Non é infrequente registrare nella fenomenologia commerciale – precipuamente nel mercato creditizio – che, a garantire l’adempimento delle obbligazioni assunte da società in nome collettivo, vi siano fideiussioni prestate dai soci collettivisti.
Suscita perplessità – circa la valenza di siffatta garanzia personale – proprio il rilievo sulla identità tra il soggetto obbligatovi ed il socio, il quale – per l’art. 2291 Cod. civ. – risponde illimitatamente e solidalmente per le obbligazioni sociali.
Orbene, la garanzia personale prestata convenzionalmente dal socio illimitatamente responsabile, coincidendo sostanzialmente con quella che sullo stesso grava per lo statuto della società personale, da quest’ultima praticamente non differisce in alcunché, se non per un solo dato: la eventuale (ma, oramai, tanto ricorrente da non apparire quasi più un’eccezione) rinuncia espressa dal fideiussore al beneficio della preventiva escussione del debitore principale (la parola “espressa” é mero eufemismo, non cogliendosi nella specie vera e libera determinazione, posto che, quasi sempre, il fideiussore sottoscrive moduli a stampa con accettazione specifica della clausola vessatoria).
E tale coincidenza, a parer mio, é da valutare ben oltre la mera sua casualità, ma come eziopatogenesi dello stesso contratto fideiussorio. Ritengo, insomma, che la garanzia personale prestata con la fideiussione non sussista in quanto tale – anzi non sorga neppure – proprio, ed appunto, per la determinantesi confusione nella stessa persona dei diversi titoli di responsabilità patrimoniale che su di essa graverebbero per le assunte qualità di socio collettivista e di fideiubente, stante la illimitatezza della responsabilità come socio, se non coincidente certamente assorbente quella – per ipotesi limitata – assunta per la fideiussione.
Insomma, una fideiussione prestata – a garanzia del pagamento dei debiti contratti dalla società – dal socio collettivista, che in ogni caso dei debiti sociali risponde illimitatamente, vestirebbe solo di un abito diverso la stessa responsabilità patrimoniale della medesima persona; ma, nella sostanza, la garanzia prestata con la fideiussione non esisterebbe, dal momento che colui che l’assumesse, all’adempimento dell’obbligazione garantita vi sarebbe già tenuto per altro assorbente titolo.
E parrebbe, dunque, che il contratto di fideiussione – rivelandosi “il ricorso alla cautela” svuotato della sua pratica utilità (la funzione di garanzia essendosi assolta dalla stessa persona per il titolo ex lege), ancorchè, in astratto, non vi difetti la causa tipica del “contratto di fideiussione” – resti travolto da nullità per mancanza di causa (causa che, si chiarisce, deve intendersi nella più lata accezione di “giustificazione dell’operazione, rilevante per il diritto, che sia attuata con l’utilizzo di schemi negoziali nei quali non può certo affermarsi mancare la causa tipica” ). Nullità del contratto che conseguirebbe – solo gradandosi, nell’ordine logico giuridico, all’ipotesi che precede – pure per la indubbia mancanza del suo oggetto concreto, già indisponibilmente assorbito dallo statuto legale della responsabilità patrimoniale, in esso dedotto.
Potrebbe opporsi che la garanzia fideiussoria sarebbe però da conservarsi – nel suo elemento di distinzione dall’altra ex lege – laddove espressa (dal fideiussore) la rinuncia al beneficio della preventiva escussione del debitore principale, che, come già osservatosi, si rinviene in quasi tutti i moduli/contratti di fideiussione in circolazione.
Circostanza che, effettivamente, distingue – e sensibilmente – dallo statuto della società personale, nell’espressione che ne fa l’art. 2304 Cod. civ.: “I creditori sociali, anche se la società é in liquidazione, non possono pretendere il pagamento dai singoli soci, se non dopo l’escussione del patrimonio sociale”.
Ma non può non osservarsi che il ricorso alla fideiussione nella quale siasi derogato alla regola della preventiva escussione del debitore principale, concreti praticamente l’intento di superare – per tale via – il limite posto dallo statuto delle società personali quanto all’aggredibilità diretta ed immediata del socio, che – responsabile in quanto tale – potrebbe, invece, invocare il beneficium excussionis.
Insomma, si utilizzerebbe la fideiussione per rendere cogente una deroga al principio della preventiva escussione (possibile, appunto, nella fideiussione) non altrettanto operabile nello statuto della società personale, sul quale, invece, si intenderebbe praticamente incidere.
Pertanto, non è improbabile che di siffatto negozio fideiussorio potrebbe altrettanto dichiararsi la nullità pure perché in frode alla legge, siccome tendente ad eludere l’applicazione di una norma imperativa (art. 2304 C.C.) e perciò con causa illecita (art. 1344 C.C.).
Peraltro, nel contrario avviso si avrebbe che il socio fideiussore – compulsato dal creditore della società nel cui favore ha prestato la garanzia – si troverebbe paradossalmente a rispondere dei debiti sociali alla stessa stregua di come egli stesso possa essere aggredito da suo creditore particolare.
Val quanto dire che il creditore sociale potrebbe – giusta la deroga al principio della preventiva escussione del debitore principale – aggredire il socio fideiussore, così depauperandolo – in pregiudizio della massa dei creditori della società – del patrimonio col quale quello dovrebbe, invece, rispondere per i debiti sociali.
Si avrebbe, dunque, l’aberrante situazione per la quale il creditore sociale, in forza della fideiussione recante deroga al principio della preventiva escussione, diventerebbe creditore particolare del socio, per tale via pregiudicando le ragioni del ceto creditorio della società.
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