Tizio conviene in giudizio Caio e Sempronio per ottenere la condanna al risarcimento dei danni subiti in un sinistro stradale.
L’atto di citazione non contiene però la data dell’udienza.
Il giudizio si svolge nella contumacia dei convenuti che vengono condannati dal giudice di pace a risarcire i danni subiti.
I convenuti propongono appello.
Quesito: rilevata la nullità del procedimento, cosa deve fare il giudice di appello?
Al riguardo le soluzioni possibili sono tre:
- rimettere la causa al giudice di primo grado;
- decidere nel merito;
- decidere in rito.
Il Tribunale di Roma (11 febbraio 2008) opta per la seconda soluzione.
- Secondo il Tribunale, al fine di operare la scelta più ortodossa fra le quattro soluzioni appena adombrate, fondamentale è anzitutto la pronuncia della Cassazione a sezioni unite del 3 ottobre 1995, n. 10389, da cui bisogna necessariamente, in generale, prendere le mosse.
- Secondo tale pronuncia: “In ipotesi di nullità del giudizio di primo grado, proseguito da quel giudice che malgrado la costituzione tardiva dell’attore e nella contumacia del convenuto, non abbia ordinato la cancellazione della causa dal ruolo, il giudice d’appello, innanzi al quale tale nullità sia stata dedotta, deve dichiarare la nullità degli atti del procedimento di primo grado successivi alla notifica della citazione introduttiva e, con separata ordinanza, disporre per l’ulteriore trattazione della causa dinanzi a sé in applicazione del principio dell’assorbimento delle nullità nei motivi di gravame, senza alcuna possibilità del rinvio della causa al primo giudice, attesa la tassatività e la non estensibilità, per analogia, dei casi in cui il giudice deve limitarsi a dichiarare la nullità della sentenza di primo grado ed a rimettere le parti davanti al primo giudice” (nello stesso senso, sull’appello con rito del lavoro, Cass. Sez. un. 21 marzo 2001, n. 122).
- Dalla menzionata pronuncia – pur essendo quest’ultima originata da un caso simile e non identico a quello per cui è causa nel presente giudizio – si può evincere, in generale, la necessità che il giudice d’appello decida nel merito la causa in tutti i casi di nullità del giudizio di primo grado non rientranti nelle ipotesi previste dagli artt. 353 e 354 c.p.c.
- Di conseguenza, devono considerarsi impraticabili sia la soluzione dell’applicazione analogica dei predetti artt. 353 e 354 c.p.c., non possibile attesa la tassatività dei casi previsti da tali articoli, sia la soluzione della chiusura del processo con mera declaratoria di nullità del giudizio di primo grado, anch’essa non possibile atteso il principio dell’assorbimento delle nullità nei motivi di gravame richiamato dalla Cassazione sopra citata.
Questa sembra ad avviso del Tribunale essere la soluzione maggiormente rispondente al generale principio di economia dei giudizi (che impone di evitare di chiudere in rito il processo), mentre la perdita di un grado di giudizio di merito per la parte originariamente convenuta con citazione nulla appare il male minore e non costituisce argomento decisivo in contrario, non essendo il doppio grado di giudizio di merito un diritto costituzionalmente garantito.
Tribunale Roma, 11 febbraio 2008, sez. XIII
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso regolarmente notificato Nuova Tirrena Assicurazioni s.p.a. proponeva appello avverso la sentenza del Giudice di Pace di Roma n. 55970/05 del 30 ottobre 2005, depositata in data 23/12/2005, non notificata, con la quale era stata accolta la domanda di risarcimento dei danni – proposta da C. G. nei confronti di P. L., P. A. e della società assicuratrice Nuova Tirrena Assicurazioni S.p.A. – per un sinistro verificatosi in Poggio Nativo tra il motociclo Honda di proprietà di C. G. e l’autovettura Fiat Tempra condotta da P. L., con condanna in solido di tutti i convenuti al pagamento di euro 6.635,00 oltre interessi legali e al pagamento delle spese di causa.
A fondamento del gravame l’appellante assumeva unicamente la mancanza, nell’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado, della data dell’udienza di prima comparizione, cui erano conseguiti l’impossibilità di costituirsi per l’appellante medesimo e la nullità della medesima citazione nonchè dell’intero giudizio e della relativa sentenza.
Concludeva pertanto chiedendo al Tribunale di pronunciare la nullità della sentenza emessa dal Giudice di Pace di Roma, con vittoria delle spese di entrambi i gradi di giudizio.
Si costituiva l’appellato C. G., chiedendo la declaratoria di inammissibilità dell’appello in quanto proposto esclusivamente per ragioni di rito al di fuori dei casi tassativamente previsti dagli artt. 353 e 354 c.p.c., con conferma della sentenza impugnata e con vittoria delle spese di giudizio.
P. A. e P. L. rimanevano contumaci.
Precisate le conclusioni dalle parti, la causa veniva decisa alla successiva udienza del 4/2/2008.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’appello è parzialmente fondato per le ragioni che seguono.
Il tema – oggetto del presente appello – della nullità dell’atto di citazione di primo grado, non rilevata nè sanata nel corso del giudizio conclusosi con sentenza di merito poi impugnata in appello, rientra nella più ampia casistica delle nullità del giudizio di primo grado non ricomprese nelle ipotesi contemplate dagli artt. 353 e 354 c.p.c., ove si prevede, una volta rilevato in appello il vizio, la rimessione della causa al giudice di prime cure.
Nei suddetti casi di nullità non previsti dagli artt. 353 e 354 c.p.c., ben quattro appaiono, su un piano astratto, le possibili opzioni interpretative. Esse sono, in estrema sintesi: a) l’applicazione analogica dei suddetti artt. 353 e 354 c.p.c. con conseguente rimessione al giudice di primo grado; b) la pronuncia nel merito da parte del giudice d’appello; c) una pronuncia definitiva di mero rito del giudice d’appello, consistente nella declaratoria di nullità della sentenza di primo grado, con chiusura dell’intero processo (come richiesto nel presente giudizio dall’appellante); d) la pronuncia d’inammissibilità dell’appello ove questo sia carente di motivi di merito, per non conformità del relativo atto al modello legale (come richiesto nel presente giudizio dall’appellato C. G.).
Al fine di operare la scelta più ortodossa fra le quattro soluzioni appena adombrate, fondamentale è anzitutto la pronuncia della Cassazione a sezioni unite del 3 ottobre 1995, n. 10389, da cui bisogna necessariamente, in generale, prendere le mosse.
Secondo tale pronuncia: “In ipotesi di nullità del giudizio di primo grado, proseguito da quel giudice che malgrado la costituzione tardiva dell’attore e nella contumacia del convenuto, non abbia ordinato la cancellazione della causa dal ruolo, il giudice d’appello, innanzi al quale tale nullità sia stata dedotta, deve dichiarare la nullità degli atti del procedimento di primo grado successivi alla notifica della citazione introduttiva e, con separata ordinanza, disporre per l’ulteriore trattazione della causa dinanzi a sé in applicazione del principio dell’assorbimento delle nullità nei motivi di gravame, senza alcuna possibilità del rinvio della causa al primo giudice, attesa la tassatività e la non estensibilità, per analogia, dei casi in cui il giudice deve limitarsi a dichiarare la nullità della sentenza di primo grado ed a rimettere le parti davanti al primo giudice” (nello stesso senso, sull’appello con rito del lavoro, Cass. Sez. un. 21 marzo 2001, n. 122).
Dalla menzionata pronuncia – pur essendo quest’ultima originata da un caso simile e non identico a quello per cui è causa nel presente giudizio – si può evincere, in generale, la necessità che il giudice d’appello decida nel merito la causa in tutti i casi di nullità del giudizio di primo grado non rientranti nelle ipotesi previste dagli artt. 353 e 354 c.p.c.
Di conseguenza, devono considerarsi impraticabili sia la soluzione (sopra considerata sub a)) dell’applicazione analogica dei predetti artt. 353 e 354 c.p.c., non possibile attesa la tassatività dei casi previsti da tali articoli, sia la soluzione (sopra adombrata sub c)), domandata nel presente giudizio dall’appellante, della chiusura del processo con mera declaratoria di nullità del giudizio di primo grado, anch’essa non possibile atteso il principio dell’assorbimento delle nullità nei motivi di gravame richiamato dalla Cassazione sopra citata.
Questa, del resto, sembra anche a questo Tribunale essere la soluzione maggiormente rispondente al generale principio di economia dei giudizi (che impone di evitare di chiudere in rito il processo), mentre la perdita di un grado di giudizio di merito per la parte originariamente convenuta con citazione nulla appare il male minore e non costituisce argomento decisivo in contrario, non essendo il doppio grado di giudizio di merito un diritto costituzionalmente garantito.
Una volta affermato, in generale, il principio della necessaria decisione nel merito dell’appello, riguardante anche la presente causa, occorre affrontare l’ulteriore problema (non risolto dalle sezioni unite citate), specifico del presente giudizio, inerente la soluzione da adottare nel caso in cui nell’atto di appello non siano formulate – in aggiunta alle censure sul rito – richieste inerenti il merito della causa. In altre parole, occorre ancora sciogliere l’alternativa tra la soluzione della decisione della causa nel merito e quella – richiesta dall’appellato C. G. – dell’inammissibilità dell’appello proposto.
Al riguardo, ritiene questo Tribunale che si possano avanzare le considerazioni che seguono.
Anzitutto, l’unico approccio alla questione conforme al diritto positivo risulta quello che individua nel caso in esame l’applicabilità dell’ultimo comma dell’art. 354 c.p.c., a norma del quale “se il giudice d’appello dichiara la nullità di altri atti compiuti in primo grado, ne ordina, in quanto possibile, la rinnovazione a norma dell’art. 356”.
Al riguardo si può fondatamente ritenere – sulla base del generale principio ricavabile dall’art. 156 c.p.c. – che l’appellante, costituendosi nel giudizio d’appello, abbia finalmente determinato quel raggiungimento dello scopo della vocatio in ius dell’originario atto di citazione che non si era verificato nel giudizio di primo grado (in proposito può notarsi anche che l’impugnata sentenza non è stata notificata dall’attore vittorioso, bensì conosciuta autonomamente dall’odierna appellante).
Quanto sopra consente di affermare che la società convenuta in primo grado è, oramai, in condizione di contraddire a una domanda di merito (quella dell’originario attore) su cui è possibile validamente statuire nel presente grado di giudizio, ferma la nullità della sentenza impugnata.
Del resto, sul piano sistematico una prova della validità della soluzione qui preferita può essere riscontrata nell’art. 294 c.p.c., laddove al contumace, anche in caso di nullità della citazione, è data non già la possibilità di “azzerare” il giudizio, quanto piuttosto quella di poter compiere le attività fino a quel momento non esercitate a causa della nullità, e ciò perché avrebbe poco senso pronunciare la nullità della citazione in un momento – quello della costituzione del convenuto contumace – in cui quest’ultima ha, di fatto, ormai raggiunto il suo scopo. Ciò, in aggiunta a quanto sopra detto circa la non essenzialità del doppio grado di giudizio di merito, induce a ritenere la configurabilità di un meccanismo rimediale simile anche nel giudizio d’appello.
Di conseguenza – e diversamente da quanto sostenuto da parte appellante – l’ultimo comma dell’art. 354 c.p.c. sopra richiamato, lungi dall’essere inapplicabile in quanto sarebbe ormai impossibile la rinnovazione della citazione, è semplicemente superato, sul punto, dalla già avvenuta costituzione della compagnia assicuratrice originariamente convenuta con tale citazione. La medesima norma permetterà, invece, la rinnovazione dell’istruttoria nel presente giudizio d’appello.
Non è poi privo di rilievo, sul punto, che la stessa compagnia assicuratrice, sia pure in via estremamente subordinata, abbia formulato all’udienza di precisazione delle conclusioni (come da verbale in atti) eccezioni di merito e riserve istruttorie relative all’ipotesi di trattazione della causa nel merito, in tal modo instaurando il contraddittorio al riguardo e chiedendo, in buona sostanza, di essere ammessa a svolgere tutte quelle difese impedite dalla nullità della citazione in primo grado. Anche per questo, si può ritenere a maggior ragione sussistente quella istanza di decisione della causa nel merito che diverse pronunce della Suprema Corte (cfr. Cass. 13.3.1997, n. 2251; Cass. 7 luglio 1999, n. 7054) considerano necessaria, in casi simili a quello in esame, al fine della possibilità di pervenire alla suddetta decisione.
Neppure preclusivo del giudizio di merito nel presente grado d’appello appare il fatto – anch’esso lamentato dall’appellante – che l’appellato non abbia finora avanzato nelle proprie conclusioni alcuna richiesta inerente il merito della causa. Infatti, ritiene questo Tribunale che il comportamento processuale dell’appellato è finora risultato necessariamente condizionato dall’esistenza di una sentenza di primo grado a sé favorevole, ragion per cui fino alla declaratoria di nullità della stessa – che solo in data odierna si pronuncia – non si vede perché l’appellato avrebbe dovuto reiterare le proprie domande di merito già soddisfatte nel giudizio di prime cure.
In definitiva, la domanda dell’appellante va accolta nella parte in cui richiede la declaratoria di nullità dell’impugnata sentenza di primo grado, mentre va disattesa nella parte in cui richiede la chiusura in rito del processo, dovendo quest’ultimo avere prosecuzione per la trattazione della causa e la definizione nel merito.
P.Q.M.
Il Tribunale, non definitivamente pronunciando sull’appello proposto da Nuova Tirrena Assicurazioni s.p.a. avverso la sentenza del Giudice di Pace di Roma n. 55970/05 depositata il 23 dicembre 2005, così provvede:
– dichiara nulla l’impugnata sentenza del Giudice di Pace di Roma n. 55970/05 del 30 ottobre 2005, depositata il 23 dicembre 2005;
– provvede alla prosecuzione del giudizio come da separata ordinanza.
Così deciso in Roma il 4 febbraio 2008.
IL GIUDICE
Dott.ssa Silvia Di Matteo

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