Inadempimento del professionista ed onere della prova

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A distanza di 16 anni dalla fondamentale sentenza delle Sezioni Unite del 2001 (13533), ci sono ancora giudici che non hanno capito come funziona la ripartizione dell’onere della prova in caso di inadempimento dell’obbligazione contrattuale.

Ciò non può non stupire, tenuto conto che stiamo parlando delle “basi”, e se mancano le basi c’è poco da sperare.

A fronte dell’eccezione di inadempimento sollevata dal cliente, grava sul professionista l’onere di provare di avere eseguito correttamente la prestazione.

Capita dunque di dover arrivare in Cassazione per sentire riaffermare il principio, essendo sordi tanto il giudice di pace, quanto il tribunale in sede di appello.

E la Corte (sent. 21172/2017) non può far altro che cassare la sentenza ricordando testualmente che:

…ed invero, secondo il noto orientamento di questa corte in tema di prova dell’inadempimento di un’obbligazione (v. Cass. n. 826/2015; Cass. n. 8615/2006; Cass. SS.UU. n. 13533/2001) il creditore che agisca per l’adempimento deve provare la fonte negoziale del suo diritto, ovvero l’esistenza ed il contenuto del contratto, limitandosi poi ad allegare la circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre al debitore convenuto spetta la prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento, ed eguale criterio di riparto dell’onere della prova è applicabile quando è sollevata eccezione di inadempimento ai sensi dell’art. 1460 c.c. (risultando, in tal caso, invertiti i ruoli delle parti in lite, poichè il debitore eccipiente si limiterà ad allegare l’altrui inadempimento, ed il creditore dovrà dimostrare il proprio adempimento, ovvero la non ancora intervenuta scadenza dell’obbligazione);
di tali consolidati principi non ha fatto buon governo la sentenza impugnata, che ha esonerato la professionista – creditrice che agì per l’adempimento del contratto – della prova del relativo contenuto e del proprio esatto adempimento, pur a fronte della specifica eccezione sollevata dalla ricorrente.

Il problema è che questo macroscopico errore compiuto da ben due giudici di diverso grado rimarrà impunito. E’ evidente che non si può andare avanti così. In una società in cui la spinta alla “responsabilizzazione” di tutte le parti è fortissima, non è concepibile che soggetti altamente specializzati possano compiere errori senza pagarne le conseguenze.

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Avvocato, blogger, relatore in convegni e seminari. Autore di numerosi articoli apparsi su riviste specializzate cartacee e delle seguenti monografie: Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile di cognizione. Manuale di sopravvivenza per l’avvocato, Lexform Editore, 2009; Le trappole nel processo civile, 2010, Giuffrè; L’onere di contestazione nel processo civile, Lexform Editore, 2010; L’appello civile. Vademecum, 2011, Giuffrè; Gli strumenti per contestare la ctu, Giuffrè, 2013; Come affrontare il ricorso per cassazione civile, www.youcanprint.it, 2020.

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2 commenti:

  1. Paola

    Siete esperto in fase esecutiva della condanna?
    Misure alternative al carcere ?
    Siete iscritto al gratuito patrocinio?



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