Facciamo un po’ di chiarezza

Mirco Minardi

Ad una recente conferenza mi sono state rivolte alcune domande sul principio di non contestazione, oggi codificato nel primo comma dell’art. 115 c.p.c.. Mi è sembrata, in alcuni casi, poca chiara la differenza esistente tra concetti quali acquisizione, allegazione, postulazione. In particolare, mi è sembrato che taluno confondesse l’allegazione con la produzione o l’istruzione.

Vediamoli allora da vicino.

L’acquisizione è l’attività che consiste nel rilevare elementi probatori nel processo. L’acquisizione può prescindere dall’allegazione; si pensi alla parte che senza eccepire l’interruzione della prescrizione, produca una lettera di costituzione in mora. In questo caso, la prova è acquisita ma il relativo fatto non è stato allegato. Allegare, infatti, significa descrivere nei propri atti o a verbale l’esistenza di un fatto. Postulare significa invece trarre delle conseguenze da un fatto allegato o da una circostanza acquisita. Diverso ancora è il concetto di sollevare. Sollevare significa invocare gli effetti impeditivi, estintivi e modificativi di un fatto, anche se talvolta l’eccezione sollevata è lì nuda e cruda, senza cioè l’allegazione del fatto. Si pensi al caso in cui il debitore eccepisce di avere pagato senza specificare quando, come, dove; in questo caso l’eccezione è sollevata ma non allegata. Sollevare è diverso da postulare perchè la postulazione è un ragionamento giuridico, mentre il sollevare implica solo il rilievo dell’eccezione.

La postulazione è attività sia della parte che del giudice. L’allegazione, invece, è sempre riservata alla parte. La prova, invece, è di norma riservata alle parti ma il codice prevede non poche eccezioni, specie nel rito del lavoro (cfr. 421 c.p.c.) e nel giudizio monocratico (cfr. 281 ter c.p.c.).

Nel processo civile vige il principio dell’acquisizione: ciò significa che la prova può essere valutata dal giudice indipendentemente dalla parte che l’ha introdotta. Pertanto, la parte non può dolersi del fatto che il giudice abbia tratto una prova contraria dagli stessi documenti prodotti dalla parte. Si veda ad esempio questa massima:

“Nel vigente ordinamento processuale opera il principio dell’ acquisizione delle prove, in forza del quale il giudice è libero di formare il suo convincimento sulla base di tutte le risultanze istruttorie, quale che sia la parte ad iniziativa della quale sia avvenuto il loro ingresso nel giudizio, con l’unico limite, riguardo alla configurabilità di domande implicitamente subordinate, che vi sia la necessità di svolgere, in relazione ad esse, indagini su diversi temi di fatto non introdotti ritualmente in giudizio”.

Cass. 25028/2008

Ritorniamo alla allegazione. Allegare un fatto non significa provarlo. La prova interviene necessariamente dopo l’allegazione (oppure prima o insieme). Pertanto, è la I memoria del 183 l’ultimo momento per allegare un fatto (purchè non si introduca una nuova domanda). Se scrivo nel mio atto: “La domanda attorea è infondata in quanto l’obbligazione è stata estinta” sto allegando, in maniera generica, una eccezione di estinzione. Se aggiungo: “In particolare, la soluzione del credito è avvenuta in data xy con assegno bancario n. xy tratto sulla Banca xy” la mia allegazione è specifica. Quando produrrò la quietanza avrò anche provato la circostanza allegata. Attenzione: i termini di preclusione per l’allegazione e la prova sono diversi! Nel primo caso il termine coincide con la I memoria ex art. 183, nel secondo caso con la II memoria.

Ma tutto questo ha un risvolto pratico? Altro che! Specie in tema di eccezioni in senso lato (quelle eccezioni cioè che possono essere rilevate anche dal giudice) si discute se questi possa rilevare l’eccezione non allegata, ma il cui fatto sia stato acquisito. Poco fa ho fatto l’esempio in tema di interruzione della prescrizione. Qui la S.C. ha ritenuto che basta l’acquisizione (Cass. S.U. 15661/2005, ma in altri casi la S.C. ha ritenuto necessaria l’allegazione.

“Anche per le eccezioni in senso proprio vale il principio della rilevabilità d’ufficio da parte del giudice, salvo espressa previsione della rilevabilità solo a iniziativa di parte; ma il potere d’ufficio del giudice attiene solo al riconoscimento degli effetti giuridici di fatti che siano pur sempre allegati dalla parte, sicché il potere di allegazione rimane riservato esclusivamente alla parte anche rispetto ai fatti costitutivi di eccezioni rilevabili d’ufficio, perché il giudice può surrogare la parte nella postulazione degli effetti giuridici dei fatti allegati , ma non può surrogarla nell’onere di allegazione , che, risolvendosi nella formulazione delle ipotesi di ricostruzione dei fatti funzionali alle pretese da far valere in giudizio, non può non essere riservato in via esclusiva a chi di quel diritto assume di essere titolare”.

Cass. 6943/2004

Per approfondimenti permettetemi di rimandarvi al mio volume sulle Insidie e i trabocchetti del processo civile.

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Mirco Minardi

Avvocato, blogger, relatore in convegni e seminari. Autore di numerosi articoli apparsi su riviste specializzate cartacee e delle seguenti monografie: Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile di cognizione. Manuale di sopravvivenza per l’avvocato, Lexform Editore, 2009; Le trappole nel processo civile, 2010, Giuffrè; L’onere di contestazione nel processo civile, Lexform Editore, 2010; L’appello civile. Vademecum, 2011, Giuffrè; Gli strumenti per contestare la ctu, Giuffrè, 2013; Come affrontare il ricorso per cassazione civile, www.youcanprint.it, 2020.




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