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La prima cosa che si nota analizzando la giurisprudenza della S.C. a proposito dei requisiti formali per ottenere lo scrutinio del ricorso è la mancanza di buon senso.
Mancanza che ha un suo perchè (ma che comunque non si giustifica); semplicemente perchè la pressione sui consiglieri è altissima. Devono definire 15/20 cause al mese. Il che significa che quando è possibile dichiarare velocemente l’inammissibilità o l’improcedibilità del ricorso non ci si pensa più di tanto. Con tutto ciò che ne consegue, ovviamente.
Oggi parliamo del nuovo e già difficile rapporto tra i giudici della Suprema Corte e la telematica.
Non sarà un post di alta dottrina, bensì di “praticaccia” spicciola, una sorta di manuale di sopravvivenza.
Il ricorrente si trova oggi sempre più spesso a doversi confrontare con la notifica telematica del provvedimento. Cosa va fatto per poter dire soddisfatto l’obbligo di produzione della “copia autentica della sentenza munita di relata di notificazione”?
La S.C. è ormai attestata su questa conclusione: la sentenza, la relata di notificazione, il messaggio PEC vanno stampati, unito in plico ed autenticato conforme all’originale. Non basta la produzione della mera fotocopia, tanto più se sprovvista di relata di notificazione.
Il potere (e conseguentemente l’obbligo) di autentica discenderebbe dall’art. 9 della legge n. 53/1994. Inizialmente pensavo si trattasse di uno svarione incredibile, poi rileggendo il comma 1ter ho cominciato ad avere dei dubbi. Stabilisce infatti detta norma:
1-ter: In tutti i casi in cui l’avvocato debba fornire prova della notificazione e non sia possibile fornirla con modalita’ telematiche, procede ai sensi del comma 1-bis
La norma non parla di “notificante”, come fa il primo comma, bensì di “avvocato”, per cui non mi sentirei di considerare insostenibile una interpretazione che autorizzi l’avvocato destinatario a certificare l’autenticità.
Superata la prima trappola c’è la seconda (anche se non in ordine temporale). Mi riferisco alla questione della copia autentica della sentenza. Eh già, non si cada nell’errore di pensare che l’autentica della sentenza notificata soddisfi anche il requisito della produzione della copia autentica della sentenza!
Lo so, è cervellotico, è insensato, è controintuitivo, ma non posso farci niente, funziona così in Cassazione.
Allora, dicevamo. Va prodotta a pena di improcedibilità la “copia autentica” della sentenza che è cosa diversa dalla “copia autentica della sentenza notificata”. Perchè? Perchè se la sentenza è stata notificata dall’avvocato notificante elettronicamente voi non disponete di una copia autenticata cartacea. Non è come quando vi viene notificata la copia cartacea con l’autentica del cancelliere e poi la relata di notifica. In quel caso basta quella. Qui no. Per cui dovrete aver cura di produrre anche la copia autentica della sentenza.
Ora, i problemi sembrerebbero finiti, ma non è così. Nulla quaestio se producete una copia autentica rilasciata dalla cancelleria. Ma supponiamo vogliate avventurarvi nella estrazione di copia autentica dal fascicolo informatico: cosa autenticate? La copia informatica? O il duplicato informatico?
Il problema nasce dal fatto che in una recente sentenza (26520/2017) la S.C. ha precisato che la copia può essere estratta solo dall'”originale informatico” mentre è vietata la “copia della copia”.
Non entro nel merito, mi fermo qui, tanto ormai sapete cosa dovete fare: producetele entrambe.
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