L’inadempimento contrattuale (parte III)

Mirco Minardi

L’azione di adempimento

L’azione di adempimento mira a conseguire l’esecuzione della prestazione, a prescindere da eventuali profili risarcitori e quindi indipendentemente dalla ricorrenza di un danno nel patrimonio del creditore. Ciò che rileva è che la prestazione non sia stata eseguita o non sia stata eseguita correttamente.

Il codice civile non assegna una prevalenza dell’azione di esatto adempimento rispetto a quella di risoluzione; occorre però considerare che la risoluzione si può ottenere solo qualora l’inadempimento non sia di scarsa importanza avuto riguardo all’interesse del creditore.

Tuttavia, il rimedio dell’adempimento non sempre trova applicazione. Un esempio tipico è quello della vendita. L’art. 1490 c.c. stabilisce che «il venditore è tenuto a garantire che la cosa venduta sia immune da vizi che la rendano inidonea all’uso a cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore». In questi casi – prevede l’art. 1492 c.c. – «il compratore può domandare a sua scelta la risoluzione del contratto ovvero la riduzione del prezzo, salvo che, per determinati vizi, gli usi escludano la risoluzione». Sono due, quindi, i rimedi giudiziali previsti dalla legge a favore del compratore:

a) la risoluzione del contratto;
b) la riduzione del prezzo.

La giurisprudenza prevalente nega invece la possibilità di esperire l’azione di esatto adempimento mediante la sostituzione o riparazione del bene, affermando che “qualora la cosa venduta sia affetta da vizi, il compratore non può avvalersi, anche nel concorso della colpa del venditore, dell’azione di esatto adempimento, alternativamente con le azioni derivanti dalla garanzia di cui all’art. 1490 c.c., in quanto le obbligazioni principali del venditore, secondo la previsione dell’art. 1476 c.c., non hanno per oggetto, neppure in via sussidiaria, un facere relativo alla materiale struttura della cosa venduta. Tuttavia, l’esperimento nei termini di decadenza e di prescrizione ex art. 1495 c.c. di un simile rimedio (azione di esatto adempimento), non previsto (in astratto) dalla legge, non rende improponibile, per ciò solo, la congiunta domanda di risarcimento dei danni determinati dai vizi della cosa”.
Va però segnalato, in netta controtendenza, che il codice di consumo attribuisce prevalenza ai rimedi di esatto adempimento, ossia alla sostituzione ed alla riparazione del bene, stabilendo che solo in via sussidiaria è possibile chiedere la riduzione del prezzo o la risoluzione.

Con riferimento al contratto preliminare, è invece oggi dominante l’orientamento secondo cui di fronte a vizi e difetti della cosa promessa in vendita il compratore può:

a) chiedere la risoluzione del contratto;
b) chiedere la riduzione del prezzo anche unitamente alla sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c.;
c) chiedere l’eliminazione dei vizi e difetti anche unitamente alla sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c.

Per quanto riguarda il contratto di appalto l’art. 1668 c.c. prevede espressamente che l’appaltatore possa essere condannato ad eliminare i vizi e difetti. Secondo la giurisprudenza più recente ciò implica la possibilità di ottenere una condanna ad un fare sfociabile con l’esecuzione forzata ex art. 2931 c.c. secondo la procedura prevista dagli artt. 612 e 613 c.p.c., con attribuzione al giudice delle concrete modalità di esecuzione dell’obbligo.


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Mirco Minardi

Avvocato, blogger, relatore in convegni e seminari. Autore di numerosi articoli apparsi su riviste specializzate cartacee e delle seguenti monografie: Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile di cognizione. Manuale di sopravvivenza per l’avvocato, Lexform Editore, 2009; Le trappole nel processo civile, 2010, Giuffrè; L’onere di contestazione nel processo civile, Lexform Editore, 2010; L’appello civile. Vademecum, 2011, Giuffrè; Gli strumenti per contestare la ctu, Giuffrè, 2013; Come affrontare il ricorso per cassazione civile, www.youcanprint.it, 2020.

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