Nonostante la cessazione della materia del contendere, il Tribunale di Milano dichiara l’inammissibilità dell’opposizione ex art. 22 legge 1981/689.
Ricorre in cassazione l’opponente assumendo:
a) che la cessazione della materia del contendere assorbe ogni questione relativa al merito, dunque il giudice non avrebbe potuto dichiarare la tardività del ricorso;
b) che il ricorso non era tardivo perché la citazione era stata notificata entro il termine di legge, seppure depositata dopo.
La Cassazione rigetta entrambi i motivi per le seguenti ragioni:
- quanto sub a): il giudice, prima di pronunciarsi sulla domanda o sull’oggetto del giudizio e di emettere una qualsiasi decisione, anche come, nella specie, di una declaratoria di cessazione della materia del contendere, deve verificare l’esistenza delle condizioni per la legittimità della pronuncia e cioè l’esistenza dei presupposti processuali.
Conseguentemente la pronuncia di inammissibilità o la tacita pronuncia di ammissibilità dell’azione deve precedere qualunque altra decisione, in ottemperanza del principio mai contestato di questa Corte secondo il quale” la pronuncia sulla inammissibilità o improcedibilità del ricorso ha carattere pregiudiziale e prevalente rispetto a quella sulla rinuncia stessa, la quale postula la ritualità dell’impugnazione, poichè non è dato di rinunciare ad un diritto processuale quando non esistono le condizioni necessarie per il suo esercizio”. - Quanto sub b): E’, infatti principio di giurisprudenza ormai consolidato di questa Corte quello secondo cui:” L’opposizione ad ordinanza ingiunzione della L. n. 689 del 1991, ex art. 22 va proposta con ricorso da depositarsi nella cancelleria del giudice adito entro il termine perentorio ivi fissato. Ove tale opposizione sia proposta con citazione, il relativo atto è idoneo alla tempestiva instaurazione del giudizio solo se depositato nel rispetto dell’indicato termine, non essendo sufficiente la mera notificazione nel termine stesso” (cfr, ex multis, cass. civ. sentt. nn. 11318 del 1992, 9664 del 1995, 14113 del 1999 e 10127 del 2000).
Cassazione civile , sez. trib., 29 febbraio 2008, n. 5468
Fatto
In data 21.5.1985 veniva notificato alla SNIA Fibre S.p.A. (successivamente incorporata dalla SNIA S.p.A.) un processo verbale di accertamento con il quale le si contestava un’infrazione valutaria per avere effettuato operazioni commerciali con l’estero difformi da quelle autorizzate. Avverso detto atto la società presentava proprie deduzioni difensive all’Ufficio Italiano Cambi che in data 9.1.1990 trasmetteva al Ministero del tesoro la propria relazione inviandone copia anche alla SNIA per gli effetti interruttivi della prescrizione ex art. 2943 e ss.c.c.. Dopo tale comunicazione la SNIA Fibre riceveva altra nota dell’8.10.1993 del Ministero del tesoro inviata anch’essa a scopi interruttivi. Solo in data 30 .12.1999 il Ministero del tesoro emetteva decreto n. 7354, con il quale irrogava la sanzione amministrativa di L. 96.000.000.
Tale provvedimento veniva opposto dalla SNIA S.p.A., società incorporante dal giugno 1997 della SNIA Fibre, con citazione del 14 .3.2000. La società eccepiva l’intervenuta prescrizione della sanzione, l’abrogazione dell’ultrattività delle sanzioni amministrative depenalizzate e, nel merito, l’infondatezza della stessa.
Nel giudizio si costituiva l’Avvocatura distrettuale dello Stato, resistendo all’impugnativa e contestando l’avvenuta prescrizione.
La causa, eseguita l’istruttoria, veniva fissata per le conclusioni ed in quella fase l’Avvocatura dichiarava che l’Amministrazione rinunciava “alla sua pretesa, già formalizzata in sede di precisazione delle conclusioni in seguito all’entrata in vigore della L. n. 326 del 2000”. Allegava, inoltre, il parere conforme dell’Avvocatura generale dello Stato.
Il Tribunale di Milano disattendeva la richiesta della dichiarazione di cessazione della materia del contendere per intervenuta rinuncia e dichiarava l’inammissibilità dell’opposizione per tardività.
Avverso detta decisione propone ricorso per cassazione la società SNIA S.p.A sulla base di due motivi. Non risulta costituito il Ministero del tesoro.
Inizio documento
Diritto
Con il primo motivo la società denuncia la violazione del principio della domanda in relazione all’art 112 c.p.c. per essersi il giudice di Milano pronunciato sull’inammissibilità del ricorso disattendendo la domanda dell’Amministrazione che rinunziava alla sua pretesa che era stata azionata con l’opposizione, sostenendo che tale rinuncia doveva essere concretizzata per il principio di autotutela con un provvedimento di revoca o di annullamento.
Parte ricorrente contesta tale tesi dato che la dichiarazione di rinuncia era stata effettuata dall’Avvocatura distrettuale dello Stato espressamente a nome e per conto dell’Amministrazione, su parere conforme dell’Avvocatura generale dello Stato e del Comitato consultivo, a seguito dell’entrata in vigore della L. n. 326 del 2000, per cui il giudice si era pronunciato su una domanda non più esistente e, pertanto, in violazione dell’art 112 c.p.c..
Con la seconda censura si lamenta la violazione e falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, artt. 22 e 23 per avere il giudice del merito, sulla base di un precedente di questa Corte, dichiarato inammissibile l’opposizione per essere stata la relativa citazione depositata in cancelleria dopo il trentesimo giorno, pur essendo stata la stessa notificata entro detto termine. Poichè l’opposizione può essere proposta indifferentemente mediante ricorso o citazione, sostiene parte ricorrente che il termine andrebbe valutato in modo diverso a seconda della natura dell’atto introduttivo; per cui se l’opposizione si propone con ricorso, il termine va computato tenendo conto del deposito dello stesso presso la cancelleria, mentre se l’opposizione è introdotta con citazione, poichè il giudizio si intende introdotto con la notifica di detto atto, è a tale momento che si deve fare riferimento per il computo dei trenta giorni previsti, tanto più che la legge non prevede espressamente il deposito in cancelleria, ma fa solo riferimento alla proposizione dell’opposizione.
Il ricorso è infondato.
Lamenta sostanzialmente parte ricorrente che il Tribunale di Milano si sia pronunciato sull’inammissibilità del ricorso, pur in costanza di un’espressa rinuncia da parte dell’Amministrazione, esternata per il tramite dell’Avvocatura distrettuale dello Stato, su parere conforme dell’Avvocatura generale dello Stato e del Comitato consultivo, in violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato.
Tali tesi non è da condividere. Infatti, il giudice prima di pronunciarsi sulla domanda o sull’oggetto del giudizio e di emettere una qualsiasi decisione, anche come, nella specie, di una declaratoria di cessazione della materia del contendere, deve verificare l’esistenza delle condizioni per la legittimità della pronuncia e cioè l’esistenza dei presupposti processuali.
Conseguentemente la pronuncia di inammissibilità o la tacita pronuncia di ammissibilità dell’azione deve precedere qualunque altra decisione, in ottemperanza del principio mai contestato di questa Corte secondo il quale” la pronuncia sulla inammissibilità o improcedibilità del ricorso ha carattere pregiudiziale e prevalente rispetto a quella sulla rinuncia stessa, la quale postula la ritualità dell’impugnazione, poichè non è dato di rinunciare ad un diritto processuale quando non esistono le condizioni necessarie per il suo esercizio”.
Nella specie, pertanto, al giudice, una volta verificata l’intempestività dell’opposizione al provvedimento di irrogazione della sanzione, non rimaneva altra soluzione che dichiarare l’inammissibilità dell’opposizione rimanendo preclusa da tale declaratoria ogni valutazione sul merito.
Nè, peraltro, è condivisibile la pur apprezzabile tesi avanzata dalla difesa che il termine ad quem dell’opposizione, se proposta mediante citazione e non con ricorso, sia quello della notifica dell’atto introduttivo e non del deposito dello stesso. E’, infatti principio di giurisprudenza ormai consolidato di questa Corte quello secondo cui:” L’opposizione ad ordinanza ingiunzione della L. n. 689 del 1991, ex art. 22 va proposta con ricorso da depositarsi nella cancelleria del giudice adito entro il termine perentorio ivi fissato. Ove tale opposizione sia proposta con citazione, il relativo atto è idoneo alla tempestiva instaurazione del giudizio solo se depositato nel rispetto dell’indicato termine, non essendo sufficiente la mera notificazione nel termine stesso” (cfr, ex multis, cass. civ. sentt. nn. 11318 del 1992, 9664 del 1995, 14113 del 1999 e 10127 del 2000).
Tutto ciò premesso, dichiarata assorbita ogni altra censura, il ricorso deve essere respinto. Non si statuisce sulle spese non avendo la parte intimata svolto in questa sede alcuna attività difensiva.
P.Q.M
La Corte respinge il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, sezione tributaria, il 17 dicembre 2007.
Depositato in Cancelleria il 29 febbraio 2008

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