Esistono due forme di mala gestio: quella cosiddetta impropria, e quella cosiddetta propria, i cui tratti distintivi rimandano ai due distinti profili di responsabilità del garante, configurabili in materia di assicurazione obbligatoria per la R.C.A..
A partire dal noto arresto delle Sezioni Unite (8 luglio 2003 n. 10725) che ha riconsiderato ex novo la problematica, la Suprema Corte ha costantemente ribadito (cfr. Cass. civ. 28 giugno 2010, n. 15397; Cass. civ. 5 agosto 2005, n. 16598; Cass. civ. 4 febbraio 2005, n. 2276; Cass. civ. 22 dicembre 2004, n. 23819) che in tema di assicurazione della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, va distinta l’obbligazione diretta dell’assicuratore nei confronti del danneggiato, da quella dell’assicuratore stesso nei confronti del danneggiante-assicurato e va, conseguentemente, distinta l’eventuale ipotesi di responsabilità relativa al primo rapporto (mala gestio c.d. impropria), da quella riconducibile ai rapporti assicuratore-assicurato (mala gestio c.d. propria).
Segnatamente la responsabilità ultramassimale dell’assicuratore nei confronti della parte danneggiata (che solo con formula tralaticia si continua a definire mala gestio, trattandosi in realtà di responsabilità da colpevole ritardo) trova titolo in un comportamento dell’obbligato ingiustificatamente dilatorio, a fronte della richiesta di liquidazione avanzata dal danneggiato, trascorso il termine di cui alla L. n. 990 del 1969, art. 22, (e, attualmente, i termini di cui al D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 145), alla cui scadenza l’assicuratore è da considerare in mora, semprechè sia stato posto in grado con la detta richiesta di determinarsi in ordine all’an e al quantum della somma dovuta a titolo di risarcimento.
Ciò significa che l’assicuratore il quale, in linea di principio, è obbligato verso il danneggiato non oltre il limite del massimale e il cui debito è chiaramente di valuta e non di valore, a differenza di quello che il danneggiante ha verso l’assicurato, si può trovare obbligato oltre il limite del massimale, ex art. 1224 c.c., senza necessità di altra prova del danno, quanto agli interessi legali maturati sul massimale per il tempo della mora, e anche oltre il limite del saggio legale, in presenza di allegazione e prova (se del caso, mediante ricorso a presunzioni) del “maggior danno” di cui al cit. art. 1224, comma 2.
Peraltro, proprio perchè la responsabilità da colpevole ritardo, nell’ambito del rapporto tra assicuratore e danneggiato, è fondata sulla costituzione in mora del primo L. n. 990 del 1969, ex art. 22, non è necessario che il danneggiato, per ottenere la corresponsione degli interessi, e della rivalutazione oltre il limite del massimale, formuli una specifica domanda, essendo sufficiente che abbia chiesto l’integrale risarcimento del danno (cfr. cfr. Cass. civ. 30 ottobre 2007, n. 22883; Cass. civ. 24 gennaio 2006, n. 1315) ovvero, anche, che abbia richiesto il pagamento degli interessi (cfr. Cass. civ. 28 giugno 2010, n. 15397).
La seconda fattispecie di responsabilità da mala gestio (c.d.
propria), afferente ai rapporti assicuratore-assicurato/danneggiante, trova fondamento nella violazione dell’obbligo dell’assicuratore di comportarsi secondo buona fede e correttezza nell’esecuzione del contratto ai sensi degli artt. 1175 e 1375 c.c.. Ed essa è configurabile non solo nel caso in cui l’assicuratore, senza un apprezzabile motivo, rifiuti di gestire la lite o se ne disinteressi in modo da recare pregiudizio all’assicurato o ancora la gestisca in maniera impropria, ma altresì in tutti i casi in cui sia comunque ravvisabile un colpevole ritardo dell’assicuratore nella corresponsione dell’indennizzo al danneggiato, ritardo dal quale sia derivato all’assicurato un danno.
Ne deriva che in siffatte ipotesi all’obbligazione dell’assicuratore nei confronti del danneggiato può aggiungersi, sempre a carico dello stesso, un’ulteriore e diversa obbligazione nei confronti del danneggiante-assicurato, sul quale sia, in definitiva, venuto a gravare l’onere economico dei pregiudizi derivanti da tali condotte del garante. Il danneggiante invero ben può pretenderne il ristoro dall’assicuratore, facendo valere nei suoi confronti quella forma di responsabilità contrattuale, comunemente definita “da inala gestio propria”.
Non è poi superfluo precisare che – proprio perchè trattasi di inadempimento contrattuale – l’affermazione della responsabilità dell’assicuratore verso il danneggiante (a differenza di quanto si è detto per l’affermazione di responsabilità verso il danneggiato), postula la proposizione, da parte dell’assicurato, di una specifica domanda, con allegazione dei comportamenti che sostanziano la mala gestio, incombendo poi alla controparte dimostrare di avere correttamente adempiuto la propria obbligazione (cfr. Cass. civ. sez. un. 30 ottobre 2001, n. 13533; Cass. sez. un. 11 gennaio 2008, n. 577). Il che implica altresì che il danneggiato non può far valere contro l’assicuratore, come proprio, il diritto del danneggiante- assicurato a essere dallo stesso risarcito, se non esercitando l’azione surrogatoria, e cioè sostituendosi al proprio debitore ex art. 2900 c.c..
Estratto da Cass. 3014/2016
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