6. Presunzioni. – 7. Prove atipiche. – 8. Consulenza tecnica d’ufficio.
6. Presunzioni. L’art. 2727 c.c. descrive le presunzioni come
«le conseguenze che la legge o il giudice trae da un fatto noto per risalire ad un
fatto ignorato». La prova critica o indiziaria è una prova in senso pieno
e non un argomento di prova, poiché il fatto secondario deve essere
dimostrato attraverso gli ordinari mezzi di prova e soltanto in
seguito il giudice effettuerà un ragionamento mediante il quale potrà
dichiarare l’esistenza o l’inesistenza del fatto primario, rilevante ai
fini della decisione.
Sulle prove presuntive si segnala, in particolare, Sez. 5, n.
04080/2015, Marulli, Rv. 634980, per la quale, in materia di
accertamento delle imposte sui redditi, la “contabilità in nero”,
costituita da appunti personali ed informazioni dell’imprenditore,
rappresenta un valido elemento indiziario, dotato dei requisiti di
gravità, precisione e concordanza prescritti dall’art. 39 del d.P.R. 29
settembre 1973, n. 600, dovendo ricomprendersi tra le scritture
contabili disciplinate dagli artt. 2709 e ss. c.c. tutti i documenti che
registrino, in termini quantitativi o monetari, i singoli atti d’impresa
ovvero rappresentino la situazione patrimoniale dell’imprenditore
ed il risultato economico dell’attività svolta, ed incombendo sul
contribuente l’onere di fornire la prova contraria.
7. Prove atipiche. Nel ribadire l’assunto in virtù del quale
nel vigente ordinamento processuale, improntato al principio del
libero convincimento del giudice ed in assenza di una norma di
chiusura sulla tassatività tipologica dei mezzi di prova, questi può
porre a fondamento della decisione anche prove atipiche (assunto
condiviso anche in dottrina, ferma l’impossibilità di porre a
fondamento della decisione prove acquisite illecitamente), Sez. 3, n.
13229/2015, De Stefano, Rv. 636013, ha precisato che
dell’utlizzazione delle stesse deve essere fornita adeguata
motivazione e deve trattarsi di prove idonee ad offrire elementi di
giudizio sufficienti, non smentiti dal raffronto critico con le altre
risultanze del processo.
Sul punto, Sez. 1, n. 17392/2015, Di Virgilio, Rv. 636702, ha
evidenziato che l’assunzione a fondamento della decisione di prove
atipiche costituite da dichiarazioni scritte provenienti da terzi non
comporta una violazione del principio di cui all’art. 101 c.p.c., atteso
che, sebbene raccolte al di fuori del processo, il contraddittorio si
instaura con la produzione in giudizio.
8. Consulenza tecnica d’ufficio. La consulenza tecnica
d’ufficio non è un mezzo di prova, bensì uno strumento istruttorio
mediante il quale il giudice acquisisce o integra nella fase istruttoria
cognizioni tecniche delle quali non è munito e che sono nondimeno
necessarie per la decisione della controversia.
Peraltro, anche se la decisione di ricorrere o meno ad una
consulenza tecnica d’ufficio si concreta nell’esercizio di un potere
discrezionale del giudice, per Sez. 1, n. 17399/2015, Lamorgese, Rv.
636775, lo stesso è tenuto a motivare adeguatamente il rigetto
dell’istanza di ammissione proveniente da una delle parti,
dimostrando di poter risolvere, sulla base di corretti criteri, i
problemi tecnici connessi alla valutazione degli elementi rilevanti ai
fini della decisione, senza potersi limitare a disattendere l’istanza sul
presupposto della mancata prova dei fatti che la consulenza avrebbe
potuto accertare. Invero, nelle controversie che, per il loro
contenuto, richiedono si proceda ad un accertamento tecnico, il
mancato espletamento di una consulenza, specie a fronte di una
domanda di parte in tal senso, costituisce una grave carenza
nell’accertamento dei fatti da parte del giudice di merito, che può
tradursi in un vizio della motivazione della sentenza.
Nella medesima prospettiva, Sez. 1, n. 06138/2015,
Genovese, Rv. 634880, ha precisato che, in tema di dichiarazione
dello stato di adottabilità di un minore, ove i genitori facciano
richiesta di una consulenza tecnica relativa alla valutazione della loro
personalità e capacità educativa nei confronti del minore per
contestare elementi, dati e valutazioni dei servizi sociali, il giudice
che non intenda disporre tale consulenza deve fornire una specifica
motivazione che dia conto delle ragioni che la facciano ritenere
superflua, in considerazione dei diritti personalissimi coinvolti nei
procedimenti in materia di filiazione e della rilevanza accordata in
questi giudizi, anche dalla giurisprudenza della Corte europea dei
diritti dell’uomo, alle risultanze di perizie e consulenze.
Estratto da Rassegna della giurisprudenza di legittimità. Gli orientamenti delle Sezioni Civili – Anno 2015.

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