È ormai a tutti noto che a seguito della legge di conversione del d.l. 83/2015 l’attestazione su documento separato deve essere eseguita secondo le specifiche tecniche che verranno emanate dal D.G.S.I.A. (art. 16-undecies, 3° comma, d.l. 179/2012).
Ciò ha determinato la semi-paralisi delle notifiche telematiche, posto che ai sensi dello stesso articolo e dell’art. 3bis l. 53/1994, l’attestazione di conformità va inserita nella relata di notificazione che è documento separato rispetto all’atto notificato (opinione, questa, peraltro non unanime) (1).
Ma qual è la natura del vizio dell’attestazione, nel caso in cui il difensore si sia attenuto alle specifiche tecniche previste dal DPCM 13/11/2014?
L’uso di queste specifiche parrebbe impedito proprio dall’art. 16-undecies, comma 3, citato che usa l’avverbio “esclusivamente”. Tuttavia, in base ai principi del diritto processuale civile non ogni difformità dell’atto rispetto al modello previsto dal legislatore determina una nullità, sinanche quando una norma sanzioni genericamente con la nullità qualsivoglia violazione, come accade nell’art. 11 della l. 53/1994 (2).
Quindici anni fa, le S.U. (sent. 16/2000) hanno chiarito ex professo che i vizi dell’atto processuale possono essere solo tre, affermando testualmente che:
– l’irregolarità è caratterizzata da una minima difformità rispetto al modello, che non pregiudica la validità dell’atto processuale, né incide sui requisiti indispensabili per il raggiungimento dello scopo dell’atto.
– la nullità è costituita da una difformità dell’atto rispetto al modello tale da non impedire il passaggio in giudicato della sentenza che ne sia affetta ove non fatta valere con la impugnazione (conversione della nullità della sentenza in vizi di gravame: art. 161, comma 1, c.p.c.).
– la inesistenza è ravvisata nelle ipotesi in cui l’atto processuale manca totalmente degli estremi e dei requisiti essenziali per la sua qualificazione come atto del tipo o della figura giuridica considerati, ovvero se sia inidoneo non solo a produrre gli effetti processuali propri degli atti riconducibili a detto tipo o figura, ma persino ad essere preso in considerazione sotto il profilo giuridico (così, in motivazione, Cass. s.u. n. 9859 del 1997), con la conseguenza che l’inesistenza dell’atto impedisce che la sentenza, che sullo stesso si fonda, possa passare in giudicato e con l’ulteriore conseguenza che tale inesistenza, può essere fatta valere con autonoma querela nullitatis, oltre che con i normali mezzi di impugnazione.
Dobbiamo allora chiederci se davvero l’utilizzo delle specifiche DGSIA rappresenti requisito indispensabile per raggiungere lo scopo.
Ebbene, l’art. 23-bis, comma 2, del CAD stabilisce espressamente che “le copie e gli estratti informatici del documento informatico, se prodotti in conformità alle vigenti regole tecniche di cui all’articolo 71, hanno la stessa efficacia probatoria dell’originale da cui sono tratte se la loro conformità all’originale, in tutti le sue componenti, è attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato o se la conformità non è espressamente disconosciuta. Resta fermo, ove previsto, l’obbligo di conservazione dell’originale informatico”.
Come si vede, qualora la copia sia prodotta secondo le regole tecniche del CAD, la mancanza di attestazione non determina tout court l’invalidità dell’atto. La norma afferma che in mancanza di espresso disconoscimento, la copia priva di dichiarazione di conformità ma prodotta secondo le regole tecniche, equivale all’originale.
Ovviamente, colui che disconosce non può limitarsi ad una contestazione generica, essendo ormai un principio acquisito dall’ordinamento quello per cui la contestazione, per essere giuridicamente efficace, deve essere specifica (art. 115 c.p.c.) (3).
Alla luce di quanto sopra, ritengo che la copia informatica la cui attestazione di conformità sia stata eseguita ai fini della notifica nel rispetto delle regole del DPCM 13/11/2014 determina solo una irregolarità che non incide sulla validità della notifica.
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1) Secondo alcuni, infatti, anche per le notifiche telematiche è possibile avvalersi dell’attestazione di conformità di cui al comma 2, cioè quella inserita direttamente nell’atto da notificare.
2) Cass. 13758/2014: “In caso di notificazione eseguita a mezzo posta da un avvocato ai sensi della legge 21 gennaio 1994, n. 53, la carenza sulla busta con cui è spedita la raccomandata, e nel rigo appositamente dedicato, di ulteriore e separato segno grafico di sottoscrizione, cioè di ripetizione manoscritta e olografa del nome e cognome ad opera del notificante, costituisce una mera irregolarità di compilazione, che non comporta la nullità della notifica comminata dall’art. 11 della citata legge, purchè le suddette indicazioni siano presenti in altra parte del medesimo piego”
3) Tra le più recenti: “La contestazione della conformità all’originale di un documento prodotto in copia non può avvenire con clausole di stile e generiche, quali “impugno e contesto” ovvero “contesto tutta la documentazione perché inammissibile ed irrilevante”, ma va operata – a pena di inefficacia – in modo chiaro e circostanziato, attraverso l’indicazione specifica sia del documento che si intende contestare, sia degli aspetti per i quali si assume differisca dall’originale”, Cass. 7775/2014.
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