Il nuovo pignoramento presso terzi (dopo la legge di stabilità 2013)

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L’art. 1, comma 20, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Legge di stabilità 2013) è intervenuto sulla disciplina del pignoramento presso terzi. Le nuove disposizioni, in forza del successivo comma 21 si applicano ai procedimenti iniziati successivamente all’entrata in vigore della legge e, quindi, dopo il 1° gennaio 2013.

Il legislatore ha anzitutto concesso al terzo la possibilità di utilizzare la posta elettronica certificata. In particolare, il creditore è ora tenuto ad indicare nell’atto di pignoramento il proprio indirizzo pec (art. 543, 2° co., n. 3[1]) ed a specificare la possibilità per il terzo di trasmettere con lo stesso mezzo la dichiarazione di cui all’art. 547 (art. 543, 2° co., n. 4); di conseguenza, è stato modificato anche l’art. 547[2] che prevede ora espressamente la possibilità che la comunicazione del terzo possa essere eseguita anche attraverso questo strumento.

Ma la modifica decisamente più importante riguarda l’introduzione di un vero e proprio onere di contestazione in capo al terzo pignorato, nonostante egli non sia parte del procedimento esecutivo[3].

Il nuovo art. 548, infatti, stabilisce al primo comma che “se il pignoramento riguarda i crediti di cui all’articolo 545, terzo e quarto comma, quando il terzo non compare all’udienza stabilita, il credito pignorato, nei termini indicati dal creditore, si considera non contestato ai fini del procedimento in corso e dell’esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione, e il giudice provvede a norma degli articoli 552 o 553”. Si tratta, cioè, dei crediti relativi alle somme dovute dai privati a titolo di stipendio, di salario e di indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento che, come è noto, possono essere pignorate nella misura autorizzata dal giudice quanto ai crediti alimentari, e nella misura massima di un quinto in relazione ai tributi dovuti allo Stato, alle province e ai comuni e relativamente ad ogni altro credito.

Il procedimento è invece più articolato nei casi in cui è prevista la possibilità per il terzo di rendere la dichiarazione a mezzo raccomandata, e oggi anche a mezzo pec. Il secondo comma prevede difatti che “quando all’udienza il creditore dichiara di non aver ricevuto la dichiarazione, il giudice, con ordinanza fissa un’udienza successiva. L’ordinanza è notificata al terzo almeno dieci giorni prima della nuova udienza. Se questi non compare alla nuova udienza, il credito pignorato o il possesso del bene di appartenenza del debitore, nei termini indicati dal creditore, si considera non contestato a norma del primo comma”.

Al legislatore è evidentemente parso eccessivo far conseguire gli effetti della non contestazione alla semplice dichiarazione del creditore nei casi in cui il terzo non è tenuto a partecipare all’udienza. In tal caso, pertanto, viene fissata un’udienza ad hoc, previa notifica al terzo dell’ordinanza almeno dieci giorni prima della udienza stessa.

L’ultimo comma dell’art. 548 prevede, infine, la possibilità per il terzo di impugnare l’ordinanza di assegnazione crediti “se prova di non averne avuto tempestiva conoscenza per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o forza maggiore”.

Come si vede vi è un completo ribaltamento della disciplina rispetto al passato, in quanto prima della riforma in esame la mancata collaborazione del terzo, impedendo il perfezionamento del pignoramento, onerava il creditore dell’attivazione del procedimento di accertamento dell’obbligo ex art. 549 c.p.c., mentre oggi essa determina addirittura una presunzione di esistenza del debito a tutto vantaggio del creditore procedente.

La norma, però, pone seri problemi interpretativi che possono essere sintetizzati con queste domande: è costituzionalmente legittimo l’art. 548 c.p.c., tenuto conto che il terzo non viene preavvertito degli effetti della mancata contestazione? Affinché operi l’effetto della contestazione, quali requisiti deve avere l’atto di pignoramento? Qualora il debito del terzo (che non sia comparso all’udienza) verso il debitore sia in realtà inesistente, può il terzo, di fronte alla minaccia esecutiva del creditore, agire con l’opposizione all’esecuzione? E ancora: può il terzo che abbia pagato il creditore, nonostante l’inesistenza di un suo debito verso il debitore, agire nei confronti del creditore con l’azione di ripetizione di indebito? Oppure: può il terzo agire nei confronti del debitore per arricchimento senza causa? Esaminiamoli partitamente.

Il primo quesito attiene alla legittimità costituzionale della norma. Si tratta di un dubbio serio posto che il legislatore si è dimenticato di prevedere un avvertimento da inserire nell’atto di pignoramento circa gli effetti della mancata dichiarazione, a differenza di ciò che accade nell’atto di citazione (art. 163, 3° co., n. 7) nel decreto ingiuntivo (art. 640, 1° co.), nello sfratto per morosità (art. 660, 3° co.). E ciò appare ancor più grave se si considera che il terzo, come già detto, non è parte del procedimento. Appare pertanto più che fondato il sospetto di una violazione degli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione.

Da un punto di vista operativo, però, il problema può essere facilmente risolto inserendo nell’atto di pignoramento un avvertimento di questo tipo: “avverte il terzo che non comparendo o non rendendo la dichiarazione all’udienza stabilita o a quella eventualmente fissata dal giudice, il credito pignorato, nei termini qui indicati, si considererà non contestato ai fini del procedimento in corso e dell’esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione”. Sarebbe altresì opportuno che nei casi in cui sia prevista la fissazione di una udienza ad hoc, il giudice inserisse l’avvertimento anche nella ordinanza da notificare al terzo. Tali avvertimenti dovrebbero scongiurare gli effetti di una eventuale pronuncia di incostituzionalità per difetto di rilevanza.

Il secondo quesito attiene al grado di specificità dell’atto di pignoramento. La disciplina normativa (cfr. art. 543, co. 2, n. 2) e la giurisprudenza[4] ammettono la possibilità che il creditore indichi le cose o le somme dovute dal terzo in maniera del tutto generica, ciò allo scopo di non rendere troppo gravosa per il creditore la ricerca di utilità aggredibili. Come si raccorda tale genericità con l’onere di contestazione?  In dottrina[5] si è sostenuto che in tal caso non può operare il meccanismo introdotto dalla norma, stante il difetto di oggetto della stessa dichiarazione, pertanto la presunzione si applicherà solo in caso di descrizione analitica dei beni dovuti dal terzo.

Detto ciò si tratta di stabilire il grado di specificità che deve avere l’atto di pignoramento. La stessa dottrina ritiene che qualora l’atto di pignoramento individui il rapporto giuridico in ragione del quale il terzo è debitore nei confronti dell’esecutato senza indicare la somma effettivamente dovuta, la mancata contestazione produrrà gli effetti della norma, ma solo in relazione al rapporto e non anche all’entità del credito; in tal caso, pertanto, il terzo dovrà comunicare l’importo del debito e in caso di dissenso la questione non potrà che essere devoluta al giudice[6].

Specie nel caso in cui l’oggetto del pignoramento sia una cosa specifica, non si ritiene applicabile il meccanismo del riconoscimento a meno che la cosa sia individuata specificamente, anche perché sarebbero impossibili le attività di cui all’art. 552 (stima e asporto) come pure l’assegnazione ex art. 507.

Ma il problema più difficile da risolvere riguarda gli effetti della non contestazione. La norma, anzitutto, chiarisce che si tratta di un effetto endoprocessuale e su questo non paiono esserci dubbi. Tuttavia, si tratta di capire se il terzo non comparso possa dimostrare l’inesistenza del debito, al di fuori dell’ipotesi prevista dall’ultimo comma dell’art. 547, che prevede la possibilità di una opposizione agli atti esecutivi limitatamente al caso in cui egli provi “di non averne avuto tempestiva conoscenza per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o forza maggiore”.

A tal riguardo la dottrina si è da subito divisa. Da un lato[7], vi è chi riconosce al terzo la possibilità di utilizzare una serie di strumenti per contestare l’effetto verificatosi con la non contestazione. Tali strumenti sono la ripetizione di indebito, l’arricchimento senza giusta causa e l’opposizione all’esecuzione. Questa conclusione si fonda su una lettura sistematica dell’art. 548 alla luce del nuovo articolo 115, primo comma, così come modificato dalla legge n. 69/2009. Si afferma, in particolare, che l’effetto della non contestazione consiste in una mera relevatio ab onere probandi, pertanto un fatto non contestato può essere sempre smentito da altre evidenze probatorie. Tale principio, secondo l’Autore, si applica anche al procedimento de quo, pertanto a fronte della non contestazione del terzo il giudice deve procedere senz’altro alla assegnazione del credito, fermo restando che il terzo può proporre sia azione di ripetizione di indebito oggettivo, sia opposizione ex art. 615. A tale conclusione non sarebbe di ostacolo il tenore letterale dell’art. 548 in quanto semplicemente  rafforzativo dell’assunto secondo cui il procedimento si conclude con un titolo esecutivo. Del pari non costituirebbe ostacolo l’art. 548, terzo comma, atteso che detta disposizione si applica solo qualora vi sia stato un vizio della notifica che abbia impedito la conoscenza del procedimento; in questa ipotesi, ovviamente, il terzo deve essere rimesso in termini per rendere la dichiarazione che senza sua colpa non ha reso. Neppure sarebbe di ostacolo il fatto che l’opposizione, in linea generale, non sia proponibile contro i titoli formati giudizialmente, in quanto qui non ci troviamo di fronte ad una vera e propria cognizione, ma ad una semplice non contestazione. Ovviamente nel giudizio di ripetizione di indebito o in quello di opposizione alla esecuzione, l’onere della prova graverà sul debitor debitoris e l’originaria non contestazione potrà essere valutata come argomento di prova.

Altri[8] fondano la conclusione opposta, quella cioè della stabilità degli effetti della non contestazione, sul tenore della norma, che sembra non ammettere affatto la possibilità per il terzo di caducare direttamente o indirettamente gli effetti della ordinanza. Ma tale conclusione non sembra condivisibile considerato che il nostro ordinamento non ammette arricchimenti senza giusta causa, e che nel caso di specie l’accertamento del debito del terzo non avviene all’esito di un procedimento di cognizione, ma di un semplice procedimento esecutivo di cui il terzo non è nemmeno parte.

In mancanza di una espressa enunciazione, si afferma[9] che gli effetti de quibus non si realizzino nel caso in cui il terzo compaia senza rendere la dichiarazione in quanto la norma ha carattere eccezionale e dunque non può essere interpretata estensivamente.

Ulteriori problemi possono sorgere qualora il terzo sia già stato destinatario di pignoramenti o di sequestri, in quanto il giudice non potrà avere contezza degli stessi stante la mancata dichiarazione; in tal caso ci si chiede se il terzo possa essere condannato per danni, ma trattandosi di una omissione la risposta pare debba essere  negativa[10]. Qualora invece ci si trovi di fronte ad un caso di pignorabilità relativa, l’ordinanza di assegnazione che intervenga dopo che il credito è già stato pignorato sarà inefficace[11]

Questo meccanismo di “non contestazione”  ha ovviamente eliminato la necessità del giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo. Difatti il nuovo articolo 549 intitolato ora “Contestata dichiarazione del terzo” recita ora così: “Se sulla dichiarazione sorgono contestazioni, il giudice dell’esecuzione le risolve, compiuti i necessari accertamenti, con ordinanza. L’ordinanza produce effetti ai fini del procedimento in corso e dell’esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione ed è impugnabile nelle forme e nei termini di cui all’articolo 617”. Come si vede, spetta al giudice dell’esecuzione risolvere le questioni insorte sulla dichiarazione del terzo con un provvedimento finale che assume la forma di ordinanza impugnabile nelle forme e nei termini di cui all’articolo 617. Anche in questo caso l’ordinanza produce effetti solo ai fini del procedimento in corso e dell’esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione.



[1] Art. 543 (Forma del pignoramento): 1. Il pignoramento di crediti del debitore verso terzi o di cose del debitore che sono in possesso di terzi, si esegue mediante atto notificato personalmente al terzo e al debitore a norma degli articoli 137 e seguenti. 2. L’atto deve contenere, oltre all’ingiunzione al debitore di cui all’articolo 492: 1) l’indicazione del credito per il quale si procede, del titolo esecutivo e del precetto; 2) l’indicazione, almeno generica, delle cose o delle somme dovute e l’intimazione al terzo di non disporne senza ordine di giudice; 3) la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il tribunale competente nonché l’indicazione dell’indirizzo di posta elettronica certificata del creditore procedente; 4) la citazione del terzo e del debitore a comparire davanti al giudice del luogo di residenza del terzo, affinché questi faccia la dichiarazione di cui all’articolo 547 e il debitore sia presente alla dichiarazione e agli atti ulteriori, con invito al terzo a comparire quando il pignoramento riguarda i crediti di cui all’articolo 545, commi terzo e quarto, e negli altri casi a comunicare la dichiarazione di cui all’articolo 547 al creditore procedente entro dieci giorni a mezzo raccomandata ovvero a mezzo di posta elettronica certificata. 3. Nell’indicare l’udienza di comparizione si deve rispettare il termine previsto nell’articolo 501. 4. L’ufficiale giudiziario, che ha proceduto alla notificazione dell’atto, è tenuto a depositare immediatamente l’originale nella cancelleria del tribunale per la formazione del fascicolo previsto nell’articolo 488. In tale fascicolo debbono essere inseriti il titolo esecutivo e il precetto che il creditore pignorante deve depositare in cancelleria al momento della costituzione prevista nell’articolo 314.

[2] Art. 547 (Dichiarazione del terzo): 1. Con dichiarazione all’udienza o, nei casi previsti, a mezzo raccomandata inviata al creditore procedente o trasmessa a mezzo di posta elettronica certificata, il terzo, personalmente o a mezzo di procuratore speciale o del difensore munito di procura speciale, deve specificare di quali cose o di quali somme è debitore o si trova in possesso e quando ne deve eseguire il pagamento o la consegna. 2. Deve altresì specificare i sequestri precedentemente eseguiti presso di lui e le cessioni che gli sono state notificate o che ha accettato. 3. Il creditore pignorante deve chiamare nel processo il sequestrante nel termine perentorio fissato dal giudice.

[3] Come scrive A. Soldi, Manuale dell’esecuzione forzata, III ed., 2012, pag. 568, “il terzo pignorato è soggetto estraneo all’esecuzione e ciò nonostante vi è coinvolto per rendere possibile  l’aggressione in forma esecutiva di cose in suo possesso o di crediti che il debitore vanta nei suoi confronti”. In giurisprudenza v. Cass. 19 settembre 1995, n. 9888 secondo cui il terzo è un mero ausiliario del giudice; in tal senso, seppure incidentalmente, v. anche Cass. 27 maggio 2009, n. 12259. Sulla natura di parte convenuta del terzo v. Cass. 13 febbraio 1942, n. 400, Cass. 18 aprile 1977, n. 1425.

[4] Cass. 13 gennaio 1983, n. 249 e Cass. 24 maggio 2003, n. 8239.

[5] A. Saletti, Le novità dell’espropriazione presso terzi, in Judicium.it.

[6] A. Saletti, op. cit.

[7] A. Briguglio, Note brevissime sull’ “onere di contestazione” per il terzo pignorato (nuovo art. 548 c.p.c.), in Judicium.it.

[8] A. Saletti, op. cit.

[9] A. Saletti, op. cit.

[10] A. Saletti, op. cit.

[11] A. Saletti, op. cit.


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Avvocato, blogger, relatore in convegni e seminari. Autore di numerosi articoli apparsi su riviste specializzate cartacee e delle seguenti monografie: Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile di cognizione. Manuale di sopravvivenza per l’avvocato, Lexform Editore, 2009; Le trappole nel processo civile, 2010, Giuffrè; L’onere di contestazione nel processo civile, Lexform Editore, 2010; L’appello civile. Vademecum, 2011, Giuffrè; Gli strumenti per contestare la ctu, Giuffrè, 2013; Come affrontare il ricorso per cassazione civile, www.youcanprint.it, 2020.


4 commenti:

  1. Fanfani Leonardo

    Interessante. Peccato che queste nuove norme non siano così pubblicizzate al pari di tante altre meno importanti.

  2. Stefania

    Quindi, secondo la Tua interpretazione del nuovo art. 548 cpc “i crediti di cui all’articolo 545, terzo e quarto comma” sono i crediti del terzo pignorato e non quelli del creditore procedente. è corretto? Io avevo capito il contrario.
    Grazie
    Stefania



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