TRIBUNALE CIVILE DI …..
ATTO DI CITAZIONE
Per responsabilità professionale dell’Avvocato
Il sottoscritto Avv. Mirco Minardi, con studio in Senigallia, via Armellini n.
14, codice fiscale MNRMRC69T06A271W, email certificata mirco.minardi@pec-ordineavvocatiancona.it, fax presso cui effettuare le notifiche 071.791.2550, in qualità di procuratore e difensore del signor LE. PR., nato a ….., residente in ….., Via ……., codice fiscale ….., unitamente e disgiuntamente all’Avv. ……., elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo sito in ….., (studio legale dell’Avv. …….), giusta procura a margine del presente atto
CITA
L’Avv. S. MA., nata il ….. a ….. (….), codice fiscale ……, con studio in via …..
INVITANDOLA A COMPARIRE
all’udienza del ……., ore di rito, innanzi al nominando Giudice Istruttore del Tribunale civile di ……., con espresso invito a costituirsi nel termine di venti giorni prima dell’udienza indicata, ai sensi e nelle forme stabilite dall’art. 166 c.p.c. e con espresso avvertimento che la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui all’art. 38 e art. 167 c.p.c. (eccezioni di incompetenza, domande riconvenzionali, eccezioni di rito e di merito non rilevabili d’ufficio, potere di chiamata in causa di terzi), per ivi in contumacia, se non debitamente costituita, sentire accogliere le conclusioni di seguito rassegnate.
ABSTRACT
All’esito di un giudizio avente ad oggetto l’impugnazione del licenziamento dell’odierno attore per giustificato motivo oggettivo, la Corte d’appello di …… ha confermato l’illegittimità del licenziamento, ma ha rigettato la richiesta reintegrazione nel posto di lavoro, avendo il difensore di primo grado, qui convenuto, erroneamente allegato che il lavoratore aveva in essere un contratto di lavoro a tempo determinato, anziché indeterminato.
I
Premesso in fatto
- Il 26/05/2000 il sig. LE. PR. veniva assunto dalla COOPERATIVA N. S., con sede in S., con contratto a tempo determinato, in qualità di operaio di II livello, addetto alle mansioni di nettezza urbana privata presso la sede dell’impresa (doc. 1, lettera di assunzione).
- Il 26/02/2001 il contratto si trasformava in contratto di lavoro a tempo indeterminato (doc. 2, comunicazione di trasformazione del rapporto di lavoro).
- Con missiva del 04/06/2007, il datore di lavoro comunicava la volontà di recedere dal rapporto per giustificato motivo oggettivo, esplicitato nella perdita di un contratto di appalto con il Comune di R…… a cui il lavoratore era adibito. Per tale motivo rappresentava che il contratto sarebbe cessato a “30 giorni di calendario” (doc. 3, lettera di licenziamento e doc. 4, Modello unificato Lav. del 25/07/2007).
- Il lavoratore si rivolgeva così al sindacato locale, nella specie la C.I.S.L., sede di B., la quale predisponeva la lettera raccomandata di impugnazione del licenziamento, firmata anche dal sig. LE., con la quale egli, tra l’altro, manifestava la volontà di riprendere il lavoro (doc. 5 lettera C.I.S.L. del 02/07/2007).
- Fallito il tentativo di conciliazione, raccolta tutta la documentazione, il sig. LE. si rivolgeva ad altro sindacato, nella specie la U.G.L. con sede di B., ove si recava unitamente alla moglie. Qui, il sig. LE. consegnava tutta la documentazione relativa al cessato rapporto di lavoro al rappresentante del suddetto sindacato, Sig. …….., il quale rassicurava l’attore che avrebbe consegnato tutto quanto ad un legale di loro fiducia, nella specie l’Avv. MA., qui convenuta, che veniva pertanto incaricato dal sig. LE..
- Con ricorso depositato presso il Tribunale di B. il 21/11/2007 (doc. 6, Ricorso Trib. B.), iscritto al n. R.G. N. ……, l’Avv. MA. impugnava il suddetto licenziamento illegittimo allegando:
- che il lavoratore era stato assunto con contratto a tempo determinato dal 26/05/2000 al 25/11/2000;
- che il rapporto di lavoro si era svolto con successivi rinnovi del contratto;
- che il rapporto di lavoro sarebbe scaduto il 04/07/2007;
- che il datore di lavoro aveva comunicato la volontà di recedere dal rapporto il 4/6/2007.
- Nel suddetto atto introduttivo, l’Avv. MA. rassegnava le seguenti conclusioni: “[…] invocandosi la tutela reale prevista dall’art. 18 statuto lavoratori: in via principale e nel merito dichiarare l’inefficacia, la nullità e/o l’annullamento del licenziamento per tutti i motivi sopra descritti e condannare parte resistente al risarcimento dei danni tutti subiti dal sig. LE., nonché alla corresponsione dell’indennità sostitutiva della reintegrazione, il tutto pari ad euro 30.000,00 o alla diversa somma ritenuta di giustizia, oltre a quanto spettante a titolo di regolarizzazione contributiva INPS, nonché al danno da svalutazione monetaria, con interessi legali […]”.
- Come si vede, dunque, pur a fronte dell’allegazione dell’esistenza di un contratto a tempo determinato, l’Avv. MA. invocava la tutela reale ex art. 18 St. Lavoratori, peraltro senza chiedere espressamente la reintegrazione (come invece avrebbe dovuto fare), bensì direttamente il risarcimento danni e l’indennità sostitutiva di reintegrazione, quando in realtà l’interesse del lavoratore, sempre esplicitato al suo difensore, era proprio quello di riottenere il proprio posto di lavoro tenuto conto anche dell’età avanzata.
- Si costituiva in giudizio la datrice di lavoro intimata per resistere alla domanda, ribadendo la legittimità del licenziamento e, per quel che qui interessa, l’inapplicabilità dell’art. 18 dello St. Lavoratori “per la semplice ragione che il ricorrente afferma che il rapporto di lavoro del Sig. LE. era a tempo determinato”, essendo quindi inapplicabili le tutele previste dall’art. 18 (doc. 7, Memoria di costituzione).
10. Durante il processo, e precisamente all’udienza del 23/07/2008, il sig. LE. apprendeva dalla voce del Giudice che il procedimento aveva ad oggetto un contratto di lavoro a tempo determinato. Sorpreso, lo stesso fece subito presente allo stesso Magistrato che in realtà il contratto di lavoro era a tempo indeterminato, cosicché l’Avv. MA. chiedeva di poter produrre documentazione (nella specie modello CUD 2008) da cui risultava che il rapporto di lavoro era a tempo indeterminato (doc. 8, verbali di udienza).
11. La produzione veniva autorizzata con successiva ordinanza del G.I. del 25/07/2008 (doc. 8, verbali di udienza).
12. A seguito di revoca del mandato, con missiva del 29/08/2008 l’Avv. MA. restituiva la documentazione in suo possesso, dichiarando di accettare come compenso per l’attività svolta la somma di euro 500,00, di cui euro 200,00 versate contestualmente, mentre euro 300,00 da versare entro il 12/06/2009 (doc. 9, lettera Avv. MA. del 29/08/2008).
13. All’esito del giudizio di primo grado, in cui come detto era nel frattempo subentrato altro difensore, il Tribunale di B., con sentenza …… dichiarava l’illegittimità del licenziamento e “non essendo applicabile nel caso di specie l’art. 18 St. Lavoratori, le conseguenze sono quelle di cui all’art. 2 legge 108/1990 (riassunzione o risarcimento del danno con una indennità di 6 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, ritenuta equa in considerazione della durata del rapporto)” … “e per l’effetto ordina(va) alla prima (N.d.R.: Cooperativa N. S.) di riassumere il secondo (N.d.R.: il ricorrente) o di risarcirgli il danno con un’indennità pari a 6 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, o alla rivalutazione e agli interessi dal dovuto al saldo” (doc. 10, sentenza Tribunale di B.).
14. Ovviamente, la datrice di lavoro si guardava bene dal riassumere il lavoratore.
15. Con ricorso in appello depositato innanzi alla Corte di Appello di B., il lavoratore impugnava la sentenza del giudice di primo grado, lamentando, in particolare, la mancata applicazione della tutela reale, posto che l’azienda datrice di lavoro occupava più di 15 dipendenti e comunque la stessa non aveva provato il contrario.
16. Si costituiva l’ex datrice di lavoro, denominata ora CO. società cooperativa, per resistere alla domanda e per proporre appello incidentale.
17. Con sentenza resa in data 15-24/09/2011 (doc. 12, sentenza Corte d’Appello di B.), la Corte di Appello di B. confermava la sentenza di primo grado in punto di illegittimità del licenziamento intimato, ma rigettava ogni altra richiesta dell’appellante osservando:
- Che “Nel rito del lavoro i fatti allegati dal ricorrente in primo grado costituiscono il fulcro immodificabile della domanda e la loro mancata contestazione da parte del convenuto rende gli stessi fatti incontestati in causa. Ne consegue che mentre è possibile previa autorizzazione del primo giudice, modificare la domanda ed anche entro certi limiti integrare la stessa, i fatti posti a fondamento del diritto che si reclama, circoscrivono l’ambito entro il quale il convenuto è chiamato a svolgere le proprie difese”.
- Che, pertanto, “il primo giudice non poteva consentire la produzione di un documento in possesso da sempre del ricorrente che contraddiceva i fatti allegati e gli stessi documenti offerti in comunicazione”.
- Che “alla luce di quanto risulta dal ricorso introduttivo appare evidente come in più punti sia richiamata ed allegata in fatto la sussistenza di un contratto a termine, di talché la parte in diritto, sicuramente non pertinente, appare chiaramente solo un richiamo errato alla disciplina applicabile e non la prova di un mero errore materiale nella redazione del ricorso”.
- Che “così costruita obbligatoriamente l’azione, le conseguenze giuridiche non possono che essere, in riforma della sentenza del primo giudice, il diritto del ricorrente a percepire tutte le retribuzioni spettanti, attesa la mancata prova del repechage, fino alla allegata cessazione del contratto a termine (04/07/2007)”.
18. Consultati vari avvocati, tra cui quelli del giudizio di secondo grado, il sig. LE. decideva di non impugnare la sentenza con ricorso in Cassazione, in quanto la stessa appariva conforme a diritto e dunque non censurabile dalla Suprema Corte.
19. Con missiva del 4/11/2011 lo scrivente avvocato contestava all’Avv. MA. l’inadempimento professionale, invitandola a comunicare l’esistenza di una eventuale polizza assicurativa (doc. 13);
20. Con fax del 15/11/2011 l’Avv. MA. chiedeva un termine per ricostruire la vicenda (doc. 14).
21. Con successivo fax del 06/12/2011 (doc. 15) l’Avv. MA. contestava ogni responsabilità affermando:
- Che dalla documentazione consegnata risultava che il sig. LE. era stato assunto con contratto a tempo determinato;
- b. Che il rapporto di lavoro sarebbe cessato il 04/07/2007 come da indicazione ricavabile sulla busta paga del mese di luglio 2007;
- Che solo dopo il deposito del ricorso il sig. LE. le aveva consegnato il CUD 2008 dal quale risultava la natura indeterminata del rapporto di lavoro;
- Che il sig. LE. le aveva revocato l’incarico in data 27/08/2008;
- Che la sentenza di secondo grado era ingiusta in quanto la produzione della documentazione era potuta avvenire solo successivamente alla predisposizione del ricorso;
- Che i fatti allegati nel ricorso erano quelli ricavabili dalla documentazione consegnata dal lavoratore;
- Che i fatti e i documenti erano quelli peraltro a lei rappresentati dal sindacato che aveva tutelato il LE. nella vertenza pre-giudiziale;
- Che, pertanto, nessun errore professionale era stato commesso.
22. Detto fax veniva riscontrato dallo scrivente avvocato con email del 07/12/2011 (doc. 16), con la quale si eccepiva, tra l’altro, che la legge vietava (oggi come allora) il rinnovo dei contratti a tempo determinato per sette anni e che non sussistevano motivi per ricorrere in Cassazione essendo, come è noto, non modificabile la causa petendi fatta valere in giudizio.
23. Con successiva email del 3/02/2012 (doc. 17) lo scrivente formulava una proposta transattiva, senza tuttavia ricevere risposta alcuna.
II
SULLA RESPONSABILITA’ DELL’AVVOCATO MA.
24. Risulta per tabulas che l’Avv. MA. ha allegato nel ricorso di primo grado la natura “a termine” del rapporto di lavoro. È altrettanto incontestabile che a causa di questa allegazione la Corte di Appello di B., pur ritenendo l’illegittimità del licenziamento, abbia negato la richiesta tutela reale.
25. Un secondo errore, su cui però la Corte non si è espressa per evidente assorbimento, è quello relativo alle conclusioni. Difatti, l’Avv. MA. non ha chiesto la reintegrazione, ma direttamente il risarcimento del danno e l’indennità sostitutiva, con la conseguenza che il giudice avrebbe potuto negare la reintegrazione anche per questa ragione, pur condannando la datrice di lavoro al pagamento dell’indennità e al risarcimento del danno. In realtà, una corretta prospettazione della domanda avrebbe dovuto prevedere la reintegrazione con la richiesta di pagamento di tutte le retribuzioni dal giorno del licenziamento alla reintegrazione, oltre alla regolarizzazione previdenziale, essendo sempre possibile per il lavoratore, una volta depositata la sentenza, optare per l’indennità sostitutiva pari a 15 mensilità.
26. Quanto al primo aspetto, come si è visto nel punto 21 in fase stragiudiziale l’Avv. MA. si è difeso affermando che tale natura si evinceva dai documenti consegnatigli dal cliente. Detta affermazione è destituita di fondamento per diverse ragioni, in fatto e in diritto.
27. Anzitutto, l’unico documento che recava la data finale del 4/7/2007 era la busta paga del mese di luglio 2007 e tale data era stata inserita dalla datrice di lavoro solo perché nel frattempo la stessa aveva inviato la lettera di licenziamento con 30 giorni di preavviso (difatti la suddetta lettera reca la data del 4 giugno 2006). In realtà, sarebbe bastato esaminare con attenzione le buste paghe precedenti (che l’Avv. MA. non contesta di avere ricevuto) per accorgersi che nessuna data finale era in esse indicata (doc. 18).
28. Ma al di là di ciò, vi è un’altra argomentazione assorbente. L’art. 4 del d.lgs 368/2001 stabilisce espressamente: “1. Il termine del contratto a tempo determinato può essere, con il consenso del lavoratore, prorogato solo quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a tre anni. In questi casi la proroga è ammessa una sola volta e a condizione che sia richiesta da ragioni oggettive e si riferisca alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato stipulato a tempo determinato. Con esclusivo riferimento a tale ipotesi la durata complessiva del rapporto a termine non potrà essere superiore ai tre anni”. Pertanto, alla luce della suddetta disposizione normativa inderogabile il contratto di lavoro a tempo determinato può essere prorogato per una sola volta e comunque la durata complessiva del rapporto (proroga compresa) non può essere superiore a tre anni.
29. Lo stesso decreto legislativo, all’art. 5, comma 4 bis, stabilisce una importante conseguenza in caso di violazione del termine e cioè la conversione: “4-bis. Ferma restando la disciplina della successione di contratti di cui ai commi precedenti e fatte salve diverse disposizioni di contratti collettivi stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, qualora per effetto di successione di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti il rapporto di lavoro fra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore abbia complessivamente superato i trentasei mesi comprensivi di proroghe e rinnovi, indipendentemente dai periodi di interruzione che intercorrono tra un contratto e l’altro, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato ai sensi del comma 2. In deroga a quanto disposto dal primo periodo del presente comma, un ulteriore successivo contratto a termine fra gli stessi soggetti può essere stipulato per una sola volta, a condizione che la stipula avvenga presso la direzione provinciale del lavoro competente per territorio e con l’assistenza di un rappresentante di una delle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale cui il lavoratore sia iscritto o conferisca mandato”.
30. Dunque, non solo la documentazione consegnata, se esaminata con attenzione, avrebbe dovuto indurre il difensore a ritenere l’inesistenza attuale di un contratto a tempo determinato, ma soprattutto in base alla normativa vigente il contratto a termine doveva ritenersi convertito in contratto a tempo indeterminato.
31. L’errore commesso è dunque grave, sia perché dai documenti in suo possesso (v. le buste paga di maggio e giugno, doc. 18) si evinceva che il contratto non aveva una scadenza (salvo l’ultima busta paga di luglio 2007), sia perché la normativa vietava (e vieta tuttora) la proroga per sette anni dei contratti a termine (come nel caso di specie).
32. Detto questo, in diritto va osservato quanto segue. L’avvocato che rappresenta la parte in giudizio conclude, con la parte stessa, un contratto di mandato, il cui oggetto è il compimento di tutte le attività necessarie per far ottenere al cliente il bene della vita.
33. In caso di proposizione di azione giudiziale l’avvocato non è certamente tenuto a garantire (e, conseguentemente, a rispondere per l’omessa) vittoria, ma è certamente inadempiente se, a causa di un errore, la domanda viene rigettata in tutto o in parte, ovvero se l’azione risulta inutilmente promossa.
34. L’avvocato, nella prestazione dell’attività professionale, sia questa configurabile come adempimento di un’obbligazione di risultato o di mezzi, è obbligato, a norma dell’art. 1176 cod. civ., ad usare la diligenza del professionista medio.
35. La violazione di tale dovere comporta un inadempimento contrattuale, del quale il medesimo è chiamato a rispondere anche in caso di colpa lieve (salvo il caso in cui, a norma dell’art. 2236 cod. civ., la prestazione dedotta in contratto implichi la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà).
36. In caso di inadempimento di non scarsa importanza, il cliente può chiedere la risoluzione del contratto (ex art. 1453 e 1455 c.c.), ovvero, secondo altra parte della giurisprudenza, l’accertamento della perdita del diritto al compenso in applicazione del principio di cui all’art. 1460 cod. civ., fermo il diritto, in entrambi i casi, al risarcimento del danno (V. Cass. Sent. n. 5928/02; id. n. 16658/07).
37. Secondo l’insegnamento delle S.U. (Sent. 13533/2001), il debitore convenuto per la risoluzione o il risarcimento del danno ha l’onere di provare di avere esattamente adempiuto la propria prestazione, ovvero di giustificare il proprio inadempimento (cfr. art. 1218 c.c.).
38. È certamente compito precipuo dell’avvocato “mediamente diligente” esaminare con attenzione i documenti portati dal cliente e la normativa applicabile.
39. Non va dimenticato, come sottolineato dalla migliore dottrina che si è occupata del thema de quo (R. Plenteda), che di regola il rapporto tra cliente e avvocato è caratterizzato da uno stato di inferiorità del cliente, il quale, non essendo dotato delle necessarie nozioni tecniche, versa nell’incapacità di operare una selezione tra le notizie a sua conoscenza, individuando autonomamente quelle che hanno rilevanza giuridica. Incombe pertanto sull’avvocato l’obbligo di verificare sempre le notizie date dal cliente e di ottenere le informazioni indispensabili per lo svolgimento dell’incarico.
40. Nel caso di specie, detta omissione ha provocato la perdita definitiva del diritto del sig. LE. ad essere reintegrato nel posto di lavoro.
III IL DANNO
41. Una volta accertata l’omessa diligenza occorre verificare:
a) l’esistenza di un danno risarcibile;
b) il nesso di causalità tra omissione e danno.
a) Il danno risarcibile e il nesso di causalità.
42. Nelle cause di responsabilità professionale contro un avvocato, la prova più difficile da dare è solitamente quella del danno, perché in genere queste controversie nascono da una soccombenza (totale o parziale); in quei casi, il cliente ha il difficilissimo onere di dimostrare che qualora la causa fosse stata coltivata diligentemente, il giudice avrebbe riconosciuto (con certezza o con elevata probabilità) il bene della vita.
43. Nel caso di specie il cliente-lavoratore ha visto riconosciuta la illegittimità del licenziamento, ma si è vista preclusa la possibilità di invocare la tutela reale a causa dell’accertamento della natura determinata del rapporto di lavoro. La Corte d’Appello non ha dunque esaminato la questione relativa all’applicabilità della tutela reale nella fattispecie.
44. È noto che a seguito della sentenza a Sezioni Unite della S.C. (141/2006) grava sul datore di lavoro l’onere di provare che l’azienda occupa meno di 15 dipendenti.
45. Detto onere, nel giudizio di appello, non è stato affatto assolto dalla datrice di lavoro convenuta, posto che la difesa del lavoratore aveva dimostrato, attraverso il libro matricola (doc. 19), che i dipendenti in forza al momento del licenziamento erano 21 e cioè: 1. V. Maurizio, 2. Z. Giuseppe, 3. P. Sergio, 4. T. Maurizio, 5. G. Marco, 6. B. Bruno, 7. N. Teodoro, 8. C. Bernardo, 9. S. Donato, 10. T. Antonio, 11. LE. PR., 12. Y. Remo, 13. G. Ermete, 14. A. Guglielmo, 15. E. Pietro, 16. T. Massimo, 17. T. Giuseppe, 18. V. Garzon 19. G. Giovanni, 20. T. Luca, 21. E. Roberto.
46. Alla luce di quanto sopra, tenuto conto che anche la Corte d’Appello aveva ritenuto illegittimo il licenziamento, in quanto non vi era “alcun dubbio che, non essendosi raggiunta la prova di una assoluta inidoneità alla guida del camion di maggior portata per la guida del quale il LE. aveva conseguito la patente, la prova del repechage non è stata data compiutamente” ed essendosi in presenza di una azienda con un numero di dipendenti superiore a 15, il LE. avrebbe verosimilmente (per non dire certamente) ottenuto la reintegra nel posto di lavoro o comunque (ma è una ipotesi di pura scuola) il pagamento fino ad un massimo di 6 mensilità (in caso di tutela obbligatoria).
47. Tuttavia, la Corte d’Appello è stata costretta ad affermare che “le conseguenze, a fronte delle allegazioni date e non modificabili, non possono che essere quelle sopra descritte”, cioè la condanna al pagamento delle retribuzioni dal giorno del licenziamento (cioè il 4/07/2007) al giorno della scadenza naturale del contratto (cioè sempre il 4/7/2007) e dunque nulla!
48. Va osservato che la giurisprudenza della S.C. più recente, in tema di nesso di causalità, non richiede la prova certa ed incontestabile che il diverso comportamento avrebbe scongiurato il danno, accontentandosi del meno rigoroso criterio del “più probabile che non”. Si legge in Cass. civ. 8151/2008: “L’affermazione della responsabilità’ professionale dell’avvocato non implica l’indagine sul sicuro fondamento dell’azione che avrebbe dovuto essere proposta o diligentemente coltivata e, perciò, la certezza morale che gli effetti di una diversa attività del professionista sarebbero stati vantaggiosi per il cliente. Ne consegue che, al criterio della certezza della condotta, può sostituirsi quello della probabilità di tali effetti e della idoneità della condotta a produrli” (Cass. 18 aprile 2007 n. 9238). Ed ancora: “La responsabilità professionale dell’avvocato, la cui obbligazione è di mezzi e non di risultato, presuppone la violazione del dovere di diligenza, per il quale trova applicazione, in luogo del criterio generale della diligenza del buon padre di famiglia, quello della diligenza professionale media esigibile, ai sensi dell’art. 1176 cod. civ., comma 2, da commisurare alla natura dell’attività esercitata. Inoltre, non potendo il professionista garantire l’esito comunque favorevole auspicato dal cliente (nella specie, del giudizio di appello), il danno derivante da eventuali sue omissioni (nella specie, redazione e notifica di un atto d’appello privo dell’indispensabile indicazione della data di udienza di comparizione) in tanto è ravvisabile, in quanto, sulla base di criteri necessariamente probabilistici, si accerti che, senza quell’omissione, il risultato sarebbe stato conseguito, secondo un’indagine istituzionalmente riservata al giudice di merito, non censurabile in sede di legittimità se adeguatamente motivata ed immune da vizi logici e giuridici” (Cass. 27 marzo 2006 n. 6967, 26 febbraio 2002 n. 2836)”.
49. Dunque, qualora l’avvocato MA. avesse proposto in maniera diligente la causa di lavoro, il sig. LE. avrebbe ottenuto con elevata probabilità la reintegrazione nel posto di lavoro o comunque in caso di riconoscimento della tutela obbligatoria l’indennità di sei mensilità, come già stabilito dal giudice di primo grado, atteso che la CO. non aveva impugnato con appello incidentale la statuizione relativa all’ammontare delle mensilità liquidate, bensì solo quella relativa alla legittimità del licenziamento.
B) I DANNI E LA LORO QUANTIFICAZIONE
50. Il danno patrimoniale subito dal sig. LE. è dunque dato:
a) dalle retribuzioni non percepite dalla data di licenziamento sino al pensionamento;
b) dal minore trattamento pensionistico che deriverà a causa della perdita delle retribuzioni.
51. Al momento del licenziamento il sig. LE. aveva 57 anni e percepiva un trattamento retributivo mensile di circa 1.600,00 euro, per 14 mensilità, per un totale di euro 22.400,00 annui.
52. Dal licenziamento al verosimile pensionamento (2016) intercorrono 9 annualità; pertanto la somma che avrebbe percepito è pari ad euro 201.600,00 (22.400 * 9).
53. A detta somma va aggiunto il minor TFR conseguito dal sig. LE. e la minor pensione percipienda, come verranno quantificati in corso di causa.
54. Non solo; la perdita dello stipendio ha determinato l’impossibilità di far fronte al rimborso dei finanziamenti ottenuti presso la F. (contratto n. 2011570698 di euro 10.000 in 5 anni, con rata mensile di euro 174,00) e la E. SPA (contratto del 14/06/2006), con conseguente iscrizione del LE. nell’archivio dei “cattivi pagatori”. Attualmente, il sig. LE. ha un saldo negativo di euro 16.679,49 verso la F..
55. Del pari il sig. LE. non è stato più in grado di rimborsare i prestiti contratti con A. (rata di 60 euro al mese), con C. (rata di 70 euro al mese) e con P. (rata di 100 euro al mese).
56. Dall’ammontare del risarcimento devono naturalmente essere detratti i guadagni che il sig. LE. ha conseguito nel 2008 (pari ad euro 3.089,77), nel 2009 (pari ad euro 8.587,39), nel 2010 (pari ad euro 8.700,00). Nel 2011 il sig. LE. non ha percepito alcun reddito non avendo trovato lavoro oltre che per l’avanzata età (oggi il sig. LE. ha 62 anni) anche a causa della grave crisi economica in cui versa il nostro paese (doc. 20, 21, 22). È verosimile, stante anche l’avanzata età, che egli non riuscirà a trovare un nuovo lavoro prima del pensionamento.
57. Al sig. LE. deve essere riconosciuto anche il risarcimento per il danno non patrimoniale derivante dalla violazione del diritto assoluto di difesa, riconosciuto dall’art. 24 della Costituzione.
58. È noto che a seguito della sentenza delle S.U. n. 26972 del 2008 sono stati affermati (tra gli altri) i seguenti principi:
- anche nella materia della responsabilità contrattuale è dato il risarcimento dei danni non patrimoniali, purché vi sia la lesione dei diritti inviolabili della persona;
- se l’inadempimento dell’obbligazione determina, oltre alla violazione degli obblighi di rilevanza economica assunti con il contratto, anche la lesione di un diritto inviolabile della persona del creditore, la tutela risarcitoria del danno non patrimoniale potrà essere versata nell’azione di responsabilità contrattuale, senza ricorrere all’espediente del cumulo di azioni;
- la lesione deve eccedere una certa soglia di offensività, rendendo il pregiudizio tanto serio da essere meritevole di tutela, in un sistema che impone un grado minimo di tolleranza;
- il risarcimento del danno presuppone che questo sia allegato e provato, anche mediante presunzioni e massime di esperienza.
59. Detto ciò va osservato:
- il diritto di agire per la tutela dei propri diritti è un diritto riconosciuto dall’art. 24 della Costituzione;
- proprio per il rilievo di questo diritto, la legge consente che, salvo in eccezionali ipotesi, la parte non possa invocare tutela giudiziale ex se, ma solo attraverso un soggetto dotato di particolare competenza tecnica, iscritto in un apposito albo, al quale si accede solo in presenza di determinati titoli e previo il superamento di un esame: l’avvocato, appunto;
- la tutela del diritto di difesa entra a pieno titolo nel contratto concluso tra avvocato e cliente e, pertanto, diviene oggetto di un vero e proprio obbligo di protezione, con conseguente responsabilità contrattuale in caso di inadempimento e di lesione;
- pertanto, ogni persona ha il diritto di essere correttamente rappresentata e difesa in giudizio;
- l’errore commesso dall’Avv. MA. nell’allegazione del fatto nel ricorso introduttivo ha provocato il parziale rigetto della domanda di reintegrazione;
- notevoli sono stati (e sono tuttora) il dispiacere e la frustrazione dell’attore, nel vedere che pur a fronte di un licenziamento illegittimo gli veniva negata la reintegrazione per un errore commesso dal suo difensore.
- È ovvio che detto dispiacere e detta frustrazione non possono essere provati con i tradizionali mezzi di prova; tuttavia il giudice ben può ritenere esistenti questi pregiudizi mediante un ragionamento di tipo presuntivo, oppure attraverso l’applicazione di massime di esperienza, secondo cui la perdita definitiva del diritto per fatto colposo dell’avvocato incaricato della sua tutela, genera nel cliente uno stato di profondo dispiacere e frustrazione, specie quando l’oggetto della causa verte su un diritto fondamentale tutelato dalla Costituzione, quale è quello al lavoro e specie quando ciò getta il cliente in una grave crisi occupazionale ed economica.
- Oltretutto, nella presente vicenda la frustrazione è aggravata dalla considerazione che il giudice aveva riconosciuto l’illegittimità del licenziamento; vi era dunque addirittura quella “certezza morale” richiesta un tempo dalla giurisprudenza (la quale oggi si accontenta del criterio dell’«altamente probabile»).
- Non solo. L’attore si vede costretto ad iniziare un nuovo giudizio, con tutto ciò che ne consegue in termini di ansia e malessere, per vedere risarciti quei danni in teoria già riconoscibili dal Tribunale e dalla Corte d’Appello.
- Va ricordato che secondo la giurisprudenza formatasi sotto la c.d. legge Pinto, ogni processo genera di norma ansia e malessere, a meno che ciò si debba escludere per la totale infondatezza delle proprie pretese.
- Nel caso in esame, il sig. LE. è stato inutilmente coinvolto in un processo civile durato quattro anni (dal 2007 al 2011).
60. Pertanto, non potrà non essere riconosciuto anche un danno non patrimoniale, liquidato nella misura stabilita dal giudice, secondo il suo prudente apprezzamento.
Il danno da perdita di chance.
61. Solo per scrupolo difensivo, si formula, in via ulteriormente subordinata, una domanda per danno da perdita di chance. Difatti, qualora per qualsiasi motivo si ritenesse non provato il nesso di causalità tra omessa diligenza e danno, o comunque il danno, al sig. LE. dovrebbe essere risarcito il danno da perdita di chance, inteso quest’ultimo come “danno futuro, consistente non nella perdita di un vantaggio economico, ma nella perdita della mera possibilità di conseguirlo, secondo una valutazione “ex ante” da ricondursi al momento in cui il comportamento illecito ha inciso su tale possibilità in termini di conseguenza dannosa potenziale. L’accertamento e la liquidazione di tale perdita, quest’ultima necessariamente equitativa, sono devoluti al giudice di merito e sono insindacabili in sede di legittimità se adeguatamente motivati”, Cassazione civile, sez. III, 07/10/2010, n. 20808, tanto per citare una delle ultime.
62. È certo che l’inadempimento ha privato totalmente il sig. LE. di qualsiasi chance di ottenere la reintegra nel posto di lavoro o quanto meno il pagamento dell’indennità di 6 mensilità, possibilità che invece era certamente elevata, come provato dalle pronunce dei giudici di merito e dalla documentazione prodotta.
63. Anche questo danno non potrà che essere liquidato in via equitativa.
* * * * * * * * * *
Alla luce di tutto quanto sopra esposto lo scrivente avvocato rassegna le seguenti
CONCLUSIONI
Piaccia al Tribunale adito, rigettata ogni domanda o eccezione avversaria:
- accertare per tutti i motivi indicati nel presente atto l’inadempimento o l’inesatto adempimento colpevole dell’Avv. S. MA. e per l’effetto
- dichiarare risolto il contratto di mandato professionale o comunque dichiarare non dovuto ex art. 1460 c.c. il compenso concordato di euro 500,00, e sempre per l’effetto
- condannare la stessa a restituire la somma di euro 200,00 oltre interessi dal 29/08/2008 al saldo e al risarcimento di tutti i danni subiti dal sig. LE. PR., patrimoniali e non patrimoniali, presenti e futuri, se del caso e dunque in via subordinata anche per perdita di “chance”, nella misura di euro 200.000,00 o quella diversa, che potrà essere maggiore oppure minore, ritenuta di giustizia secondo il prudente apprezzamento del Giudice adito. Con vittoria di spese di giudizio, rimborso forfettario, iva e cap.
Il valore della presente controversia è indeterminabile.
RICHIESTE ISTRUTTORIE
In via istruttoria si chiede una CTU volta a quantificare il minor trattamento pensionistico in capo al sig. LE..
PRODUZIONI
Atti:
1) Atto di citazione con procura a margine.
Documenti:
1 Lettera di assunzione senza data;
2 Comunicazione di trasformazione del rapporto di lavoro;
3 Lettera di licenziamento del 04/06/2007.
4 Modello unificato Lav. del 25/07/2007.
5 Lettera C.I.S.L. del 02/07/2007.
6 Ricorso ex art. 414 c.p.c. del 21/11/2007.
7 Memoria di costituzione della Cooperativa N. S. del 23/06/2008.
8 Verbali di udienza della causa civile n. 2567/2007.
9 Lettera Avv. MA. del 29/08/2008.
10 Sentenza Tribunale di B. del 2/7/2010 n. 683/2010.
11 Copia verbali causa di appello.
12 Sentenza della Corte d’Appello di B. del 15/09/2011 n. 356.
13 Lettera Avv. Minardi / Avv. MA. del 4/11/2011.
14 Fax Avv. MA. /Avv. Minardi del 15/11/2011.
15 Fax Avv. MA. /Avv. Minardi del 07/12/2011.
16 Email Avv. Minardi / Avv. MA. del 07/12/2011.
17 Email Avv. Minardi / Avv. MA. del 3/2/2012.
18 Buste paga mesi di maggio/giugno/luglio 2007.
19 Copia estratto libro matricola.
20 N. 2 CUD 2010.
21 CUD 2009.
22 CUD 2008.
23 Scheda anagrafica del 30/11/2011.
24 Copia contratto finanziamento E. SPA.
25 Copia estratto movimenti F. del 14/11/2011.
26 Informativa ex d.lgs. 28/2010.
B., lì 12/04/2012
Avv. Mirco Minardi
Buonasera Collega,
e complimenti per il sito, davvero molto interessante.
Sto approfondendo le tematiche relative alla responsabilità professionale dell’avvocato e mi piacerebbe leggere l’atto di citazione, da Te redatto sul punto, in maniera completa.
Credi sia possibile?
Ti ringrazio e Ti saluto cordialmente.
Avv. Massimo Rizzitelli
@Massimo Rizzitelli: nel sito ne ho pubblicati uno o due. Usa la funzione ricerca.
Caspita!!! 😀
Complimenti collega!!!
Scusa collega ma poi come è andata a finire la causa?
Te lo chiedo perché io sto patrocinando una causa simile, nella quale l’avvocato del lavoratore impugno il licenziamento ai sensi dell’art. 8, legge 604/66, anziché dell’art. 18, statuto lavoratori, sull’erroneo presupposto che l’azienda occupava meno di 15 dipendenti, mentre dalla visura camerale si evinceva nettamente che il numero complessivo dei dipendenti (considerando anche le 2 sedi secondarie) ammontava a 17.
Se la sentenza è positiva mi sarebbe molto utile averla, grazie in anticipo.
Roberto.
Avv. Napolitando: abbiamo transatto
Sono curioso di sapere se in sede di transazione ha partecipato anche la compagnia assicurativa chiamata in causa dal convenuto. Grazie