERVATO CHE
– alle medesime conclusioni di rigetto del gravame, deve giungersi per quanto concerne il reclamo relativamente alla compensazione delle spese di lite della fase dell’interdetto possessorio.
Sul punto, già si è evidenziato che il Giudice monocratico ha compensato le spese motivando tale decisione sia in relazione alla “peculiarità delle questioni affrontate”, sia in relazione “all’esito complessivo del giudizio”.
Ciò detto, la statuizione circa la compensazione delle spese di lite della fase interdettale deve essere confermata, pur se la motivazione va in parte rettificata ed in parte integrata.
La rettifica si impone relativamente alla pretesa “peculiarità delle questioni affrontate”, atteso che nessuna reale peculiarità appare connotare la fattispecie di causa, relativa ad un dedotto spossessamento che il Giudice, senza bisogno di esperire istruttoria e sulla base della sola documentazione prodotta, ha ritenuto inconfigurabile sia sotto il profilo oggettivo dell’esistenza di uno spoglio violento e clandestino, sia sotto il profilo soggettivo dell’esistenza dell’animus spoliandi (cfr. pag. 3 dell’ordinanza reclamata);
– l’integrazione della motivazione riguarda invece l’oggettivamente lapidaria statuizione su “l’esito complessivo del giudizio”. Sul punto, appare evidente che il Giudice di prime cure ha ritenuto di compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio ex art. 92 comma 2 c.p.c., in ragione della soccombenza reciproca anche della V., a seguito del rigetto della sua domanda risarcitoria proposta ex art. 96 c.p.c.
Così integrata la motivazione, ritiene il Collegio di potere condividere la decisione sulla compensazione delle spese.
Infatti, è ben vero che una tesi minoritaria, seguita da una parte della giurisprudenza di merito, ritiene che il rigetto della domanda di condanna alle spese per lite temeraria, non determina un’ipotesi di soccombenza parziale, trattandosi di richiesta che incide solamente sul criterio di quantificazione e liquidazione delle spese, e che presuppone essa stessa la soccombenza (cfr. App. Roma, Sez. II, 28/09/2006).
Tuttavia, una diversa e maggioritaria tesi, che al Collegio appare preferibile, evidenzia al contrario che anche il rigetto della domanda di condanna ex art. 96 c.p.c. integra una forma di soccombenza processuale, che ben può incidere sul riparto delle spese di lite e giustificarne la compensazione (Cass. civ., Sez. III, 18/06/2003, n. 9707).
Ciò è ancora più vero nel caso che qui occupa, se si riflette sul fatto che la tematica dell’esistenza o meno della lite temeraria è realmente stata oggetto di contenzioso, e fors’anche può dirsi che è risultata la principale materia del contendere: già al momento della prima udienza davanti al Giudice monocratico, infatti, la questione del possesso della servitù di passaggio oggetto di causa era stata sostanzialmente definita tra le parti (cfr. pag. 2 ordinanza reclamata).
Pertanto, in aderenza al principio della causalità che deve governare il riparto delle spese di lite, per individuare la parte soccombente ex art. 91 c.p.c. quale quella che ha sviluppato una pretesa poi non accolta (cfr. Cass. n. 588/1998, Cass. n. 3740/1987, Cass. n. 5339/1986, Cass. n. 59/1985, Cass. n. 3771/1981), la V. non può che essere ritenuta soccombente in ordine alla richiesta di risarcimento ex art. 96 c.p.c.
Consegue che, a seguito della soccombenza accertata dal Giudice in relazione alla domanda possessoria spiegata dal B. G., e della soccombenza della V. sulla domanda di risarcimento danni per lite temeraria, deve ritenersi effettivamente integrata la “soccombenza reciproca” di cui all’art. 92 c.p.c., e va quindi condivida la decisione di compensare integralmente tra le parti le spese di lite della fede interdittale.
EVIDENZIATO CHE
– in ragione di tutto quanto sopra, il reclamo va integralmente respinto;
– relativamente alla spese di lite della presente fase di gravame, pur nella consapevolezza della piena soccombenza della V., le spese stesse possono essere integralmente compensate.
I “giusti motivi” di cui all’articolo 92 c.p.c., infatti, vanno rinvenuti nell’oggettiva complessità della tematica relativa alla sussistenza o meno di una soccombenza nel caso di rigetto della domanda di risarcimento per lite temeraria, e nella presenza sul punto di un contrasto giurisprudenziale nei termini sopra indicati (per la legittimità della compensazione delle spese di lite nel caso di contrasto giurisprudenziale sulla materia oggetto di causa, cfr. per tutte Cass. n. 10100/1996).
P.Q.M.
visto l’art. 669 terdecies c.p.c.,
– rigetta il reclamo,
– compensa integralmente tra le parti le spese di lite.
Ivrea, 15/1/2008
Il Presidente estensore
Dott. Gianluigi Morlini
Egr.avv.Minardi, in un giudizio di appello, la Corte ha rigettato l’appello principale,nonchè l’appello incidentale proposto solo ai sensi dell’art.96 cpc, con ampia motivazione circa ambedue i rigetti.Ha,però, posto le spese del grado tutte a carico dell’appellante principale, senza alcuna motivazione.A Suo autorevole giudizio,tra i motivi di un eventuale ricorso per cassazione,si potrebbe inserire la mancata compensazione delle spese del grado, stante la reciproca soccombenza?
ovvero il motivo sarebbe destinato al rigetto, considerato che l’appello incidentale è solo per l’art.96? Seguo sempre Le sue opinioni, che mi sembrano molto fondate.
La ringrazio, perciò, se vorrà fornirmi risposta al quesito, anche sulla mia E mail.Molti cordiali saluti
Avv. Antonio Chiaromonte (Foro di Napoli)
Egr.Avv.mi è pervenuto un avviso di pignoramento sulla casa per un debito di mio ex marito(ancora in separazione legale).La casa era di proprietà al 50%, attualmente occupata da me e mio figlio. Io ho presentato un opposizione di terzi. Il giudice mi ha respinto il ricorso per lite temeraria condannandomi alle spese e al risarcimento danni. Vorrei sapere se è opponibile la decisione e se secondo lei era infondata.
grazie.
speranza minelli
@Speranza: è impossibile dare un parere con cognizione senza leggere gli atti e la sentenza
Egr. Sig.
Avv. Minardi
la sentenza da Lei riportata riferisce di una tesi minoritaria ed -in particolare- di una sentenza della Corte di Appello di Roma (del 28/09/2006), che però sembra non esistere nelle banche dati.
Le chiedo, pertanto, la cortesia di indicarmi -ove ne sia a conoscenza- ulteriori precedenti che si conformano a questa tesi minoritaria, se non proprio aiutarmi nella ricerca di questa sentenza.
RingraziandoLa anticipatamente, porgo cordiali saluti.
Dott. Leandro Parodi