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Quante volte abbiamo ritenuto che “più probabile che non” significasse 50%+1. Non è così.
“Più probabile che non” significa semplicemente che un evento si pone come antecedente causale con maggiore probabilità rispetto ad altri possibili cause.
Se ad esempio un evento può essere causato da 7 possibili cause di cui una ha il 40% di probabilità, le altre 6 solo 10%, il giudice potrà affermare che la prima causa ha provocato l’evento. Ce lo spiega il solito inimitabile consigliere dott. Marco Rossetti, una delle menti più brillanti del panorama giuridico (Cass. 4024/2018).
2. Il secondo motivo di ricorso.
2.1. Col secondo motivo di ricorso i ricorrenti sostengono che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c. n. 3. E’ denunciata, in particolare, la violazione dell’art. 2043 c.c.
Deducono, al riguardo, che la Corte d’appello avrebbe erroneamente affermato che “causa” in senso giuridico dell’evento deve ritenersi, tra più possibili antecedenti, quella “certa”, e non quella più probabile.
2.2. Il motivo è fondato.
Questa Corte, ormai da dieci anni, viene costantemente ripetendo in tema di nesso causale i seguenti principi:
(a) il nesso di causa tra una condotta illecita e un danno può essere affermato non solo quando il secondo sia stato una conseguenza certa della prima, ma anche quando ne sia stato una conseguenza ragionevolmente probabile;
(b) la ragionevole probabilità che quella causa abbia provocato quel danno va intesa non in senso statistico, ma logico: cioè non in base a regole astratte, ma in base alle circostanze del caso concreto;
(c) ciò vuol dire che anche in una causa statisticamente improbabile può ravvisarsi la genesi del danno, se tutte le altre possibili cause fossero ancor più improbabili, e non siano concepibili altre possibili cause.
Così, ad esempio, se il crollo d’un immobile potesse astrattamente essere ascritto solo a sette possibili cause, tra loro alternative, una delle quali probabile al 40%, e le altre sei al 10%, la prima dovrebbe ritenersi “causa” del crollo, a nulla rilevando che le sue probabilità statistiche di avveramento fossero inferiori al 50%, e quindi “improbabili” per la sola statistica.
Questi principi sono stati, come accennato, ripetutamente affermati da questa Corte: innanzitutto dalle Sezioni Unite (Sez. U, Sentenza n. 576 del 11/01/2008; Sez. U, Sentenza n. 581 del 11/01/2008; Sez. U, Sentenza n. 582 del 11/01/2008; Sez. U, Sentenza n. 584 del 11/01/2008); ed in seguito ribaditi e precisati da altre numerose decisioni (si vedano Sez. 3, Sentenza n. 11789 del 09/06/2016, per l’affermazione del principio secondo cui il nesso può dirsi sussistente in mancanza di altre “meno improbabili cause”; Sez. 3, Sentenza n. 3390 del 20/02/2015, per l’affermazione del principio della “probabilità relativa”, ovvero da apprezzare con riferimento alla specificità del caso; e soprattutto Sez. 3, Sentenza n. 15991 del 21/07/2011, per l’affermazione del principio secondo cui in tema di nesso di causa rileva la c.d. “probabilità relativa”, non la probabilità statistica).
Il corollario di quanto precede è che in presenza di più possibili e diverse concause di un medesimo fatto, nessuna delle quali appaia nè del tutto inverosimile, nè risulti con evidenza avere avuto efficacia esclusiva rispetto all’evento, è compito del giudice valutare quale di esse appaia “più probabile che non” rispetto alle altre nella determinazione dell’evento, e non già negare l’esistenza della prova del nesso causale, per il solo fatto che il danno sia teoricamente ascrivibile a varie alternative ipotesi (così già Sez. 3, Sentenza n. 23933 del 22/10/2013).
2.3. Nel caso di specie i suddetti principi non sembrano essere stati rispettati dalla sentenza impugnata.
La Corte d’appello ha rilevato in fatto come, secondo “l’ausiliario del c.t.u.”, le fessurazioni e le rotture del massetto realizzato con il materiale prodotto dalla società T. erano dovute ad un eccesso di espansione, a sua volta dovuto alla formazione di ettringite.
Questo fenomeno, riferisce la sentenza impugnata, poteva a sua volta teoricamente essere ascritto a tre “cause alternative o contemporanee”:
-(a) una concertazione di anidride solforosa superiore all’1% nel clinker (ovvero il componente base del materiale);
(b) l’esistenza di microfessure dovute ad “escursioni geotermiche” (ovvero, pare doversi ritenere, della temperatura del suolo);
(c) l’esposizione ad umidità.
Accertato ciò in fatto, la Corte ha concluso che sulla causa del danno fossero formulabili solo delle mere ipotesi, e che di conseguenza la prova del nesso non fosse stata raggiunta.
2.4. Così giudicando, tuttavia, la Corte d’appello è incorsa in tre errori, che costituiscono altrettante false applicazioni dell’art. 2043 c.c..
Il primo errore è consistito nel ritenere che una mera ipotesi non sia sufficiente a fondare un giudizio di causalità. Per quanto detto, infatti, anche un evento improbabile può, in concreto e nella singola, specifica vicenda processuale, ritenersi “causa” d’un evento, se tutte le altre possibili cause siano ancor meno probabili.
Il secondo errore è consistito nel ritenere non provato il nesso eziologico tra materiale e danno per il solo fatto di essersi trovata dinanzi a più cause possibili ed alternative.
Per quanto detto, infatti, dinanzi a plurime e possibili cause alternative del danno il giudice non può sottrarsi al compito di stabilire quale tra esse debba ritenersi quella “più probabile” in concreto ed in relazione alle altre, e non già in astratto ed in assoluto.
Il terzo errore è consistito nell’avere affermato che le varie ipotesi causali potevano essere anche “concorrenti” (p. 17, primo capoverso), e non averne poi tenuto conto nell’accertamento della causa più probabile.
Per quanto detto, infatti, nel concorso tra cause umane (nella specie, l’ipotizzato difetto di fabbricazione) e cause naturali (le escursioni geotermiche o l’umidità) la responsabilità civile non viene meno nè si attenua, sul piano della causalità materiale (altro e diverso discorso afferendo al diverso piano della causalità giuridica), come già stabilito più volte da questa Corte (Sez. 3, Sentenza n. 15991 del 21/07/2011).
2.5. La sentenza impugnata va dunque cassata anche sotto questo aspetto. Il giudice di rinvio, nel valutare l’esistenza del nesso di causa, si atterrà al seguente principio di diritto:
“quando un evento dannoso sia teoricamente ascrivibile a più cause, solo alcune delle quali implicanti una responsabilità civile, il giudice non può rigettare la domanda di risarcimento per il solo fatto che le possibili cause siano più d’una, ma deve accertare in concreto quale, tra le varie possibili cause, appaia la più probabile. Tale giudizio va compiuto non in astratto ed in assoluto, ma in concreto e in relazione alla probabilità relativa che ciascuna ipotetica causa può avere rispetto alle altre”.
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