Assegno di divorzio: si deve considerare il contributo dato alla conduzione della famiglia come casalinga e madre

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La Cassazione (sent. 593/2008) cassa la sentenza del giudice di appello che nello stabilire l’importo dell’assegno divorzile, ha omesso di valutare il contributo dato dalla moglie come casalinga e come madre.

L’accertamento del diritto all’assegno di divorzio si articola in due fasi:

a) nella prima il Giudice è chiamato a verificare l’esistenza del diritto in astratto, in relazione:
– all’inadeguatezza dei mezzi del coniuge istante,
– o all’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, raffrontate ad un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, o che potava legittimamente fondarsi su aspettative maturate nel corso dal matrimonio, fissate al momento del divorzio,
quindi procedere ad una determinazione quantitativa delle somme, sufficienti a superare l’inadeguatezza di detti mezzi, che costituiscono il tetto massimo della misura dell’assegno;

b) nella seconda fase, il Giudice deve procedere alla determinazione in concreto dell’assegno in base alla valutazione ponderata e bilaterale dei criteri indicati nello stesso art. 5, comma 6, (nel testo modificato dalla L. n. 14 del 1987) – e cioè
– delle condizioni dei coniugi,
– delle ragioni della decisione,
– del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ognuno e di quello comune,
– del reddito di entrambi,
valutando tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio – i quali criteri, quindi, agiscono come fattori di moderazione e diminuzione della somma considerata in astratto e possono, in ipotesi estreme, valere anche ad azzerarla, quando la conservazione del tenore di vita assicurato dal matrimonio finisca per risultare incompatibile con detti elementi di quantificazione (Cass. 16 maggio 2005 n. 10210, 19 marzo 2003 n. 4040).

Con riguardo alla quantificazione dell’assegno di divorzio, se è vero, afferma la Corte, che deve escludersi la necessità di una puntuale considerazione, da parte del Giudice che dia adeguata giustificazione della propria decisione, di tutti, contemporaneamente, i parametri di riferimento indicati dalla L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 5, come modificato dalla L. 6 marzo 1987, n. 14, art. 10, per la determinazione dell’importo spettante all’ex coniuge, anche in relazione alle deduzioni e alle richieste delle parti, resta salva però la valutazione della loro influenza sulla misura dell’assegno (Cass. 16 maggio 2005 n. 10210, 16 luglio 2004 n. 13169).

Nella specie, nella determinazione dell’assegno divorzile la Corte d’appello aveva esaminato le rispettive posizioni economiche delle parti, ma non aveva fatto alcun riferimento al dedotto contributo della moglie, casalinga e madre, alla conduzione familiare durante la ventennale convivenza, nè aveva manifestato l’intenzione di considerare comunque prevalente il criterio basato sulle condizioni economiche delle parti (Cass. 29 aprile 2006 n. 9876).


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Avvocato, blogger, relatore in convegni e seminari. Autore di numerosi articoli apparsi su riviste specializzate cartacee e delle seguenti monografie: Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile di cognizione. Manuale di sopravvivenza per l’avvocato, Lexform Editore, 2009; Le trappole nel processo civile, 2010, Giuffrè; L’onere di contestazione nel processo civile, Lexform Editore, 2010; L’appello civile. Vademecum, 2011, Giuffrè; Gli strumenti per contestare la ctu, Giuffrè, 2013; Come affrontare il ricorso per cassazione civile, www.youcanprint.it, 2020.




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