Impugnazione delle sentenze emesse ex art. 23 legge 1981/689: rito speciale o ordinario? Ricorso o citazione?

Mirco Minardi

Come avevo previsto stanno emergendo i primi contrasti giurisprudenziali in ordine al regime dell’appello avverso le sentenze rese nei procedimenti di opposizione alle ordinanze ingiunzione ex art. 23 legge 1981/689.

Il Tribunale di Viterbo, allineandosi alla dottrina del Prof. Luiso propende per il rito speciale, osservando:

  • che l’art. 359 c.p.c. – norma generale in tema di appello – afferma che nel procedimento di appello “si osservano, in quanto applicabili, le norme dettate per il procedimento di primo grado davanti al tribunale“, salva l’incompatibilità con le norme specifiche dettate dal legislatore per il giudizio di appello.
  • che l’art. 359 c.p.c. non precisa quali siano le “norme dettate per il procedimento di primo grado davanti al tribunale” applicabili al giudizio di appello;
  • che se si analizzano le regole che disciplinano i riti speciali, si osserva che vi sono disposizioni specifiche per il giudizio di appello: così gli artt. 433 ss. c.p.c.; così l’art. 447-bis c.p.c., che quelle norme integralmente richiama; così gli artt. 20 e ss. del d. lgs. 17 gennaio 2003 n. 5, per il rito societario. Sicché si potrebbe concludere che, ove non vi sia un’espressa previsione normativa, il rito speciale viene meno con il passaggio dal primo grado all’appello.” (v. F. Luiso in Judicium.it)
  • che tuttavia l’art. 359 c.p.c. è stato sicuramente scritto con riferimento al rito ordinario, ed istituisce quindi una sorta di continuità fra rito del processo di primo grado e rito del processo di appello.
  • che anche gli artt. 433 ss. c.p.c. realizzano una omogeneità fra primo grado ed appello.
  • che può, quindi, fondatamente sostenersi che il procedimento di appello è modellato, mutatis mutandis, su quello di primo grado che c’è una “identità strutturale” fra processo di primo grado e processo di appello (v. F. Luiso cit.).

Singolare il fatto che nella sentenza si citi espressamente il prof. Luiso: ma non è vietato dall’art. 118, comma 3, disp. att. c.p.c. inserire nella sentenza autori giuridici?

Tribunale Viterbo, 24 gennaio 2008

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 21.12.05 F. S. proponeva opposizione al verbale con il quale la Polizia Municipale di Viterbo le contestava la violazione dell’art. 158 C.d.S. per avere la stessa parcheggiato la propria autovettura negli spazi riservati agli invalidi. Sosteneva la ricorrente che doveva essere applicata l’esimente dello stato di necessità in quanto si stava recando in ospedale, accompagnata dal marito, per effettuare delle analisi ed era in stato di gravidanza a rischio con cerchiaggio cervicale per cui non poteva camminare per tratti lunghi di strada.

Il comune si costituiva chiedendo il rigetto dell’opposizione.

Con sentenza n. 13304/06, del 3 aprile 2006 e depositata il 9 aprile 2006, non notificata, il Giudice di Pace di Viterbo rigettava l’opposizione per mancata prova in ordine all’effettiva sussistenza dell’esimente invocata.

Con ricorso depositato il 30.10.06 F. S., proponeva appello avverso la sentenza di cui sopra chiedendo l’accoglimento della domanda proposta in primo grado.

Si costituiva il comune eccependo l’improponibilità dell’appello in quanto l’appellante non aveva depositato, all’atto della costituzione in giudizio, né la sentenza appellata né la documentazione contenuta nel fascicolo di parte del primo grado e posta a base dell’impugnazione, e chiedendo, nel merito, il rigetto dell’opposizione non sussistendo i presupposti per l’applicazione dell’esimente invocata.

Con le memorie conclusionali l’appellante produceva la copia integrale della sentenza e la documentazione già prodotta in primo grado e la causa all’udienza del 24 gennaio 2008, veniva decisa mediante lettura della sentenza con motivazione contestuale..

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente deve essere affrontata la questione relativa al rito applicabile nel giudizio di appello avverso le sentenze del G.di.P. in materia di opposizione alle sanzioni amministrative.

Infatti i problema viene posto – e diversamente risolto dai giudici di merito – dalla recente riforma del processo civile, laddove il d. lgs. 2 febbraio 2006 n. 40 ha previsto all’art. 26, l’appellabilità delle sentenze del Giudice di pace in materia di opposizione alle sanzioni amministrative senza nulla disporre in ordine al rito applicabile nel giudizio di appello, che non era però nemmeno disciplinato dalla L. n. 689/81 in considerazione della non appellabilità delle relative sentenze. Né tra le fonti normative vi è una disposizione esplicita che risolva la questione.

“Per un verso, l’art. 359 c.p.c. – norma generale in tema di appello – afferma che nel procedimento di appello “si osservano, in quanto applicabili, le norme dettate per il procedimento di primo grado davanti al tribunale”, salva l’incompatibilità con le norme specifiche dettate dal legislatore per il giudizio di appello. L’art. 359 c.p.c. non precisa quali siano le “norme dettate per il procedimento di primo grado davanti al tribunale” applicabili al giudizio di appello: sempre e comunque quelle del rito ordinario? Oppure quelle del rito speciale, previsto per la materia.

Per altro verso, se analizziamo le regole che disciplinano i riti speciali, vediamo che vi sono disposizioni specifiche per il giudizio di appello: così gli artt. 433 ss. c.p.c.; così l’art. 447-bis c.p.c., che quelle norme integralmente richiama; così gli artt. 20 e ss. del d. lgs. 17 gennaio 2003 n. 5, per il rito societario. Sicché si potrebbe concludere che, ove non vi sia un’espressa previsione normativa, il rito speciale viene meno con il passaggio dal primo grado all’appello.” (v. F. Luiso in Judicium.it)

Ritiene questo giudice che la soluzione più corretta ed opportuna sia quella di conservare il rito speciale anche in sede di appello.

Infatti lo stesso art. 359 c.p.c. è stato sicuramente scritto con riferimento al rito ordinario, ed istituisce quindi una sorta di continuità fra rito del processo di primo grado e rito del processo di appello. Anche gli artt. 433 ss. c.p.c. realizzano una omogeneità fra primo grado ed appello.

Può, quindi, fondatamente sostenersi che il procedimento di appello è modellato, mutatis mutandis, su quello di primo grado che c’è una “identità strutturale” fra processo di primo grado e processo di appello (v. F. Luiso cit.).

Sempre in via preliminare l’appello non può dichiararsi improcedibile in quanto al momento della decisione è presente in atti la copia integrale della sentenza impugnabile e la documentazione depositata in primo grado (v. Cass sent. n.15303/06, 16938/06, 7746/05).

L’appello deve, però, essere rigettato nel merito.

Dalla stessa esposizione dei fatti da parte della ricorrente emerge che non sussistono i presupposti dell’esimente invocata. Infatti non risulta che la stessa dovesse essere accompagnata dal marito anche ad effettuare materialmente le analisi cliniche dentro l’ospedale, quindi ben poteva il marito accompagnare la F. nei pressi dell’ingresso per poi recarsi a parcheggiare l’auto negli spazi di sosta consentiti ed eventualmente ritornare a riprendere la moglie con l’auto all’uscita.

Alla soccombenza segue la condanna dell’appellata al pagamento delle spese di giudizio in favore del Comune di Viterbo, liquidate, d’ufficio, come da dispositivo.

P.Q.M.

Il tribunale, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria istanza, deduzione od eccezione così provvede:

a) rigetta l’appello;

b) condanna F. S. al pagamento delle spese di lite in favore del Comune di Viterbo che liquida in complessivi euro 1.200,00, di cui euro 600,00 per diritti ed euro 600,00 per onorario, oltre rimborso forfetario spese generali, I.V.A. e C.P.A..

Così deciso in Viterbo all’udienza del 24 gennaio 2008

Il Giudice


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Mirco Minardi

Avvocato, blogger, relatore in convegni e seminari. Autore di numerosi articoli apparsi su riviste specializzate cartacee e delle seguenti monografie: Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile di cognizione. Manuale di sopravvivenza per l’avvocato, Lexform Editore, 2009; Le trappole nel processo civile, 2010, Giuffrè; L’onere di contestazione nel processo civile, Lexform Editore, 2010; L’appello civile. Vademecum, 2011, Giuffrè; Gli strumenti per contestare la ctu, Giuffrè, 2013; Come affrontare il ricorso per cassazione civile, www.youcanprint.it, 2020.


5 commenti:

  1. Gaetano

    E’ stata emessa una sentenza favorevole nei miei confronti da parte del giudice di pace per un’infrazione al codice della strada per divieto di sosta.Il giudice, pronunciandosi mi ha assolto perchè mi trovavo in stato di necessità, ed ha annullato il verbale. Nel ricorso introduttivo che ho presentato e nella comparsa conclusionale, oltre all’annullamento del verbale, richiedevo anche il risarcimento dei danni per violazione degli interessi legittimi quantificabili ad €.800,00 ed il risarcimento del danno esistenziale quantificabile a discrezione del giudice. Nella sentenza il giudice di pace non si è pronunciato in merito al risarcimento danni. Adesso voglio andare fino in fondo per ottenere i risarcimenti,a chi debbo proporre ricorso? alcuni avvocati mi dicono in cassazione , altri in appello davanti al tribunale,altri mi dicono che la causa è inferiore a mille euro e deppo andare per forza in cassazione. Quale è la soluzione giusta? Grazie Gaetano.

  2. Mirco Minardi

    Se la sentenza è stata pubblicata dopo il 2 marzo 2006 si deve proporre appello.

    Per quanto riguarda i danni, dubito fortemente che si possa ottenere un risarcimento in tribunale per una sanzione di divieto di sosta annullata.

    Prego.

    Avv. Mirco Minardi

  3. PILADE

    Il risarcimento del danno è azione autonoma da avviare con citazione avanti al giudice competente per valore e per territorio: E’ necessario provare il danno la colpa ai sensi dell’art.2043 c.c.

  4. PILADE

    Il risarcimento del danno è azione autonoma da presentare con citazione avanti al Giudice competente per valore e per territorio: nel caso prospettato Giudice di Pace. E’ necessario provare il danno e la colpa del responsabile ai sensi della’rt. 2043 c.c.Auguri.



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