Inadempimento oggettivo o per colpa?
Una delle questioni più tormentate è quella relativa alla imputabilità dell’inadempimento. In altre parole, per aversi inadempimento imputabile è necessario dover muovere un rimprovero al debitore, ovvero questi risponde oggettivamente, per il solo fatto di non aver adempiuto la prestazione, salvo l’impossibilità non imputabile della prestazione?
Il dibattito è sorto perché il codice civile nel disciplinare la responsabilità contrattuale – a differenza di quanto previsto in ipotesi di responsabilità extracontrattuale ove espressamente è stabilito che il debitore risponde per dolo o colpa – sembra contraddirsi.
Analizziamo le norme.
L’art. 1176 c.c. stabilisce che il debitore nell’adempiere l’obbligazione deve usare la diligenza del buon padre di famiglia (o quella del professionista).
L’art. 1218 c.c. afferma invece che il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.
Insomma: l’art. 1176 c.c. sembra accontentarsi della diligenza, mentre l’art. 1218 afferma che il debitore risponde sempre, salva l’impossibilità della prestazione per causa a lui non imputabile; dunque gli impone qualcosa di più della semplice diligenza:
a) la prestazione deve essere impossibile;
b) l’impossibilità non deve essergli imputabile.
Numerose le ricostruzioni effettuate dalla dottrina. Vediamo le più importanti:
- a) secondo l’orientamento più risalente l’art. 1176 c.c. disciplina l’adempimento e non l’inadempimento; l’inadempimento rileva oggettivamente, dunque il debitore è liberato solo se dimostra che la prestazione è divenuta impossibile per causa non imputabile (provvedimento dell’autorità, fatto illecito del terzo, fatto del creditore, forza maggiore, caso fortuito);
- b) l’orientamento suddetto è stato mitigato da alcuni autori precisandosi che l’impossibilità deve essere intesa in senso relativo, comprensiva anche della eccessiva onerosità in relazione allo sforzo normale richiesto dal rapporto obbligatorio considerato in concreto in una ottica di correttezza e buona fede;
- c) la dottrina maggioritaria ritiene che la responsabilità del debitore si fondi sulla colpa; l’art. 1218 c.c. stabilisce solo una presunzione e dunque è norma avente rilievo probatorio, non sostanziale;
- d) secondo altra tesi, occorre distinguere tra obbligazioni di mezzi ed obbligazioni di risultato; solo nelle prime si risponde per colpa, nelle seconde il debitore risponde anche provando la diligenza, salva la prova dell’impossibilità della prestazione per causa non imputabile;
- e) ancora, per una altra tesi l’art. 1218 si applica solo alle obbligazioni aventi ad oggetto una obbligazione di dare avente ad oggetto una cosa determinata; negli altri casi il debitore risponde solo per colpa.
Per quanto concerne la giurisprudenza è impossibile rintracciare un orientamento univoco, come pure prese di posizione per l’uno a l’altro orientamento. Le decisioni sono motivate con riferimento al caso concreto, facendo ricorso alla clausola di buona fede, ai principi costituzionali, o al concetto di inesigibilità della prestazione.
Domani la III parte.

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