L’articolo 47, integralmente sostituito dalla Camera dei deputati, prevede l’introduzione del c.d. “filtro in Cassazione” e abroga l’art. 366-bis c.p.c. che prevede l’obbligo per il ricorrente di formulare i quesiti di diritto.
Rispetto al testo approvato dal Senato, che prevedeva l’indicazione delle ragioni di ammissibilità del ricorso in Cassazione, l’attuale formulazione enuncia invece i motivi di inammissibilità dello stesso, che vengono individuati nei seguenti:
(1) le questioni di diritto sono state decise nel provvedimento impugnato in modo conforme alla giurisprudenza della Cassazione e l’esame dei motivi di ricorso non offre elementi per confermare o mutare tale orientamento;
(2) la censura relativa alla violazione dei principi regolatori del giusto processo è manifestamente infondata.
Rispetto al testo approvato dal Senato, che affidava il filtro di ammissibilità a un collegio di tre magistrati, l’attuale formulazione prevede l’assegnazione dei ricorsi ad un’apposita sezione, chiamata a valutarne l’eventuale inammissibilità. Tale sezione dovrà essere di regola composta da magistrati appartenenti a tutte le sezioni della Corte di cassazione.
Si ricorda che il filtro in Cassazione non era originariamente previsto nel disegno di legge governativo (A.C. 1441, poi A.C. 1441-bis). Esso è stato introdotto nel corso dell’esame in sede referente alla Camera dei deputati in prima lettura, a seguito dell’approvazione di un emendamento del Governo (A.C. 1441-bis-A, art. 53-bis, comma 2).
La formulazione originaria prevedeva che il ricorso per Cassazione fosse ammissibile solo:
a) quando il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo difforme da precedenti decisioni della Corte;
b) quando il ricorso ha per oggetto una questione nuova o una questione sulla quale la Corte ritiene di pronunciarsi per confermare o mutare il proprio orientamento ovvero quando esistono contrastanti orientamenti nella giurisprudenza della Corte;
c)quando appare fondata la censura relativa a violazione dei princìpi regolatori del giusto processo;
d) quando ricorrono i presupposti per l’enunciazione del “principio di diritto” ai sensi dell’art. 363 c.p.c.107.
Il suddetto art. 363 c.p.c., come sostituito dall’art. 4 del decreto legislativo 2 febbraio 2006 n. 40, prevede che quando le parti non hanno proposto ricorso nei termini di legge o vi hanno rinunciato, ovvero quando il provvedimento non è ricorribile in cassazione e non è altrimenti impugnabile, il P.G. presso la Corte di cassazione può chiedere che la Corte enunci nell’interesse della legge il principio di diritto al quale il giudice di merito avrebbe dovuto attenersi. La richiesta del procuratore generale, contenente una sintetica esposizione del fatto e delle ragioni di diritto poste a fondamento dell’istanza, è rivolta al primo presidente, il quale può disporre che la Corte si pronunci a sezioni unite se ritiene che la questione è di particolare importanza. Il principio di diritto può essere pronunciato dalla Corte anche d’ufficio, quando il ricorso proposto dalle parti è dichiarato inammissibile, se la Corte ritiene che la questione decisa è di particolare importanza. La pronuncia della Corte non ha effetto sul provvedimento del giudice di merito.
Il vaglio di ammissibilità del ricorso era demandato ad un collegio di tre magistrati che avrebbe dovuto decidere in camera di consiglio con ordinanza non impugnabile.
Se il ricorso fosse stato ritenuto inammissibile, anche a norma dell’art. 375, primo comma, numeri 1) e 5), seconda parte, c.p.c.108, il relatore avrebbe depositato in cancelleria una relazione con la concisa esposizione delle ragioni che giustificavano la dichiarazione di inammissibilità.
Era prevista l’applicazione dell’art. 380-bis, commi secondo, terzo e quarto, c.p.c., che disciplina i procedimenti in camera di consiglio (prevedendo la facoltà per le parti di presentare conclusioni scritte e memorie)109.
Il ricorso dichiarato ammissibile sarebbe stato assegnato a una sezione della Corte di cassazione per la sua trattazione. In caso contrario, il provvedimento impugnato sarebbe passato in giudicato.
Nel corso dell’esame in Aula (terminato il 2 ottobre 2008), veniva introdotto un ulteriore caso di inammissibilità del ricorso per Cassazione presentato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5) (omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio), nel caso della
c.d. “doppia conforme” ossia quando il ricorso aveva ad oggetto una sentenza di appello che avesse confermato quella di primo grado (cfr. A.S. 1082, art. 29).
Il Senato, in seconda lettura, si è limitato a sopprimere la modifica approvata in Aula alla Camera, per il resto approvando il testo dell’articolo in esame nella medesima formulazione che era stata licenziata dall’altro ramo del Parlamento (approvazione in Aula il 4 marzo 2009) (v. l’art. 48 dell’A.C. 1441-bis-B).
Con un emendamento approvato all’unanimità dalle Commissioni riunite I e V della Camera dei deputati, nel corso dell’esame in terza lettura (seduta del 22 aprile 2009), l’articolo in questione è stato integralmente sostituito.
L’iter in terza lettura alla Camera
A più riprese, nel corso dell’esame in sede referente in terza lettura, le Commissioni I e V della Camera dei deputati hanno affrontato la questione della possibilità di intervenire su un articolo che, salva una piccola modifica, era già stato approvato nella medesima formulazione dai due rami del Parlamento. Inizialmente, nel corso della seduta del 31 marzo 2009, era stata espressa l’opinione che la modifica dell’articolo in esame non fosse più possibile se non nella piccola parte modificata dal Senato e che, per analoghe ragioni, non fosse possibile lo stralcio del testo, con la conseguenza che alcuni deputati proponevano la soppressione dell’intero articolo al fine di far confluire la materia del “filtro in Cassazione” all’interno di un nuovo e diverso provvedimento da assegnare alla Commissione giustizia.
Nel corso della seduta del 6 aprile 2009, il presidente delle Commissioni riunite dichiarava inammissibili “ai sensi dei medesimi articoli 70, comma 2,110 e del Regolamento, e alla luce di numerosi precedenti” gli emendamenti soppressivi dell’articolo in esame: “L’articolo 48, infatti, nel corso dell’esame presso l’altro ramo del Parlamento, è stato modificato esclusivamente mediante la soppressione, al comma 1, di un comma del capoverso art. 360-bis”. Tale dichiarazione era oggetto di critiche da parte di alcuni deputati (v. interventi on. Calderisi e on. Zaccaria). Veniva, tra l’altro, affermato che il divieto di intervenire su parti non modificate dal Senato dovesse essere inteso come riferito a quegli articoli che in nessuna loro parte fossero stati modificati dal Senato, e non anche ai commi, o a parti ancora più ridotte di testo, non modificate dal Senato. Con riferimento a tali osservazioni, il Presidente delle Commissioni riunite dichiarava che “… la decisione della Presidenza delle Commissioni riunite è conforme a numerosi precedenti. Precisa, inoltre, che essa si fonda sul presupposto per cui l’approvazione degli identici emendamenti 48.1 Vietti, 48.2 Ferranti e 48.3 Contento comporterebbe la soppressione integrale di un articolo la cui totalità delle disposizioni – con l’eccezione, appunto, del comma soppresso è stata oggetto di doppia deliberazione conforme delle due Camere. Data la portata della disposizione soppressa nell’ambito del contenuto complessivo dell’articolo, infatti, la Presidenza delle Commissioni riunite non ravvisa alcun nesso di consequenzialità con essa degli emendamenti interamente soppressivi dell’articolo medesimo. Peraltro, alla luce della richiesta formulata dai deputati Calderisi e Zaccaria, comunica che sottoporrà al Presidente della Camera la decisione assunta con riferimento all’inammissibilità dei citati emendamenti. Le proposte emendative riferite all’articolo 48 devono pertanto ritenersi accantonate, fino a quando la Presidenza della Camera non si sarà espressa in merito alla questione”.
Nella seduta dell’8 aprile 2009, il relatore per la I Commissione faceva presente che, insieme al relatore per la Commissione bilancio, stava elaborando una proposta di riscrittura delle disposizioni in materia di valutazione di ammissibilità dei ricorsi in Cassazione contenute nell’articolo in esame che affrontasse le questioni problematiche evidenziate nel corso delle audizioni informali svolte nell’ambito dell’istruttoria legislativa sul provvedimento112. Il relatore preannunciava che, una volta definito il testo in questione, lo avrebbe sottoposto ai gruppi delle Commissioni riunite per verificare se su di esso vi fosse un consenso unanime. La presidenza delle Commissioni riunite precisava che, in considerazione della rilevanza della questione, riteneva indispensabile il consenso unanime dei gruppi su di un emendamento volto a riformulare l’articolo in esame, acquisito il quale, la questione sarebbe stata comunque rimessa alla valutazione del Presidente della Camera.
Nella seduta del 21 aprile 2009, il Presidente delle Commissioni riunite avvertiva che i relatori non erano riusciti ad acquisire il necessario consenso di tutti i gruppi su un emendamento sostitutivo dell’articolo. Egli ricordava inoltre che erano stati dichiarati inammissibili gli emendamenti 48.1, 48.2, 48.3 soppressivi dell’intero articolo. In proposito, segnalava che la questione relativa all’ammissibilità di tali emendamenti era stata sottoposta alla Presidenza della Camera e che, successivamente, alla medesima Presidenza era stata prospettata la possibilità che in Commissione si pervenisse ad un consenso unanime su una proposta emendativa interamente sostitutiva dell’art. 48. D’intesa con il Presidente della V Commissione, egli riteneva pertanto che dovesse essere confermata la pronuncia di inammissibilità degli emendamenti in questione. Ad una richiesta di accantonamento dell’articolo in esame, il Presidente rispondeva che “per modificare l’attuale testo dell’art. 48, che è stato già approvato in una formulazione alquanto simile da Camera e Senato, risulta necessaria l’unanimità che tuttavia non si è registrata. Alla luce di tale elemento, rileva che le Commissioni non possono accantonare ulteriormente l’articolo 48, ferma restando la possibilità di tornare sulla questione in Assemblea”. Le Commissioni riunite terminavano la votazione degli emendamenti relativi all’intero provvedimento e li inviavano alle Commissioni competenti in sede consultiva.
In apertura della seduta del 22 aprile 2009, il Presidente della Commissione bilancio dava conto dei pareri pervenuti dalle Commissioni competenti in sede consultiva sul testo e sugli emendamenti approvati in sede referente. Egli rilevava che in particolare la Commissione giustizia aveva espresso, all’unanimità, un parere favorevole con una condizione volta a sostituire il testo dell’articolo in esame. In proposito egli ricordava che “già in sede di valutazione di ammissibilità degli emendamenti, si era posto il problema se potessero ritenersi ammissibili gli emendamenti soppressivi dell’articolo 48, sul cui attuale testo si sono già espresse in modo conforme sia la Camera sia il Senato, avendo il Senato solo soppresso il secondo comma dell’articolo 360-bis del codice di procedura civile inserito dalla disposizione in esame. Anche con riferimento a proposte integralmente modificative, si era peraltro convenuto, anche alla luce dei precedenti, che per procedere in tal senso fosse necessario acquisire l’unanimità dei gruppi e l’assenso del Presidente della Camera. Rileva che, anche qualora il voto unanime nell’esame in sede consultiva presso la Commissione giustizia dimostri l’unanimità dei gruppi, risulterebbe comunque necessario acquisire l’avviso della Presidenza della Camera. Alla luce di tali elementi, ed in considerazione dei tempi di calendarizzazione del provvedimento in Assemblea, ritiene opportuno procedere al conferimento del mandato ai relatori, rinviando la questione alla discussione dell’Assemblea”. Il relatore per la I Commissione, anche a nome del relatore per la V Commissione, si impegnava a presentare un emendamento che recepisse il contenuto della condizione contenuta nel parere reso dalla Commissione giustizia, ferma restando la decisione della presidenza delle Commissioni riunite in ordine all’ammissibilità dello stesso. Al riguardo, ricordava comunque come, nel corso dell’esame in sede referente, si fosse unanimemente rilevata la necessità del cosiddetto filtro in Cassazione previsto dall’articolo in questione e, al contempo, registrata la contrarietà di tutte le categorie professionali interessate al testo dell’articolo come modificato dal Senato. Osservava, peraltro, che la soppressione del secondo comma del capoverso art. 360-bis nel corso dell’esame presso l’altro ramo del Parlamento aveva modificato l’assetto complessivo della disciplina in questione e determinato uno squilibrio a cui era necessario porre rimedio.
L’emendamento in questione (il 48.6) veniva presentato immediatamente. Conseguentemente, il Presidente della Commissione affari costituzionali ricordava che ” fino alle seduta di ieri non si era registrato un accordo unanime sulla proposta di integrale riformulazione dell’articolo 48 del disegno di legge e, pertanto, le Commissioni avevano concluso l’esame del testo, inviandolo successivamente alle Commissioni cui il provvedimento è assegnato in sede consultiva. Ora, i relatori, recependo la condizione contenuta nel parere della Commissione giustizia, hanno proposto una complessiva riformulazione dell’articolo 48 sulla quale si è registrato un unanime consenso da parte dei gruppi. Al riguardo, sulla base di una valutazione svolta d’intesa con il presidente della Commissione bilancio, ritiene che l’emendamento 48.6 appena presentato dai relatori possa essere ritenuto ammissibile, in quanto la modifica introdotta dal Senato in seconda lettura, sopprimendo un comma dell’articolo introdotto dalla disposizione in esame, ha fatto venir meno una specifica causa di inammissibilità del ricorso in Cassazione e ha, pertanto, inciso sulla complessiva disciplina recata dall’articolo in esame. A questo punto, la disposizione può dunque essere ridefinita anche nelle parti non direttamente modificate dall’altro ramo del Parlamento. Fa pertanto presente che, ad avviso della presidenza delle Commissioni, l’emendamento deve pertanto ritenersi ammissibile, ai sensi dell’articolo 70, comma 2, del Regolamento, in quanto conseguente alle modifiche introdotte nel corso dell’esame presso il Senato. Tuttavia, in considerazione della rilevanza della questione, d’intesa con il presidente della V Commissione, ritiene necessario, prima di assumere una determinazione al riguardo, acquisire la valutazione del Presidente della Camera in ordine all’ammissibilità dell’emendamento in questione”.
Il Presidente della Camera ha ritenuto di concordare sulla valutazione di ammissibilità della proposta emendativa, che è stata pertanto considerata ammissibile e approvata dalle Commissioni riunite (cfr. resoconto del 22 aprile 2009). Successivamente l’Aula della Camera ha approvato l’articolo senza ulteriori modificazioni.
La nuova formulazione del filtro in Cassazione approvata dalla Camera
Si ricorda preliminarmente che la precedente formulazione dell’articolo in esame era stata oggetto di numerose critiche, nel corso del dibattito parlamentare e da parte di operatori del settore.
In merito alla formulazione del filtro in termini di ammissibilità, è stato ad esempio osservato che “risulterebbe attribuita alla Cassazione la possibilità di dichiarare inammissibile – e quindi di decidere di non giudicare, neppure al fine di dichiarare la manifesta infondatezza – un ricorso proposto in conformità alle forme e ai termini stabiliti dalla legge e che denunzi una violazione di legge. Ciò in palese contrasto con l’articolo 111, settimo comma, della Costituzione, secondo il quale «contro le sentenze è sempre ammesso ricorso in cassazione per violazione di legge». Si avrebbe, poi, automaticamente una sorta di abrogazione implicita dell’articolo 360, primo comma n. 5. La sentenza di merito non potrebbe più essere impugnata per vizio di motivazione. Inoltre, la norma rende del tutto indecifrabili i rapporti tra essa ed il precedente articolo 360 del codice di procedura civile. Infine, è molto difficile sostenere che una simile riforma avrebbe risultati positivi in termini di deflazione del lavoro della Corte” (cfr. proposta alternativa di parere della Commissione giustizia, Ferranti e altri, allegato al resoconto della II Commissione della Camera del 22 aprile 2009).
Con particolare riferimento al fatto che la formulazione precedente prevedeva che il ricorso fosse ammissibile qualora avesse ad oggetto “una questione sulla quale la Corte ritiene di pronunciarsi per confermare o mutare il proprio orientamento”, è stato evidenziato che “questa ipotesi riguarda necessariamente tutti i casi sottoposti al giudizio della Corte, atteso che per ogni caso non può che esservi conferma oppure mutamento di giurisprudenza, ne consegue che la disposizione dà alla Corte il potere di scegliere arbitrariamente i casi da ammettere e quelli sui quali non pronunciarsi, il che è però incostituzionale perché determina una irragionevole disparità di trattamento tra i ricorrenti” (cfr. resoconto della seduta del 31 marzo 2009 delle Commissioni riunite I e V della Camera).
La lettera a) dell’articolo in esame nella nuova formulazione approvata dalla Camera dei deputati prevede l’introduzione nel codice di procedura civile di un nuovo art. 360-bis. Mentre però la vecchia formulazione prevedeva che tale art. 360-bis elencasse i casi in cui il ricorso era da considerarsi ammissibile, la nuova formulazione – ribaltando tale prospettiva – individua i casi in cui il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
La funzione del filtro è notevolmente ridotta, in quanto sono previsti solo due casi in cui il ricorso sarà inammissibile:
(1) quando il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa;
Nel valutare l’idoneità di tale previsione a ridurre effettivamente il carico di lavoro della Corte di cassazione, si tenga presente che la lettera d) dell’articolo in esame abroga l’art. 366-bis c.p.c. che attualmente impone al ricorrente di assumersi la responsabilità di delimitare con chiarezza il punto della decisione impugnato e con altrettanta chiarezza esporre l’itinerario critico capace di svelare l’errore di giudizio in cui il giudice di merito è incorso, “onere che assolve ad una funzione decisiva per restituire la corte nella possibilità di esercitare le funzioni sue proprie, di uniforme applicazione del diritto” (Cass. civ. sez. III, ord. N. 2652 del 4 aprile 2008).
(2) quando è manifestamente infondata la censura relativa alla violazione dei principi regolatori del giusto processo.
Con riferimento al concetto di “principi regolatori del giusto processo” (già presente nella vecchia formulazione), è stato osservato che esso è “totalmente privo di riscontro normativo anche al di fuori del codice di rito: infatti, non trova riscontro né nell’art. 6 della CEDU, né nell’art. 111, primo comma, che rinvia alla legge di disciplinare il “giusto processo”. A meno di ritenere che i principi regolatori siano quelli indicati nel secondo comma dell’art. 111, cioè garanzia del contraddittorio, della parità delle armi e della indipendenza e imparzialità del giudice. Tentativo di spiegazione che, però, non servirebbe all’interprete per riempire effettivamente di significato la previsione: ciò per la ragione che quei principi nel processo civile o sono assicurati da determinate norme, la cui violazione è dunque di per sé denunciabile o se non lo sono, saranno contraddetti da norme esistenti, delle quali sarebbe da denunciare l’incostituzionalità”113.
La lettera b) individua il soggetto che dovrà svolgere la funzione di filtro.
La formulazione originaria prevedeva che sull’ammissibilità del ricorso la Corte di cassazione decidesse in Camera di consiglio con ordinanza non impugnabile resa da un collegio di tre magistrati. Anche tale profilo era stato oggetto di critiche. Ad esempio, il C.S.M., nella delibera del 30 settembre 2008, affermava che non era chiaro “in che modo e in base a quali criteri debba essere costituito il collegio cui è devoluto il vaglio di ammissibilità: se tale collegio (composto da tre magistrati e non da cinque come tutti i collegi di cassazione114) debba essere incardinato all’interno di ciascuna sezione o a “valle” di esse; se il giudizio di ammissibilità sia vincolante per il collegio che deciderà nel merito il ricorso, essendo comunque da ritenere che la dichiarazione di ammissibilità sotto i profili indicati nell’art. 360 bis non sia e non possa essere di ostacolo alla dichiarazione di inammissibilità, da parte del collegio “ordinario”, per profili diversi, così come è ben possibile che la sentenza impugnata contenga più statuizioni alcune soltanto da ritenere ricorribili in base al nuovo testo, profilandosi anche per questa via uno sdoppiamento e una moltiplicazione di tempie e di “passaggi” di giudizi che è esattamente l’opposto di ciò di cui ha bisogno la Cassazione”.
La lettera b) in esame prevede invece che la verifica sia effettuata da una apposita sezione, che, ai sensi del comma 2 dell’articolo in esame, deve essere, di regola, composta da magistrati appartenenti a tutte le sezioni.
In particolare, la lettera b) sostituisce il primo comma dell’art. 376 c.p.c., che attualmente prevede che il primo presidente assegni i ricorsi alle sezioni unite o alle sezioni semplici.
La nuova formulazione prevede invece che, tranne quando ricorrono le condizioni previste dall’art. 374 c.p.c. (ossia per una pronuncia delle sezioni unite), il primo presidente assegni il ricorso ad apposita sezione, che verifica se sussistono i presupposti per la pronuncia in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375, primo comma, numeri 1) (inammissibilità) e 5) (manifesta fondatezza o infondatezza).
In un secondo momento, se la suddetta sezione non definisce il giudizio, gli atti sono rimessi al primo presidente, che procede all’assegnazione alle sezioni semplici.
Si ricorda che già da anni è stata istituita presso la Corte di cassazione una struttura unificata per l’esame preliminare dei ricorsi in materia civile (decreto del primo presidente della Corte di cassazione del 9 maggio 2005115), al fine di individuare eventuali cause di inammissibilità o improcedibilità, o, comunque, quelli per i quali è possibile l’adozione del rito camerale, nonché di quelli “seriali”.
Una volta depositato il ricorso ed esauriti dalla cancelleria centrale tutti i conseguenti adempimenti e decorsi i termini per la presentazione dei ricorsi incidentali e dei controricorsi, gli atti vengono trasmessi alla struttura unificata, che è composta da magistrati appartenenti a tutte le sezioni civili.
Il ricorso viene classificato secondo l’ordinario criterio di riparto per materia tra le sezioni della Cassazione ed assegnato ai magistrati della struttura unificata provenienti dalla sezione competente, che dovranno accertare attraverso un esame preliminare del ricorso, se è possibile trattarlo in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c..
Una volta raggiunta la quota di almeno quaranta ricorsi da trattarsi in camera di consiglio, si convoca la camera di consiglio innanzi al collegio composto unicamente dai magistrati della sezione competente facenti parte della struttura unificata.
I ricorsi che invece non possono essere definiti con il rito camerale vengono trasmessi alla sezione competente.
La lettera c) sostituisce l’art. 380-bis c.p.c., che attualmente disciplina il procedimento in camera di consiglio e che andrà invece a disciplinare il procedimento per la decisione sull’inammissibilità del ricorso e per la decisione in camera di consiglio.
Mentre attualmente l’art. 380-bis c.p.c. prevede che la valutazione della sussistenza di uno dei motivi per i quali è possibile procedere in camera di consiglio di cui all’art. 375, primo comma, numeri 1), 2), 3) e 5), sia compiuta dal relatore della sezione assegnataria, la nuova formulazione prevede un procedimento in due fasi.
In un primo momento, il relatore della sezione “filtro” verifica la possibilità di definire il giudizio ai sensi dell’art. 375, primo comma, numeri 1) e 5). Se egli ritiene possibile la definizione, depositerà in cancelleria una relazione con la concisa esposizione delle ragioni che possono giustificare la relativa pronuncia. A questo punto, il presidente fissa con decreto l’adunanza della Corte. Almeno 20 giorni prima della data stabilita per l’adunanza, il decreto e la relazione sono comunicati al PM e notificati agli avvocati delle parti, i quali hanno facoltà di presentare, il primo conclusioni scritte, e i secondi memorie, non oltre 5 giorni prima e di chiedere di essere sentiti, se compaiono.
Se in questa prima fase il ricorso non è dichiarato inammissibile, il relatore della sezione semplice alla quale il ricorso viene assegnato opera la valutazione in merito alla possibilità di procedere in camera di consiglio per i motivi elencati dall’art. 375, primo comma, numeri 2) e 3). Anche in questo caso, egli depositerà in cancelleria una relazione con la concisa esposizione dei motivi in base ai quali ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio e il procedimento si svolgerà con le stesse modalità previste per la sezione filtro.
La lettera d), che corrisponde al comma 2 della formulazione originaria dell’articolo in esame, abroga l’art. 366-bis c.p.c., introdotto dall’art. 6 del decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 40116.
In particolare, l’art. 366-bis c.p.c. prevede che, nei casi di ricorso per cassazione previsti dall’art. 360, primo comma, numeri 1 (motivi di giurisdizione), 2 (violazione di norme sulla competenza), 3 (violazione o falsa applicazione di norme di diritto) e 4 (nullità della sentenza o del procedimento), l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto. Nel caso previsto dall’art. 360, primo comma, n. 5 (omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione), l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.
La ratio dell’art. 366-bis c.p.c., secondo la relazione illustrativa del relativo schema di decreto legislativo (cfr. A.G. 531 della XIV legislatura) è quella di meglio finalizzare l’attività della Corte alla decisione delle questioni di diritto e di evitare che il ricorso si limiti ad una mera ripetizione degli argomenti sostenuti nelle precedenti fasi.
Sull’istituto abrogando, le Sezioni unite della Suprema Corte di cassazione hanno affermato che: “E’ noto, infatti, il fondamento di tale prescrizione, da ricercare nell’intento del legislatore – formulato nella Legge Delega 80 del 2005, art. 1, comma 2 e ribadito nel titolo stesso del Decreto Delegato n. 40 del 2006 – di rafforzare la cd. funzione nomofilattica del giudizio di cassazione;nonchè di garantire meglio l’aderenza dei motivi di ricorso (per violazione di legge o per vizi del procedimento) allo schema legale cui essi devono rispondere:in tal modo coniugando l’interesse personale e specifico del ricorrente ad una decisione della lite diversa (e più favorevole), cui è perciò imposto l’onere della sintetica ed esplicita enunciazione del nodo essenziale della questione giuridica di cui egli auspica una soluzione più favorevole da quella adotta a dalla sentenza impugnata. E quello generale all’esatta osservanza ed all’uniforme interpretazione della legge (R.D. n. 12 del 1941 art. 65), perseguito tramite l’enucleazione – con valenza più ampia e perciò appunto nomofilattica – del corretto principio di diritto al quale ci si deve attenere con casi simili” (Cass., sez. un. 1 ottobre 2007, n. 20603).
Infine, la lettera e) modifica l’art. 375, primo comma, che, come si è detto, elenca i casi in cui la Corte di cassazione decide in camera di consiglio.
In particolare, al numero 5):
viene eliminato il riferimento all’art. 366-bis c.p.c., che come si è detto viene abrogato dalla lettera d) dell’articolo in esame;
viene eliminato il riferimento alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso per mancanza dei motivi di ricorso, che viene invece trasportato al numero 1).
In conseguenza delle suddette modifiche, il numero 1) prevedrà tutti i casi in cui sorga questione sull’ammissibilità del ricorso, mentre il numero 5) sarà integralmente dedicato alla manifesta fondatezza o infondatezza del ricorso.
Si segnala che una norma transitoria sull’entrata in vigore della nuova disciplina del filtro in cassazione è stabilita dall’art. 58, comma 5, del disegno di legge in esame.
Tale disposizione prevede che le disposizioni dell’articolo in esame si applicano alle controversie nelle quali il provvedimento impugnato con il ricorso per cassazione è stato pubblicato ovvero, nei casi in cui non sia prevista la pubblicazione, depositato successivamente alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame.
108 Ai sensi dell’art. 375, primo comma, c.p.c., la Corte, sia a sezioni unite che a sezione semplice, pronuncia con ordinanza in camera di consiglio quando riconosce di dovere: 1) dichiarare l’inammissibilità del ricorso principale e di quello incidentale eventualmente proposto; … 5) accogliere o rigettare il ricorso principale e l’eventuale ricorso incidentale per manifesta fondatezza o infondatezza, ovvero dichiararne l’inammissibilità per mancanza dei motivi previsti nell’art. 360 o per difetto dei requisiti previsti dall’art. 366-bis.
109 In particolare, le disposizioni richiamate prevedono che il presidente fissi con decreto l’adunanza della Corte. Almeno venti giorni prima della data stabilita per l’adunanza il decreto e la relazione sono comunicati al pubblico ministero e notificati agli avvocati delle parti, i quali hanno facoltà di presentare, il primo, conclusioni scritte, ed i secondi, memorie, non oltre cinque giorni prima e di chiedere di essere sentiti, se compaiono, nei casi previsti dall’art. 375, primo comma, numeri 1), 3) e 5). Nella seduta la Corte delibera sul ricorso con ordinanza.
110 Ai sensi dell’art. 70, comma 2, Reg. Cam., i progetti già approvati dalla Camera e rinviati dal Senato sono riesaminati dalla Camera la quale, prima della votazione finale, delibera soltanto sulle modificazioni apportate dal Senato e sugli emendamenti ad esse conseguenti che fossero proposti alla Camera.
111 L’art. 89 Reg. Cam. prevede che il Presidente ha facoltà di negare l’accettazione e lo svolgimento di ordini del giorno, emendamenti o articoli aggiuntivi che siano formulati con frasi sconvenienti, o siano relativi ad argomenti affatto estranei all’oggetto della discussione, ovvero siano preclusi da precedenti deliberazioni e può rifiutarsi di metterli in votazione. Se il deputato insiste e il Presidente ritenga opportuno consultare l’Assemblea, questa decide senza discussione per alzata di mano.
112 Le Commissioni riunite hanno audito informalmente il primo presidente della Corte di cassazione, i rappresentanti dell’ANM, sezione Cassazione, dell’Unione nazionale Camere civili, dell’Organismo unitario dell’Avvocatura italiana, del Consiglio nazionale forense, dell’Associazione italiana giovani avvocati ed altri esperti della materia.
113 R. Frasca, Osservazioni (critiche sul c.d. filtro in cassazione in discussione in Parlamento), in www.judicium.it.
190
114 “Il collegio in questione è un organo giurisdizionale del tutto nuovo, atteso che l’art. 67 del regio decreto
n. 12/1941 prevede che la Corte di cassazione “in ciascuna sezione giudica col numero invariabile di cinque votanti”. L’intervento normativo in esame realizza così una riforma dell’Ordinamento giudiziario, sull’utilità ovvero sulla necessità della quale non è stata spesa alcuna indicazione in sede di relazione di accompagnamento”.
115 In Foro it., 2005, I, 2323-2324.
116 “Modifiche al codice di procedura civile in materia di processo di cassazione in funzione nomofilattica e di arbitrato, a norma dell’articolo 1, comma 2, della L. 14 maggio 2005, n. 80”.

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