Prima che il Governo Monti (composto di autentici esperti dello scibile umano) scoprisse che una delle cause della lentezza del procedimento d’appello risiedeva nell’art. 345 che ammetteva le prove indispensabili (sic!), si discuteva a lungo sulla nozione di “indispensabilità”.
Nella recente sentenza che pubblichiamo di seguito, la S.C. ribadisce che per “indispensabilità” deve intendersi la peculiare efficacia dei nuovi elementi di prova, nel senso che tali si considerano le prove che possano esplicare una “influenza causale più incisiva” rispetto alle prove in genere ammissibili in quanto “rilevanti”, nel senso che si tratta di prove che appaiono idonee a fornire un contributo essenziale all’accertamento della verità materiale, per essere dotate di un grado di decisività e certezza tale che, di per sé sole, quindi anche a prescindere dal loro collegamento con altri elementi di prova e con altre indagini, conducano ad un esito “necessario” della controversia (Cass. civ. 19 aprile 2006 n. 9120; Cass. civ. 26 luglio 2012 n. 13353).
Nel caso di specie si trattava di cambiali in grado di dimostrare il pagamento di una certa somma.
La Corte ha anche affermato il principio secondo cui e dichiarazioni con cui si attestino circostanze di fatto, contenute in un atto di citazione o in altro atto direttamente riferibile alla parte perché da essa sottoscritto anche in proprio (quanto meno tramite la sottoscrizione della delega al difensore, apposta sull’atto medesimo), possono assumere il valore di confessione stragiudiziale, qualora riguardino fatti sfavorevoli al dichiarante e favorevoli alla controparte (cfr. Cass. civ. Sez. I, 9 aprile 1996 n. 3275; Cass. civ. Sez. 2, 5 febbraio 2013 n. 2721).
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 26 marzo – 29 maggio 2013, n. 13432
Presidente Uccella – Relatore Lanzillo
Svolgimento del processo
Con sentenza depositata il 7 luglio 1990, passata in giudicato, il Tribunale di Torino ha dichiarato risolto per inadempimento di D.S.E. il contratto preliminare con cui L..R. gli aveva promesso in vendita un appartamento.
Con atto di citazione notificato il 18 febbraio 1999 il D.S. ha convenuto il R. davanti al Tribunale di Torino, chiedendo la restituzione delle somme pagate in esecuzione del contratto risolto.
Il convenuto ha resistito, chiedendo in via riconvenzionale il pagamento dell’indennizzo per l’occupazione dell’immobile da parte del promesso acquirente dalla data del contratto (settembre 1978) a quella della sentenza di risoluzione.
Il Tribunale, operata la compensazione fra i rispettivi debiti e crediti, ha condannato il R. a pagare la somma di Euro 115,15.
Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Torino, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha quantificato in L. 28.508.000 (Euro 14.722,12), oltre interessi, la somma dovuta dal R. .
Il D.S. propone due motivi di ricorso per cassazione.
L’intimato non ha depositato difese.
Motivi della decisione
1.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione degli art. 115 e 116 cod. proc. civ., 2733, 2735, 2727 e 2729 cod.civ., nonché omessa o insufficiente motivazione, per il fatto che la Corte di appello gli ha negato la restituzione della somma di L. 18.000.000, da lui pagata tramite la consegna di cambiali di pari importo all’atto della conclusione del contratto preliminare, sul rilievo che egli non ha fornito la prova dell’effettivo pagamento.
Assume che la Corte di appello ha trascurato di prendere in esame gli elementi di prova da lui dedotti a dimostrazione della circostanza, fra cui in particolare:
a) le dichiarazioni rese dal R. nell’atto di citazione 18.5.1983, con cui aveva chiesto la risoluzione del contratto preliminare, dotate di valore confessorio, poiché l’atto è stato sottoscritto anche personalmente dalla parte, tramite la sottoscrizione della delega al difensore, apposta all’atto;
b) un conteggio predisposto personalmente dal R. , ove la somma non è stata inserita fra le voci a suo credito;
c) la lettera 4.3.1983 del R. che pure sollecitava il pagamento di somme a lui dovute, senza includervi il predetto importo.
2.- Con il secondo motivo, denunciando violazione dell’art. 345 cod. proc. civ. e vizi di motivazione, censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto inammissibile la produzione in appello delle cambiali, con la motivazione che egli non ha dimostrato di non aver potuto produrre i documenti in primo grado.
Il ricorrente addebita alla Corte di merito di avere omesso di valutare se i documenti fossero ammissibili perché indispensabili ai fini del giudizio, come espressamente disposto dall’art. 345 cod. proc. civ..
3.- I due motivi – che vanno congiuntamente esaminati poiché pongono sotto diversi profili la medesima censura, cioè l’omesso esame delle prove dedotte a dimostrazione del credito – sono fondati.
3.1.- Deve essere condiviso il principio affermato dal ricorrente secondo cui le dichiarazioni con cui si attestino circostanze di fatto, contenute in un atto di citazione o in altro atto direttamente riferibile alla parte perché da essa sottoscritto anche in proprio (quanto meno tramite la sottoscrizione della delega al difensore, apposta sull’atto medesimo), possono assumere il valore di confessione stragiudiziale, qualora riguardino fatti sfavorevoli al dichiarante e favorevoli alla controparte (cfr. Cass. civ. Sez. I, 9 aprile 1996 n. 3275; Cass. civ. Sez. 2, 5 febbraio 2013 n. 2721).
Nel caso in esame il fatto contestato concerne il pagamento in conto prezzo di L. 18 milioni da parte del D.S. , tramite la consegna di titoli cambiari di pari importo, avvenuta contestualmente alla conclusione del contratto poi risolto. Come si è detto, il ricorrente desume la confessione dell’avvenuto pagamento dal fatto che il R. – nell’atto di citazione con cui ha chiesto la risoluzione del contratto preliminare – ha imputato alla controparte il mancato pagamento di varie somme di denaro, ma non ha menzionato la somma di cui alle cambiali; né l’ha menzionata fra i crediti a suo favore, nel prospetto da lui stesso redatto e acquisito al giudizio.
La Corte di appello – nell’esercizio del suo discrezionale potere di interpretare le scritture e gli atti di parte – avrebbe dovuto prendere in esame le circostanze di cui sopra, valutarne l’efficacia probatoria e indicare le ragioni per cui le ha ritenute irrilevanti.
Al contrario, la questione posta dal D.S. circa l’efficacia dei suddetti documenti è ignorata dalla sentenza, che ha addotto a fondamento della decisione il solo fatto che le cambiali prodotte in giudizio dal D.S. – ed evidentemente pagate, considerato che si trovano in suo possesso – sono state depositate solo in appello. 3.2.- Sono fondate anche le censure rivolte a questa parte della motivazione – di cui al secondo motivo di appello – secondo cui la Corte di merito avrebbe dovuto spiegare perché le nuove produzioni non potessero essere ammesse quali documenti indispensabili ai fini della decisione, come disposto dall’art. 345 cod. proc. civ..
La giurisprudenza ha più volte chiarito che per “indispensabilità” deve intendersi la peculiare efficacia dei nuovi elementi di prova, nel senso che tali si considerano le prove che possano esplicare una “influenza causale più incisiva” rispetto alle prove in genere ammissibili in quanto “rilevanti”, nel senso che si tratta di prove che appaiono idonee a fornire un contributo essenziale all’accertamento della verità materiale, per essere dotate di un grado di decisività e certezza tale che, di per sé sole, quindi anche a prescindere dal loro collegamento con altri elementi di prova e con altre indagini, conducano ad un esito “necessario” della controversia (Cass. civ. 19 aprile 2006 n. 9120; Cass. civ. 26 luglio 2012 n. 13353).
Nella specie una tale efficacia probatoria indubbiamente potrebbero rivestire le cambiali emesse dal debitore, all’atto della conclusione del contratto e da lui ritirate alla scadenza, al fine di dimostrare l’avvenuto pagamento del relativo importo, quindi il diritto alla restituzione della somma pagata, dopo che è venuta a mancare la causa del pagamento a seguito della risoluzione del contratto. Il principio sopra richiamato vale a maggior ragione qualora si consideri che, nel caso in esame, i documenti prodotti per la prima volta in appello non facevano che integrare e rafforzare la credibilità degli elementi di prova già ritualmente acquisiti al processo, nel corso del giudizio di primo grado. Si trattava cioè di documenti destinati a rafforzare e a confermare una circostanza di fatto che già aveva costituito oggetto di esame e di discussione in contraddittorio fra le parti; non di produzione destinata ad aprire un nuovo fronte di indagine e di controversia, mai prima prospettato; donde la loro peculiare idoneità a fornire piena certezza in ordine alla circostanza da provare.
La Corte di merito non poteva esimersi, pertanto, dall’esaminare il problema dell’ammissibilità della nuova produzione sotto tutti i profili prospettati dall’art. 345 cod. proc. civ. (nel testo in vigore all’epoca).
4.- La sentenza impugnata deve essere pertanto annullata, con rinvio della causa alla Corte di appello di Torino, in diversa composizione, affinché decida la controversia uniformandosi ai principi sopra enunciati ed evidenziati in grassetto.
5.- La Corte di rinvio deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte di cassazione accoglie il ricorso; Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Torino, in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
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