Con tre sentenze gemelle scritte dalla autorevole penna di Renato Rordorf, le S.U. (sent. 6070/2013) hanno fatto chiarezza su un tema fondamentale, quello degli aspetti sostanziali e processuali nascenti dalla cancellazione della società dal Registro delle Imprese.
I problemi da risolvere possono essere sintetizzati con questi quesiti:
- cosa ne è dei debiti di una società cancellata dal R.II?
- cosa accade se dopo la cancellazione della società sopraggiungono sopravvenienze attive, ovvero vi siano residui attivi non liquidati?
- cosa accade se la società si cancella nonostante l’esistenza di pendenze non ancora definite e conosciute o di pretese azionate o azionabili in giudizio?
- cosa ne è dei diritti di credito non liquidi e non certi?
- quali effetti processuali produce la cancellazione di una società?
- nei confronti di chi e da chi deve essere impugnata una sentenza allorquando la società si è nel frattempo cancellata?
- cosa accade se la cancellazione non viene dichiarata in giudizio dal procuratore della società?
Vediamo come ha risposto la Corte.
Anzitutto viene confermato il principio secondo cui la cancellazione della società produce l’estinzione con decorrenza dal 1° gennaio 2004, per quelle avvenute prima di quella data, o dalla cancellazione per quelle avvenute dopo.
La cancellazione ha effetti costitutivi per le società di capitali, mentre dichiarativi per quelle di persone, con la conseguenza che la società di persone si presume juris tantum estinta a meno che abbia continuato ad operare nonostante la cancellazione. Il principio, peraltro, si applica anche alle società di capitali (Cass. 4826/2010).
Con la cancellazione della società i debiti non ancora soddisfatti non si estinguono, pertanto si trasferiscono in capo ai soci. Non si tratta di un debito nuovo ma dello stesso debito, che si trasferisce in forza di un “meccanismo successorio” sui generis. Ovviamente, il socio di capitali può opporre il limite di cui all’art.2495 c.c. con possibili riflessi sull’interesse ad agire. In altre parole, qualora la società di capitali si sia cancellata senza attivo, vi è la seria possibilità che la domanda del creditore venga rigettata per sopravvenuta carenza dell’interesse ad agire, a meno che questi dimostri che vi sia comunque un interesse a pervenire ad una sentenza di merito.
La cancellazione della società nonostante pendenze non ancora definite e conosciute o di pretese azionate o azionabili in giudizio, diritti di credito non liquidi e non certi comporta una presunzione di rinuncia.
Al contrario, in caso di residui attivi o sopravvenienze non si verifica la reviviscenza della società bensì un fenomeno di contitolarità o comunione indivisa.
E vediamo ora gli aspetti processuali.
Sul piano processuale la cancellazione rende inammissibile l’impugnazione proposta da o contro la società cancellata.
Se la cancellazione avviene invece durante il giudizio, si verifica l’interruzione laddove venga dichiarata dal difensore, con la conseguenza che il processo potrà essere riassunto o proseguito rispettivamente contro o dai soci, ai quali pertanto si trasferisce la legittimazione processuale e sostanziale. Mentre se l’evento non viene dichiarato (o viene dichiarato da altro procuratore) il processo continua con la società, nonostante l’avvenuta cancellazione.
Il principio soffre però una eccezione. Nei procedimenti per la dichiarazione di fallimento, nelle eventuali impugnazioni, cosi pure nel corso della procedura concorsuale, il procedimento continua a svolgersi nei confronti della società cancellata.
Vedremo se questa importante pronuncia fungerà da guida per i giudici di merito e per le sezioni semplici della Cassazione. Ad una prima lettura mi pare una decisione di buon senso.
desideroso di far parte del vostro gruppo
interessante la sentenza surrichiamata
penso sia utile completare con la lettura della Corte Costituzionale ord 198 17-7-2013. Un saluto.