Ecco uno di quei casi in cui la scelta dell’azione da parte del difensore è fondamentale e il suo errore comporta il rigetto della domanda.
Il locatore assume che il conduttore gli ha inviato una lettera di recesso; agisce però con intimazione di licenza per finita locazione.
Ha gioco facile il conduttore ad eccepire che l’azione è priva di fondamento, come converrà il Tribunale:
- II procedimento per convalida di licenza per finita locazione è azionabile ricorrendo i presupposti e le situazioni tipiche previste dal legislatore, ma tra queste non ricorre la ipotesi del recesso esercitato dal conduttore.
- In presenza di siffatta fattispecie è esperibile l’azione di intervenuta risoluzione del contratto per esercizio dei diritto di recesso unilaterale (a norma dell’art. 1373 c.c.) e che ha natura dichiarativa a differenza della domanda di risoluzione per inadempimento, che invece mira a ottenere una pronuncia costitutiva (Trib. Modena, 20.06.2002 in Arch. Locazioni, 2002, 754; Cass. n. 2070120.02.1993).
- Peraltro, poiché la stessa legge n. 392 del 27 luglio 1978 dispone all’art. 4 che ove la facoltà di recesso non sia attribuita al conduttore dalle specifiche pattuizioni contrattuali, potrà comunque esser esercitata ove ricorrano gravi motivi, allora proprio la loro sussistenza non potrebbe in alcun modo esser valutata e apprezzata in un procedimento a struttura sommaria.
- Ne deriva, di conseguenza, che l’azione intrapresa dai S. con la procedura di cui all’art. 657, 1 ° comma, c.p.c. e da essi, poi, neppure integrata in occasione del mutamento del rito e nel rispetto dei termini concessi, deve intendersi inammissibile.
Tribunale Bari, 07 ottobre 2008, n. 2265, sez. III
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La III sezione civile del Tribunale di Bari, in funzione monocratica
e in persona del Giudice dr. Domenico Ancona, nella pubblica udienza
del 9 novembre 2005, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella controversia civile avente il numero di rg. 6524, dell’anno
1999 tra i sigg. V. S. e A. S.,
ATTORI
contro
la sig.ra C. D. C.,
CONVENUTA
Alla odierna udienza del 9 novembre 2005, la causa viene decisa con
il rito delle locazioni.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con intimazione di licenza per finita locazione e contestuale citazione per la convalida del 28 dicembre 1999, i sigg. V. S. e A. S., proprietari e locatori dell’interrato sito in Bari, alla via Devitofrancesco civico 5,
intimarono alla locatrice sig.ra C. D. C. licenza per finita locazione, con diffida a lasciar l’immobile libero da cose e persone. In particolare, assumevano che l’intimazione si fondava sul recesso esercitato e comunicato dall’intimata con la propria raccomandata del 4 settembre 1998.
All’udienza di convalida del 24 gennaio 2000, si costituiva ritualmente la sig.ra C. D. C., con comparsa del suo difensore, contrastando l’azione e eccependone la inammissibilità, in quanto, difettando il presupposto della scadenza naturale del contratto, la domanda non era stata proposta con la ordinaria azione di risoluzione; deduceva ed eccepiva, altresì, la inefficacia e inoperatività del predetto recesso poiché il sottostante documento, contenente anche la rinunzia alla ingente indennità per la perdita dell’avviamento commerciale, era stato preteso dai S. in occasione e a condizione della stipula dello stesso contratto locativo e, trattenuto dai medesimi, era stato poi da costoro azionato a loro discrezione con il plico raccomandato che essi si erano auto-spedito; deduceva, inoltre, eccezioni basate su prove scritte, producendo sia la copia della missiva raccomandata del 22 febbraio 1999, con cui aveva replicato al difensore dei locatori, disconoscendo la efficacia e valenza della dichiarazione di recesso fattale sottoscrivere in sede di stipula del contratto di locazione, che la copia degli atti di una procedura esecutiva dai quali si evinceva, a sfavore delle tesi degli intimanti, che alla data di sottoscrizione del contratto di locazione l’immobile non era libero, bensì oggetto di una procedura di rilascio coattivo e tanto a giustificare le condizioni irregolari nelle quali era stata costretta a stipulare il rapporto contrattuale.
In corso di causa, considerata la complessità della vicenda, nonché le eccezioni della intimata, pur fondate su prova scritta e reiecta la istanza degli intimanti per la emanazione, ai sensi dell’art. 665 c.p.c., del provvedimento provvisorio di rilascio, veniva disposto – in applicazione degli artt. 447 bis e 426 c.p.c. – il mutamento del rito, con termine alle parti per la integrazione degli atti introduttivi del giudizio a mezzo di memorie e documenti.
Solo la intimata D. C. si avvaleva della facoltà di integrazione degli atti a mezzo di memoria del 15 dicembre 2000, con conseguente decadenza degli intimanti dalle facoltà anche istruttorie loro concesse dalla legge.
All’udienza di discussione del 5 novembre 2001, l’avv. G. N. comunicava il decesso del proprio assistito, sig. V. S. e la causa veniva interrotta ai sensi dell’art. 300 c.p.c.
Con ricorso del 22 novembre 2001, l’avv. S. S., nell’interesse della sig.ra C. D. C., riassumeva il giudizio interrotto; disposta la riassunzione fissata la comparizione delle parti, inizialmente per l’udienza dell’8 aprile 2002, questa poi veniva differita al 4 novembre 2002, onde consentire il rispetto dei termini per la notifica dell’atto riassuntivo a uno degli eredi residente all’estero; sennonché, nonostante la ritualità della notifica dell’atto evocativo nei loro confronti, entrambe le eredi di V. S., le signore B. S. e G. S., sono rimaste assenti nel giudizio.
All’udienza dei 28 aprile 2003 si è costituito, a mezzo di comparsa, l’avv. G. P., il quale nell’interesse della sig.ra A. S. ha sostituito l’avv. G. N.
Nell’ulteriore prosieguo della causa, protrattasi per altre cinque udienze, è sempre comparso l’avv. S. S., difensore della convenuta D. C., mentre nessuno è più comparso per gli attori intimanti, da cui l’ovvia considerazione del loro disinteresse alle sorti del giudizio; di tal che il Tribunale decide la controversia in base allo stato degli atti, dando lettura del dispositivo in pubblica udienza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La domanda dei signori V. S. e A. S. è inammissibile.
II procedimento per convalida di licenza per finita locazione è azionabile ricorrendo i presupposti e le situazioni tipiche previste dal legislatore, ma tra queste non ricorre la ipotesi del recesso esercitato dal conduttore.
In presenza di siffatta fattispecie è esperibile l’azione di intervenuta risoluzione del contratto per esercizio dei diritto di recesso unilaterale (a norma dell’art. 1373 c.c.) e che ha natura dichiarativa a differenza della domanda di risoluzione per inadempimento, che invece mira a ottenere una pronuncia costitutiva (Trib. Modena, 20.06.2002 in Arch. Locazioni, 2002, 754; Cass. n. 2070120.02.1993). Peraltro, poiché la stessa legge n. 392 del 27 luglio 1978 dispone all’art. 4 che ove la facoltà di recesso non sia attribuita al conduttore dalle specifiche pattuizioni contrattuali, potrà comunque esser esercitata ove ricorrano gravi motivi, allora proprio la loro sussistenza non potrebbe in alcun modo esser valutata e apprezzata in un procedimento a struttura sommaria.
Ne deriva, di conseguenza, che l’azione intrapresa dai S. con la procedura di cui all’art. 657, 1 ° comma, c.p.c. e da essi, poi, neppure integrata in occasione del mutamento del rito e nel rispetto dei termini concessi, deve intendersi inammissibile. A ciò si aggiunge che ferma restando la inammissibilità dell’azione, la domanda risolutiva dei signori S. appare, comunque, infondata nel merito. Gli attori, infatti, hanno fondato la loro domanda su un atto di recesso, senza data e contenente peraltro una rinunzia alla indennità per avviamento commerciale, che essi deducono di aver ricevuto attraverso un plico raccomandato, ma che la intimata contesta nelle modalità, poiché a suo dire preteso irregolarmente dai locatori in occasione e a condizione della loro sottoscrizione del contratto locativo e nel quale essa era subentrata sostituendo due suoi nipoti.
Ridotto in questi succinti termini, il contrasto tra le due parti apparirebbe insanabile; sennonché, ricorrono: a) le allegazioni offerte dalla intimata C. D. C. e nella specie il carteggio di una procedura esecutiva di rilascio dell’immobile, che da una parte evidenziano la contraddizione e incertezza sul momento effettivo in cui sorse la locazione e dall’altro confermano le circostanze, pur dedotte dall’intimata nella propria comparsa di costituzione, circa l’ambito in cui venne stipulata la locazione; b) la mancata indicazione dei mezzi di prova da parte degli intimanti, a differenza di quanto fatto dall’intimata e che denotano, a favore di quest’ultima, la determinazione e capacità di dimostrare i propri assunti; c) l’abbandono della lite da parte della intimante sig.ra A. S., oltre che la mancata comparizione e assenza in giudizio delle due eredi dell’altro intimante, che denotano una loro sicura carenza d’interesse rispetto agli argomenti in discussione e l’inequivocabile adesione a una soccombenza virtuale rispetto alle tesi della controparte; d) la considerazione, infine, a sfavore della genuinità della comunicazione di recesso, che il conduttore, il quale risolve o disdetta in anticipo il rapporto locativo, non ha in alcun modo diritto all’avviamento commerciale; ragion per cui, se in una ipotesi risolutiva normale la sig.ra C.D. C. non avrebbe avuto alcun bisogno di manifestare la rinunzia all’avviamento commerciale, dall’altro, invece, la stessa fattispecie dedotta in giudizio (rectius: l’atto di recesso contenente la rinunzia all’avviamento) induce a ritenere che fosse stato proprio quest’ultimo, cioè la rinunzia all’avviamento, il vero obiettivo perseguito ab origine dai locatori, ottenendo prima e auto-attivando, poi, a sicuro danno della conduttrice (ex art. 79 L. 392/1978), la comunicazione risolutiva. Argomentazioni e valutazioni queste che, sensibilmente apprezzate dal Tribunale, inducono a ritenere come fondate le eccezioni dedotte dall’intimata e, per converso, infondata l’avversa domanda risolutiva, basata solo sull’atto di recesso e in assenza degli altri presupposti di legge.
Le spese e competenze del giudizio seguono la soccombenza e vengono regolamentate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale, in composizione monocratica, definitivamente decidendo sulla domanda proposta il 28 dicembre 1999 dai sigg.ri V. S. e A. S. nei confronti della sig.ra C. D. C., con successivo mutamento del rito, la rigetta; condanna, quale parti soccombenti, la intimante sig.ra A. S., nonché le signore B. S. e G. S., eredi di V. S., al pagamento solidale delle spese e delle competenze del presente giudizio, liquidate, come da specifica opportunamente rivisitata, in complessivi euro 4.756,14, dei quali euro 456,14 per le spese, euro 2.000,00 per diritti e euro 2.300,00 per onorario, oltre alle spese generali come da tariffa professionale e agli ulteriori accessori di legge e fiscali.
Così deciso in Bari, addì 9 novembre 2005
Giudice Domenico Ancona
Ultimi commenti