a cura di Fabrizia Gaia Postiglione ( praticante avvocato abilitato al patrocinio)
La Corte di Cassazione – Sezione I civile – Sentenza 30 marzo 2012 n. 5175 , ha stabilito la nullità del matrimonio che era stato contratto come conseguenza di una gravidanza inaspettata.
Nel caso in esame infatti il vincolo tra i coniugi era sorto con delle evidenti riserve mentali confermate dalla totale «carenza di affetto sponsale» oltre che da continue incomprensioni determinate da differenze caratteriali e di educazione.
La Cassazione precisa inoltre che la totale mancanza di un concreto tentativo di conciliazione tra marito e moglie non può che confermare la tesi già supportata in passato (attraverso decreto emesso nel 2009 della Segnatura Apostolica ) la quale sosteneva che «la scelta matrimoniale fosse stata determinata dall’intento di riparare all’errore commesso e non invece dall’intento di A. di vivere per tutta la vita con F.».
In definitiva il matrimonio sarebbe stato contratto no come “vincolo” ma con “riserva” con conseguente brevità dello stesso motivo per cui i Giudici di Piazza Cavour sostengono che “la durata breve, di appena dieci mesi, della convivenza matrimoniale tra le parti, culminata nell’abbandono del tetto coniugale da parte della convenuta e caratterizzatada incomprensioni e contrasti continui, verosimilmente dovuti a differenze caratteriali e di educazione e a carenza di affetto sponsale, tali da renderne intollerabile la prosecuzione conferma il fatto che la scelta matrimoniale fosse stata determinata dall’intento di riparare all’errore commesso, il concepimento del figlio, anche da parte della convenuta e non, invece, dall’intento della medesima di vivere con il marito “per tutta la vita”.
Per i siffatti motivi la decisione del Tribunale ecclesiastico di annullare le nozze e’ considerata dalla Corte di Cassazione ineccepibile.
Corte di Cassazione – Sentenza n. 5175/2012
Nullità del matrimonio per riserva mentale – E’ nullo il matrimonio contratto solo perché lei aspetta un bambino
Corte di Cassazione Sez. Prima Civ. – Sent. del 30.03.2012, n. 5175
Presidente Vitrone – Relatore Didone
Ritenuto in fatto e in diritto
1. – Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Napoli ha dichiarato l’esecutività, ai sensi dell’art. 8 n. 2 della legge 121/85, della sentenza del Tribunale Ecclesiastico Regionale Campano
del 12- 3-2008, ratificata dal Tribunale di Appello del Vicariato di Roma in data 22-10-2008 e resa esecutiva con decreto in data 19-2-2009 del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, con la quale era stata dichiarata la nullità del matrimonio contratto da F. C. con M.A. a causa dell’esclusione dell’indissolubilità del matrimonio medesimo da parte delI’ attore, ai sensi del canone 1101 parag. 2 c.d.c.
2.- Contro la decisione della corte di merito la M. ha proposto ricorso per cassazione affidato a
tre motivi, resiste con controricorso l’intimato, il quale ha – tra l’altro – dedotto la non integrità del contraddittorio.
3. – Il ricorso risulta ritualmente notificato al P. M. presso la Corte di appello.
3.1.- Con il primo motivo parte ricorrente denuncia «nullità della sentenza per difetto della
sua sottoscrizione, ex art . 132 c.p.c – art. 119 Disp. Att c.p.c.».
3. 1. 1. – Il motivo è manifestamente infondato perché la sentenza risulta regolarmente sottoscritta dall’estensore e dal presidente mentre nessun rilievo può essere attribuito all’incompleta indicazione della data di svolgimento della camera di consiglio una volta che il provvedimento
risulta ritualmente depositato in cancelleria con l’indicazione del deposito in data 15.9.2010.
3. 2. – Con il secondo motivo parte ricorrente denuncia «violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. per difetto di valutazione delle prove» e con il terzo motivo denuncia «erronea, incongruente e contraddittoria motivazione circa punti, decisivi della controversia – art 360, 5 c.p.c.».
3.2.1.- Le censure sono inammissibili perché la corte del merito si è correttamente attenuta ai principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui «in sede di delibazione della sentenza di nullità matrimoniale emessa dal giudice ecclesiastico per esclusione del
vincolo dell’ indissolubilità “ex parte viri”, il giudice italiano è vincolato ai fatti accertati in quella
pronuncia, non essendogli concesso né un riesame del merito né il rinnovo dell’istruttoria con acquisizione di nuovi materiali probatori; tuttavia, essendo diversa la natura dei giudizi, quello ecclesiastico teso ad accertare la “voluntas simulandi” unilaterale di un coniuge e quello italiano incentrato sulla necessità di verificare il profilo di conoscenza o conoscibilità di tale riserva, al giudice italiano non è precluso di provvedere ad un’autonoma e diversa valutazione del medesimo materiale probatorio secondo le regole del processo civile, eventualmente disattendendo
gli obiettivi elementi di conoscenza documentati negli atti del giudizio ecclesiastico» (Sez. 1, Sentenza n. 2467 del 01/02/2008).
Con adeguata e logica motivazione, per ciò stesso incensurabile in questa sede la corte di merito ha accertato tra l’altro che «la durata breve (di appena dieci mesi) della convivenza matrimoniale tra le parti, culminata nell’abbandono del tetto coniugale da parte della convenuta e caratterizzata da incomprensioni e contrasti continui, verosimilmente dovuti a differenze caratteriali e di educazione ed a carenza di affetto sponsale, tali da renderne intollerabile la prosecuzione,
come accertato nel giudizio di separazione tra i coniugi, conclusosi con la sentenza del Tribunale di Napoli in data 14-7-2009, in assenza di alcun tentativo serio di conciliazione da parte dei medesimi ed, in particolare, della M. nel mentre conferma il fatto che la scelta matrimoniale fosse stata determinata dall’intento di riparare all’errore commesso (il concepimento del figlio), anche da parte della convenuta e non, invece, dall’intento della medesima di vivere con il C. per tutta la vita, costituisce un ulteriore dato, che fa presumere la consapevolezza, da parte sua, della riserva
mentale di quest’u timo». Il ricorso, dunque, deve essere rigettato.
Le spese del qiud’zio di legittimità liquidate in dispositivo – seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in complessivi euro 2.700,00 di cui euro 200,00 per esborsi oltre le spese generali e accessori come per legge.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti a norma dell’ art. 52 d .lgs. 196/03 in quanto imposto dalla legge.
Depositata in Cancelleria il 30.03.2012
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